TAR Campania, Napoli, Sez. VIII, 18 ottobre 2019, n. 4978
MASSIMA
TAR Campania, Napoli, Sez. VIII, 18 ottobre 2019, n. 4978
TAR Campania, Napoli, Sez. VIII, 18 ottobre 2019, n. 4978
Il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso neanche nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino.
NORME CORRELATE
Pubblicato il 18/10/2019
N. 04978/2019 REG.PROV.COLL.
N. 04332/2018 REG.RIC.
N. 04978/2019 REG.PROV.COLL.
N. 04332/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4332 dell’anno 2018, proposto da
R. Rosalia, rappresentata e difesa dall’avvocato Antonio Di Santo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di San Lorenzo Maggiore (BN), in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Maria Consiglia Rubano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e domicilio fisico eletto in Napoli, alla via Ponte di Tappia n. 82, presso lo studio dell’avv. Sergio Amodio;
nei confronti
Conti Giuseppe, non costituito in giudizio;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
– del provvedimento recante numero Prot. Gen. 2777 del 10/10/2018 – a firma del Responsabile del Settore III – Tecnico-Manutentivo del Comune di San Lorenzo Maggiore, Arch. Elena Bassolino, nonché del Responsabile del procedimento, Geom. Antonio Iannotti, con cui è stato disposto il diniego dell’istanza di permesso di costruire prot. n. 1226 del 11/5/2018, proposta dall’odierna ricorrente;
– di ogni atto presupposto, connesso e/o consequenziale al prefato provvedimento, e in particolare dell’Ordinanza di Demolizione n. 07/2018, recante prot. 805 del 21/3/2018, notificata in pari data, a firma del Responsabile del Settore III – Tecnico-Manutentivo del Comune di San Lorenzo Maggiore, Arch. Elena Bassolino, nonché del Responsabile del procedimento, Geom. Antonio Iannotti, con cui è stato ingiunto alla odierna ricorrente di demolire, entro il termine di novanta giorni dalla notifica, alcune opere asseritamente abusive, quali: 1) Manufatto destinato a deposito di mezzi e attrezzi, individuato catastalmente al foglio 9, particella 863 sub 1 e 2, di mq 487,00; 2) Manufatto accessorio all’abitazione principale, riportato in catasto al foglio 9, particella 764 sub 2 e 3; 3) Gazebo in muratura, a pianta ottagonale, con fondazione in c.a. con lato di mt 4,00, per una superficie di circa mq 50,00, realizzato sull’area individuata in catasto al foglio 9, particelle nn. 752 e 760.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di San Lorenzo Maggiore;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 giugno 2019 il dott. Michelangelo Maria Liguori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il presente ricorso, notificato a mezzo posta il 20/24 ottobre 2018 e depositato il successivo 7 novembre, R. Rosalia ha esposto
– di essere proprietaria di un fabbricato con relative pertinenze, accessori e locali tecnici, sito in San Lorenzo Maggiore (BN), alla Contrada Santa Croce n. 13;
– che, in data 21/3/2018, riceveva dal Comune di San Lorenzo Maggiore la notifica dell’Ordinanza n. 07/2018, con cui le veniva ingiunto di demolire, entro il termine di novanta giorni dalla notifica, alcune opere asseritamente qualificate come abusive, ovvero: 1) Manufatto destinato a deposito di mezzi e attrezzi, individuato catastalmente al foglio 9, particella 863 sub 1 e 2, di mq 487,00; 2) Manufatto accessorio all’abitazione principale, riportato in catasto al foglio 9, particella 764 sub 2 e 3; 3) Gazebo in muratura, a pianta ottagonale, con fondazione in c.a. con lato di mt 4,00, per una superficie di circa mq 50,00, realizzato sull’area individuata in catasto al foglio 9, particelle nn. 752 e 760;
– che, nel citato provvedimento, veniva specificato che le prefate opere erano risultate, in seguito a sopralluogo e successiva relazione del tecnico comunale, Geom. Antonio Iannotti, prive dei prescritti titoli abilitativi, nonostante le stesse dovessero essere considerate “interventi di nuova costruzione”, dato il loro impatto volumetrico ed ambientale;
– che, con nota depositata in data 11/5/2018 e recante prot. n. 1226, ella si dichiarava proprietaria dei manufatti oggetto dell’ordine di demolizione e richiedeva, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, il rilascio di un permesso a costruire in sanatoria per le opere prese in considerazione dall’ordinanza, previo accertamento della loro conformità, e ciò individuando, quale tecnico di fiducia incaricato della predisposizione degli elaborati tecnici, l’Ing. Fiorentino G. Gaetano;
– che alla detta istanza veniva allegato il progetto in sanatoria, con relazione tecnica in cui veniva chiarita la natura accessoria dei manufatti in questione rispetto al fabbricato della richiedente, nonché l’assoluta irrilevanza degli stessi sul piano volumetrico, trattandosi di manufatti aperti, destinati a deposito di mezzi ed attrezzi, raccolta e riserva delle acque, gazebo;
– che, con successiva nota prot. 1488 del 5/6/2018, il Comune di San Lorenzo Maggiore le richiedeva un’integrazione documentale, specificamente costituita dalla redazione dell’istanza su modello rilasciato dalla Regione Campania, da un’attestazione sul titolo di legittimazione a richiedere il permesso in sanatoria, ed infine da una dichiarazione del progettista che asseverasse la conformità del progetto agli strumenti urbanistici e regolamenti edilizi vigenti (il termine di rilascio del permesso sarebbe rimasto sospeso nelle more dell’invio della documentazione);
– che, con nota depositata in data 4/7/2018 e recante prot. n. 1832, ella provvedeva alla integrazione documentale richiesta, depositando il modello di richiesta di permesso a costruire elaborato dalla Regione Campania ed opportunamente compilato, l’attestazione relativa alla titolarità dei beni oggetto dell’ordinanza di demolizione, con relative visure catastali immobiliari, e l’attestazione del progettista sulla compatibilità urbanistico-edilizia nonché sismica delle opere da sanare;
– che, con successiva nota recante prot. n. 2109 del 30/7/2018, notificata in data 2/8/2018, il Comune di San Lorenzo Maggiore le comunicava – ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/1990 – l’avvio del procedimento di rigetto della presentata istanza di permesso di costruire, ritenendo “IMPROCEDIBILE l’istanza di PERMESSO DI COSTRUIRE IN SANATORIA” per non aver prodotto l’istante la documentazione integrativa richiesta, e, specificatamente, l’attestazione di conformità del progettista delle opere da sanare;
– che ella depositava, in data 5/9/2018 con protocollo n. 2386, una nota di riscontro, con la quale riferiva e documentava – tra l’altro – come nella medesima zona, nonché alla medesima distanza rispetto all’attiguo cimitero comunale, in epoca analoga a quella di realizzazione dei manufatti de quibus fossero state rilasciate a terzi concessioni edilizie in sanatoria, peraltro non per manufatti aperti e senza valore volumetrico, bensì per fabbricati di tipo abitativo; il tutto grazie ad una Delibera di G.M. del Comune di San Lorenzo Maggiore che aveva disposto di “derogare e di ridurre il vincolo cimiteriale ai fini del rilascio delle Concessioni Edilizie in Sanatoria”;
– che tale Delibera risultava adottata, ironia della sorte, sulla base di un parere favorevole alla deroga della fascia di rispetto cimiteriale, espresso proprio dal RUP Geom. Antonio Iannotti;
– che, con provvedimento recante Prot. Gen. n. 2777 del 10/10/2018, notificatole in data 12/10/2018, il Comune di San Lorenzo Maggiore disponeva il diniego dell’istanza di permesso di costruire in sanatoria da lei presentata, e avvertiva che, dalla notifica del provvedimento, sarebbe ripreso il decorso del termine assegnato con l’Ordinanza n. 7/2018 per la demolizione delle opere abusive.
Tanto esposto, la R. ha impugnato gli atti indicati in epigrafe (e, segnatamente, il diniego della chiesta sanatoria, nonché, per quanto occorrente, l’ordinanza di demolizione n. 7/2018 in precedenza emessa dal Comune di San Lorenzo Maggiore), chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
I. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLE NORME DI CUI AGLI ARTT. 3, 7 E 10 BIS DELLA LEGGE N. 241 DEL 1990, ALL’ART. 338 R.D. N. 1265 DEL 1934, ART. 3, 6, 11, 31, 33 E 36 DEL D.P.R. N. 380/2001; ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI ED ERRORE SUI PRESUPPOSTI, MOTIVAZIONE CARENTE ED ILLOGICA, DIFETTO DI ISTRUTTORIA.
Dal confronto tra il preavviso di diniego ex art. 10 bis della legge n. 241/90 ed il provvedimento di diniego medesimo, emergerebbe che il Comune di San Lorenzo Maggiore ha adottato – nel secondo provvedimento – una motivazione diversa ed ultronea rispetto a quella preannunciata nel primo. Infatti, nel preavviso di diniego il Comune ha dato atto che “Non è stata prodotta, nei termini assegnati, la documentazione richiesta con la Ns. precedente nota prot. 1488 del 5/6/2018”; mentre nel provvedimento di diniego, l’ente: A) afferma – per motivare il provvedimento negativo – che sarebbe stata depositata dalla Signora R. una documentazione “inadeguata in ordine al titolo di legittimazione del richiedente”; B) afferma che le norme di attuazione al P.R.G. vigente non consentirebbero l’edificazione nella zona F1 – Verde di rispetto, nella quale ricadono gli immobili. Entrambi gli elementi posti a base del provvedimento di rigetto, dunque, non sarebbero stati neppure accennati nel preavviso di rigetto, ma solo con il rigetto sarebbero stati sottoposti per la prima volta all’attenzione della R., che non avrebbe potuto – dunque – offrire né deduzioni né documenti specifici sui punti in questione, prima di vedersi notificare il provvedimento sfavorevole.
La giurisprudenza amministrativa avrebbe chiarito, in merito, che l’istituto del preavviso di rigetto, introdotto nel nostro ordinamento con la legge n. 15 del 2005, ha lo scopo di far conoscere alle amministrazioni – in contraddittorio rispetto alle motivazioni da esse assunte in base agli esiti dell’istruttoria espletata – quelle ragioni, fattuali e giuridiche dell’interessato che potrebbero contribuire a far assumere agli organi competenti una diversa determinazione finale derivante dalla ponderazione di tutti gli interessi in campo, con possibile riduzione del contenzioso tra le parti (sul punto cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 6/8/2013, n. 4111). Verrebbe, pertanto, considerata preclusa alla pubblica amministrazione la possibilità di fondare il provvedimento finale su ragioni nuove rispetto a quelle rappresentate nella comunicazione ex art. 10 bis della legge n. 241/1990, con conseguente illegittimità del provvedimento nel caso in cui le ragioni poste a fondamento dello stesso non fossero quelle già esplicitate nel preavviso di rigetto.
Nessuna motivazione, peraltro, sarebbe stata offerta dall’ente pubblico per giustificare – ove possibile – l’introduzione nel provvedimento finale dei motivi non espressamente addotti e sottoposti all’attenzione dell’interessata in fase di preavviso di rigetto.
II. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLE NORME DI CUI ALL’ART. 338 R.D. N. 1265 DEL 1934, ART. 3, 6, 11, 31, 33 E 36 DEL D.P.R. N. 380/2001; ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI ED ERRORE SUI PRESUPPOSTI, MOTIVAZIONE CARENTE ED ILLOGICA, DIFETTO DI ISTRUTTORIA, DISPARITA’ DI TRATTAMENTO.
Nel provvedimento impugnato si legge, in merito alla legittimazione della odierna ricorrente a conseguire il permesso in sanatoria, quanto segue: “la dichiarazione resa nella summenzionata nota prot. n. 1832 del 04/07/2018, ai sensi degli artt. 46 e 47 del DPR 445/2000, dalla citata sig.ra R. Rosalia, risulta del tutto inadeguata in ordine al titolo di legittimazione del richiedente”. Andrebbe rilevato però, in proposito, che, con la nota integrativa del 4/7/2018, la Signora R. ha non solo depositato l’attestazione di essere proprietaria dei manufatti oggetto dell’ordinanza di demolizione, ma anche le visure catastali relative alle unità immobiliari da demolire: avendo essa stessa realizzato i manufatti in questione, non avrebbe certo potuto esibire titoli di provenienza di tali beni.
La documentazione depositata, contrariamente a quanto sostenuto dal Comune resistente, sarebbe dunque idonea a consentire il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria alla R., “poiché la legittimazione attiva a chiedere il rilascio di un titolo abilitativo edilizio è configurabile non solo in capo al proprietario del terreno, ma anche in favore del soggetto titolare di altro diritto di godimento del fondo, che lo autorizzi a disporne con un intervento costruttivo, la pubblica amministrazione non è tenuta a svolgere una preliminare indagine istruttoria che si estenda fino alla ricerca d’ufficio di eventuali elementi limitativi, preclusivi o estintivi del titolo di disponibilità allegato dal richiedente (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. VI, 10 febbraio 2010, n. 675).” (così Cons.di Stato, Sez. IV, 2/9/2011, n. 4968).
In ogni caso, alla Signora R. Rosalia è stato ingiunto di demolire le unità immobiliari delle quali si discute, per cui, delle due l’una: o la R. sarebbe titolata a demolire le citate opere edilizie, con tutte le conseguenze negative del caso, ed allora risulterebbe titolata anche a conseguire il permesso a costruire in sanatoria; oppure non sarebbe titolata né all’uno né all’altro dei due adempimenti.
In merito all’altra motivazione, riportata nel provvedimento impugnato, secondo cui il Piano Regolatore vigente non consentirebbe di realizzare nuove costruzioni nella zona in questione F1 – Verde di rispetto, sarebbe stato ampiamente dedotto e dimostrato, nel corso dell’istruttoria, che: 1) i manufatti in questione non costituiscono insediamenti abitativi, ma locali tecnici aperti destinati al ricovero di mezzi ed attrezzi, nonché alla raccolta e conservazione dell’acqua, dunque non comporterebbero alcun impegno di volumetria e non sarebbero compresi nel divieto di cui all’art. 338 del R.D. 1265/34; 2) l’epoca di realizzazione dei manufatti risalirebbe, a detta della stessa amministrazione, agli anni 2000, ossia a circa quindici anni addietro rispetto al provvedimento impugnato; ma nella stessa epoca (1997), il Comune di San Lorenzo Maggiore avrebbe rilasciato due concessioni edilizie in sanatoria nella medesima zona oggetto di causa, previo parere dell’attuale RUP sulla possibilità di derogare alla fascia di rispetto cimiteriale e conseguente delibera di Giunta Municipale sul punto.
Risulterebbe, dunque, affetto dai vizi indicati in epigrafe il provvedimento impugnato, là dove: A) non avrebbe offerto alcuna giustificazione al diniego di sanatoria di locali aperti pertinenziali di unità immobiliari, mentre nello stesso identico posto avrebbe in passato assentito la realizzazione di unità abitative in deroga alla fascia di rispetto cimiteriale; B) avrebbe perpetrato una disparità di trattamento tra le istanze in sanatoria presentate nel 1997 e quella per cui è causa, relativa ad unità realizzate all’inizio degli anni 2000.
La giurisprudenza amministrativa avrebbe chiarito, in proposito, che il vincolo di inedificabilità nella zona attigua al cimitero riguarda le costruzioni incompatibili con la funzione cimiteriale, in quanto destinate ad ospitare stabilmente l’uomo, quali, in primo luogo, le abitazioni, mentre non osterebbe alla realizzazione di altri manufatti che tale funzione non possiedono (T.A.R. Lombardia, Sez. III, 26/9/2011, n. 2295). Ove mai, poi, il Comune avesse inteso stigmatizzare nel proprio provvedimento finale (ma non se ne trova traccia) anche il comportamento del professionista incaricato dalla R., Ing. Fiorentino G. Gaetano, in merito alla mancata attestazione di conformità degli interventi edilizi agli strumenti urbanistici ed al Regolamento edilizio comunale, occorrerebbe rilevare che a pag. 32 della richiesta di permesso di costruire depositata dalla R. tale attestazione sarebbe presente (atteso che ivi sarebbe possibile leggere quanto segue: “il sottoscritto tecnico…ASSEVERA la conformità delle opere sopra indicate, compiutamente descritte negli elaborati progettuali, agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati, la conformità al Regolamento Edilizio Comunale, al Codice della Strada, nonché al Codice Civile e assevera che le stesse rispettano le norme di sicurezza e igienico/sanitarie e le altre norme vigenti in materia urbanistica, edilizia, e quanto vigente in materia, come sopra richiamato… Il progettista Ing. GAETANO Fiorentino Giuseppe”; e tale attestazione risulterebbe regolarmente sottoscritta dal tecnico). Il successivo chiarimento, in merito alla fascia di rispetto cimiteriale, non inficerebbe, dunque, la validità di tale attestazione, né consentirebbe di affermare che attestazione non vi sia.
Ulteriore elemento viziante il provvedimento impugnato deriverebbe dall’affermazione che “dalla data di notifica del presente atto riprendono i termini assegnati, con l’Ordinanza n. 07/2018, per la demolizione delle opere abusive de quo”, in quanto in tal modo il Comune di San Lorenzo Maggiore avrebbe inteso dare reviviscenza all’Ordinanza di demolizione n. 07/2018, successivamente al rigetto dell’istanza ex art. 36 del DPR n. 380/2001. Una parte della giurisprudenza amministrativa riterrebbe, però, in proposito, che il riesame dell’abusività dell’opera determinato dall’istanza ex art. 36 comporti la necessaria formazione di un nuovo provvedimento; cosicché, nel caso in cui quest’ultimo non sani l’abuso, il Comune sarebbe tenuto comunque ad attivare un nuovo procedimento per la demolizione, assegnando agli interessati un nuovo termine per adempiere (sul punto cfr. Cons. di Stato, Sez. V, 13/4/2010, n. 2844; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 18/5/2018, n. 827; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 19/5/2014, n. 1304; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 11/4/2013, n. 1036): il termine per la demolizione non potrebbe, allora, riprendere alcun decorso, se non previa adozione di un nuovo provvedimento di ingiunzione.
III. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA NORMA DI CUI ALL’ART. 3 DELLA LEGGE N. 241/1990; ECCESSO DI POTERE PER MOTIVAZIONE ILLOGICA E CONTRADDITTORIA NONCHE’ CARENTE; DIFETTO DI ISTRUTTORIA.
Qualora si volesse aderire all’altro orientamento giurisprudenziale, secondo cui la presentazione dell’istanza ex art. 36 del DPR 380/01 non incide sulla validità dell’ordinanza di demolizione precedentemente adottata, ma solo sull’efficacia della stessa, determinandone la sospensione fino alla decisione sull’istanza di sanatoria, con conseguente riespansione in caso di decisione negativa (sul punto cfr. Cons. di Stato, Sez. VI, 27/2/2018, n. 1171; idem, Sez. IV, 26/9/2013, n. 4818; T.A.R. Campania, Napoli, 3/4/2018, n. 2141; idem, Sez. III, 16/3/2018, n. 1670), tanto l’originaria ordinanza di demolizione n. 07/2018, quanto il provvedimento di rigetto dell’istanza in sanatoria del 10/10/2018 (quale implicita conferma della prima) risulterebbero affetti da grave vizio motivazionale. Sarebbe stato, infatti, espressamente riconosciuto dall’Ente resistente che i manufatti oggetto dei provvedimenti afflittivi sono stati realizzati all’inizio degli anni 2000 (si veda la relazione di sopralluogo prot. n. 1360 del 16/6/2017); e dunque sarebbero trascorsi circa quindici anni dalla loro realizzazione. La giurisprudenza amministrativa avrebbe affermato, in proposito, il seguente principio: “l’ingiunzione di demolizione, in quanto atto dovuto in presenza della constatata realizzazione dell´opera edilizia senza titolo abilitativo o in totale difformità da esso, è in linea di principio sufficientemente motivata con l´affermazione dell´accertata abusività dell´opera; ma deve intendersi fatta salva l´ipotesi in cui, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell´abuso ed il protrarsi dell´inerzia dell´Amministrazione preposta alla vigilanza, si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato; ipotesi questa in relazione alla quale si ravvisa un onere di congrua motivazione che indichi, avuto riguardo anche all´entità ed alla tipologia dell´abuso, il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato” (così Cons. Stato, Sez. VI, 8/4/2016, n. 1393; e si veda anche Cons. di Stato, Sez. VI, 18/5/2015, n. 2512), per cui l’adozione dell’ordinanza di demolizione a notevole distanza di tempo dalla realizzazione dei manufatti richiederebbe una motivazione specifica “sull’esigenza della demolizione nonostante il tempo trascorso e il conseguente affidamento ingeneratosi in capo al privato”; motivazione invece del tutto assente, sia nell’Ordinanza di demolizione n. 07/2018, sia nel provvedimento di rigetto dell’istanza in sanatoria del 10/10/2018.
Contestualmente, alla proposta domanda annullatoria dei ricordati provvedimenti comunali, la ricorrente ha chiesto condannarsi il Comune di San Lorenzo Maggiore al risarcimento di tutti i danni da lei subiti e subendi in conseguenza dei medesimi provvedimenti impugnati, instando affinché l’adito Tribunale operasse, ove necessario, una valutazione equitativa degli stessi, ai sensi degli artt. 1226 e 2056 c.c..
In data 27 novembre 2018 si è costituito in giudizio il Comune di San Lorenzo Maggiore, contestando l’ammissibilità e, comunque, la fondatezza del ricorso.
Con ordinanza n. 1813/2018 del 5 dicembre 2018, questo Tribunale “Rilevato che, prima facie, risulta fondato il motivo con il quale si fa valere la discrasia di contenuto tra il preavviso di diniego ex art.10 bis della L:241/90 ed il provvedimento definitivo emesso dall’amministrazione intimata; ritenuto, tanto premesso, che quest’ultima debba procedere alla riedizione del potere amministrativo, rinnovando l’atto endoprocedimentale del preavviso che, allo stato, risulta come detto in contrasto con l’esito deliberativo finale, così ristabilendo il corretto paradigma procedimentale” ha accolto, nei sensi evidenziati in parte motiva, l’istanza cautelare avanzata dalla ricorrente.
Non risulta che successivamente il Comune di San Lorenzo Maggiore abbia adempiuto al suddetto dictum cautelare.
Il 15 maggio 2019 la ricorrente ha depositato una memoria, e lo stesso ha fatto il Comune resistente il giorno seguente.
Alla pubblica udienza del 26 giugno 2019 la causa è stata, infine, trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il presente giudizio è incentrato in via principale sull’impugnazione del provvedimento Prot. Gen. n. 2777 del 10/10/2018, con cui il Comune di San Lorenzo Maggiore ha opposto un diniego all’istanza di permesso di costruire prot. n. 1226 del 11/5/2018, proposta da R. Rosalia; ma è impugnata, quale atto presupposto, anche la precedente ordinanza n. 07/2018, recante prot. 805 del 21/3/2018, con cui il medesimo Comune ha ingiunto alla R. di demolire, entro il termine di gg. 90 dalla data di notifica dell’atto (avvenuta lo stesso 21.3.2018), una serie di opere qualificate come abusive, in quanto realizzate in località S. Croce in assenza del prescritto titolo abilitativo edilizio.
Contestualmente, la ricorrente propone domanda volta a conseguire il risarcimento dei danni che assume di aver ricevuto in conseguenza dell’illegittima attività provvedimentale posta in essere nell’occasione dall’amministrazione di San Lorenzo Maggiore.
Le opere, oggetto prima dell’ordine demolitorio, e poi interessate dalla domanda di sanatoria, risultano così individuate (sulla base della relazione prot. n. 1360 del 16.6.2017, corredata da foto, redatta da personale dell’UTC di San Lorenzo Maggiore, all’esito di un sopralluogo effettuato unitamente a Carabinieri e Forestale): “1) Manufatto destinato a deposito di mezzi e attrezzi, individuato catastalmente al foglio 9 particella 863 sub 1 e 2, di mq 487,00; 2) Manufatto accessorio all’abitazione principale (piscina), riportato in catasto al foglio 9 particella 764 sub 2 e 3; 3) Gazebo in muratura, a pianta ottagonale, con fondazione in c.a. con lato di mt 4,00 per una superficie di circa mq 50,00, realizzato sull’area individuata in catasto al foglio 9 particelle nn. 752 e 760”.
Va evidenziato che, dopo aver ricevuto, in qualità di proprietaria, la notifica dell’ordine di ripristino, R. Rosaria ha presentato al Comune di San Lorenzo Maggiore, in data 11.5.2018 (prot. n. 1226), istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 DPR 380/2001 onde conseguire il permesso di costruire in sanatoria proprio per le opere oggetto di sanzione; e che, dopo aver ricevuto dal Comune, a mezzo di nota prot. n. 1488 del 5.6.2018, richiesta di integrazione documentale (integrazione così precisata: “-Utilizzo e completa redazione del modello unificato e standardizzato adottato dalla regione Campania e pubblicato sul sito istituzionale di questo Ente; -Attestazione concernente il titolo di legittimazione del richiedente il P. di C.; -Dichiarazione del progettista abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti, e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, alle norme relative all’efficienza energetica.”), ha provveduto all’incombente mediante deposito effettuato in data 4.7.2018 (con nota prot. n. 1832).
E’ seguito l’invio, da parte del Comune di San Lorenzo Maggiore, della nota prot. n. 2109 del 30.7.2018, recante avviso di avvio del procedimento di diniego (rectius comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda, ex art. 10 bis L. 241/1990) dell’istanza di sanatoria presentata dalla R., sulla scorta delle seguenti argomentazioni: “1. Non è stata prodotta, nei termini assegnati, la documentazione richiesta con la Ns. precedente nota prot. 1488 del 5/6/2018; 2. Il progettista ha dichiarato di “non poter certificare la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti e delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia, soprattutto per l’esistenza di una fascia di rispetto cimiteriale”; CONSIDERATO che l’art. 20 del DPR 6 giugno 2001 n. 380 “procedimento per il rilascio del P. di C” dispone espressamente che: La domanda (di permesso di costruire in sanatoria) è accompagnata da una dichiarazione del progettista abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti, e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, alle norme relative all’efficienza energetica.”;…”; e, dopo la presentazione di controdeduzioni da parte dell’interessata (con nota acquisita al protocollo comunale con il n. 2386 del 5.9.2018), il Comune ha adottato il definitivo diniego della chiesta sanatoria, così motivandolo: “Verificato: – Che i manufatti oggetto della istanza di permesso di costruire, ricadono in zona F 1 — Verde di rispetto del Piano Regolatore Generale vigente, approvato dal Presidente della Provincia di Benevento n. 35 del 18/11/2002, pubblicato sul B.U.R.C. n. 5 del 03/02/2003; Considerato: – Che le norme di attuazione allegate al citato P.R.G. per la zona omogenea F 1 — Verde di rispetto, ove ricadono gli immobili, all’art. 21 prevedono: territorio inedifìcabile di rispetto stradale, ferroviario e cimiteriale. L’unica attività consentita è la coltivazione dei fondi. È vietata l’edificazione di nuove costruzioni anche di carattere provvisorio, con l’esclusione di impianti per la distribuzione del carburante; – Che l’invocato art. 36 del DPR 380/01, prevede al comma 1 che, ” in caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità. da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 23, comma 01, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.”; Preso atto: – Che dalla istruttoria della pratica edilizia di che trattasi, non sono emersi elementi utili a poter verificare la sussistenza dei requisiti previsti dal citato comma 1 del art. 36 del DPR 380/01; – Che la dichiarazione resa nella summenzionata nota prot. n. 1832 del 04/07/2018, ai sensi degli artt. 46 e 47 del DPR 445/2000, dalla citata sig.ra R. Rosalia, risulta del tutto inadeguata in ordine al titolo di legittimazione del richiedente;</i>”.
Così sommariamente ricostruita la vicenda che ha originato il presente contenzioso, può ora passarsi al partito esame dei singoli motivi su cui si articola la proposta domanda annullatoria.
Con il primo di essi, si sostiene che le giustificazioni poste a fondamento del definitivo diniego di sanatoria non corrisponderebbero a quelle precedentemente indicate, nella nota prot. n. 2109 del 30.7.2018, quali motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, per cui sarebbe rimasta violata la normativa in tema di partecipazione procedimentale.
Tale prospettazione non persuade, in quanto, ad più attento esame (rispetto a quello effettuato in sede cautelare, caratterizzato da sommaria cognitio) deve dirsi che, in realtà, non è ravvisabile alcuna discrasia contenutistica tra i due atti. Invero, l’affermazione che “la dichiarazione resa nella summenzionata nota prot. n. 1832 del 04/07/2018, ai sensi degli artt. 46 e 47 del DPR 445/2000, dalla citata sig.ra R. Rosalia, risulta del tutto inadeguata in ordine al titolo di legittimazione del richiedente;” (contenuta nel provvedimento di diniego), appare essere indiscutibilmente una specificazione della precedente affermazione (questa contenuta nella nota prot. n. 2109 del 30.7.2018) secondo cui non era “stata prodotta, nei termini assegnati, la documentazione richiesta con la Ns. precedente nota prot. 1488 del 5/6/2018;” (ovvero la “Attestazione concernente il titolo di legittimazione del richiedente il P. di C.”, richiesta, quale integrazione documentale, con la ancor precedente nota prot. n. 1488 del 5.6.2018); perché i documenti prodotti non erano stati – in sostanza – ritenuti idonei a dimostrare appunto la qualità di proprietaria della richiedente.
Parimenti, l’affermazione (contenuta nel provvedimento di definitivo diniego) che le norme di attuazione del vigente PRG non consentirebbero l’edificazione nella zona F1 – Verde di rispetto, nella quale incontestatamente ricadono gli immobili, null’altro è che una specificazione del motivo ostativo precedentemente contestato con la formula “Il progettista ha dichiarato di “non poter certificare la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti e delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia, soprattutto per l’esistenza di una fascia di rispetto cimiteriale””, atteso che nel definitivo diniego appare ben chiarito che “le norme di attuazione allegate al citato P.R.G. per la zona omogenea F1 — Verde di rispetto, ove ricadono gli immobili, all’art. 21 prevedono: territorio inedifìcabile di rispetto stradale, ferroviario e cimiteriale. L’unica attività consentita è la coltivazione dei fondi. È vietata l’edificazione di nuove costruzioni anche di carattere provvisorio, con l’esclusione di impianti per la distribuzione del carburante;”: quindi, la conformità urbanistica delle opere non è risultata certificata, e, comunque non avrebbe potuto esserlo, in quanto insussistente, in considerazione del tipo di zona omogenea in cui ricadono le opere nonché della presenza ivi di un vincolo cimiteriale.
In ogni caso, posto che, com’è noto (cfr. TAR Calabria-Reggio Calabria n. 15 dell’11.1.2019; TAR Puglia-Lecce n. 754 del 4.5.2018; TAR Lazio-Latina n. 236 del 10.4.2017) il permesso di costruire, anche in sanatoria, costituisce un provvedimento vincolato (essendo il suo rilascio subordinato alla verifica della sussistenza dei presupposti di legge, e, più in particolare, della cd. “doppia conformità”), il motivo di gravame in esame non potrebbe che essere in questa sede disatteso, in applicazione del disposto di cui al comma 2 dell’art. 21 octies L. 241/1990, visto che dagli atti risulta con evidenza (secondo quanto meglio si specificherà più avanti) che il contenuto (negativo) del provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Infondato è, poi, anche il secondo dei motivi di ricorso, contenente plurime contestazioni degli argomenti utilizzati per negare la sanatoria.
In primis è contestata l’affermazione del Comune di San Lorenzo Maggiore secondo cui la documentazione prodotta dalla ricorrente sarebbe “inadeguata in ordina al titolo di legittimazione del richiedente”; ma, seppure nella stessa ordinanza di demolizione l’ente aveva indicato R. Rosalia quale proprietaria dell’immobile comprendente le opere abusive, va rilevato come la documentazione da costei successivamente fornita non abbia compreso, né ha almeno indicato, il titolo in base al quale detta proprietà sarebbe stata da lei acquisita, essendovi stata la produzione soltanto di visure catastali (come noto meramente indiziarie) e di una autocertificazione di contenuto generico sul punto (va, del resto, tenuto conto che, se pure il Comune, nell’espletamento di attività istruttoria in ordine al possesso dei titoli legittimanti l’attività edilizia, non è chiamato ad effettuare indagini approfondite richiedenti particolari competenze tecniche, è però tenuto ad accertare la sussistenza di un titolo legittimante – cfr. TAR Sicilia-Palermo n. 831 dell’1.4.2016; TAR Calabria-Catanzaro n. 407 del 10.4.2013).
Né, in contrario, può valere la tesi che, trattandosi di opere realizzate abusivamente dalla stessa R., non vi sarebbe alcun titolo di provenienza: è chiaro che tale titolo avrebbe potuto – e dovuto – riguardare il suolo interessato dalle nuove costruzioni, attesa l’applicabilità nella specie del noto brocardo “omne quod inaedificatur solo cedit”.
Neppure, poi, può essere condiviso l’assunto di parte ricorrente, secondo cui le opere in concreto realizzate risulterebbero compatibili con la destinazione di zona F1 – Verde di rispetto in cui le stesse ricadono, nonché con il vincolo cimiteriale ivi esistente.
In proposito, va premesso che quelli in questione, lungi dall’essere piccoli manufatti aventi natura pertinenziale (come prospettato dalla R.), costituiscono invece (specie tenuto conto della loro notevole consistenza e superficie occupata, nonché della loro autonoma utilizzabilità) un insieme di opere determinante una rilevante trasformazione del territorio e quindi avente una significativa incidenza urbanistica, così da richiedere il previo rilascio di un permesso di costruire e da risultare, con evidenza, assolutamente incompatibili con la destinazione di zona F1 – Verde di rispetto (visto che, come sottolineato dal Comune nel diniego, in tale zona “È vietata l’edificazione di nuove costruzioni anche di carattere provvisorio, con l’esclusione di impianti per la distribuzione del carburante;”).
Ostativa alla realizzata edificazione è, altresì, l’essere l’area interessata gravata da vincolo cimiteriale; circostanza da sola idonea a sostenere la motivazione del gravato provvedimento di autotutela, posto che l’art. 338, comma 1 del regio decreto n. 1265/1934 così recita: “I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. E’ vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste nella legge”. Orbene, “al riguardo la giurisprudenza amministrativa, condivisa dal Collegio, si è da tempo orientata verso il principio per cui “il vincolo cimiteriale di inedificabilità viene ad imporsi ex se, con efficacia diretta ed immediata, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla esistenza o sui limiti di tal vincolo”, ed ancora: “Il vincolo imposto dall’art. 338 R.D. n. 1265/1934 e dall’art. 57 D.P.R. n. 285/1990 è un vincolo assoluto di inedificabilità ex lege, tale da prevalere addirittura anche su eventuali disposizioni urbanistiche contrarie (cfr. T.A.R. Toscana Firenze, Sez. III, 2 febbraio 2015, n. 181). Trattasi di un vincolo assoluto di inedificabilità, che non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione ed alla sepoltura, nel mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale (cfr. T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 14 novembre 2014, n. 5942). Sul punto la giurisprudenza è costante (cfr. Cons. Stato, V, 14 settembre 2010, n. 6671, 30 maggio 2007, n. 1935), nell’affermare pure che esso è tale da precludere il rilascio della concessione, anche qualora essa sia richiesta in sanatoria, senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell’opera con i valori tutelati dal vincolo (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV, 9 marzo 2016, n. 949 cit., T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, 2 febbraio 2015, n. 184, T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 18 gennaio 2012, n. 77)” – Così T.A.R. Campania – Napoli, sez. VIII, sent. 3/1/17 n. 59; nonché T.A.R. Campania – Napoli, sez. VIII, sent. 29/10/18 n. 6326.
Peraltro, va evidenziato che dal testo della delibera di Giunta Comunale n. 32 del 14.2.1997, invocata dalla ricorrente, non risulta che sia stata ridotta in via assoluta a mt. 50,00 l’area sottoposta a vincolo cimiteriale (come pure consentito dall’art. 338 comma 4 R.D. 27.7.1934, n. 1265, ma con potere rimesso al Consiglio Comunale), bensì che si sia nell’occasione inteso “derogare” per casi specifici (ovvero per alcune domande di condono edilizio) al rispetto della generale fascia di mt. 200,00, pure prescritta nel Programma di Fabbricazione all’epoca vigente.
Per di più, va sottolineato come neanche risulti che le opere in commento siano ubicate a distanza dal muro di cinta del cimitero maggiore di mt. 50,00 (così da renderle compatibili con l’invocata “deroga”).
Quanto testé esposto, allora, dà conto del perché il tecnico della ricorrente, ing. Fiorentino G. Gaetano abbia, con dichiarazione del 3.7.2018, affermato di “non poter certificare la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia soprattutto per l’esistenza di una fascia di rispetto cimiteriale”, indipendentemente dalla sottoscrizione da parte sua del modulo regionale presentato: era la situazione concreta che escludeva la conformità urbanistica di quanto realizzato, anche se la negativa certificazione del tecnico di parte ha chiarito la situazione, rendendo inidonea, per un eventuale accoglimento dell’istanza di sanatoria, la documentazione all’uopo presentata.
Sul punto, va altresì, conclusivamente precisato che nemmeno può essere presa in considerazione la doglianza secondo cui il Comune avrebbe, nella fattispecie, commesso una disparità di trattamento (avendo in passato rilasciato condoni per manufatti ricadenti in area di rispetto cimiteriale), in quanto “il provvedimento di diniego di autorizzazione edilizia costituisce espressione di potere vincolato rispetto ai presupposti normativi richiesti e dei quali deve farsi applicazione, con la conseguenza che in ordine al medesimo non possono venire in rilievo profili di eccesso di potere quali la disparità di trattamento, propri dell’esercizio del potere discrezionale, atteso altresì che l’eventuale rilascio di provvedimenti autorizzativi in analoghi casi di abusi non assentibili, e quindi suscettibili di annullamento giurisdizionale o amministrativo, non può ex se legittimare la pretesa ad identico trattamento.” (così TAR Campania-Napoli sez. VIII, n. 4427 del 6.11.2012; nonché TAR Lazio-Latina n. 236 del 10.4.2017; TAR Sardegna n. 18 del 13.1.2012; TAR Toscana n. 3100 del 27.6.2005).
Quanto all’affermazione che “dalla data di notifica del presente atto riprendono i termini assegnati, con l’Ordinanza n. 07/2018, per la demolizione delle opere abusive de quo” (rectius de quibus), pure presente nel provvedimento di diniego e pure censurata con il motivo di ricorso in commento, va rilevato che essa risulta essere una mera “avvertenza” ulteriore, non integrativa della motivazione del diniego. In ogni caso, va in proposito precisato che tale affermazione, ancorché errata (essendo necessaria comunque l’assegnazione di un nuovo intero termine di almeno gg. 90 per consentire al privato di demolire spontaneamente le opere abusive, dopo la reiezione della sanatoria chiesta con le modalità consentite dalla legge), non è suscettibile di incidere sulla legittimità, né dello stesso diniego (riferendosi a questioni successive a questo), né, tantomeno dell’ordinanza di demolizione.
Rimane da esaminare, infine, l’ultimo motivo di ricorso, con il quale, in estrema sintesi, si lamenta che l’ordinanza di demolizione n. 07/2018 del Comune di San Lorenzo Maggiore sarebbe viziata da difetto di motivazione, poiché, essendo intervenuta a distanza di molti anni dalla realizzazione delle opere abusive sanzionate, con essa si sarebbe dovuto dar conto delle ragioni (diverse dal mero ripristino della legalità violata) per le quali si andava a sacrificare l’interesse del privato, caratterizzato da un legittimo affidamento nel frattempo maturato.
In contrario, tuttavia, va evidenziato che l’orientamento giurisprudenziale richiamato dalla ricorrente a sostegno della propria tesi è stato del tutto superato dall’Ad. Plenaria del Consiglio di Stato, che, con la decisione n. 9 del 17.10.2017, ha affermato che “Il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso neanche nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino.”: di conseguenza, anche tale motivo di ricorso va disatteso.
L’integrale reiezione della domanda demolitoria, e la conseguente piena legittimità degli atti amministrativi oggetto di gravame (almeno rispetto alle censure proposte con il ricorso), comportano la reiezione pure della domanda risarcitoria contestualmente avanzata, e, peraltro, anche rimasta sfornita di prova quanto ai danni asseritamente verificatisi a carico della R..
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, in favore del solo Comune di San Lorenzo Maggiore, stante la mancata costituzione del privato intimato, Conti Giuseppe.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, proposto da R. Rosalia, lo respinge in toto.
Condanna la R. alla rifusione in favore del Comune di San Lorenzo Maggiore delle spese di giudizio, che liquida in complessivi euro 2.500,00, oltre accessori di legge.
Nulla per le spese nei confronti del non costituito Conti Giuseppe.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2019 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Gaudieri, Presidente
Michelangelo Maria Liguori, Consigliere, Estensore
Rosalba Giansante, Consigliere
L’ESTENSORE (Michelangelo Maria Liguori)
IL PRESIDENTE (Francesco Gaudieri)
IL SEGRETARIO
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4332 dell’anno 2018, proposto da
R. Rosalia, rappresentata e difesa dall’avvocato Antonio Di Santo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di San Lorenzo Maggiore (BN), in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Maria Consiglia Rubano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e domicilio fisico eletto in Napoli, alla via Ponte di Tappia n. 82, presso lo studio dell’avv. Sergio Amodio;
nei confronti
Conti Giuseppe, non costituito in giudizio;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
– del provvedimento recante numero Prot. Gen. 2777 del 10/10/2018 – a firma del Responsabile del Settore III – Tecnico-Manutentivo del Comune di San Lorenzo Maggiore, Arch. Elena Bassolino, nonché del Responsabile del procedimento, Geom. Antonio Iannotti, con cui è stato disposto il diniego dell’istanza di permesso di costruire prot. n. 1226 del 11/5/2018, proposta dall’odierna ricorrente;
– di ogni atto presupposto, connesso e/o consequenziale al prefato provvedimento, e in particolare dell’Ordinanza di Demolizione n. 07/2018, recante prot. 805 del 21/3/2018, notificata in pari data, a firma del Responsabile del Settore III – Tecnico-Manutentivo del Comune di San Lorenzo Maggiore, Arch. Elena Bassolino, nonché del Responsabile del procedimento, Geom. Antonio Iannotti, con cui è stato ingiunto alla odierna ricorrente di demolire, entro il termine di novanta giorni dalla notifica, alcune opere asseritamente abusive, quali: 1) Manufatto destinato a deposito di mezzi e attrezzi, individuato catastalmente al foglio 9, particella 863 sub 1 e 2, di mq 487,00; 2) Manufatto accessorio all’abitazione principale, riportato in catasto al foglio 9, particella 764 sub 2 e 3; 3) Gazebo in muratura, a pianta ottagonale, con fondazione in c.a. con lato di mt 4,00, per una superficie di circa mq 50,00, realizzato sull’area individuata in catasto al foglio 9, particelle nn. 752 e 760.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di San Lorenzo Maggiore;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 giugno 2019 il dott. Michelangelo Maria Liguori e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il presente ricorso, notificato a mezzo posta il 20/24 ottobre 2018 e depositato il successivo 7 novembre, R. Rosalia ha esposto
– di essere proprietaria di un fabbricato con relative pertinenze, accessori e locali tecnici, sito in San Lorenzo Maggiore (BN), alla Contrada Santa Croce n. 13;
– che, in data 21/3/2018, riceveva dal Comune di San Lorenzo Maggiore la notifica dell’Ordinanza n. 07/2018, con cui le veniva ingiunto di demolire, entro il termine di novanta giorni dalla notifica, alcune opere asseritamente qualificate come abusive, ovvero: 1) Manufatto destinato a deposito di mezzi e attrezzi, individuato catastalmente al foglio 9, particella 863 sub 1 e 2, di mq 487,00; 2) Manufatto accessorio all’abitazione principale, riportato in catasto al foglio 9, particella 764 sub 2 e 3; 3) Gazebo in muratura, a pianta ottagonale, con fondazione in c.a. con lato di mt 4,00, per una superficie di circa mq 50,00, realizzato sull’area individuata in catasto al foglio 9, particelle nn. 752 e 760;
– che, nel citato provvedimento, veniva specificato che le prefate opere erano risultate, in seguito a sopralluogo e successiva relazione del tecnico comunale, Geom. Antonio Iannotti, prive dei prescritti titoli abilitativi, nonostante le stesse dovessero essere considerate “interventi di nuova costruzione”, dato il loro impatto volumetrico ed ambientale;
– che, con nota depositata in data 11/5/2018 e recante prot. n. 1226, ella si dichiarava proprietaria dei manufatti oggetto dell’ordine di demolizione e richiedeva, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, il rilascio di un permesso a costruire in sanatoria per le opere prese in considerazione dall’ordinanza, previo accertamento della loro conformità, e ciò individuando, quale tecnico di fiducia incaricato della predisposizione degli elaborati tecnici, l’Ing. Fiorentino G. Gaetano;
– che alla detta istanza veniva allegato il progetto in sanatoria, con relazione tecnica in cui veniva chiarita la natura accessoria dei manufatti in questione rispetto al fabbricato della richiedente, nonché l’assoluta irrilevanza degli stessi sul piano volumetrico, trattandosi di manufatti aperti, destinati a deposito di mezzi ed attrezzi, raccolta e riserva delle acque, gazebo;
– che, con successiva nota prot. 1488 del 5/6/2018, il Comune di San Lorenzo Maggiore le richiedeva un’integrazione documentale, specificamente costituita dalla redazione dell’istanza su modello rilasciato dalla Regione Campania, da un’attestazione sul titolo di legittimazione a richiedere il permesso in sanatoria, ed infine da una dichiarazione del progettista che asseverasse la conformità del progetto agli strumenti urbanistici e regolamenti edilizi vigenti (il termine di rilascio del permesso sarebbe rimasto sospeso nelle more dell’invio della documentazione);
– che, con nota depositata in data 4/7/2018 e recante prot. n. 1832, ella provvedeva alla integrazione documentale richiesta, depositando il modello di richiesta di permesso a costruire elaborato dalla Regione Campania ed opportunamente compilato, l’attestazione relativa alla titolarità dei beni oggetto dell’ordinanza di demolizione, con relative visure catastali immobiliari, e l’attestazione del progettista sulla compatibilità urbanistico-edilizia nonché sismica delle opere da sanare;
– che, con successiva nota recante prot. n. 2109 del 30/7/2018, notificata in data 2/8/2018, il Comune di San Lorenzo Maggiore le comunicava – ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241/1990 – l’avvio del procedimento di rigetto della presentata istanza di permesso di costruire, ritenendo “IMPROCEDIBILE l’istanza di PERMESSO DI COSTRUIRE IN SANATORIA” per non aver prodotto l’istante la documentazione integrativa richiesta, e, specificatamente, l’attestazione di conformità del progettista delle opere da sanare;
– che ella depositava, in data 5/9/2018 con protocollo n. 2386, una nota di riscontro, con la quale riferiva e documentava – tra l’altro – come nella medesima zona, nonché alla medesima distanza rispetto all’attiguo cimitero comunale, in epoca analoga a quella di realizzazione dei manufatti de quibus fossero state rilasciate a terzi concessioni edilizie in sanatoria, peraltro non per manufatti aperti e senza valore volumetrico, bensì per fabbricati di tipo abitativo; il tutto grazie ad una Delibera di G.M. del Comune di San Lorenzo Maggiore che aveva disposto di “derogare e di ridurre il vincolo cimiteriale ai fini del rilascio delle Concessioni Edilizie in Sanatoria”;
– che tale Delibera risultava adottata, ironia della sorte, sulla base di un parere favorevole alla deroga della fascia di rispetto cimiteriale, espresso proprio dal RUP Geom. Antonio Iannotti;
– che, con provvedimento recante Prot. Gen. n. 2777 del 10/10/2018, notificatole in data 12/10/2018, il Comune di San Lorenzo Maggiore disponeva il diniego dell’istanza di permesso di costruire in sanatoria da lei presentata, e avvertiva che, dalla notifica del provvedimento, sarebbe ripreso il decorso del termine assegnato con l’Ordinanza n. 7/2018 per la demolizione delle opere abusive.
Tanto esposto, la R. ha impugnato gli atti indicati in epigrafe (e, segnatamente, il diniego della chiesta sanatoria, nonché, per quanto occorrente, l’ordinanza di demolizione n. 7/2018 in precedenza emessa dal Comune di San Lorenzo Maggiore), chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
I. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLE NORME DI CUI AGLI ARTT. 3, 7 E 10 BIS DELLA LEGGE N. 241 DEL 1990, ALL’ART. 338 R.D. N. 1265 DEL 1934, ART. 3, 6, 11, 31, 33 E 36 DEL D.P.R. N. 380/2001; ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI ED ERRORE SUI PRESUPPOSTI, MOTIVAZIONE CARENTE ED ILLOGICA, DIFETTO DI ISTRUTTORIA.
Dal confronto tra il preavviso di diniego ex art. 10 bis della legge n. 241/90 ed il provvedimento di diniego medesimo, emergerebbe che il Comune di San Lorenzo Maggiore ha adottato – nel secondo provvedimento – una motivazione diversa ed ultronea rispetto a quella preannunciata nel primo. Infatti, nel preavviso di diniego il Comune ha dato atto che “Non è stata prodotta, nei termini assegnati, la documentazione richiesta con la Ns. precedente nota prot. 1488 del 5/6/2018”; mentre nel provvedimento di diniego, l’ente: A) afferma – per motivare il provvedimento negativo – che sarebbe stata depositata dalla Signora R. una documentazione “inadeguata in ordine al titolo di legittimazione del richiedente”; B) afferma che le norme di attuazione al P.R.G. vigente non consentirebbero l’edificazione nella zona F1 – Verde di rispetto, nella quale ricadono gli immobili. Entrambi gli elementi posti a base del provvedimento di rigetto, dunque, non sarebbero stati neppure accennati nel preavviso di rigetto, ma solo con il rigetto sarebbero stati sottoposti per la prima volta all’attenzione della R., che non avrebbe potuto – dunque – offrire né deduzioni né documenti specifici sui punti in questione, prima di vedersi notificare il provvedimento sfavorevole.
La giurisprudenza amministrativa avrebbe chiarito, in merito, che l’istituto del preavviso di rigetto, introdotto nel nostro ordinamento con la legge n. 15 del 2005, ha lo scopo di far conoscere alle amministrazioni – in contraddittorio rispetto alle motivazioni da esse assunte in base agli esiti dell’istruttoria espletata – quelle ragioni, fattuali e giuridiche dell’interessato che potrebbero contribuire a far assumere agli organi competenti una diversa determinazione finale derivante dalla ponderazione di tutti gli interessi in campo, con possibile riduzione del contenzioso tra le parti (sul punto cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 6/8/2013, n. 4111). Verrebbe, pertanto, considerata preclusa alla pubblica amministrazione la possibilità di fondare il provvedimento finale su ragioni nuove rispetto a quelle rappresentate nella comunicazione ex art. 10 bis della legge n. 241/1990, con conseguente illegittimità del provvedimento nel caso in cui le ragioni poste a fondamento dello stesso non fossero quelle già esplicitate nel preavviso di rigetto.
Nessuna motivazione, peraltro, sarebbe stata offerta dall’ente pubblico per giustificare – ove possibile – l’introduzione nel provvedimento finale dei motivi non espressamente addotti e sottoposti all’attenzione dell’interessata in fase di preavviso di rigetto.
II. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLE NORME DI CUI ALL’ART. 338 R.D. N. 1265 DEL 1934, ART. 3, 6, 11, 31, 33 E 36 DEL D.P.R. N. 380/2001; ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI ED ERRORE SUI PRESUPPOSTI, MOTIVAZIONE CARENTE ED ILLOGICA, DIFETTO DI ISTRUTTORIA, DISPARITA’ DI TRATTAMENTO.
Nel provvedimento impugnato si legge, in merito alla legittimazione della odierna ricorrente a conseguire il permesso in sanatoria, quanto segue: “la dichiarazione resa nella summenzionata nota prot. n. 1832 del 04/07/2018, ai sensi degli artt. 46 e 47 del DPR 445/2000, dalla citata sig.ra R. Rosalia, risulta del tutto inadeguata in ordine al titolo di legittimazione del richiedente”. Andrebbe rilevato però, in proposito, che, con la nota integrativa del 4/7/2018, la Signora R. ha non solo depositato l’attestazione di essere proprietaria dei manufatti oggetto dell’ordinanza di demolizione, ma anche le visure catastali relative alle unità immobiliari da demolire: avendo essa stessa realizzato i manufatti in questione, non avrebbe certo potuto esibire titoli di provenienza di tali beni.
La documentazione depositata, contrariamente a quanto sostenuto dal Comune resistente, sarebbe dunque idonea a consentire il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria alla R., “poiché la legittimazione attiva a chiedere il rilascio di un titolo abilitativo edilizio è configurabile non solo in capo al proprietario del terreno, ma anche in favore del soggetto titolare di altro diritto di godimento del fondo, che lo autorizzi a disporne con un intervento costruttivo, la pubblica amministrazione non è tenuta a svolgere una preliminare indagine istruttoria che si estenda fino alla ricerca d’ufficio di eventuali elementi limitativi, preclusivi o estintivi del titolo di disponibilità allegato dal richiedente (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. VI, 10 febbraio 2010, n. 675).” (così Cons.di Stato, Sez. IV, 2/9/2011, n. 4968).
In ogni caso, alla Signora R. Rosalia è stato ingiunto di demolire le unità immobiliari delle quali si discute, per cui, delle due l’una: o la R. sarebbe titolata a demolire le citate opere edilizie, con tutte le conseguenze negative del caso, ed allora risulterebbe titolata anche a conseguire il permesso a costruire in sanatoria; oppure non sarebbe titolata né all’uno né all’altro dei due adempimenti.
In merito all’altra motivazione, riportata nel provvedimento impugnato, secondo cui il Piano Regolatore vigente non consentirebbe di realizzare nuove costruzioni nella zona in questione F1 – Verde di rispetto, sarebbe stato ampiamente dedotto e dimostrato, nel corso dell’istruttoria, che: 1) i manufatti in questione non costituiscono insediamenti abitativi, ma locali tecnici aperti destinati al ricovero di mezzi ed attrezzi, nonché alla raccolta e conservazione dell’acqua, dunque non comporterebbero alcun impegno di volumetria e non sarebbero compresi nel divieto di cui all’art. 338 del R.D. 1265/34; 2) l’epoca di realizzazione dei manufatti risalirebbe, a detta della stessa amministrazione, agli anni 2000, ossia a circa quindici anni addietro rispetto al provvedimento impugnato; ma nella stessa epoca (1997), il Comune di San Lorenzo Maggiore avrebbe rilasciato due concessioni edilizie in sanatoria nella medesima zona oggetto di causa, previo parere dell’attuale RUP sulla possibilità di derogare alla fascia di rispetto cimiteriale e conseguente delibera di Giunta Municipale sul punto.
Risulterebbe, dunque, affetto dai vizi indicati in epigrafe il provvedimento impugnato, là dove: A) non avrebbe offerto alcuna giustificazione al diniego di sanatoria di locali aperti pertinenziali di unità immobiliari, mentre nello stesso identico posto avrebbe in passato assentito la realizzazione di unità abitative in deroga alla fascia di rispetto cimiteriale; B) avrebbe perpetrato una disparità di trattamento tra le istanze in sanatoria presentate nel 1997 e quella per cui è causa, relativa ad unità realizzate all’inizio degli anni 2000.
La giurisprudenza amministrativa avrebbe chiarito, in proposito, che il vincolo di inedificabilità nella zona attigua al cimitero riguarda le costruzioni incompatibili con la funzione cimiteriale, in quanto destinate ad ospitare stabilmente l’uomo, quali, in primo luogo, le abitazioni, mentre non osterebbe alla realizzazione di altri manufatti che tale funzione non possiedono (T.A.R. Lombardia, Sez. III, 26/9/2011, n. 2295). Ove mai, poi, il Comune avesse inteso stigmatizzare nel proprio provvedimento finale (ma non se ne trova traccia) anche il comportamento del professionista incaricato dalla R., Ing. Fiorentino G. Gaetano, in merito alla mancata attestazione di conformità degli interventi edilizi agli strumenti urbanistici ed al Regolamento edilizio comunale, occorrerebbe rilevare che a pag. 32 della richiesta di permesso di costruire depositata dalla R. tale attestazione sarebbe presente (atteso che ivi sarebbe possibile leggere quanto segue: “il sottoscritto tecnico…ASSEVERA la conformità delle opere sopra indicate, compiutamente descritte negli elaborati progettuali, agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati, la conformità al Regolamento Edilizio Comunale, al Codice della Strada, nonché al Codice Civile e assevera che le stesse rispettano le norme di sicurezza e igienico/sanitarie e le altre norme vigenti in materia urbanistica, edilizia, e quanto vigente in materia, come sopra richiamato… Il progettista Ing. GAETANO Fiorentino Giuseppe”; e tale attestazione risulterebbe regolarmente sottoscritta dal tecnico). Il successivo chiarimento, in merito alla fascia di rispetto cimiteriale, non inficerebbe, dunque, la validità di tale attestazione, né consentirebbe di affermare che attestazione non vi sia.
Ulteriore elemento viziante il provvedimento impugnato deriverebbe dall’affermazione che “dalla data di notifica del presente atto riprendono i termini assegnati, con l’Ordinanza n. 07/2018, per la demolizione delle opere abusive de quo”, in quanto in tal modo il Comune di San Lorenzo Maggiore avrebbe inteso dare reviviscenza all’Ordinanza di demolizione n. 07/2018, successivamente al rigetto dell’istanza ex art. 36 del DPR n. 380/2001. Una parte della giurisprudenza amministrativa riterrebbe, però, in proposito, che il riesame dell’abusività dell’opera determinato dall’istanza ex art. 36 comporti la necessaria formazione di un nuovo provvedimento; cosicché, nel caso in cui quest’ultimo non sani l’abuso, il Comune sarebbe tenuto comunque ad attivare un nuovo procedimento per la demolizione, assegnando agli interessati un nuovo termine per adempiere (sul punto cfr. Cons. di Stato, Sez. V, 13/4/2010, n. 2844; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, 18/5/2018, n. 827; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 19/5/2014, n. 1304; T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 11/4/2013, n. 1036): il termine per la demolizione non potrebbe, allora, riprendere alcun decorso, se non previa adozione di un nuovo provvedimento di ingiunzione.
III. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA NORMA DI CUI ALL’ART. 3 DELLA LEGGE N. 241/1990; ECCESSO DI POTERE PER MOTIVAZIONE ILLOGICA E CONTRADDITTORIA NONCHE’ CARENTE; DIFETTO DI ISTRUTTORIA.
Qualora si volesse aderire all’altro orientamento giurisprudenziale, secondo cui la presentazione dell’istanza ex art. 36 del DPR 380/01 non incide sulla validità dell’ordinanza di demolizione precedentemente adottata, ma solo sull’efficacia della stessa, determinandone la sospensione fino alla decisione sull’istanza di sanatoria, con conseguente riespansione in caso di decisione negativa (sul punto cfr. Cons. di Stato, Sez. VI, 27/2/2018, n. 1171; idem, Sez. IV, 26/9/2013, n. 4818; T.A.R. Campania, Napoli, 3/4/2018, n. 2141; idem, Sez. III, 16/3/2018, n. 1670), tanto l’originaria ordinanza di demolizione n. 07/2018, quanto il provvedimento di rigetto dell’istanza in sanatoria del 10/10/2018 (quale implicita conferma della prima) risulterebbero affetti da grave vizio motivazionale. Sarebbe stato, infatti, espressamente riconosciuto dall’Ente resistente che i manufatti oggetto dei provvedimenti afflittivi sono stati realizzati all’inizio degli anni 2000 (si veda la relazione di sopralluogo prot. n. 1360 del 16/6/2017); e dunque sarebbero trascorsi circa quindici anni dalla loro realizzazione. La giurisprudenza amministrativa avrebbe affermato, in proposito, il seguente principio: “l’ingiunzione di demolizione, in quanto atto dovuto in presenza della constatata realizzazione dell´opera edilizia senza titolo abilitativo o in totale difformità da esso, è in linea di principio sufficientemente motivata con l´affermazione dell´accertata abusività dell´opera; ma deve intendersi fatta salva l´ipotesi in cui, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell´abuso ed il protrarsi dell´inerzia dell´Amministrazione preposta alla vigilanza, si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato; ipotesi questa in relazione alla quale si ravvisa un onere di congrua motivazione che indichi, avuto riguardo anche all´entità ed alla tipologia dell´abuso, il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello al ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato” (così Cons. Stato, Sez. VI, 8/4/2016, n. 1393; e si veda anche Cons. di Stato, Sez. VI, 18/5/2015, n. 2512), per cui l’adozione dell’ordinanza di demolizione a notevole distanza di tempo dalla realizzazione dei manufatti richiederebbe una motivazione specifica “sull’esigenza della demolizione nonostante il tempo trascorso e il conseguente affidamento ingeneratosi in capo al privato”; motivazione invece del tutto assente, sia nell’Ordinanza di demolizione n. 07/2018, sia nel provvedimento di rigetto dell’istanza in sanatoria del 10/10/2018.
Contestualmente, alla proposta domanda annullatoria dei ricordati provvedimenti comunali, la ricorrente ha chiesto condannarsi il Comune di San Lorenzo Maggiore al risarcimento di tutti i danni da lei subiti e subendi in conseguenza dei medesimi provvedimenti impugnati, instando affinché l’adito Tribunale operasse, ove necessario, una valutazione equitativa degli stessi, ai sensi degli artt. 1226 e 2056 c.c..
In data 27 novembre 2018 si è costituito in giudizio il Comune di San Lorenzo Maggiore, contestando l’ammissibilità e, comunque, la fondatezza del ricorso.
Con ordinanza n. 1813/2018 del 5 dicembre 2018, questo Tribunale “Rilevato che, prima facie, risulta fondato il motivo con il quale si fa valere la discrasia di contenuto tra il preavviso di diniego ex art.10 bis della L:241/90 ed il provvedimento definitivo emesso dall’amministrazione intimata; ritenuto, tanto premesso, che quest’ultima debba procedere alla riedizione del potere amministrativo, rinnovando l’atto endoprocedimentale del preavviso che, allo stato, risulta come detto in contrasto con l’esito deliberativo finale, così ristabilendo il corretto paradigma procedimentale” ha accolto, nei sensi evidenziati in parte motiva, l’istanza cautelare avanzata dalla ricorrente.
Non risulta che successivamente il Comune di San Lorenzo Maggiore abbia adempiuto al suddetto dictum cautelare.
Il 15 maggio 2019 la ricorrente ha depositato una memoria, e lo stesso ha fatto il Comune resistente il giorno seguente.
Alla pubblica udienza del 26 giugno 2019 la causa è stata, infine, trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il presente giudizio è incentrato in via principale sull’impugnazione del provvedimento Prot. Gen. n. 2777 del 10/10/2018, con cui il Comune di San Lorenzo Maggiore ha opposto un diniego all’istanza di permesso di costruire prot. n. 1226 del 11/5/2018, proposta da R. Rosalia; ma è impugnata, quale atto presupposto, anche la precedente ordinanza n. 07/2018, recante prot. 805 del 21/3/2018, con cui il medesimo Comune ha ingiunto alla R. di demolire, entro il termine di gg. 90 dalla data di notifica dell’atto (avvenuta lo stesso 21.3.2018), una serie di opere qualificate come abusive, in quanto realizzate in località S. Croce in assenza del prescritto titolo abilitativo edilizio.
Contestualmente, la ricorrente propone domanda volta a conseguire il risarcimento dei danni che assume di aver ricevuto in conseguenza dell’illegittima attività provvedimentale posta in essere nell’occasione dall’amministrazione di San Lorenzo Maggiore.
Le opere, oggetto prima dell’ordine demolitorio, e poi interessate dalla domanda di sanatoria, risultano così individuate (sulla base della relazione prot. n. 1360 del 16.6.2017, corredata da foto, redatta da personale dell’UTC di San Lorenzo Maggiore, all’esito di un sopralluogo effettuato unitamente a Carabinieri e Forestale): “1) Manufatto destinato a deposito di mezzi e attrezzi, individuato catastalmente al foglio 9 particella 863 sub 1 e 2, di mq 487,00; 2) Manufatto accessorio all’abitazione principale (piscina), riportato in catasto al foglio 9 particella 764 sub 2 e 3; 3) Gazebo in muratura, a pianta ottagonale, con fondazione in c.a. con lato di mt 4,00 per una superficie di circa mq 50,00, realizzato sull’area individuata in catasto al foglio 9 particelle nn. 752 e 760”.
Va evidenziato che, dopo aver ricevuto, in qualità di proprietaria, la notifica dell’ordine di ripristino, R. Rosaria ha presentato al Comune di San Lorenzo Maggiore, in data 11.5.2018 (prot. n. 1226), istanza di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 DPR 380/2001 onde conseguire il permesso di costruire in sanatoria proprio per le opere oggetto di sanzione; e che, dopo aver ricevuto dal Comune, a mezzo di nota prot. n. 1488 del 5.6.2018, richiesta di integrazione documentale (integrazione così precisata: “-Utilizzo e completa redazione del modello unificato e standardizzato adottato dalla regione Campania e pubblicato sul sito istituzionale di questo Ente; -Attestazione concernente il titolo di legittimazione del richiedente il P. di C.; -Dichiarazione del progettista abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti, e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, alle norme relative all’efficienza energetica.”), ha provveduto all’incombente mediante deposito effettuato in data 4.7.2018 (con nota prot. n. 1832).
E’ seguito l’invio, da parte del Comune di San Lorenzo Maggiore, della nota prot. n. 2109 del 30.7.2018, recante avviso di avvio del procedimento di diniego (rectius comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda, ex art. 10 bis L. 241/1990) dell’istanza di sanatoria presentata dalla R., sulla scorta delle seguenti argomentazioni: “1. Non è stata prodotta, nei termini assegnati, la documentazione richiesta con la Ns. precedente nota prot. 1488 del 5/6/2018; 2. Il progettista ha dichiarato di “non poter certificare la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti e delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia, soprattutto per l’esistenza di una fascia di rispetto cimiteriale”; CONSIDERATO che l’art. 20 del DPR 6 giugno 2001 n. 380 “procedimento per il rilascio del P. di C” dispone espressamente che: La domanda (di permesso di costruire in sanatoria) è accompagnata da una dichiarazione del progettista abilitato che asseveri la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti, e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, alle norme relative all’efficienza energetica.”;…”; e, dopo la presentazione di controdeduzioni da parte dell’interessata (con nota acquisita al protocollo comunale con il n. 2386 del 5.9.2018), il Comune ha adottato il definitivo diniego della chiesta sanatoria, così motivandolo: “Verificato: – Che i manufatti oggetto della istanza di permesso di costruire, ricadono in zona F 1 — Verde di rispetto del Piano Regolatore Generale vigente, approvato dal Presidente della Provincia di Benevento n. 35 del 18/11/2002, pubblicato sul B.U.R.C. n. 5 del 03/02/2003; Considerato: – Che le norme di attuazione allegate al citato P.R.G. per la zona omogenea F 1 — Verde di rispetto, ove ricadono gli immobili, all’art. 21 prevedono: territorio inedifìcabile di rispetto stradale, ferroviario e cimiteriale. L’unica attività consentita è la coltivazione dei fondi. È vietata l’edificazione di nuove costruzioni anche di carattere provvisorio, con l’esclusione di impianti per la distribuzione del carburante; – Che l’invocato art. 36 del DPR 380/01, prevede al comma 1 che, ” in caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità. da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 23, comma 01, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.”; Preso atto: – Che dalla istruttoria della pratica edilizia di che trattasi, non sono emersi elementi utili a poter verificare la sussistenza dei requisiti previsti dal citato comma 1 del art. 36 del DPR 380/01; – Che la dichiarazione resa nella summenzionata nota prot. n. 1832 del 04/07/2018, ai sensi degli artt. 46 e 47 del DPR 445/2000, dalla citata sig.ra R. Rosalia, risulta del tutto inadeguata in ordine al titolo di legittimazione del richiedente;</i>”.
Così sommariamente ricostruita la vicenda che ha originato il presente contenzioso, può ora passarsi al partito esame dei singoli motivi su cui si articola la proposta domanda annullatoria.
Con il primo di essi, si sostiene che le giustificazioni poste a fondamento del definitivo diniego di sanatoria non corrisponderebbero a quelle precedentemente indicate, nella nota prot. n. 2109 del 30.7.2018, quali motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, per cui sarebbe rimasta violata la normativa in tema di partecipazione procedimentale.
Tale prospettazione non persuade, in quanto, ad più attento esame (rispetto a quello effettuato in sede cautelare, caratterizzato da sommaria cognitio) deve dirsi che, in realtà, non è ravvisabile alcuna discrasia contenutistica tra i due atti. Invero, l’affermazione che “la dichiarazione resa nella summenzionata nota prot. n. 1832 del 04/07/2018, ai sensi degli artt. 46 e 47 del DPR 445/2000, dalla citata sig.ra R. Rosalia, risulta del tutto inadeguata in ordine al titolo di legittimazione del richiedente;” (contenuta nel provvedimento di diniego), appare essere indiscutibilmente una specificazione della precedente affermazione (questa contenuta nella nota prot. n. 2109 del 30.7.2018) secondo cui non era “stata prodotta, nei termini assegnati, la documentazione richiesta con la Ns. precedente nota prot. 1488 del 5/6/2018;” (ovvero la “Attestazione concernente il titolo di legittimazione del richiedente il P. di C.”, richiesta, quale integrazione documentale, con la ancor precedente nota prot. n. 1488 del 5.6.2018); perché i documenti prodotti non erano stati – in sostanza – ritenuti idonei a dimostrare appunto la qualità di proprietaria della richiedente.
Parimenti, l’affermazione (contenuta nel provvedimento di definitivo diniego) che le norme di attuazione del vigente PRG non consentirebbero l’edificazione nella zona F1 – Verde di rispetto, nella quale incontestatamente ricadono gli immobili, null’altro è che una specificazione del motivo ostativo precedentemente contestato con la formula “Il progettista ha dichiarato di “non poter certificare la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti e delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia, soprattutto per l’esistenza di una fascia di rispetto cimiteriale””, atteso che nel definitivo diniego appare ben chiarito che “le norme di attuazione allegate al citato P.R.G. per la zona omogenea F1 — Verde di rispetto, ove ricadono gli immobili, all’art. 21 prevedono: territorio inedifìcabile di rispetto stradale, ferroviario e cimiteriale. L’unica attività consentita è la coltivazione dei fondi. È vietata l’edificazione di nuove costruzioni anche di carattere provvisorio, con l’esclusione di impianti per la distribuzione del carburante;”: quindi, la conformità urbanistica delle opere non è risultata certificata, e, comunque non avrebbe potuto esserlo, in quanto insussistente, in considerazione del tipo di zona omogenea in cui ricadono le opere nonché della presenza ivi di un vincolo cimiteriale.
In ogni caso, posto che, com’è noto (cfr. TAR Calabria-Reggio Calabria n. 15 dell’11.1.2019; TAR Puglia-Lecce n. 754 del 4.5.2018; TAR Lazio-Latina n. 236 del 10.4.2017) il permesso di costruire, anche in sanatoria, costituisce un provvedimento vincolato (essendo il suo rilascio subordinato alla verifica della sussistenza dei presupposti di legge, e, più in particolare, della cd. “doppia conformità”), il motivo di gravame in esame non potrebbe che essere in questa sede disatteso, in applicazione del disposto di cui al comma 2 dell’art. 21 octies L. 241/1990, visto che dagli atti risulta con evidenza (secondo quanto meglio si specificherà più avanti) che il contenuto (negativo) del provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Infondato è, poi, anche il secondo dei motivi di ricorso, contenente plurime contestazioni degli argomenti utilizzati per negare la sanatoria.
In primis è contestata l’affermazione del Comune di San Lorenzo Maggiore secondo cui la documentazione prodotta dalla ricorrente sarebbe “inadeguata in ordina al titolo di legittimazione del richiedente”; ma, seppure nella stessa ordinanza di demolizione l’ente aveva indicato R. Rosalia quale proprietaria dell’immobile comprendente le opere abusive, va rilevato come la documentazione da costei successivamente fornita non abbia compreso, né ha almeno indicato, il titolo in base al quale detta proprietà sarebbe stata da lei acquisita, essendovi stata la produzione soltanto di visure catastali (come noto meramente indiziarie) e di una autocertificazione di contenuto generico sul punto (va, del resto, tenuto conto che, se pure il Comune, nell’espletamento di attività istruttoria in ordine al possesso dei titoli legittimanti l’attività edilizia, non è chiamato ad effettuare indagini approfondite richiedenti particolari competenze tecniche, è però tenuto ad accertare la sussistenza di un titolo legittimante – cfr. TAR Sicilia-Palermo n. 831 dell’1.4.2016; TAR Calabria-Catanzaro n. 407 del 10.4.2013).
Né, in contrario, può valere la tesi che, trattandosi di opere realizzate abusivamente dalla stessa R., non vi sarebbe alcun titolo di provenienza: è chiaro che tale titolo avrebbe potuto – e dovuto – riguardare il suolo interessato dalle nuove costruzioni, attesa l’applicabilità nella specie del noto brocardo “omne quod inaedificatur solo cedit”.
Neppure, poi, può essere condiviso l’assunto di parte ricorrente, secondo cui le opere in concreto realizzate risulterebbero compatibili con la destinazione di zona F1 – Verde di rispetto in cui le stesse ricadono, nonché con il vincolo cimiteriale ivi esistente.
In proposito, va premesso che quelli in questione, lungi dall’essere piccoli manufatti aventi natura pertinenziale (come prospettato dalla R.), costituiscono invece (specie tenuto conto della loro notevole consistenza e superficie occupata, nonché della loro autonoma utilizzabilità) un insieme di opere determinante una rilevante trasformazione del territorio e quindi avente una significativa incidenza urbanistica, così da richiedere il previo rilascio di un permesso di costruire e da risultare, con evidenza, assolutamente incompatibili con la destinazione di zona F1 – Verde di rispetto (visto che, come sottolineato dal Comune nel diniego, in tale zona “È vietata l’edificazione di nuove costruzioni anche di carattere provvisorio, con l’esclusione di impianti per la distribuzione del carburante;”).
Ostativa alla realizzata edificazione è, altresì, l’essere l’area interessata gravata da vincolo cimiteriale; circostanza da sola idonea a sostenere la motivazione del gravato provvedimento di autotutela, posto che l’art. 338, comma 1 del regio decreto n. 1265/1934 così recita: “I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. E’ vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste nella legge”. Orbene, “al riguardo la giurisprudenza amministrativa, condivisa dal Collegio, si è da tempo orientata verso il principio per cui “il vincolo cimiteriale di inedificabilità viene ad imporsi ex se, con efficacia diretta ed immediata, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla esistenza o sui limiti di tal vincolo”, ed ancora: “Il vincolo imposto dall’art. 338 R.D. n. 1265/1934 e dall’art. 57 D.P.R. n. 285/1990 è un vincolo assoluto di inedificabilità ex lege, tale da prevalere addirittura anche su eventuali disposizioni urbanistiche contrarie (cfr. T.A.R. Toscana Firenze, Sez. III, 2 febbraio 2015, n. 181). Trattasi di un vincolo assoluto di inedificabilità, che non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione ed alla sepoltura, nel mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale (cfr. T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 14 novembre 2014, n. 5942). Sul punto la giurisprudenza è costante (cfr. Cons. Stato, V, 14 settembre 2010, n. 6671, 30 maggio 2007, n. 1935), nell’affermare pure che esso è tale da precludere il rilascio della concessione, anche qualora essa sia richiesta in sanatoria, senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell’opera con i valori tutelati dal vincolo (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV, 9 marzo 2016, n. 949 cit., T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, 2 febbraio 2015, n. 184, T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 18 gennaio 2012, n. 77)” – Così T.A.R. Campania – Napoli, sez. VIII, sent. 3/1/17 n. 59; nonché T.A.R. Campania – Napoli, sez. VIII, sent. 29/10/18 n. 6326.
Peraltro, va evidenziato che dal testo della delibera di Giunta Comunale n. 32 del 14.2.1997, invocata dalla ricorrente, non risulta che sia stata ridotta in via assoluta a mt. 50,00 l’area sottoposta a vincolo cimiteriale (come pure consentito dall’art. 338 comma 4 R.D. 27.7.1934, n. 1265, ma con potere rimesso al Consiglio Comunale), bensì che si sia nell’occasione inteso “derogare” per casi specifici (ovvero per alcune domande di condono edilizio) al rispetto della generale fascia di mt. 200,00, pure prescritta nel Programma di Fabbricazione all’epoca vigente.
Per di più, va sottolineato come neanche risulti che le opere in commento siano ubicate a distanza dal muro di cinta del cimitero maggiore di mt. 50,00 (così da renderle compatibili con l’invocata “deroga”).
Quanto testé esposto, allora, dà conto del perché il tecnico della ricorrente, ing. Fiorentino G. Gaetano abbia, con dichiarazione del 3.7.2018, affermato di “non poter certificare la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati ed adottati, ai regolamenti edilizi vigenti e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia soprattutto per l’esistenza di una fascia di rispetto cimiteriale”, indipendentemente dalla sottoscrizione da parte sua del modulo regionale presentato: era la situazione concreta che escludeva la conformità urbanistica di quanto realizzato, anche se la negativa certificazione del tecnico di parte ha chiarito la situazione, rendendo inidonea, per un eventuale accoglimento dell’istanza di sanatoria, la documentazione all’uopo presentata.
Sul punto, va altresì, conclusivamente precisato che nemmeno può essere presa in considerazione la doglianza secondo cui il Comune avrebbe, nella fattispecie, commesso una disparità di trattamento (avendo in passato rilasciato condoni per manufatti ricadenti in area di rispetto cimiteriale), in quanto “il provvedimento di diniego di autorizzazione edilizia costituisce espressione di potere vincolato rispetto ai presupposti normativi richiesti e dei quali deve farsi applicazione, con la conseguenza che in ordine al medesimo non possono venire in rilievo profili di eccesso di potere quali la disparità di trattamento, propri dell’esercizio del potere discrezionale, atteso altresì che l’eventuale rilascio di provvedimenti autorizzativi in analoghi casi di abusi non assentibili, e quindi suscettibili di annullamento giurisdizionale o amministrativo, non può ex se legittimare la pretesa ad identico trattamento.” (così TAR Campania-Napoli sez. VIII, n. 4427 del 6.11.2012; nonché TAR Lazio-Latina n. 236 del 10.4.2017; TAR Sardegna n. 18 del 13.1.2012; TAR Toscana n. 3100 del 27.6.2005).
Quanto all’affermazione che “dalla data di notifica del presente atto riprendono i termini assegnati, con l’Ordinanza n. 07/2018, per la demolizione delle opere abusive de quo” (rectius de quibus), pure presente nel provvedimento di diniego e pure censurata con il motivo di ricorso in commento, va rilevato che essa risulta essere una mera “avvertenza” ulteriore, non integrativa della motivazione del diniego. In ogni caso, va in proposito precisato che tale affermazione, ancorché errata (essendo necessaria comunque l’assegnazione di un nuovo intero termine di almeno gg. 90 per consentire al privato di demolire spontaneamente le opere abusive, dopo la reiezione della sanatoria chiesta con le modalità consentite dalla legge), non è suscettibile di incidere sulla legittimità, né dello stesso diniego (riferendosi a questioni successive a questo), né, tantomeno dell’ordinanza di demolizione.
Rimane da esaminare, infine, l’ultimo motivo di ricorso, con il quale, in estrema sintesi, si lamenta che l’ordinanza di demolizione n. 07/2018 del Comune di San Lorenzo Maggiore sarebbe viziata da difetto di motivazione, poiché, essendo intervenuta a distanza di molti anni dalla realizzazione delle opere abusive sanzionate, con essa si sarebbe dovuto dar conto delle ragioni (diverse dal mero ripristino della legalità violata) per le quali si andava a sacrificare l’interesse del privato, caratterizzato da un legittimo affidamento nel frattempo maturato.
In contrario, tuttavia, va evidenziato che l’orientamento giurisprudenziale richiamato dalla ricorrente a sostegno della propria tesi è stato del tutto superato dall’Ad. Plenaria del Consiglio di Stato, che, con la decisione n. 9 del 17.10.2017, ha affermato che “Il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso neanche nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino.”: di conseguenza, anche tale motivo di ricorso va disatteso.
L’integrale reiezione della domanda demolitoria, e la conseguente piena legittimità degli atti amministrativi oggetto di gravame (almeno rispetto alle censure proposte con il ricorso), comportano la reiezione pure della domanda risarcitoria contestualmente avanzata, e, peraltro, anche rimasta sfornita di prova quanto ai danni asseritamente verificatisi a carico della R..
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, in favore del solo Comune di San Lorenzo Maggiore, stante la mancata costituzione del privato intimato, Conti Giuseppe.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, proposto da R. Rosalia, lo respinge in toto.
Condanna la R. alla rifusione in favore del Comune di San Lorenzo Maggiore delle spese di giudizio, che liquida in complessivi euro 2.500,00, oltre accessori di legge.
Nulla per le spese nei confronti del non costituito Conti Giuseppe.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 26 giugno 2019 con l’intervento dei magistrati:
Francesco Gaudieri, Presidente
Michelangelo Maria Liguori, Consigliere, Estensore
Rosalba Giansante, Consigliere
L’ESTENSORE (Michelangelo Maria Liguori)
IL PRESIDENTE (Francesco Gaudieri)
IL SEGRETARIO