TAR Campania, Napoli, Sez. I, 14 ottobre 2019, n. 4853

TAR Campania, Napoli, Sez. I, 14 ottobre 2019, n. 4853
MASSIMA
TAR Campania, Napoli, Sez. I, 14 ottobre 2019, n. 4853
La legittimazione ad impugnare un provvedimento amministrativo deve essere direttamente correlata alla situazione giuridica sostanziale che si assume lesa dal provvedimento e postula l’esistenza di un interesse attuale e concreto all’annullamento dell’atto. In caso contrario, l’impugnativa verrebbe degradata al rango di azione popolare a tutela dell’oggettiva legittimità dell’azione amministrativa, con conseguente ampliamento della legittimazione attiva al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, in insanabile contrasto con il carattere di giurisdizione soggettiva che la disciplina legislativa e quella costituzionale hanno attribuito al vigente sistema di giustizia amministrativa (TAR Campania, sez. I, 12 dicembre 2017, n. 5835, 29 maggio 2017 , n. 2834 e 9 settembre 2015 n. 4402).
Nel giudizio amministrativo, precisa la giurisprudenza costante, fatta eccezione per ipotesi specifiche in cui è ammessa l’azione popolare (ad esempio il giudizio elettorale), non è consentito adire il giudice al solo fine di conseguire la legalità e la legittimità dell’azione amministrativa, se ciò non si traduca anche in uno specifico beneficio in favore di chi la propone, che dallo stesso deve essere dedotto ed argomentato, ciò in quanto in detto processo l’interesse a ricorrere è condizione dell’azione e corrisponde ad una specifica utilità o posizione di vantaggio che attiene ad uno specifico bene della vita, contraddistinto indefettibilmente dalla personalità e dall’attualità della lesione subita, nonché dal vantaggio ottenibile dal ricorrente (Cons. Stato, sez. V, 27 gennaio 2016, n.265).
NORME CORRELATE
Pubblicato il 14/10/2019
N. 04853/2019 REG.PROV.COLL.
N. 02550/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 2550 del 2019, proposto da
Impresa T. Gennaro S.r.l.,, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Luca Rubinacci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Santa Lucia n. 15;
contro
Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Andreottola, Barbara Accattatis Chalons D’Oranges, Eleonora Carpentieri, Bruno Crimaldi, Annalisa Cuomo, Anna Ivana Furnari, Giacomo Pizza, Bruno Ricci e Gabriele Romano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso in Napoli, p.zza Municipio, Palazzo San Giacomo;
per l’annullamento,
previa adozione di misure cautelari:
A) della deliberazione della giunta municipale del Comune di Napoli n. 136 del 31 marzo 2019, pubblicata all’albo pretorio il successivo 4 aprile 2019, avente a oggetto la determinazione delle tariffe dei servizi cimiteriali; B) ove e per quanto di interesse per la ricorrente, del Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria approvato con delibera di consiglio comunale n. 11 del 21 febbraio 2006, come successivamente modificato; C) di tutti gli atti presupposti, connessi, collegati e consequenziali
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2019 il dott. Domenico De Falco e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso notificato in data 29 maggio 2019 e depositato il successivo 21 giugno, l’Impresa T. Gennaro s.r.l. ha premesso di esercitare in forma di impresa l’attività di onoranze funebri.
Con delibera del 31 marzo 2019 il Comune di Napoli ha modificato le tariffe per i servizi cimiteriali e, secondo la prospettazione di parte ricorrente, ne avrebbe introdotto alcune nuove ed aumentato alcune di quelle esistenti.
Avverso tale delibera l’Impresa T. Gennaro s.r.l. ha proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio, chiedendone l’annullamento previa sospensione cautelare sulla base dei seguenti motivi.
I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 del d.Lgs. n. 267/2000. Carenza di potere e incompetenza.
Ai sensi dell’art. 42 del TUEL spetta al Consiglio comunale l’istituzione di nuovi tributi e la definizione del relativo ordinamento, sicché la gravata deliberazione avrebbe dovuto essere adottata dal Consiglio in quanto sarebbero state introdotte due nuove tariffe per la “gestione della sepoltura per i primi sei anni” e per la “inumazione 99 anni”; né un’adeguata fonte del contestato potere giuntale potrebbe ravvisarsi nell’art. 55 del R.P.C.M. approvato con deliberazione del consiglio comunale n. 11 del 21 febbraio 2006, dovendo tale disposizione essere interpretata in conformità al superiore dato di legge ovvero disapplicata.
II) Violazione dell’art. 345 del r.d. 27 luglio 1934, n. 1265. Invalidità Derivata.
Il predetto Regolamento di polizia mortuaria approvato nel 2006 dovrebbe comunque considerarsi illegittimo in quanto privo della prescritta approvazione del Ministro della Salute e in assenza di pubblicazione sull’albo pretorio, dal che deriverebbe l’illegittimità della gravata delibera che da tale regolamento deriva.
III) Violazione e falsa applicazione dell’art. 55 del R.P.M.C. Carenza di potere e incompetenza.
Sulla base di quanto disposto dall’art. 55 del predetto regolamento di polizia mortuaria, la Giunta comunale avrebbe competenza in materia di determinazione delle tariffe per i servizi e le concessioni di cui all’art. 54, co. 3, tra i quali non rientrano quelle per le quali è stata modificata la struttura tariffaria sulla base della gravata delibera.
IV) Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Eccesso di potere. Violazione e falsa applicazione dell’art. 117 t.u.e.l.. Mancato contemperamento interessi pubblici e privati coinvolti. Difetto di istruttoria. Difetto di motivazione. Irragionevolezza.
L’incremento, in alcuni casi cospicuo delle tariffe, come risulta dalla tabella di raffronto riportata nel ricorso, non si fonderebbe su di un’idonea istruttoria che, invece, avrebbe dovuto verificarne gli impatti sui costi minimi di un funerale.
Si è costituito il Comune di Napoli che, con successiva memoria, ha preliminarmente rilevato il difetto di legittimazione ad impugnare da parte dell’impresa ricorrente, dal momento che essa fa valere un bene della vita, consistente nell’eliminazione del rincaro dei servizi cimiteriali, gravante in via diretta sull’utenza e non sulle imprese. Nel merito il Comune ha contestato le censure proposte dalla ricorrente.
Alla camera di consiglio del 3 luglio 2019 il Collegio ha dato avviso alle parti, che non si sono opposte, della possibilità di definire il giudizio con sentenza in forma abbreviata. All’esito della discussione la causa è stata trattenuta in decisione.
Riveste carattere preliminare rispetto alla disamina delle censure l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto della legittimazione attiva sollevata dal resistente Comune di Napoli.
Il rilievo è fondato.
La giurisprudenza ammnistrativa afferma che la legittimazione ad impugnare un provvedimento amministrativo deve essere direttamente correlata alla situazione giuridica sostanziale che si assume lesa dal provvedimento e postula l’esistenza di un interesse attuale e concreto all’annullamento dell’atto. In caso contrario, l’impugnativa verrebbe degradata al rango di azione popolare a tutela dell’oggettiva legittimità dell’azione amministrativa, con conseguente ampliamento della legittimazione attiva al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, in insanabile contrasto con il carattere di giurisdizione soggettiva che la disciplina legislativa e quella costituzionale hanno attribuito al vigente sistema di giustizia amministrativa (TAR Campania, sez. I, 12 dicembre 2017, n. 5835, 29 maggio 2017 , n. 2834 e 9 settembre 2015 n. 4402).
Nel giudizio amministrativo, precisa la giurisprudenza costante, fatta eccezione per ipotesi specifiche in cui è ammessa l’azione popolare (ad esempio il giudizio elettorale), non è consentito adire il giudice al solo fine di conseguire la legalità e la legittimità dell’azione amministrativa, se ciò non si traduca anche in uno specifico beneficio in favore di chi la propone, che dallo stesso deve essere dedotto ed argomentato, ciò in quanto in detto processo l’interesse a ricorrere è condizione dell’azione e corrisponde ad una specifica utilità o posizione di vantaggio che attiene ad uno specifico bene della vita, contraddistinto indefettibilmente dalla personalità e dall’attualità della lesione subita, nonché dal vantaggio ottenibile dal ricorrente (Cons. Stato, sez. V, 27 gennaio 2016, n.265).
Ora, nel caso di specie è incontestato che il lamentato aggravio delle tariffe incida direttamente sull’utenza finale e non sulle imprese che, come la ricorrente, offrono servizi di pompe funebri, come del resto riconosciuto dalla stessa Società attrice la quale afferma che il rincaro avrà “ricadute che graveranno sull’attività della ricorrente la quale sarà inevitabilmente costretta a praticare le nuove illegittime tariffe. Non solo, ma le ripercussioni più pesanti saranno a carico dei (già stremati) cittadini costretti a subire un nuovo immotivato aumento del costo di servizi indispensabili, come quelli cimiteriali” (pag. 14 del ricorso); ne consegue che l’offerta di servizi funerari da parte delle relative imprese, tra cui la ricorrente ricomprende anche il pagamento delle tariffe cimiteriali, sono sostenuti dai congiunti interessati, quali soggetti su cui le predette tariffe gravano direttamente.
Né è ipotizzabile la ricorrenza di un danno diretto alla ricorrente sotto il profilo concorrenziale, attesa l’ovvia considerazione che le tariffe sono destinate ad essere praticate nei confronti della totalità dell’utenza e quindi ad essere traslate su di essa da tutte le imprese di pompe funebri, in modo evidentemente non discriminatorio.
In definitiva, la ricorrente fa valere nella presente azione un interesse di cui essa non è titolare, in violazione del principio generale, applicabile anche al processo amministrativo in forza del rinvio contenuto all’art. 39 c.p.a., che vieta la sostituzione processuale “fuori dei casi espressamente previsti dalla legge” (art. 81 c.p.c.).
E pur vero che la giurisprudenza ha riconosciuto ipotesi di legitimatio ad causam di soggetti collettivi che rappresentano interessi “diffusi” di “categorie” ben individuate (professionisti, imprenditori, consumatori, ecc.) e per finalità statutarie affini a quelle oggetto del giudizio; in tali casi personale può essere anche l’interesse, ontologicamente riferibile ad una determinata collettività di soggetti, riferibile alla associazione che quella collettività in certo modo “rappresenta” e “tutela”.
Ma tale legittimazione speciale per gli enti esponenziali, implica che la possibilità di far valere in nome proprio gli interessi diffusi dei singoli appartenenti alla categoria debba trovare, volta a volta, uno specifico fondamento normativo (Cons. Stato, sez. VI, 21 luglio 2016, n. 3303), senza contare che la finalità dell’ente debba inquadrarsi in quella, appunto di tutela collettiva e debba presentare gli ulteriori criteri di collegamento con l’interesse di volta in volta azionato in giudizio.
Ma è evidente che nel caso di specie non ricorra alcuna di tale ipotesi, atteso che l’attrice è una società di capitali che, per definizione, agisce per il perseguimento di uno scopo lucrativo a carattere individuale e che dunque non può assolutamente inquadrarsi in alcuno degli enti esponenziali di tutela di interessi collettivi a cui l’ordinamento riconosce la speciale legittimazione ad agire di cui si è accennato.
In definitiva risulta carente finanche il presupposto processuale dell’interesse ad agire e, conseguentemente, il ricorso deve considerarsi inammissibile.
La peculiarità del giudizio, del quale non si rinvengono precedenti giurisprudenziali in termini, giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 3 luglio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Salvatore Veneziano, Presidente
Maurizio Santise, Primo Referendario
Domenico De Falco, Primo Referendario, Estensore
L’ESTENSORE)Domenico De Falco)
IL PRESIDENTE (Salvatore Veneziano)
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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