Corte dei Conti, Sez. Giurisd. Reg. Toscana, 29 aprile 2020, n. 98
MASSIMA
Corte dei Conti, Sez. Giurisd. Reg. Toscana, 29 aprile 2020, n. 98
La Corte di Cassazione (v. per tutte ord. 20682/2018 – Cass. SU 301/2013), ha affermato che deve essere riconosciuta la giurisdizione del giudice amministrativo ogni qual volta una controversia riguardi il contenuto dell’atto concessorio e cioè i rapporti reciproci fra Amministrazione e concessionario, ponendo in discussione il rapporto stesso nel suo aspetto genetico e funzionale.
Viene in contestazione non tanto l’aver omesso una condotta dovuta, quanto il non aver riorganizzato, da parte del dirigente, l’ufficio in modo tale da assicurare l’autonomia ed efficienza dello stesso, senza affidare alla collaborazione dei privati il buon esito dell’azione amministrativa. Avrebbe dovuto sradicare la prassi inopportuna di affidare al privato la comunicazione dell’avvenuta concessione del loculo all’interno del cimitero, onde assicurare un tempestivo allineamento fra i contratti stipulati e la consistenza delle mappe cimiteriali nella disponibilità del custode. Come noto (v. per tutti Corte conti Sezione Giurisdizionale Regione Calabria n.109/2006), infatti, prassi contra legem o preater legem non possono assumere efficacia esimente, circa la sussistenza dell’elemento psicologico, nella valutazione della responsabilità innanzi alla Corte dei conti, contrastando con la logica e con i principi di buon andamento della cosa pubblica, l’affidare fiduciosamente a privati terzi il raggiungimento di determinati risultati, nel caso di specie il pronto aggiornamento delle mappe cimiteriali, senza nemmeno la pretesa dell’esibizione postuma di una ricevuta. Va però, precisato che la normativa affida, in ogni caso, al privato l’onere di comunicare, al momento della esumazione, la destinazione che si vuole dare ai resti corporei dei propri cari: l’art. 85 del DRP 285/90 dispone nel senso di affidare all’iniziativa dei congiunti la destinazione delle ossa che si rinvengono dopo l’esumazione che, secondo l’iter ordinario, sono destinate all’ossario comune, a meno che coloro che vi hanno interesse non facciano domanda di raccoglierle per deporle in cellette o loculi posti dentro il recinto del cimitero ed avuti in concessione. La mancanza di una tempestiva riorganizzazione dell’ufficio ed il distorto permanere del rispetto di una prassi non corretta, consentono di valutare meno severamente la condotta omissiva, unitamente alla circostanza data dal fatto che il privato interessato non ha tempestivamente manifestato le proprie intenzioni circa la destinazione del loculo.
Viene in contestazione non tanto l’aver omesso una condotta dovuta, quanto il non aver riorganizzato, da parte del dirigente, l’ufficio in modo tale da assicurare l’autonomia ed efficienza dello stesso, senza affidare alla collaborazione dei privati il buon esito dell’azione amministrativa. Avrebbe dovuto sradicare la prassi inopportuna di affidare al privato la comunicazione dell’avvenuta concessione del loculo all’interno del cimitero, onde assicurare un tempestivo allineamento fra i contratti stipulati e la consistenza delle mappe cimiteriali nella disponibilità del custode. Come noto (v. per tutti Corte conti Sezione Giurisdizionale Regione Calabria n.109/2006), infatti, prassi contra legem o preater legem non possono assumere efficacia esimente, circa la sussistenza dell’elemento psicologico, nella valutazione della responsabilità innanzi alla Corte dei conti, contrastando con la logica e con i principi di buon andamento della cosa pubblica, l’affidare fiduciosamente a privati terzi il raggiungimento di determinati risultati, nel caso di specie il pronto aggiornamento delle mappe cimiteriali, senza nemmeno la pretesa dell’esibizione postuma di una ricevuta. Va però, precisato che la normativa affida, in ogni caso, al privato l’onere di comunicare, al momento della esumazione, la destinazione che si vuole dare ai resti corporei dei propri cari: l’art. 85 del DRP 285/90 dispone nel senso di affidare all’iniziativa dei congiunti la destinazione delle ossa che si rinvengono dopo l’esumazione che, secondo l’iter ordinario, sono destinate all’ossario comune, a meno che coloro che vi hanno interesse non facciano domanda di raccoglierle per deporle in cellette o loculi posti dentro il recinto del cimitero ed avuti in concessione. La mancanza di una tempestiva riorganizzazione dell’ufficio ed il distorto permanere del rispetto di una prassi non corretta, consentono di valutare meno severamente la condotta omissiva, unitamente alla circostanza data dal fatto che il privato interessato non ha tempestivamente manifestato le proprie intenzioni circa la destinazione del loculo.
NORME CORRELATE
Corte dei conti
SEZIONE GIURISDIZIONALE TOSCANA
Anno 2020 Sentenza Numero 98
SEZIONE GIURISDIZIONALE TOSCANA
Anno 2020 Sentenza Numero 98
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TOSCANA
composta dai magistrati:
BAX Angelo Presidente f.f.
RUGGIERO Nicola Consigliere
MICCI Maria Rita Consigliere – relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 61261 del registro di Segreteria, e promosso dalla Procura regionale nei confronti di: G. ALESSANDRA NATA A < OMISSIS> (PT) IL 1 MARZO 1959, rappresentata e difesa dall’avv. Ettore Nesi ed elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in Firenze, via F. Puccinotti n. 30;
Esaminati gli atti ed i documenti di causa,
Uditi, alla pubblica udienza del 19 febbraio 2020, il relatore, dott.ssa Maria Rita Micci, il Pubblico Ministero, dott.ssa Chiara Imposimato, il difensore, avv. Francesco Paolini come da delega depositata in udienza, con l’assistenza del Segretario di udienza, dott.ssa Simonetta Agostini.
Premesso in
FATTO
Con atto di citazione ritualmente depositato e notificato, la Procura contabile ha citato in giudizio l’odierna convenuta al fine di sentirla condannare al pagamento della somma di euro 66.014,10, a titolo di danno indiretto, a favore del Comune di Pescia. Più in dettaglio, con nota del 10 aprile 2015, il Comune odierno danneggiato ha informato l’attore pubblico circa l’esistenza di due delibere di approvazione di debiti fuori bilancio (nn. 19 e 20 del 31 marzo 2015) per l’avvenuto pagamento, da parte del Comune medesimo della somma per cui oggi è causa, a favore di B. Mario. Quest’ultimo è uscito vittorioso dal contenzioso dallo stesso avviato nei confronti del Comune per ottenere il ristoro dei danni subiti a causa della mancata individuazione, al momento della esumazione dei resti del di lui padre, dell’ossario ad esso destinato e ciò a causa della omessa comunicazione, da parte della odierna convenuta, dell’atto di concessione stipulato dal medesimo B. con il Comune e sottoscritto in data 30 giugno 2003, per la parte pubblica, proprio dalla G. Alessandra, n.q. di Dirigente dell’Ufficio Affari Generali la quale avrebbe, però, omesso di rendere edotto della circostanza il custode del cimitero. La mancata individuazione dell’ossario avuto in concessione al momento della esumazione dei resti del defunto ha comportato la dispersione degli stessi nell’ossario comune, con l’inevitabile dolore da parte dei congiunti.
La Procura contabile ha avviato le opportune indagini e notificato alla presunta responsabile l’invito a fornire deduzioni ma, ritenendo le stesse non idonee a supportare l’archiviazione, ha citato la stessa a fine di ottenere il ristoro dei danni subiti dal Comune.
Il Comune, infatti, ha tempestivamente pagato quanto dovuto in virtù della sentenza n. 1034/2014 emessa dal Tribunale di Pistoia e la Procura contabile ha ritenuto responsabile del procurato danno proprio l’odierna convenuta per avere il suo ufficio unicamente rilasciato una comunicazione formale al concessionario al momento del pagamento del relativo onere che egli stesso avrebbe dovuto consegnare <i>brevi manu</i> al custode, secondo quella che era la prassi consolidata dell’epoca. La condotta omissiva anzidetta, però, è stata ritenuta dalla Procura contabile gravemente colposa e, come tale, utile presupposto per addivenire alla contestazione del danno indiretto per cui oggi è causa.
Con memoria del 23 gennaio 2020 si è costituita la convenuta, a mani dell’avv. Nesi chiedendo il rigetto della domanda attorea e, nella denegata ipotesi di condanna, la riduzione dell’addebito.
La difesa della convenuta ha riproposto l’eccezione relativa al difetto di giurisdizione del giudice ordinario con riferimento alla fattispecie dallo stesso giudicata, con ciò rendendo inutilizzabili le prove poste a fondamento dell’azione.
In ogni caso, la difesa ha rappresentato la circostanza data dal fatto che al momento della instaurazione del presente giudizio la sentenza civile non fosse divenuta ancora irrevocabile, essendo stata depositata sentenza di appello nell’ottobre 2019.
La carenza di una corretta difesa in sede civile, poi, ha sicuramente contribuito ad aggravare la posizione del Comune soccombente, quantomeno con riferimento al quantum.
Con riferimento alla posizione della convenuta, inoltre, la difesa ha rappresentato come la stessa avesse assegnato ad altro funzionario la titolarità dell’Ufficio contratti con Determina dirigenziale n. 60 del 24 gennaio 2003 che ha prodotto agli atti.
La difesa, quindi, ha contestato l’azione della Procura con riferimento alla carenza dell’onere probatorio non avendo l’attore pubblico in alcun modo dimostrato la gravità della condotta tenuta dalla convenuta rispetto a quella dovuta secondo i parametri di ordinaria diligenza. In ogni caso la convenuta sembra essersi attenuta ad una prassi adottata dall’ufficio che, anche in conformità della giurisprudenza di questa Corte, dovrebbe essere idonea ad escludere quantomeno la gravità della condotta contestata. Circostanza fondamentale nella causazione del danno di che trattasi, infatti, sembra piuttosto essere stata la condotta tenuta dallo stesso B. che sembra essersi recato al cimitero ben oltre tre anni dopo la stipula dell’atto di concessione.
La convenuta dopo l’accaduto ha, inoltre, tenuto, contrariamente a quanto riportato in atti, un comportamento collaborativo e propenso alla conciliazione stragiudiziale.
Nessuna riconducibilità alla condotta della convenuta sembra, infine, potersi riconoscere al mancato rispetto del termine di trenta giorni che sarebbe dovuto intercorrere tra la pubblicazione dell’avviso e l’avvenuta esumazione.
All’udienza del 19 febbraio 2020 le parti hanno insistito per l’accoglimento delle rispettive richieste.
Considerato in
DIRITTO
Con l’atto introduttivo del presente giudizio il Collegio è chiamato a decidere su di una ipotesi di danno indiretto derivante dall’avvenuto pagamento, da parte dei Comune di Pescia, di quanto dovuto a favore del sig. B. Mario, in virtù di sentenza emessa dal Tribunale Civile di Pistoia, per il ristoro dei danni dallo stesso subiti a seguito della mancata individuazione, al momento della esumazione delle spoglie del di lui padre, del sepolcro appositamente acquistato dal B. medesimo e ciò, secondo la ricostruzione attorea, a causa della omessa comunicazione, al custode del cimitero, dell’avvenuto acquisto da parte dell’ufficio comunale preposto.
All’epoca dei fatti l’odierna convenuta ricopriva il ruolo di Dirigente dell’Ufficio Affari Generali, cui faceva riferimento l’Ufficio contratti medesimo.
Prima di passare all’esame del merito della vicenda, occorre esaminare la richiesta di sospensione, avanzata dalla difesa della convenuta, nell’attesa che si definisca il giudizio instaurato in sede civile, attualmente in fase di appello.
La richiesta non è meritevole di accoglimento, stante l’autonomia che caratterizza i due giudizi e la conseguente inesistenza di quella pregiudizialità giuridica che deve legare le vicende, tale da configurare i presupposti di cui all’art. 106 c.g.c., a mente del quale il giudice può ordinare la sospensione del processo quando la definizione dello stesso dipenda dalla risoluzione di altra questione per la quale sia richiesto un accertamento con efficacia di giudicato.
Il Collegio, a questo punto, può analizzare la vicenda nel merito e valutare se e come l’esborso subito dal Comune di Pescia sia riconducibile alla condotta dolosa o gravemente colposa della convenuta e se, pertanto, detto esborso costituisca una ipotesi di danno.
La pubblica accusa ha dimostrato l’avvenuto pagamento da parte del Comune a favore del B. e ciò in virtù di una sentenza emessa in primo grado e dotata di provvisoria esecutività, con ciò assicurando l’attualità del danno contestato che si palesa, così come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (v. per tutte Prima Appello 140/2017), indipendentemente dalla irrevocabilità del titolo in virtù del quale il pagamento sia stato effettuato.
Ai fini della validità del titolo, non accoglibile, poi, appare l’eccezione relativa al difetto di giurisdizione del giudice ordinario relativamente alla fattispecie poi definita con il titolo in virtù del quale è avvenuto l’esborso.
Come correttamente affermato dalla Corte di Cassazione (v. per tutte ord. 20682/2018 – Cass. SU 301/2013), deve essere riconosciuta la giurisdizione del giudice amministrativo ogni qual volta la controversia riguardi il contenuto dell’atto concessorio e cioè i rapporti reciproci fra Amministrazione e concessionario, ponendo in discussione il rapporto stesso nel suo aspetto genetico e funzionale.
Nel caso in esame il diritto concessorio non è stato compromesso nel suo momento genetico e funzionale dal momento che la vicenda civile ha riguardato il presunto danno derivante alla persona del concessionario, il cui diritto era già sorto in maniera incontestabile, dalla attività materiale di un pubblico dipendente per l’omissione di atti da lui asseritamente dovuti, che hanno compromesso unicamente la estrinsecazione materiale del diritto concessorio e non già il momento formativo dello stesso.
La Procura ha ritenuto l’esborso non dovuto e, pertanto, costituente danno erariale.
Con riferimento al soggetto cui ricondurre la condotta eziologicamente collegata alla causazione del danno, la Procura ha ritenuto di poter ricondurre lo stesso alla persona della Galliani Alessandra che, nella qualità di Dirigente dell’Ufficio Affari Generali, avrebbe sottoscritto l’atto di concessione per la parte pubblica.
Alla Gallicani la Procura contesta una condotta omissiva consistita nel non aver proceduto alla formale comunicazione dell’avvenuta concessione al custode del cimitero.
La difesa della convenuta ha eccepito l’incompetenza della propria assistita per il periodo di che trattasi, relativamente all’obbligo di comunicazione, per avere la stessa assegnato ad altro funzionario la titolarità dell’ufficio contratti con Determina dirigenziale n. 60 del 24 gennaio 2003.
Dall’esame della documentazione in atti, però, appare chiaro che la competenza in merito al rapporto di che trattasi era rimasta in capo alla Gallicani, la quale, successivamente alla delega, ebbe comunque a sottoscrivere il contratto e, successivamente all’evento, ebbe, in ogni caso, ad intrattenere corrispondenza con gli interessati.
In ogni caso, quello che si contesta, non è tanto l’aver omesso una condotta dovuta, quanto il non aver riorganizzato l’ufficio in modo tale da assicurare l’autonomia ed efficienza dello stesso, senza affidare alla collaborazione dei privati il buon esito dell’azione amministrativa.
La Gallicani Alessandra, in ogni caso, avrebbe dovuto sradicare la prassi inopportuna di affidare al privato la comunicazione dell’avvenuta concessione del loculo all’interno del cimitero, onde assicurare un tempestivo allineamento fra i contratti stipulati e la consistenza delle mappe cimiteriali nella disponibilità del custode.
Come noto (v. per tutti Corte conti Sezione Giurisdizionale Regione Calabria n.109/2006), infatti, prassi contra legem o preater legem non possono assumere efficacia esimente, circa la sussistenza dell’elemento psicologico, nella valutazione della responsabilità innanzi alla Corte dei conti, contrastando con la logica e con i principi di buon andamento della cosa pubblica, l’affidare fiduciosamente a privati terzi il raggiungimento di determinati risultati, nel caso di specie il pronto aggiornamento delle mappe cimiteriali, senza nemmeno la pretesa dell’esibizione postuma di una ricevuta.
Occorre, però, precisare che la normativa affida, in ogni caso, al privato l’onere di comunicare, al momento della esumazione, la destinazione che si vuole dare ai resti corporei dei propri cari. Come si evince dalla documentazione in atti (nota prot. 21262 del Comune – indicata come doc. 19 trasmesso dai Carabinieri alla Procura), il Comune si atteneva alle indicazioni contenute nel DPR n. 285 del 10 settembre 1990, stante l’estrema vetustà del regolamento comunale. L’art. 85 del DRP 285/90 dispone nel senso di affidare all’iniziativa dei congiunti la destinazione delle ossa che si rinvengono dopo l’esumazione che, secondo l’iter ordinario, sono destinate all’ossario comune, a meno che coloro che vi hanno interesse non facciano domanda di raccoglierle per deporle in cellette o loculi posti dentro il recinto del cimitero ed avuti in concessione.
Nel caso in esame, il B. non ha provveduto a detto onere.
Dalle testimonianze in atti risulta certa unicamente una visita del B. alla custode del cimitero nel 2006.
La visita effettuata subito dopo la sottoscrizione dell’atto di concessione è stata solo labialmente affermata dalla difesa del B. nel corso del giudizio civile, senza l’esibizione di alcuna ricevuta e con la confutazione da parte della custode che, all’epoca, non era nemmeno tale, in quanto assunta unicamente nel 2005 dalla società che attualmente gestisce i servizi del cimitero. La custode, infatti, dalle testimonianze rese in sede civile, ha dichiarato di aver visto per la prima volta il B. nel 2006.
La valutazione di tutte le circostanze offerte all’esame del Collegio consente di poter ridimensionare il quantum richiesto in pagamento dall’attore pubblico.
La mancanza di una tempestiva riorganizzazione dell’ufficio ed il distorto permanere del rispetto di una prassi non corretta, consentono al Collegio di valutare meno severamente la condotta omissiva tenuta dalla convenuta, unitamente alla circostanza data dal fatto che il privato interessato non ha tempestivamente manifestato le proprie intenzioni circa la destinazione del loculo. Il Collegio ritiene, pertanto, di poter ricorrere all’applicazione del potere riduttivo, e, pertanto, di dover accogliere la domanda attorea nell’an>, riducendo, però a metà il quantum richiesto in pagamento.
La convenuta G. Alessandra, pertanto, è condannata a pagare a favore del Comune di Pescia la somma totale di euro 33.007,05 (trentatremilasette/05).
Sulla somma così determinata decorrono gli interessi dal deposito della presente sentenza sino al soddisfo.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Toscana, con riferimento al giudizio iscritto al n. 61261 del Registro di Segreteria, condanna G. ALESSANDRA a pagare a favore del Comune di Pescia la somma totale di euro 33.007,05 (trentatremilasette/05). Sulla somma così determinata decorrono gli interessi dal deposito della presente sentenza sino al soddisfo.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in €. 128,00.= (Euro Centoventotto/00.=).
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di rito.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del 19 febbraio 2020.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE f.f.
Maria Rita Micci Angelo Bax
f.to digitalmente f.to digitalmente
Depositata il 29/04/2020
Il Direttore di Segreteria
Paola Altini
f.to digitalmente
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TOSCANA
composta dai magistrati:
BAX Angelo Presidente f.f.
RUGGIERO Nicola Consigliere
MICCI Maria Rita Consigliere – relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 61261 del registro di Segreteria, e promosso dalla Procura regionale nei confronti di: G. ALESSANDRA NATA A < OMISSIS> (PT) IL 1 MARZO 1959, rappresentata e difesa dall’avv. Ettore Nesi ed elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in Firenze, via F. Puccinotti n. 30;
Esaminati gli atti ed i documenti di causa,
Uditi, alla pubblica udienza del 19 febbraio 2020, il relatore, dott.ssa Maria Rita Micci, il Pubblico Ministero, dott.ssa Chiara Imposimato, il difensore, avv. Francesco Paolini come da delega depositata in udienza, con l’assistenza del Segretario di udienza, dott.ssa Simonetta Agostini.
Premesso in
FATTO
Con atto di citazione ritualmente depositato e notificato, la Procura contabile ha citato in giudizio l’odierna convenuta al fine di sentirla condannare al pagamento della somma di euro 66.014,10, a titolo di danno indiretto, a favore del Comune di Pescia. Più in dettaglio, con nota del 10 aprile 2015, il Comune odierno danneggiato ha informato l’attore pubblico circa l’esistenza di due delibere di approvazione di debiti fuori bilancio (nn. 19 e 20 del 31 marzo 2015) per l’avvenuto pagamento, da parte del Comune medesimo della somma per cui oggi è causa, a favore di B. Mario. Quest’ultimo è uscito vittorioso dal contenzioso dallo stesso avviato nei confronti del Comune per ottenere il ristoro dei danni subiti a causa della mancata individuazione, al momento della esumazione dei resti del di lui padre, dell’ossario ad esso destinato e ciò a causa della omessa comunicazione, da parte della odierna convenuta, dell’atto di concessione stipulato dal medesimo B. con il Comune e sottoscritto in data 30 giugno 2003, per la parte pubblica, proprio dalla G. Alessandra, n.q. di Dirigente dell’Ufficio Affari Generali la quale avrebbe, però, omesso di rendere edotto della circostanza il custode del cimitero. La mancata individuazione dell’ossario avuto in concessione al momento della esumazione dei resti del defunto ha comportato la dispersione degli stessi nell’ossario comune, con l’inevitabile dolore da parte dei congiunti.
La Procura contabile ha avviato le opportune indagini e notificato alla presunta responsabile l’invito a fornire deduzioni ma, ritenendo le stesse non idonee a supportare l’archiviazione, ha citato la stessa a fine di ottenere il ristoro dei danni subiti dal Comune.
Il Comune, infatti, ha tempestivamente pagato quanto dovuto in virtù della sentenza n. 1034/2014 emessa dal Tribunale di Pistoia e la Procura contabile ha ritenuto responsabile del procurato danno proprio l’odierna convenuta per avere il suo ufficio unicamente rilasciato una comunicazione formale al concessionario al momento del pagamento del relativo onere che egli stesso avrebbe dovuto consegnare <i>brevi manu</i> al custode, secondo quella che era la prassi consolidata dell’epoca. La condotta omissiva anzidetta, però, è stata ritenuta dalla Procura contabile gravemente colposa e, come tale, utile presupposto per addivenire alla contestazione del danno indiretto per cui oggi è causa.
Con memoria del 23 gennaio 2020 si è costituita la convenuta, a mani dell’avv. Nesi chiedendo il rigetto della domanda attorea e, nella denegata ipotesi di condanna, la riduzione dell’addebito.
La difesa della convenuta ha riproposto l’eccezione relativa al difetto di giurisdizione del giudice ordinario con riferimento alla fattispecie dallo stesso giudicata, con ciò rendendo inutilizzabili le prove poste a fondamento dell’azione.
In ogni caso, la difesa ha rappresentato la circostanza data dal fatto che al momento della instaurazione del presente giudizio la sentenza civile non fosse divenuta ancora irrevocabile, essendo stata depositata sentenza di appello nell’ottobre 2019.
La carenza di una corretta difesa in sede civile, poi, ha sicuramente contribuito ad aggravare la posizione del Comune soccombente, quantomeno con riferimento al quantum.
Con riferimento alla posizione della convenuta, inoltre, la difesa ha rappresentato come la stessa avesse assegnato ad altro funzionario la titolarità dell’Ufficio contratti con Determina dirigenziale n. 60 del 24 gennaio 2003 che ha prodotto agli atti.
La difesa, quindi, ha contestato l’azione della Procura con riferimento alla carenza dell’onere probatorio non avendo l’attore pubblico in alcun modo dimostrato la gravità della condotta tenuta dalla convenuta rispetto a quella dovuta secondo i parametri di ordinaria diligenza. In ogni caso la convenuta sembra essersi attenuta ad una prassi adottata dall’ufficio che, anche in conformità della giurisprudenza di questa Corte, dovrebbe essere idonea ad escludere quantomeno la gravità della condotta contestata. Circostanza fondamentale nella causazione del danno di che trattasi, infatti, sembra piuttosto essere stata la condotta tenuta dallo stesso B. che sembra essersi recato al cimitero ben oltre tre anni dopo la stipula dell’atto di concessione.
La convenuta dopo l’accaduto ha, inoltre, tenuto, contrariamente a quanto riportato in atti, un comportamento collaborativo e propenso alla conciliazione stragiudiziale.
Nessuna riconducibilità alla condotta della convenuta sembra, infine, potersi riconoscere al mancato rispetto del termine di trenta giorni che sarebbe dovuto intercorrere tra la pubblicazione dell’avviso e l’avvenuta esumazione.
All’udienza del 19 febbraio 2020 le parti hanno insistito per l’accoglimento delle rispettive richieste.
Considerato in
DIRITTO
Con l’atto introduttivo del presente giudizio il Collegio è chiamato a decidere su di una ipotesi di danno indiretto derivante dall’avvenuto pagamento, da parte dei Comune di Pescia, di quanto dovuto a favore del sig. B. Mario, in virtù di sentenza emessa dal Tribunale Civile di Pistoia, per il ristoro dei danni dallo stesso subiti a seguito della mancata individuazione, al momento della esumazione delle spoglie del di lui padre, del sepolcro appositamente acquistato dal B. medesimo e ciò, secondo la ricostruzione attorea, a causa della omessa comunicazione, al custode del cimitero, dell’avvenuto acquisto da parte dell’ufficio comunale preposto.
All’epoca dei fatti l’odierna convenuta ricopriva il ruolo di Dirigente dell’Ufficio Affari Generali, cui faceva riferimento l’Ufficio contratti medesimo.
Prima di passare all’esame del merito della vicenda, occorre esaminare la richiesta di sospensione, avanzata dalla difesa della convenuta, nell’attesa che si definisca il giudizio instaurato in sede civile, attualmente in fase di appello.
La richiesta non è meritevole di accoglimento, stante l’autonomia che caratterizza i due giudizi e la conseguente inesistenza di quella pregiudizialità giuridica che deve legare le vicende, tale da configurare i presupposti di cui all’art. 106 c.g.c., a mente del quale il giudice può ordinare la sospensione del processo quando la definizione dello stesso dipenda dalla risoluzione di altra questione per la quale sia richiesto un accertamento con efficacia di giudicato.
Il Collegio, a questo punto, può analizzare la vicenda nel merito e valutare se e come l’esborso subito dal Comune di Pescia sia riconducibile alla condotta dolosa o gravemente colposa della convenuta e se, pertanto, detto esborso costituisca una ipotesi di danno.
La pubblica accusa ha dimostrato l’avvenuto pagamento da parte del Comune a favore del B. e ciò in virtù di una sentenza emessa in primo grado e dotata di provvisoria esecutività, con ciò assicurando l’attualità del danno contestato che si palesa, così come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (v. per tutte Prima Appello 140/2017), indipendentemente dalla irrevocabilità del titolo in virtù del quale il pagamento sia stato effettuato.
Ai fini della validità del titolo, non accoglibile, poi, appare l’eccezione relativa al difetto di giurisdizione del giudice ordinario relativamente alla fattispecie poi definita con il titolo in virtù del quale è avvenuto l’esborso.
Come correttamente affermato dalla Corte di Cassazione (v. per tutte ord. 20682/2018 – Cass. SU 301/2013), deve essere riconosciuta la giurisdizione del giudice amministrativo ogni qual volta la controversia riguardi il contenuto dell’atto concessorio e cioè i rapporti reciproci fra Amministrazione e concessionario, ponendo in discussione il rapporto stesso nel suo aspetto genetico e funzionale.
Nel caso in esame il diritto concessorio non è stato compromesso nel suo momento genetico e funzionale dal momento che la vicenda civile ha riguardato il presunto danno derivante alla persona del concessionario, il cui diritto era già sorto in maniera incontestabile, dalla attività materiale di un pubblico dipendente per l’omissione di atti da lui asseritamente dovuti, che hanno compromesso unicamente la estrinsecazione materiale del diritto concessorio e non già il momento formativo dello stesso.
La Procura ha ritenuto l’esborso non dovuto e, pertanto, costituente danno erariale.
Con riferimento al soggetto cui ricondurre la condotta eziologicamente collegata alla causazione del danno, la Procura ha ritenuto di poter ricondurre lo stesso alla persona della Galliani Alessandra che, nella qualità di Dirigente dell’Ufficio Affari Generali, avrebbe sottoscritto l’atto di concessione per la parte pubblica.
Alla Gallicani la Procura contesta una condotta omissiva consistita nel non aver proceduto alla formale comunicazione dell’avvenuta concessione al custode del cimitero.
La difesa della convenuta ha eccepito l’incompetenza della propria assistita per il periodo di che trattasi, relativamente all’obbligo di comunicazione, per avere la stessa assegnato ad altro funzionario la titolarità dell’ufficio contratti con Determina dirigenziale n. 60 del 24 gennaio 2003.
Dall’esame della documentazione in atti, però, appare chiaro che la competenza in merito al rapporto di che trattasi era rimasta in capo alla Gallicani, la quale, successivamente alla delega, ebbe comunque a sottoscrivere il contratto e, successivamente all’evento, ebbe, in ogni caso, ad intrattenere corrispondenza con gli interessati.
In ogni caso, quello che si contesta, non è tanto l’aver omesso una condotta dovuta, quanto il non aver riorganizzato l’ufficio in modo tale da assicurare l’autonomia ed efficienza dello stesso, senza affidare alla collaborazione dei privati il buon esito dell’azione amministrativa.
La Gallicani Alessandra, in ogni caso, avrebbe dovuto sradicare la prassi inopportuna di affidare al privato la comunicazione dell’avvenuta concessione del loculo all’interno del cimitero, onde assicurare un tempestivo allineamento fra i contratti stipulati e la consistenza delle mappe cimiteriali nella disponibilità del custode.
Come noto (v. per tutti Corte conti Sezione Giurisdizionale Regione Calabria n.109/2006), infatti, prassi contra legem o preater legem non possono assumere efficacia esimente, circa la sussistenza dell’elemento psicologico, nella valutazione della responsabilità innanzi alla Corte dei conti, contrastando con la logica e con i principi di buon andamento della cosa pubblica, l’affidare fiduciosamente a privati terzi il raggiungimento di determinati risultati, nel caso di specie il pronto aggiornamento delle mappe cimiteriali, senza nemmeno la pretesa dell’esibizione postuma di una ricevuta.
Occorre, però, precisare che la normativa affida, in ogni caso, al privato l’onere di comunicare, al momento della esumazione, la destinazione che si vuole dare ai resti corporei dei propri cari. Come si evince dalla documentazione in atti (nota prot. 21262 del Comune – indicata come doc. 19 trasmesso dai Carabinieri alla Procura), il Comune si atteneva alle indicazioni contenute nel DPR n. 285 del 10 settembre 1990, stante l’estrema vetustà del regolamento comunale. L’art. 85 del DRP 285/90 dispone nel senso di affidare all’iniziativa dei congiunti la destinazione delle ossa che si rinvengono dopo l’esumazione che, secondo l’iter ordinario, sono destinate all’ossario comune, a meno che coloro che vi hanno interesse non facciano domanda di raccoglierle per deporle in cellette o loculi posti dentro il recinto del cimitero ed avuti in concessione.
Nel caso in esame, il B. non ha provveduto a detto onere.
Dalle testimonianze in atti risulta certa unicamente una visita del B. alla custode del cimitero nel 2006.
La visita effettuata subito dopo la sottoscrizione dell’atto di concessione è stata solo labialmente affermata dalla difesa del B. nel corso del giudizio civile, senza l’esibizione di alcuna ricevuta e con la confutazione da parte della custode che, all’epoca, non era nemmeno tale, in quanto assunta unicamente nel 2005 dalla società che attualmente gestisce i servizi del cimitero. La custode, infatti, dalle testimonianze rese in sede civile, ha dichiarato di aver visto per la prima volta il B. nel 2006.
La valutazione di tutte le circostanze offerte all’esame del Collegio consente di poter ridimensionare il quantum richiesto in pagamento dall’attore pubblico.
La mancanza di una tempestiva riorganizzazione dell’ufficio ed il distorto permanere del rispetto di una prassi non corretta, consentono al Collegio di valutare meno severamente la condotta omissiva tenuta dalla convenuta, unitamente alla circostanza data dal fatto che il privato interessato non ha tempestivamente manifestato le proprie intenzioni circa la destinazione del loculo. Il Collegio ritiene, pertanto, di poter ricorrere all’applicazione del potere riduttivo, e, pertanto, di dover accogliere la domanda attorea nell’an>, riducendo, però a metà il quantum richiesto in pagamento.
La convenuta G. Alessandra, pertanto, è condannata a pagare a favore del Comune di Pescia la somma totale di euro 33.007,05 (trentatremilasette/05).
Sulla somma così determinata decorrono gli interessi dal deposito della presente sentenza sino al soddisfo.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Toscana, con riferimento al giudizio iscritto al n. 61261 del Registro di Segreteria, condanna G. ALESSANDRA a pagare a favore del Comune di Pescia la somma totale di euro 33.007,05 (trentatremilasette/05). Sulla somma così determinata decorrono gli interessi dal deposito della presente sentenza sino al soddisfo.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in €. 128,00.= (Euro Centoventotto/00.=).
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di rito.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del 19 febbraio 2020.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE f.f.
Maria Rita Micci Angelo Bax
f.to digitalmente f.to digitalmente
Depositata il 29/04/2020
Il Direttore di Segreteria
Paola Altini
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