TAR Calabria, Catanzaro, Sez. II, 29 gennaio 2021, n. 225
Pubblicato il 29/01/2021
N. 00225/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00606/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 606 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Pierino G., Eugenio G., rappresentati e difesi dall’avvocato Massimo Urso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Marano Marchesato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Albino Domanico, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Catanzaro, via Lidonnici, 7, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza non costituito in giudizio;
per l’annullamento
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
– della delibera della Giunta municipale n. 26 del 28.04.2020, con la quale è stato approvato il progetto ed impegnata la spesa per la realizzazione di un campo di inumazione per il collocamento dei cadaveri non decomposti all’interno della fascia di rispetto destinata a verde ed a distanza inferiore a 50 metri, e di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, anche di estremi ignoti, ivi compresa ivi compreso la non specificata autorizzazione sanitaria del medico preposto dall’azienda Sanitaria di Cosenza;
– dell’ordinanza sindacale n. 24 del 30.04.2020, con la quale ha disposto in via d’urgenza la realizzazione di un campo di inumazione nell’area nord-est all’interno della recinzione dell’area cimiteriale, con estumulazioni straordinaria di n. 53 salme e affidamento dell’incarico all’impresa “Organizzazione funebre San Michele s.a.s.”;
-della determina n. 118 del 01.05.2020, con la quale è stata impegnata la spese per la realizzazione di un campo di inumazione;
– della nota del 05.05.2020 – prot. n. 2823 del Comune di Marano Marchesato in riscontro alla comunicazione dei ricorrenti del 29.04.2020;
– della nota del 3 giugno 2020 dell’Avv. Albino Domanico, in risposta alla diffida del 27.05.2020;
– di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso con quelli impugnati, compresa, per quanto occorre, la delibera di Giunta n. 10 del 30.01.2012, con espressa riserva di impugnativa dei successivi provvedimenti che dovessero essere adottati in attuazione/esecuzione di quelli suepigrafati;
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 2\10\2020:
– del provvedimento dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza (ASP) del 10.06.2020, prot. N. 54066, e di ogni altro atto presupposto, connesso e comunque consequenziale, compresi i verbali di sopralluogo, ancorché incogniti, che incidano sfavorevolmente nella sfera giuridico patrimoniale dei ricorrenti, in relazione al ricorso n. 606/2020, proposto dai ricorrenti suepigrafati contro il Comune di Marano Marchesato, in persona del legale rappresentante pro tempore.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Marano Marchesato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 gennaio 2021 il dott. Gabriele Serra;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. I ricorrenti hanno impugnato gli atti indicati in epigrafe con cui il Comune di Marano Marchesato ha disposto la realizzazione di un campo di inumazione nel cimitero comunale.
Gli stessi hanno esposto che il cimitero era stato sottoposto ad ampliamento con deliberazione della Giunta comunale n. 10 del 30.01.2012, con la quale era già stato disposto l’avvicinamento dell’area cimiteriale all’abitazione dei ricorrenti, calcolata dal muro di cinta del Cimitero, fino a 9 metri per l’immobile di G. Eugenio e fino a 12 metri per quello di G. Pierino. Tuttavia, in tale occasione, era stata altresì realizzata una fascia di terreno, interna alle mura perimetrali, destinata a verde, proprio per rimediare all’avvicinamento ad una distanza inferiore a 50 metri ex art. 338 R.D. 1265/1934 del muro cimiteriale alle abitazioni.
Con gli atti oggi impugnati, l’amministrazione ha invece disposto la realizzazione di un campo di inumazione, proprio nella suddetta fascia di terreno, a ridosso del muro di cinta e, quindi, in prossimità delle abitazioni dei ricorrenti. Quindi, se in forza della delibera del 2012, l’inizio dell’area a verde/ingresso aveva una distanza dalle abitazioni di mt 34 (per G. Eugenio) e di mt 40,60 (per G. Pierino), ovvero di 44,20 metri (G. Eugenio) e 47,60 (G. Pierino), misurata a partire dal centro dell’area, oggi, a tali distanze, non vi sarebbe più l’area verde, bensì un luogo di sepoltura con collocamento delle salme.
2. Ciò premesso in fatto, gli atti impugnati vengono gravati per i seguenti motivi in diritto:
– incompetenza della Giunta Comunale all’adozione degli atti impugnati, in quanto, ai sensi dell’art. 55 D.P.R. n. 285/1990, qualunque provvedimento di ampliamento cimiteriale deve essere adottato dal Consiglio comunale, previa acquisizione del parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, senza che possa assumere rilevanza il fatto che la precedente delibera del 2012 era stata adottata dalla Giunta Comunale e non fosse stata impugnata; né può la deliberazione n. 26/2020 essere considerata attuativa della deliberazione del 2012, dato che ne stravolge il contenuto e, in particolare, la previsione di una zona verde priva di salme;
– violazione degli artt. 7 e 8 l. 241/1990, per mancata comunicazione di avvio del procedimento;
– eccesso di potere per contraddittorietà con il piano del 2012 e difetto di istruttoria, anche alla luce del fatto che, senza motivazione, il Comune non ha considerato, da un lato, che la zona era stata posta a verde e ad ingresso proprio per ovviare alla distanza inferiore a 50 mt sussistente tra il muro cimiteriale e le abitazioni, dall’altro che il campo di inumazione poteva ben essere collocato in altre zone dell’area cimiteriale nelle quali non vi sono abitazioni nelle vicinanze;
– violazione dell’art. 338 r.d. 1265/1934 e dell’art. 57 e 55 del d.p.r. n. 285/1990, in quanto, come detto, il campo di inumazione verrebbe realizzato ad una distanza di mt 34 (G. Eugenio) e 40,60 (G. Pierino) dall’inizio dell’area, ovvero mt 44,20 e 47,60, misurate a partire dal centro del campo, dunque inferiore al minimo previsto dalle norme citate di 50 mt. Del tutto illegittime sarebbero le motivazioni rese con le note impugnate dal Comune per cui ciò sarebbe consentito dal fatto che l’area cimiteriale sarebbe preesistente a qualsiasi costruzione, in quanto ciò non esime il Comune dal rispettare le distanze legali previste, quali vincoli di inedificabilità rivolti non solo ai privati, ma anche all’amministrazione;
– violazione dell’art. 338 r.d. 1265/1934 e del d.p.r. n. 285/1990, per omessa acquisizione del parere dell’azienda sanitaria locale, non potendo certo valere il parere già acquisito nel 2012, posto che la nuova deliberazione dispone la realizzazione di un nuovo campo di inumazione in area destinata a verde nel precedente piano del 2012;
– violazione dell’art. 58 del d.p.r. 10.09.1990, n. 285, in quanto la superficie dell’area del campo di inumazione non sembra essere pari almeno alla metà dell’area netta dell’intero cimitero, in violazione del comma 1 del citato art. 58 d.pr. n. 285/1990;
– violazione degli artt. 55, 56, 57, 58 e 68 del d.p.r. 10.09.1990, n. 285, per mancata acquisizione di studi tecnici dei luoghi relativi all’ubicazione, all’estensione dell’area interessata, agli aspetti orografici e quelli afferenti la natura chimicofisica del terreno, della profondità e direzione di eventuali falde idriche, non potendo certo valere, per le ragioni già espresse con riferimento al parere dell’azienda sanitaria, quelli acquisiti nel 2012;
3. Si è costituito in giudizio il Comune di Marano Marchesato, che ha richiesto il rigetto del ricorso siccome infondato, esponendo che, a livello generale, i provvedimenti impugnati non hanno in alcuna misura disposto l’ampliamento del cimitero esistente, in quanto si sono limitati a prevedere la realizzazione del campo di inumazione entro le mura perimetrali del cimitero già esistenti, a seguito dell’intervento di ampliamento del 2012, in un’area non già destinata a verde in senso tecnico, bensì, come risulta dalle tavole grafiche allegate al progetto del 2012, possibilmente destinate alla costruzione di nuovi loculi o comunque asservite all’area cimiteriale. Di tal che, l’eventuale violazione del limite dei 50 metri dalle abitazioni deve essere calcolato dal muro perimetrale del cimitero e, questo, è stato disposto con la deliberazione del 2012, la quale non è stata mai impugnata, tantomeno nel termine di legge. Conseguentemente, rispetto ai singoli motivi di ricorso, ha evidenziato che:
– è infondato il dedotto vizio di incompetenza della giunta comunale, in quanto la deliberazione impugnata rientra nella residuale competenza dell’organo ai sensi degli artt. 42 e 48 d.lgs. 267/2000, in quanto il campo di inumazione non è stato realizzato nella fascia di rispetto prevista dalla legge, bensì entro l’area cimiteriale e nei limiti del muro perimetrale che la delimita, non realizzando perciò un ampliamento del cimitero;
– la comunicazione d’avvio del procedimento non doveva essere inviata ai ricorrenti, siccome non destinatari del provvedimento e, comunque, sussistono le ragioni di urgenza e celerità che giustificano la sua omissione ai sensi dell’art. 7 l. 241/1990, nonché, in ogni caso, l’applicabilità dell’art. 21-octies, comma 2, secondo periodo l. 241/1990, non potendo essere il contenuto del provvedimento diverso da quello in concreto adottato;
– non vi è alcuna contraddittorietà tra il piano del 2012 e gli atti odiernamente impugnati, in quanto l’area non era prevista come area a verde e fascia di rispetto, non essendovi evidenza di ciò negli atti comunali del 2012, bensì risultando dalla relazione tecnica e dalle tavole grafiche che detta area era, potenzialmente, idonea alle sepolture e, comunque, non può essere qualificata come fascia di rispetto, posto che risulta localizzata all’interno delle mura perimetrali;
– è infondato il motivo di ricorso circa la violazione dell’art. 338 r.d. 1265/1934, in quanto, come già detto, la fascia di rispetto si calcola dal muro perimetrale del cimitero, il cui posizionamento è stato disposto con la deliberazione del 2012, questa sì di ampliamento del cimitero, che non è mai stata impugnata, se non “ove occorrer possa” con l’odierno ricorso, che è evidentemente irricevibile per tardività, essendo perciò ormai definitive le sue statuizioni, laddove gli odierni atti pongono il campo di inumazione all’interno del muro e dunque senza intaccare la fascia di rispetto;
– è radicalmente infondato in fatto il motivo di ricorso circa la mancata acquisizione del parere ASP, in quanto risulta documentalmente l’acquisizione dello stesso (doc. 11), che è peraltro favorevole ed evidenzia la necessità dell’intervento;
– alcun vizio motivazionale sussiste negli atti impugnati, giacchè, nell’esercizio di un potere discrezionale, l’amministrazione ha congruamente motivato in ordine alla necessità dell’intervento e idoneità dell’area, senza alcun profilo di irragionevolezza o illogicità;
– è infondato in fatto il motivo di ricorso circa la violazione dell’art. 58 D.P.R. 2865/1990, in quanto l’area in questione, come risulta dalla planimetria allegata (doc. 22, è rispettosa dei limiti di legge indicati nella norma);
– non doveva essere acquisito alcuno studio, né relazione geologica, in quanto, come detto, non si tratta di provvedimenti che dispongono l’ampliamento cimiteriale o la realizzazione di un nuovo cimitero.
4. Con ordinanza n. 357 del 8.7.2020 questo Tribunale ha respinto l’istanza cautelare per assenza di fumus boni iuris, in quanto: “- a differenza di quanto allegato in ricorso a sostegno di tutte le censure prospettate, gli atti impugnati non appaiono qualificabili come atti di ampliamento del cimitero esistente, né che il campo di inumazione venga localizzato nella fascia di rispetto, in violazione dell’art. 338 r.d. 1265/1934, venendo al contrario posto all’interno delle mura perimetrali, rispetto alle quali deve essere valutata la distanza legale ed essendo le mura ivi poste dalla precedente deliberazione n. 10 del 30.01.2012, non tempestivamente gravata e dunque oggi inoppugnabile;
– sotto il profilo igienico-sanitario, in relazione all’area utilizzata per il campo di inumazione, deve rilevarsi come sia stato rilasciato anche il prescritto parere da parte dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, che ha provveduto altresì ad eseguire sopralluoghi nell’area in questione (doc. 11);
– non appare rilevabile una violazione dell’art. 7 l. 241/1990, poiché, in primo luogo, appaiono sussistere le esigenze di celerità, come risulta anche dal parere dell’ASP (doc. 11), che giustificano il mancato invio della comunicazione, ma, comunque, non appare, allo stato, che il contenuto del provvedimento potesse essere diverso da quello in concreto adottato;“.
4. Parte ricorrente ha poi impugnato, con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 9.9.2020 e depositato il 2.10.2020, il parere dell’ASP di Cosenza del 10.06.2020, prot. n. 54066, che sarebbe stato conosciuto solo con il deposito in giudizio da parte del Comune il 3.7.2020, chiedendo altresì, la concessione di termine per proporre querela di falso avverso detto atto, in quanto “frutto di una falsa rappresentazione della realtà, come è agevolmente dimostrabile dalle distanze del campo di inumazione dalle abitazioni dei ricorrenti e dalla destinazione dell’area a verde e ad ingresso nel progetto di ampliamento del cimitero nel 2012” (p. 26).
6. Resiste avverso detto ricorso per motivi aggiunti il Comune di Marano Marchesato, che ne ha eccepito l’inammissibilità per difetto di interesse nonché l’infondatezza, anche in punto di istanza di proposizione della querela di falso.
7. La causa è passata in decisione in data 26.01.2021, senza discussione orale, ai sensi dell’art. 25 d.l. 137/2020, conv. in L. 18 dicembre 2020, n. 176 e s.m.i.
8. I motivi indicati nel ricorso principale subb. (I), (III), (IV), (VI), (VIII) sono tra loro intimamente connessi e possono essere esaminati congiuntamente.
A fondamento di tutti i motivi citati infatti, parte ricorrente argomenta come la Giunta del Comune di Marano Marchesato abbia disposto l’ampliamento del cimitero, realizzando il campo di inumazione ad una distanza inferiore al limite minimo legale di 50 metri dalle rispettive abitazioni, previsto dall’art. 338 R.D. 1265/1934; ampliamento che era già stato disposto anche in precedenza con la delibera di Giunta n. 10/2012.
Su tali basi, deduce, oltre alla diretta violazione della norma ora citata, anche l’incompetenza della Giunta a disporre l’ampliamento cimiteriale, essendo tale competenza riservata al Consiglio Comunale, nonché degli artt. 55-58 del D.P.R. 285/1990, che richiedono la redazione di particolari studi di fattibilità in caso di ampliamento cimiteriale.
8.1. Ritiene il Collegio tuttavia che la tesi del ricorrente non possa essere condivisa, non rappresentando l’atto oggi impugnato un ampliamento del cimitero già esistente, da ciò discendendo l’infondatezza dei motivi di ricorso.
In tal senso infatti, è pacifico in causa che con la delibera di Giunta n. 10/2012 fosse stato disposto un ampliamento del cimitero comunale, in forza del quale il muro perimetrale dello stesso veniva posto a distanza inferiore a quella minima legale di 50 metri dalle abitazioni degli odierni ricorrenti; detto atto tuttavia non veniva impugnato, divenendo perciò definitivo.
Con l’atto oggi impugnato la Giunta ha disposto la realizzazione di un campo di inumazione all’interno delle mura perimetrali del cimitero, le quali, come detto, erano state poste a distanza inferiore a quella legale con la precedente deliberazione del 2012, rimasta inoppugnata.
Orbene, su tali basi, non può ritenersi che, nel caso di specie, l’atto oggi impugnato abbia disposto l’ampliamento del cimitero preesistente, né che con esso sia stata violata la norma di cui all’art. 338 R.D. n. 1265/1934, non avendo detto atto posto le mura perimetrali del cimitero ad una distanza inferiore al limite legale.
Entrambe tali circostanze fattuali si sono realizzate con la precedente delibera di Giunta n. 10/2012, la quale aveva disposto l’ampliamento del cimitero ponendo le mura perimetrali ad una distanza inferiore ai 50 metri, laddove la delibera n. 26/2020 si è limitata a disporre la realizzazione di un campo di inumazione all’interno delle mura perimetrali.
È senz’altro vero, in fatto, che il campo di inumazione risulta posto ad una distanza inferiore a 50 metri dalle abitazioni dei ricorrenti, ma ciò è irrilevante in diritto, in quanto il limite legale si calcola dalle mura perimetrali del cimitero, le quali non sono state poste ad una distanza inferiore a quella legale con la delibera n. 26/2020, bensì con la precedente n. 10/2012.
Detto ultimo atto tuttavia non è suscettibile di essere odiernamente impugnato, in quanto è ormai ampiamente decorso il termine per la sua contestazione giurisdizionale, anche sotto il profilo dell’incompetenza della Giunta comunale a disporre il predetto ampliamento nel 2012. Né può sostenersi che la lesione della sfera giuridica dei ricorrenti si sia inverata con la deliberazione n. 26/2020 con cui è stata disposta, oggi, la realizzazione del campo di inumazione, in quanto ciò è avvenuto all’interno delle mura perimetrali del cimitero, da cui deve essere calcolato il rispetto del limite legale, non avendo dunque neppure rilevanza che il campo sia posto in concreto ad una distanza inferiore ai 50 metri dalle abitazioni, posto che non è esso il parametro di riferimento per il calcolo della distanza minima.
8.2. Parte ricorrente contesta questo assunto, argomentando come nella precedente delibera n. 10/2012 veniva indicata l’area in cui è stato realizzato oggi il campo di inumazione come “area a verde” e che quindi nella stessa non poteva essere realizzato il campo di inumazione; per tale ragione la delibera del 2012 non era stata impugnata dai ricorrenti, nonostante il muro perimetrale del cimitero fosse stato posto a distanza inferiore a quella legale.
La tesi non può tuttavia trovare accoglimento.
In primo luogo, deve ribadirsi che l’atto oggi impugnato non può in alcuna misura essere considerato un ampliamento del cimitero, posto che un ampliamento del cimitero può ritenersi sussistente solo nel caso in cui sia aumentata l’area cimiteriale, la quale è delimitata dalle mura perimetrali che, nel caso di specie, non sono state spostate. La lesione della sfera giuridica dei ricorrenti deve invece considerarsi integrata dalla precedente delibera del 2012, con la quale si sono appunto poste le mura perimetrali del cimitero a una distanza inferiore ai 50 metri dalle abitazioni dei ricorrenti, che tuttavia non hanno gravato tempestivamente detto atto.
Sul punto, non può non rilevarsi che ammettere oggi l’impugnazione congiunta di entrambe le delibere contrasterebbe irrimediabilmente non il principio di inoppugnabilità dell’atto amministrativo, alla cui base sta proprio la ratio di garantire la certezza delle situazioni giuridiche soggettive che involgono la pubblica amministrazione e l’interesse pubblico sotteso all’attività provvedimentale della stessa. In altre parole, si contesterebbe oggi, a distanza di otto anni, la riperimetrazione del cimitero comunale disposta dal Comune nel 2012; tale atto, secondo la stessa prospettazione di parte ricorrente, sarebbe afflitto dai medesimi vizi di incompetenza della Giunta comunale e di violazione della distanza minima legale ex art. 338 cit., che evocano i vizi di incompetenza e violazione di legge, i quali tuttavia debbono essere fatti valere nell’ordinario termine decadenziale di sessanta giorni dalla conoscenza dell’atto.
L’unico atto oggi tempestivamente impugnato non è invece un atto verso il quale possano predicarsi tali illegittimità, posto che lo stesso non è un atto di ampliamento del precedente limite cimiteriale.
In secondo luogo, non pare neppure corretta la ricostruzione di parte ricorrente circa la qualificazione dell’area in cui è realizzato il campo di inumazione quale area verde in senso tecnico.
Come sembra doversi rilevare dalla documentazione allegata alla deliberazione n. 10/2012 ed eccepito dal Comune, in detta area era prevista anche la costruzione di cappelle e loculi (area individuata con tratteggio di punti verdi costanti) nonché aree asservite all’area cimiteriale (tratteggio punti verdi disomogenei) (doc. 18 Comune); dal che deriva, a prescindere dalla circostanza che non fosse, all’evidenza, prevista la realizzazione del campo di inumazione, che detta area non era qualificabile come area verde, bensì come nella stessa ben sarebbero potuti essere costruiti anche dei loculi e, dunque, poste delle salme.
Non può perciò, in altre parole, trovare accoglimento la tesi dei ricorrenti per cui la delibera del 2012 non fosse lesiva nei loro confronti poiché nel raggio di 50 metri dalle rispettive abitazioni non fossero stati posti, in concreto, i defunti, poiché tale possibilità era comunque prevista dalla deliberazione n. 10/2012 e comunque la lesione della sfera giuridica dei ricorrenti si realizza, per come previsto dalla norma, con l’apposizione del muro perimetrale del cimitero ad una distanza inferiore ai 50 metri dall’abitazione, non rilevando l’effettiva collocazione all’interno del cimitero dei loculi o dei defunti in un campo di inumazione.
Non depone in senso contrario neppure il precedente giurisprudenziale più volte richiamato dal ricorrente (Cons. Stato, Sez. IV, 8 maggio 2019, n. 2947), in quanto esso si riferisce ad ipotesi affatto diversa da quella oggi all’esame del Collegio, poiché, in tale circostanza, l’ente pubblico aveva effettivamente ampliato il cimitero, riducendo ulteriormente la distanza tra le mura perimetrali e l’abitazione privata, che pure era già inferiore al limite legale; è evidente dunque che, in detto caso, si realizzava un approfondimento della lesione della posizione del ricorrente, in quanto le mura del cimitero venivano poste, con un nuovo atto, a distanza ancora inferiore a quella legale.
Ciò non si verifica nel caso di specie, ove si dispone unicamente, come è ben possibile, la realizzazione di un campo di inumazione all’interno del cimitero e nulla più, senza che ciò possa avere rilevanza sotto il profilo della distanza legale dalle abitazioni, in quanto il muro perimetrale rimane nella medesima collocazione disposta dalla delibera del 2012, mai impugnata e divenuta ormai definitiva.
Argomentare diversamente significherebbe attribuire rilevanza giuridica ad un fatto, la realizzazione di un campo di inumazione all’interno del cimitero, che tale rilevanza non ha, posto che ciò che è giuridicamente rilevante è la realizzazione del muro perimetrale a distanza inferiore a 50 metri dalle abitazioni o viceversa; la quale circostanza vizia senz’altro l’atto amministrativo con cui è disposta, ma non può essere fatta valere in ogni tempo, bensì solo entro l’ordinario termine di impugnazione del provvedimento amministrativo, pena la sua inoppugnabilità e definitività.
8.3. Da tali considerazioni discende perciò l’illegittimità dei motivi di ricorso innanzi citati, specificandosi solo che, perciò, non sussiste neppure l’incompetenza della Giunta comunale ad esercitare il potere in concreto posto in essere, in quanto la deliberazione n. 26/2020, per come qui ricostruita, non ha disposto alcun ampliamento del cimitero, unico potere che sarebbe stato in capo al Consiglio comunale.
9. Con il motivo sub. (II) parte ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento per omesso invio della comunicazione di avvio del procedimento, rispetto al quale il Collegio ritiene di confermare quanto indicato in sede cautelare in relazione alla sua infondatezza.
In tal senso infatti, è sufficiente rilevare come la giurisprudenza abbia chiarito che le norme sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo non vanno applicate meccanicamente e formalmente, nel senso che occorra annullare ogni procedimento in cui sia mancata la fase partecipativa, dovendosi piuttosto interpretare nel senso che la comunicazione è superflua – con prevalenza dei principi di economicità e speditezza dell’azione amministrativa – quando l’interessato sia venuto comunque a conoscenza di vicende che conducono comunque all’apertura di un procedimento con effetti lesivi nei suoi confronti. In materia di comunicazione di avvio prevalgono, quindi, canoni interpretativi di tipo sostanzialistico e teleologico, non formalistico (Cons. Stato, V, 20 febbraio 2020, n. 1290) e che l’art. 21 octies, comma 2, secondo periodo determina la non annullabilità del provvedimento se la p.a. dimostra che il contenuto dello stesso non sarebbe stato diverso da quello in concreto adottato, specificandosi peraltro che risulta preferibile interpretare la norma in esame nel senso che il privato non possa limitarsi a dolersi della mancata comunicazione di avvio, ma debba anche quantomeno indicare o allegare quali sono gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto nel procedimento ove avesse ricevuto la comunicazione (T.A.R. Roma, (Lazio) sez. I, 04/02/2020, n. 1461).
Orbene, nel caso di specie, poste anche tutte le superiori argomentazioni, non emergono allegazioni fattuali da parte dei ricorrenti che avrebbero potuto condurre ad un diverso provvedimento da parte dell’amministrazione, sicché la mera censura formale dell’omesso invio della comunicazione di avvio del procedimento non può assumere portata invalidante.
Nondimeno, si deve peraltro evidenziare la possibile esclusione, già a monte, dell’obbligo di comunicazione di avvio in ragione della clausola di apertura di cui all’art. 7 l. 241/1990, che la esclude nei casi di esigenze di celerità del procedimento.
In tale direzione, alla luce delle esigenze che hanno portato all’adozione della delibera di approvazione del progetto del campo di inumazione e della seguente ordinanza sindacale con cui è stata disposta in via d’urgenza la realizzazione del campo, tali esigenze di celerità paiono sussistenti.
Invero, come risulta dalla delibera n. 26/2020, l’esigenza di realizzare il campo di inumazione è emersa, alla presenza del medico dell’ASP, in sede di realizzazione dei lavori di esumazione delle salme tumulate da oltre trent’anni e in quanto “dal momento che la maggior parte delle salme ancora dopo oltre i predetti trent’anni risultano mummificate o non completamente mineralizzate (…) e quindi occorre “procedere al seppellimento nel campo di inumazione e che ciò costituisce situazione emergenziale, anche in questo particolare momento di Covid-19“.
Complessivamente perciò, il motivo di ricorso è infondato.
10. Infine, con il motivo sub. (V) parte ricorrente deduce l’omessa acquisizione del parere dell’azienda sanitaria previsto dall’art. 338 R.D. n. 1265/1934.
Peraltro, detto motivo pare in realtà già superato dai motivi aggiunti che parte ricorrente ha proposto proprio avverso il parere dell’ASP di Cosenza del 10.06.2020, prot. n. 54066.
Con detto ricorso per motivi aggiunti parte ricorrente muove le medesime censure di merito già svolte nei confronti dei provvedimenti impugnati col ricorso principale e sopra esaminate, censurando in particolare l’affermazione dell’ASP per cui “il personale sanitario afferente all’UOSD di Medicina Legale dell’Asp di Cosenza, prima di procedere alle attività ha visionato le porzioni di terreno, tutte nei limiti del complesso cimiteriale, cinte da mura perimetrali”. In tal senso, ha anche formulato, in via subordinata, istanza per la proposizione di querela di falso ex art. 77 cod. proc. amm.
Dette censure sono tuttavia infondate, a mente di quanto già evidenziato in precedenza in ordine alla non accoglibilità della tesi di parte ricorrente per cui il campo di inumazione sarebbe stato realizzato in area non “propriamente cimiteriale” pur se all’interno delle mura perimetrali.
Come già ampiamente argomentato, detta distinzione tra aree propriamente cimiteriali o meno proposta dal ricorrente non trova riscontro, in primo luogo, nel dato normativo e nella giurisprudenza in materia, in quanto la distanza minima fissata dall’art. 338 R.D. n. 1265/1934 deve essere calcolata dal muro perimetrale del cimitero; in secondo luogo, nel caso di specie, dalla documentazione allegata alla delibera di ampliamento del cimitero del 2012 non pare potersi ritenere neppure che l’area in discorso, interna alle mura perimetrali, fosse destinata a verde in senso tecnico, in quanto in essa era pure prevista la possibilità di costruire cappelle e loculi, nonché comunque asservita alle aree cimiteriali.
Peraltro, posto che la nuova delibera n. 26/2020 non costituisce atto di ampliamento del cimitero, non può dirsi stricto sensu applicabile il disposto dell’art. 338 cit. in merito alla necessaria acquisizione del parere dell’ASP, che tuttavia in concreto è stato comunque acquisito, ma al diverso fine di valutare il rispetto delle norme sanitarie in relazione alla realizzazione del campo di inumazione.
In tal senso, è irrilevante ai fini della decisione della causa la dedotta querela di falso, in quanto non rileva in questa sede che il campo di inumazione in concreto realizzato sia posto entro i 50 metri dall’abitazione dei ricorrenti, essendo peraltro tale circostanza pacifica, essendo al contrario la distanza legale da valutarsi rispetto al muro perimetrale, che era stato posto a distanza inferiore di quella legale con la precedente delibera n. 10/2012, rimasta inoppugnata e dunque non censurabile nella presente sede processuale.
Come detto, il parere dell’ASP si limita, sotto questo aspetto, a dare atto del fatto che il campo di inumazione è realizzato entro le mura perimetrali, rilevando la necessità di procedere alla realizzazione del campo di inumazione per ragioni sanitarie aventi “carattere d’urgenza” legate “all’indisponibilità di loculi cimiteriali comunali” che provocano “il rischio di giacenza di feretri in aree non idonee con grave rischio pubblico connesso alle condizioni igieniche e di salubrità (…)“.
Conseguentemente, anche il motivo sub. (V) del ricorso principale e il ricorso per motivi aggiunti proposto avverso il parere dell’ASP sono infondati, conseguendo il rigetto altresì delle istanze istruttorie di verificazione o consulenza tecnica d’ufficio, siccome irrilevanti, nonché l’istanza di proposizione della querela di falso, potendosi decidere la controversia indipendentemente dalla querela di falso, ai sensi dell’art. 77, comma 2 cod. proc. amm.
11. In conclusione, il ricorso principale e i motivi aggiunti sono infondati e devono essere respinti.
Stante la particolarità della vicenda fattuale sottesa alla presente controversia, sussistono eccezionali ragioni per disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso principale e per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2021, tenutasi mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. in L. 18 dicembre 2020, n. 176 e s.m.i., con l’intervento dei magistrati:
Giovanni Iannini, Presidente
Arturo Levato, Referendario
Gabriele Serra, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE (Gabriele Serra)
IL PRESIDENTE (Giovanni Iannini)
IL SEGRETARIO