TAR Campania, Napoli, Sez. III, 11 febbraio 2021, n. 922

TAR Campania, Napoli, Sez. III, 11 febbraio 2021, n. 922

Pubblicato il 11/02/2021
N. 00922/2021 REG.PROV.COLL.
N. 02049/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2049 del 2016, proposto da
E. Pietro Paolo, rappresentato e difeso dall’Avv. Sergio Mascolo, con domicilio eletto in Napoli alla Vía Cuma n° 2 (studio Lambiase) e domicilio digitale, come da p.e.c.: sergio.mascolo@ordineavvocatita.it ;
contro
Comune di Pompei, in persona del legale rappresentante p.t., non costituito in giudizio;
per l’annullamento
– della determinazione a firma del Dirigente del V° Settore, c/o il medesimo Ente Locale, con la quale è stato disposto il rigetto del procedimento di sanatoria/condono ex lege n° 724/’94 contraddistinto dal n° di procedimento 1301 per opere consistenti nella realizzazione di un capannone per attività industriale/artigianale e un deposito, localizzato in Via Civita Giuliana ed identificata catastalmente al fl. 3, p. lla 858, determina notificata a mezzo del Messo Comunale il 10 febbraio 2016 a mani della consorte del fratello non convivente;
– di ogni altro atto presupposto, connesso e/u consequenziale, per quanto di ragione, ancorché da essi non conosciuto.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Viste le disposizioni straordinarie di cui all’art. 25, co. 1 e 2, del decreto-legge n. 137 del 28.10.2020, a mente del quale alle udienze pubbliche e alle camere di consiglio che si svolgono dal 9 novembre 2010 al 31 gennaio 2021 si applicano le disposizioni dei periodi quarto e seguenti del comma 1 dell’art. 4 del decreto-legge n. 28 del 30.4.2020, convertito in legge n. 70 del 25.6.2020 e, fatta salva la facoltà di chiedere la discussione orale mediante collegamento da remoto o di depositare in alternativa note di udienza, gli affari in trattazione passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati;
Relatore nella udienza del giorno 10 novembre 2020 il dott. Vincenzo Cernese, trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25 DL 137/2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso depositato il 09.05.2016, E. Pietro Paolo espone che:
– la determinazione comunale che ha concluso il procedimento di sanatoria/condono si affida, sul piano motivazionale, agli esiti istruttori espletati, per conto dell’Ente, da una società privata; esiti che avrebbero consentito di verificare l’incondonabilità de qua in ragione della condizione attuale dello stato dei luoghi, che vedrebbe l’intero manufatto compreso entro i limiti delle cc.dd. fasce di rispetto cimiteriali, come fissate sul piano generale dall’art. 338 del R.D. n° 1265/34, nonché della pendenza di un concorrente vincolo di inedificabilità assoluta di carattere paesaggistico, comunque, sopravvenuto alla realizzazione dell’opera di ristrutturazione edilizia per la quale è stato richiesto condono;
– la proposta di determinazione è stata acriticamente recepita dall’Ente, obliterando tra l’altro che l’odierno ricorrente è proprietario per il solo 1/3 , concretamente individuato per cui, anche rispetto ad esso andava apprezzato quel regime di distanza dalla cd. fascia di rispetto cimiteriale che è stato genericamente contestato;
– si tratta di una ristrutturazione edilizia eseguita su di un precedente manufatto, del quale conserva ingombri e posizionamento in situ; manufatto che lo stesso Comune di Pompei aveva assentito con provvedimento sindacale datato 10 agosto ’88 su pareri MIBAC e della Commissione Edilizia. Pur trattandosi di titolo per la posa in opera di serra prefabbricata, secondo una struttura modulare che si riscontra all’attualità , all’originario volume serricolo sono state sostituite le vetrate,conservando struttura permanente di “edificio”;
– la domanda di sanatoria/condono fatta oggetto di rigetto deve, pertanto, essere considerata e declinata ai soli fini delle difformità che si sono prodotte rispetto al titolo edilizio, pur rilasciato, ed è contraddittorio che al rilascio del titolo principale si faccia seguire il diniego di sanatoria per le sue difformità, affidandosi a motivazioni riferite ad un vincolo che, per l’immobile lo stesso Ente nell’88 ha ritenuto di non considerare;
– va poi soggiunto un processo di espansione che ha interessato l’impianto cimiteriale e quella fascia di rispetto che va apprezzata ai fini delle distanze non rispetto al perimetro attuale del cimitero , ma a quello che si registrava all’atto della realizzazione del manufatto privato.
Il Comune di Pompei, benché ritualmente intimato, non si è costituito in giudizio ed alla udienza del giorno 10 novembre 2020 la causa è stata trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25 DL 137/2020.
DIRITTO
Nel merito, con la prima censura, si deduce la violazione di legge (art. 338 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265; artt. 32 e 3, L. n. 47/’85), oltre all’eccesso di potere (per contraddittorietà, sviamento, carenza di motivazione, difetto di istruttoria, irragionevolezza, sproporzionalità, violazione del principio del giusto procedimento), al riguardo rilevandosi che:
– il diniego al condono in funzione dei vincoli imposti all’area sulla quale insistono i manufatti da condonare sarebbe ammesso solo laddove dalla concessione della sanatoria derivi l’irrimediabile compromissione degli interessi tutelati (Cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. Il, 6 luglio 2010 n° 23769);
– l’Ente Locale ha inteso materialmente derogare il relativo limite insediativo con il rilascio del titolo nel 1988 e sarebbe contraddittorio dedurre quello stesso limite per e sole difformità portate a quello stesso edificio, l’immobile , in quanto preesistente, ai sensi dell’art. 338 u.c. TULS vedeva la legittimazione ad aedificandum radicata su atti e comportamenti univoci della P.A.
La censura, relativa al vincolo cimiteriale – corrispondente al primo motivo ritenuto ostativo alla sanabilità dell’opera da esaminare con precedenza, per ragioni di carattere logico-giuridico – non è fondata.
Sostiene parte ricorrente che l’Autorità preposta alla tutela del vincolo dovrebbe seguire una “linea di tolleranza” in funzione del conseguimento dello speciale obiettivo del “salvataggio del bene”, per modo che il diniego al condono sarebbe ammesso solo laddove dalla concessione della sanatoria derivi l’’irrimediabile compromissione degli interessi tutelati, così sostanzialmente ipotizzando che il vincolo derivante dalla fascia di rispetto cimiteriale anche in ragione di un progetto di ampliamento , non ha valore di inedificabilità assoluta ex art. 33. L. n. 47 del 1985, ma ha valore di inedificabilità relativa ex precedente art. 32.
In contrario va rilevato che l’impugnato provvedimento di rigetto si fonda validamente sulla sussistenza della ragione preclusiva all’ottenimento del condono, costituita dalla incontestata inclusione del manufatto nell’area della fascia di rispetto cimiteriale con vincolo di inedificabilità assoluta. La tesi della preesistenza dell’edificio, assentito in deroga nel 1988 non è condivisibile, rilevandosi che si tratta di una costruzione diversa dal preesistente ( essendo stata autorizzata solo la posa in opera di una serra prefabbricata in ferro con materiale plastico, laddove la sanatoria è richiesta per una struttura completamente diversa, consistente in un capannone e deposito ).
Con riferimento ai nuovi edifici, tra cui va ad annoverarsi quello derivante dalla radicale trasformazione della serra, il vincolo del rispetto della fascia di inedificabilità di 200 metri dal cimitero, recato dall’art. 338 del R.D. n. 1265/1934 si impone ex se con caratteri di assolutezza che non consentono alcuna valutazione discrezionale da parte dell’Amministrazione, non richiedendo, pertanto, l’assolvimento di un onere di peculiare motivazione in ordine alla sussistenza delle ragioni d’interesse pubblico presidiato dal vincolo, né in punto di incisione dello stesso attraverso un’attività edificatoria che è interdetta in via generale, prescindendo dalla tipologia della costruzione e dalla destinazione d’uso dell’immobile realizzato nella fascia di rispetto cimiteriale
Invero, l’interesse pubblico, o meglio il fascio di interessi pubblici multiformi sottesi alla creazione da parte del legislatore del Testo unico sulle leggi sanitarie, di una zona contigua all’impianto cimiteriale, entro la quale è inibita ogni attività edificatoria, si profila autoevidente se non implicito, apparendo in re ipsa (cfr. TAR Napoli sentenza del 07/03/2018, n. 1455).
Nel caso di specie, dunque, non sussiste alcuna esigenza specifica che richiede l’individuazione di particolari ragioni di pubblico interesse sottese al diniego, in quanto la presenza del vincolo di inedificabilità legato alla fascia di rispetto cimiteriale attesta che le valutazioni circa l’immanenza e il carattere non recessivo delle esigenze di carattere pubblicistico, legate preminentemente e non solo a ragioni di carattere igienico sanitario, è già stata compiuta a monte dal legislatore senza possibilità di diversa valutazione discrezionale da parte dell’Amministrazione.
Si rammenta che originariamente, con sentenza del 9 marzo 2016 n. 1293, questa Sezione si è pronunciata sulla questione concernente il rigetto di un’istanza di condono edilizio, fondato sulla stessa motivazione relativa alla sussistenza del vincolo cimiteriale d’inedificabilità, assunto dal Comune di Pompei ( cui hanno fatto seguito, su analoghe vertenze, altre sentenze dallo stesso contenuto dispositivo, pur se con tenore talvolta diverso, a seconda delle situazioni rappresentabili).
Le sentenze favorevoli hanno tuttavia riguardato ipotesi che si distinguevano da quella attuale per una circostanza decisiva: i fabbricati oggetto della domanda di condono erano collocati ad una distanza dal perimetro del locale cimitero di oltre 200 metri, misurata a partire dalla cinta muraria originaria, preesistente al programmato ampliamento (per il lato nord, non più realizzabile a causa del rinvenimento di reperti archeologici).
Più di recente, con la sentenza n. 2311 del 10 aprile 2018, la Sezione, nel trattare la questione relativa ad un immobile posto all’interno della fascia di rispetto cimiteriale, ha concluso per il rigetto delle pretese dell’attore. Ricorrendo la medesima situazione di fatto di tale ultima evenienza, le motivazioni e le statuizioni contenute in quest’ultima sentenza vanno ribadite con la presente pronuncia.
Nella fattispecie in esame, l’immobile di proprietà di parte ricorrente, come da sua stessa indicazione, ricade all’interno della fascia di rispetto cimiteriale, ma – a suo dire – esso rappresenterebbe l’esito di una ristrutturazione di un pregresso impianto serricolo, regolarmente presidiato da autorizzazione sindacale rilasciata in data 25 febbraio 1988.
Tuttavia, non appare condivisibile la tesi di parte ricorrente per la quale con la domanda di condono presentata intenderebbe riappropriarsi di un volume preesistente in precedenza assentito.
E, ciò, non solo perché, con nella predetta domanda, finalizzata testualmente a sanare “opere in assenza di concessione” (e non per sanare presunte difformità) formalmente non v’è alcun cenno a volumetrie preesistenti in funzione della loro ristrutturazione ( nella richiesta si dichiarano opere in assenza di concessione, mentre nella allegata relazione tecnica contraddittoriamente si parla di opere in difformità dalla concessione, senza altra specificazione del pregresso titolo e della tipologia di difformità) , ma anche perché, sul piano sostanziale, l’installazione di una “serra con struttura in ferro e materiale plastico sul fondo agricolo” non sembra avere alcuna attinenza con un “Capannone per attività industriale/artigianale e deposito”, ma si configura quale “intervento di nuova costruzione”, tale da incrementare il carico urbanistico, apportando nuovi volumi e superfici, e una diversa destinazione ,peraltro in area assoggettata ad una pluralità di vincoli.
Per una migliore comprensione del punto controverso – partendo dal “dato obiettivo” riferito dal ricorrente che fa riferimento ad un processo di espansione che ha interessato l’impianto cimiteriale e, con esso, quella fascia di rispetto che andrebbe apprezzata ai fini delle distanze non rispetto al perimetro attuale del cimitero ma a quello che si registrava all’atto della realizzazione del manufatto privato – appare opportuno ripercorrere, brevemente, l’iter degli atti programmatori urbanistici succedutisi nel comune di Pompei, ricostruito con l’ausilio della sentenza di questa Sezione n. 4352 del 02/07/2018.
Con decreto del Presidente della Giunta n. 14069 del 29 dicembre 1980, la Regione Campania approvò il P.R.G. del Comune di Pompei, entrato in vigore il 21 gennaio 1981, nel quale era previsto, ai fini c he in questa sede interessano, l’ampliamento del locale cimitero nelle aree ad esso limitrofe, poste a nord ed a sud, con conseguente determinazione di una nuova fascia di rispetto cimiteriale di ampiezza sempre pari a metri 200 e che, come ravvisato nella sentenza n. 2311 del 2018, dall’esame della tavola grafica del P.R.G. è misurata radialmente, non più dalla cinta muraria originaria bensì a partire dal perimetro esterno delle aree a nord e a sud, individuate, appunto come zone di ampliamento.
Di fatto, tuttavia, il cimitero è stato ingrandito solo per la parte rivolta a sud, mentre per quella a nord, il relativo progetto non è stato ancora realizzato né è comunque realizzabile, in considerazione del ritrovamento nella relativa area di antiche testimonianze della civiltà pompeiana, ante eruzione del 79 d.C., le quali hanno imposto l’apposizione del vincolo assoluto d’inedificabilità a tutela del patrimonio storico-archeologico (ai sensi del R.D. 1089/1939, come sostituito prima dal d. lgs. n. 490/1999 ed, in seguito, dal vigente d. lgs. n. 42/2004), vincolo che, in considerazione della normativa legislativa di tutela, prevale sulle previsioni del P.R.G. in tema di ampliamento del cimitero.
In seguito, con delibera del Consiglio n. 13 del 29 ottobre 1990, il Comune di Pompei aveva adottato una variante parziale al vigente P.R.G., la quale riduceva a metri 100 la sopra indicata fascia di rispetto cimiteriale. La variante tuttavia non risulta sia mai stata approvata e, quindi, non è operativa, né di fatto né giuridicamente.
Infine, con delibera di Consiglio Comunale n. 30 del 1° marzo 2010, il Comune di Pompei approvava il “Regolamento di Polizia Mortuaria e per i servizi funebri cimiteriali”, il cui art. 70, rubricato “Zone di rispetto”, dispone, al comma 1, che il cimitero deve essere isolato dall’abitato per un raggio non inferiore a 100 metri, nel quale sono vietati la costruzione di nuovi edifici e l’ampliamento di quelli esistenti. Precisa, altresì, il comma 2 che per l’ampliamento del Cimitero esistente, la distanza non potrà essere inferiore a mt. 50 applicando quanto disposto dall’art. 28 della legge 1° agosto 2002 n. 166 che modifica l’art. 338 del T.U.L.S. n. 1265 del 1934.
Chiarito il quadro normativo regolamentare e programmatorio vigente nel Comune di Pompei, il Collegio ritiene che, nel caso specifico, il Comune abbia correttamente negato il rilascio del permesso in sanatoria, posto che è incontestato che l’immobile di parte ricorrente – come da sua stessa indicazione – si trova all’interno della fascia di rispetto cimiteriale, misurata a partire dalla cinta muraria originaria, pari a 200 metri; né si potrebbe considerare – come vorrebbe il ricorrente – che il manufatto interessato dal procedimento di sanatoria/condono ex lege n°724/94 sì appartiene a tre diversi soggetti e che, per esso, l’odierno ricorrente è proprietario per il solo 1/3 che non coincide con una quota ideale dello stesso ma è concretamente individuato per cui, anche rispetto ad esso andava apprezzato quel regime di distanza dalla cd. fascia dí rispetto cimiteriale che è stato genericamente contestato. L’argomento prova troppo in quanto, proprio perché si tratta si proprietà indivisa, riesce praticamente impossibile apprezzare una eventuale diversità della distanza dalle mura cimiteriali, quale elemento discriminatore fra i vari comproprietari. Peraltro la parte non ha specificamente provato neppure la circostanza che la porzione materiale a lui assegnata sarebbe stata rispettosa delle distanze dal complesso cimiteriale.
Vertendosi in tema di vincolo di inedificabilità assoluta, non è possibile tenere conto di ciò e la fascia di rispetto riguardante tale vincolo si applica per ogni immobile in essa compreso, a partire dal punto più prossimo al cimitero.
Non rileva altresì per la fattispecie in esame il contenuto della delibera del Consiglio comunale n. 30 del 2010, in quanto il suo ambito di applicazione è specificamente orientato alla disciplina della polizia mortuaria e dell’attività di gestione del cimitero e dei connessi servizi cimiteriali. La delibera esula quindi dalla materia edilizia ed urbanistica, la cui disciplina è riposta in atti programmatori e regolamentari ad hoc, quali il Piano regolatore generale, le relative Norme tecniche di attuazione nonché il Regolamento edilizio comunale.
Riproponendo quanto statuito con la menzionata sentenza n. 2311 del 2018, giova anche in questa sede considerare che l’art. 388 TULS, al primo comma, dispone che:
“I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
Aggiunge il quinto comma, nel testo da ultimo sostituito dall’art. 28, co. 1, lett. b), della legge n. 166/2002: “Per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre”.
Sul punto la giurisprudenza ha evidenziato che:
a) il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici (da ultimo Cass. civ., sez. I, 20 dicembre 2016, n. 26326);
b) il vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all’inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale (Cons. Stato, sez. IV, 13 dicembre 2017, n. 5873 che conferma TAR Napoli, sez. III, n. 5036 del 2013; Cons. Stato, sez. VI, 9 marzo 2016, n. 949);
c) il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica, nel senso che esso si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti (Cons. Stato, sez. IV, 22 novembre 2013, n. 5544; Cass. civ., sez. I, 17 ottobre 2011, n. 2011; Id., sez. I, n. 26326 del 2016, cit.);
d) la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell’art. 338, comma 5;
e) l’art. 338, comma 5, non presidia interessi privati e non può legittimare interventi edilizi futuri su un’area indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura;
f) il procedimento invocabile dai singoli proprietari all’interno della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui al settimo comma dell’art. 338, consistenti nel recupero o nel cambio di destinazione d’uso di edificazioni preesistenti; mentre resta attivabile nel solo interesse pubblico – come valutato dal legislatore nell’elencazione, al quinto comma, delle opere ammissibili ai fini della riduzione – la procedura di riduzione della fascia inedificabile (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. VI, 4 luglio 2014, n. 3410; sez. VI, 27 luglio 2015, n. 3667; ivi riferimenti ulteriori).
Nella fattispecie in esame, l’art. 34 delle norme di attuazione del P.R.G. del Comune di Pompei dispone che, all’interno dell’area agricola di rispetto cimiteriale sono consentite “soltanto piccole costruzioni, per la vendita di fiori ed oggetti per il culto e l’onoranza dei defunti, con il limite di metri cubi 80. La concessione o l’autorizzazione alle piccole costruzioni di cui sopra saranno a titolo precario”.
È quindi da escludere, per definizione, che l’opera realizzata da parte ricorrente, che consiste in una “Capannone per attività industriale/artigianale e deposito” oggetto della domanda di condono, possa ricondursi alle “piccole costruzioni”, come sopra descritte.
Per quanto sopra chiarito, il provvedimento impugnato si fonda validamente sulla ragione preclusiva all’ottenimento del condono, consistente nel fatto che l’area interessata è ricompresa nella fascia di rispetto cimiteriale, con conseguente vincolo d’inedificabilità assoluta.
Ciò determina l’inutilità dell’esame della censura afferente all’altro aspetto motivazionale, riguardante il vincolo paesaggistico (“2. ai sensi della L.47/85, art. 33, comma 1, lettera a, ín quanto le opere oggetto di condono sono state realizzate in ambito P.T.P. in zona P.I. (art. 11 delle Norme di Attuazione del P.T.P.) sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta (L. 431/85) prima della realizzazione delle opere, entro la quale è vietato qualsiasi intervento che comporti incremento dei volumi esistenti..”) . Si deduce che, in tal caso, non troverebbe applicazione l’art. 33 della L. 47/1985, per espressa deroga a tale disposizione contenuta nel comma 20 dell’art. 39 della legge 724/1994 che consentirebbe espressamente l’applicazione della normativa eccezionale in tema di condono edilizio anche alle opere realizzate in costanza di applicazione del “divieto temporaneo di edificabilità” sancito dall’art. 1 della legge 431, prevedendo l’espressa esclusione dell’applicazione dell’art. 33 della legge 47/1985, fermo restando solo il rispetto dell’art. 12 del D.L. 12 gennaio 1988, n. 2, convertito con modificazioni dalla L. 13 marzo 1988, n. 68, richiamando, a supporto della tesi sostenuta precedente giurisprudenziale di questa Sezione.
Invero, la motivazione affidata alla sussistenza del vincolo cimiteriale, esaminata in precedenza, resiste al vaglio giurisdizionale e sorregge adeguatamente il diniego di condono.
In tal caso, deve applicarsi il principio per cui, in caso di provvedimento c.d. “plurimotivato”, è sufficiente che una o più ragioni giustificatrici resistano al vaglio giurisdizionale, per rendere inutile l’esame della successiva censura il cui eventuale accoglimento non potrebbe condurre all’annullamento del provvedimento medesimo.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso va dunque respinto.
In ragione della mancata costituzione in giudizio del Comune di Pompei alcuna pronuncia va resa sulle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2020, mediante collegamento da remoto in videoconferenza con il sistema Microsoft Teams, secondo quanto previsto dall’art. 25, co. 2, del decreto-legge n. 137 del 28.10.2020 e già disposto dal decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 1454 del 19.03.2020 e dal decreto del Presidente del Tar/Sede n. 14 del 31.03.2020, con l’intervento dei magistrati:
Anna Pappalardo, Presidente
Vincenzo Cernese, Consigliere, Estensore
Gabriella Caprini, Consigliere
L’ESTENSORE (Vincenzo Cernese)
IL PRESIDENTE (Anna Pappalardo)
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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