TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Art. 338 R. D. 27/7/1934, n. 1265
Massima
La giurisprudenza ha ritenuto che è «irrilevante che il vincolo sia sopravvenuto alla costruzione dell’immobile dovendo essere esaminata la domanda di condono sulla base della normativa vigente alla conclusione del procedimento» (Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 5326 del 24 novembre 2015). Nell'esaminare le domande di condono edilizio presentate ai sensi della L. 47/1985 l’amministrazione deve quindi considerare anche i vincoli di inedificabilità assoluti sopravvenuti all’esecuzione dell’abuso (e alla domanda), equiparandoli ai vincoli relativi ex art. 32 della L. 47/85 e subordinando la condonabilità al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Ciò in attuazione del principio tempus regit actum, col quale prevale l’esigenza di vagliare la compatibilità dei manufatti abusivi col vincolo postumo, secondo quanto espresso dal Consiglio Stato nell’adunanza plenaria del 22 luglio 1999, n. 20 e ribadito dallo stesso Cons. Stato sez. VI n. 5918/2003, sez. VI 1094/2005, sez. VI, 5549/2014, sez. VI 5927/2014, sez. VI 1152/2016, sez. VI 01941/2016, Sez. VI 1941/2016.
Testo
Consiglio di Stato, Sez. VI, 30 settembre 2024, n. 7862
Pubblicato il 30/09/2024
N. 07862/2024REG.PROV.COLL.
N. 10385/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10385 del 2021, proposto da
Mario P., Agostino P., Anna P., Agostino P., rappresentati e difesi dagli avvocati Orazio Abbamonte, Patrizia Lauritano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Andreottola, Bruno Crimaldi, Andrea Camarda, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Luca Leone in Roma, via Appennini 46;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quarta) n. 3411/2021, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 settembre 2024 il Cons. Gudrun Agostini e uditi per le parti gli avvocati Guido Ciccarelli in dichiarata delega dell’avvocato Orazio Abbamonte e Nicola Laurenti per delega dell’avvocato Antonio Andreottola;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. E’ appellata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania – Napoli n. 3411/2021 che ha respinto il ricorso proposto dai Sigg. P. per l’annullamento della disposizione n. 22/2019 del dirigente del Servizio Antiabusivismo e condono edilizio della Direzione Centrale Pianificazione e Gestione del Territorio – sito UNESCO del Comune di Napoli con cui è stata denegata la sanatoria in pratica di condono edilizio n. 5125/5/86 relativa agli immobili siti in Napoli, alla via Cupa vicinale Terracina n. 68, ed ordinata a carico dei proprietari e responsabili la demolizione con avvertimento sulla eventuale successiva acquisizione gratuita delle aree al patrimonio comunale ai sensi del comma 3 dell’art. 31 del D.P.R. 380/2001;
2. Gli appellanti espongono le seguenti circostanze in punto di fatto:
– di aver impugnato innanzi al T.A.R. per la Campania i provvedimenti del Comune di Napoli sopra elencati con cui era stata negata la sanatoria presentata dal loro dante causa P. Antonio in pratica di condono edilizio n. 5125/5/86, relativa ad alcuni immobili realizzati sin dal 1920, trattasi di 2 costruzioni adibite ad abitazione e quattro depositi, di cui sono proprietari nei termini evidenziati nella perizia depositata nel giudizio di primo grado;
– che con riferimento alla pratica di condono, con disposizione dirigenziale n. 23837/2010 del Comune di Napoli era stato rilasciato il permesso di costruire in sanatoria con la procedura di autocertificazione di cui alla delibera di Giunta comunale n. 4981/2006 a cui l’istante aveva aderito;
– che il permesso in sanatoria, a seguito di verifica a campione dei modelli di autocertificazione presentati a corredo della domanda di condono e all’esito del relativo procedimento di contestazione e la verifica sull’astratta presenza dei requisiti di condonabilità dell’intervento, era stato ritirato in via di autotutela con disposizione dirigenziale n. 314/2013 per ritenuta incongruenza delle dichiarazioni sostitutive prodotte in riferimento all’oggetto e consistenza dell’abuso nonché all’insussistenza di vincoli, in quanto l’area ove sono ubicati gli immobili oggetto di condono sarebbe invece inclusa nella fascia di rispetto del vicino cimitero;
– che con la disposizione dirigenziale n. 22/2019, ritenendo non rilevanti le osservazioni pervenute, il Comune di Napoli aveva denegato la sanatoria sulla predetta pratica di condono, sul presupposto – errato – che l’area in cui ricade l’intervento è assoggettata a vincolo da Piano Regolatore Generale di rispetto della “fascia cimiteriale”, ed ordinato la demolizione delle predette costruzioni con l’avviso che in difetto, le stesse e la relativa area di sedime sarebbero state acquisite gratuitamente al patrimonio del Comune e che, ai sensi del comma 4/bis dell’ art. 380/2001 ne sarebbe conseguita una sanzione pecuniaria pari ad euro 20.000.-.
3. Di qui l’impugnativa innanzi al T.A.R. Campania Napoli affidata a seguenti motivi per censurare:
(I) violazione dell’art. 338 T.U. 1265/1934, perché sarebbe applicabile la deroga di cui al comma 5 dello stesso introdotta con deliberazione consiliare n. 35/2005 anche per gli edifici già esistenti;
(II) eccesso di potere per irragionevolezza, in quanto il vincolo di fatto sarebbe interrotto dalla presenza di una strada tangenziale;
(III) eccesso di potere per presupposto erroneo, posto che i fabbricati sarebbero presenti sul terreno sin dagli anni 1920 ad una distanza maggiore di 200 mt che si sarebbe ridotta nel 1962 in seguito all’ampliamento del cimitero;
(IV) illegittimità derivata ma anche propria dell’ordine demolitorio, perché non troverebbe applicazione l’art. 31 ma l’art. 27 del D.p.R. 380/2001;
(V) illegittimità derivata e propria dell’ordinanza per violazione dell’art. 4/bis dell’art. 31 del D.p.R. 380/2001 nella parte in cui si preannuncia l’applicazione della sanzione pecuniaria.
4. Con sentenza n. 3411, pubblicata il 24.5.2021, il TAR ritenendo infondate le prime tre censure e assorbite le restanti ha respinto il ricorso. Da qui l’appello affidato ai seguenti motivi che sostanzialmente ripropongono in esame le cinque censure originarie:
I. “Violazione e falsa applicazione dell’art. 338 TU 1265/1934, come modificato dall’art. 28 l. 166/2020 – Eccesso di potere per errore nei presupposti”;
II. “Travisamento dei fatti e difetto di istruttoria”;
III. “Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto d’istruttoria – Violazione art. 97 Cost. – Falsa applicazione dell’art. 338 del R.D. 24.7.34 n. 1265. Error in iudicando;
Nell’atto di appello vengono riproposti anche i seguenti motivi rimasti assorbiti:
IV. “Illegittimità propria e derivata dell’ordine demolitorio. Violazione degli artt. 27 e 31 D.P.R. 380/2021eccesso di potere per presupposto errato”, per censurare la comminazione dell’acquisizione gratuita delle aree.
V. “Ulteriore illegittimità propria e derivata – Violazione art. 4/bis dell’art. 31 D.P.R. 380/2001”, per dolersi dell’assenza dei presupposti di legge e di motivazione relativa alla preannunciata applicazione della sanzione pecuniaria nella misura massima.
5. Si è costituito con atto semplice il Comune chiedendo il rigetto dell’appello.
6. Nel rispetto dei termini sia gli appellanti sia il Comune hanno depositato memorie difensive in cui hanno illustrato le rispettive posizioni.
7. Entrambe le parti hanno depositato memorie di replica. In questa sede la difesa comunale ha eccepito l’inammissibilità della perizia tecnica datata 9.7.2024, prodotta in data 11.7.2024, in violazione dell’art. 104, co. 2 c.p.a.
8. All’udienza pubblica del 26 settembre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
9. Preliminarmente il Collegio dà atto dell’inammissibilità della produzione documentale dell’appellante dell’11 luglio 2024, in particolare della relazione tecnica integrativa prodotta in appello, non trattandosi di elemento di prova la cui produzione era oggettivamente impossibile nel rispetto dei termini di rito.
10. Passando al merito, l’appello è infondato, per le ragioni di seguito esposte.
11. Con la prima censura gli appellanti deducono che erroneamente il Comune avrebbe ritenuto ricomprese le opere edilizie nella fascia di rispetto cimiteriale individuandola in mt. 200, ossia nel vincolo ordinario di legge (art. 338 T.U leggi sanitarie, R.D. n. 24.7.1934 n. 1265 e art. 28 L. 1.8.2002 n. 166). Secondo gli appellanti, il vincolo ordinario non sarebbe applicabile, perché:
– il divieto generale previsto nei commi 3° e 4° dell’art. 57 del D.P.R. 285/90 di costruire nuovi edifici o ampliare quelli preesistenti entro la fascia di rispetto di mt. 200 nonché di ampliare in deroga (mt. 100 e/o 50) dai cimiteri esistenti sarebbe stato abrogato dall’art. 28 L. 1.8.2002 n. 166;
– la regola generale che a mente dell’art. 338 del R.D. 1265/34 impone la fascia di rispetto di mt. 200 dal centro abitato e dai nuovi edifici riguarderebbe solo i cimiteri di guerra e gli ampliamenti dei cimiteri esistenti e/o costruzione di nuovi, fino al limite di mt. 50, alle condizioni di cui ai punti a- e b- del co. 4° dell’art. 338 citato;
– nel caso di specie opererebbe la deroga della distanza di cui al comma 5° dell’art. 338, come modificato dalla legge 166/02, avendo il Consiglio Comunale deliberato la riduzione (deliberazione n. 35/2005) intervenendo con ciò sul Piano Regolatore Cimiteriale per il cimitero di Fuorigrotta, per il quale risulterebbe ridotta l’estensione del vincolo cimiteriale a 50 metri, in considerazione delle ragioni urbanistiche date dalle condizioni dell’edificato a contorno dello stesso cimitero, come previsto nell’art. 27 delle N.d.A. del PRC dedicate alla “Fascia di rispetto del vincolo cimiteriale”.
12. Gli argomenti – pur acutamente proposti – sono privi di fondamento.
12.1. Viene qui in rilievo il vincolo di rispetto a tutela del cimitero di Fuorigrotta che secondo l’Amministrazione comunale in base alla previsione dell’art. 338 R.D. 1265/1934 e della regolamentazione del PRC di Napoli, approvato nel 2005, ha un’estensione di 200 mt e va a gravare sull’area su cui insistono le opere oggetto della domanda di condono. Il diniego comunale si fonda sull’art. 33 della L. 47/1985 il quale non ammette la sanatoria di opere realizzate in zone gravate da vincoli di inedificabilità assoluta.
12.2. Il primo nodo da sciogliere quindi, stando alle deduzioni degli appellanti, è quello sulla applicabilità o meno agli immobili oggetto di condono la riduzione della fascia di rispetto cimiteriale in via derogatoria introdotta con delibera del Consiglio Comunale n. 35/2005 e prevista nell’art. 27 delle norme di attuazione del Piano Regolatore Cimiteriale di Napoli “in considerazione delle condizioni dell’edificato al contorno dello stesso Cimitero”.
12.3. Come noto, il vincolo cimiteriale di 200 mt. è stato introdotto nel 1934 in forza dell’art. 338 del R.D. 1265/1934 (“<em”) che all’origine prevedeva un’esigua possibilità di deroga.
L’art. 338 nel corso del tempo ha subito varie modifiche.
Una, ad opera della legge 983/1957 che ha allargato la possibilità di deroga e una, nuovamente restrittiva, ad opera dell’art. 57 del D.p.R. 285/1990 che è poi traslata nella legge 166/2002 di revisione generale del citato art. 338.
12.4. Da ciò consegue che alla domanda di condono in oggetto trova applicazione – ratione temporis – l’art. 338 del R.D. 1265/1934 nella versione modificata dalla L. 166/2002, che con l’art. 28 co.1, lett. a) e b) è intervenuta sui commi 1, 4, 5, 6 e 7, in particolare rivisitando la deroga.
12.4.1. Di tal che è privo di fondamento il rilievo dell’appellante sulla avvenuta abrogazione dei commi 3° e 4° dell’art. 57 del D.P.R. 285/90, per il fatto che l’art. 338 del R.D. 1265/1934, nella versione rivista dalla L. 166/2002, al comma 1 conferma il generale vincolo cimiteriale dei 200 mt. con la seguente previsione: “I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. E’ vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
Si tratta, come ormai acclarato in giurisprudenza, di un generale vincolo di inedificabilità assoluta del suolo destinato a fascia di rispetto cimiteriale che discende direttamente dalla legge a prescindere dal suo recepimento cartografico nel piano regolatore comunale, che ha natura conformativa e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto (CdS n. 4656/2017, n. 5544/2013, Cass. Civ. 26326/2016).
Ai successivi commi 4, 5 e 7 l’art. 338 prevede un puntuale regime di deroga. In particolare, al comma 4, che riguarda esclusivamente la costruzione di cimiteri, è previsto che “Il consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni: a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti; b) l’impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari”.
Il comma 5, – che a dire degli appellanti troverebbe applicazione al caso di specie ma non sarebbe stato adeguatamente considerato da parte del T.A.R.-, prevede che “Per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre”.
In effetti, si tratta di una ulteriore ipotesi di deroga che può essere concessa dal consiglio comunale a certe condizioni.
12.5. Tuttavia, questa possibilità di deroga, contrariamente a quanto affermato dall’appellante, non riguarda gli interventi privati al di fuori dell’accertamento di tale pubblico interesse. A tale riguardo la giurisprudenza è pacifica nell’affermare che:
– la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo cimiteriale può essere rimossa solo in ipotesi eccezionali ed esclusivamente per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell’art. 338, comma 5;
– l’art. 338, comma 5, non presidia interessi privati e non può legittimare interventi edilizi privati per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura;
– il procedimento invocabile dai singoli proprietari all’interno della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui al settimo comma dell’art. 338, consistenti nel recupero o nel cambio di destinazione d’uso di edificazioni preesistenti che resta attivabile nel solo interesse pubblico – come valutato dal legislatore nell’elencazione, al quinto comma, delle opere ammissibili ai fini della riduzione – la procedura di riduzione della fascia inedificabile (da ultimo C.d.S. n. 3310/2024; n. 5862/2019; n. 4656/2017, n. 131/2014; n. 3410/2014; n. 3667/2015).
12.6. Dai documenti ritualmente confluiti nel fascicolo processuale, in particolare dalla relazione tecnica accompagnatoria al PRC di Napoli e dalla scheda tecnica redatta dal Comune ai fini dell’istruttoria della pratica di condono, emerge che il PRC di Napoli, approvato con delibera consigliare n. 35/2005, per il cimitero di Fuorigrotta – e questa circostanza non è contestata- ha mantenuto ferma la perimetrazione della zona di vincolo cimiteriale, con raggio di 200 metri dal perimetro individuato dallo strumento urbanistico in vigore. Emerge inoltre che la riduzione dell’estensione del vincolo cimiteriale a 50 mt. disposta con delibera del consiglio comunale n. 35/2005 e prevista nell’art. 27 delle n.d.A. del PRC di Napoli riguarda specificamente “le condizioni dell’edificato al contorno del Cimitero”.
12.7. Questa locuzione contenuta nell’art. 27 delle n.d.A., per come emendato dal consiglio comunale con delibera n. 35/2005, ad avviso del Collegio riguarda unicamente le costruzioni legittimamente realizzate sulla base di titoli edilizi rilasciati in conformità alle eventuali deroghe precedentemente vigenti o che siano venuti a trovarsi a distanza inferiore in seguito all’ampliamento cimiteriale. Non possono considerarsi compresi gli immobili abusivi considerato che un atto regolamentare e/o di pianificazione, come lo è la deliberazione consiliare n. 35/2005, non può introdurre diritti incompatibili con un vincolo legale pena la sua disapplicazione (sulla disapplicazione degli atti a natura regolamentare vedasi C.d.S., sez. V n 821/2019, C.d.S. sez. VI, n. 4894/2017).
12.8. L’unica ipotesi di deroga prevista per l’edificazione privata è quella del comma 7, dell’art. 338 che così recita: “All’interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell’articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457”.
12.8.1. Questa deroga, però, non rileva nel caso in esame in quanto oggetto del condono non costituisce un leggero ampliamento ma un intero complesso edilizio composto da varie unità immobiliari di cui non risulta dimostrato l’esatto periodo di realizzazione.
12.9. Sulla base di questo quadro giuridico e fattuale, il primo Giudice correttamente ha ritenuto che non opera alcuna deroga al vincolo cimiteriale legale di 200 mt. e giustamente ha considerato privo di rilevanza il refuso contenuto nell’atto, in cui si si cita il cimitero Ponticelli anziché quello di Fuorigrotta, in quanto, alla luce della documentazione disponibile, era chiaro che si trattava di un mero lapsus calami e non di un sintomo di insufficiente istruttoria nella ricostruzione del regime vincolistico.
13. Nel secondo motivo d’appello si deduce l’erroneità della sentenza anche nel capo in cui ritiene infondato il secondo motivo di ricorso con cui si era lamentata l’illegittimità del diniego anche laddove si ritenesse applicabile il vincolo ordinario di 200 mt. A tale riguardo deducono gli appellanti che il tratto della tangenziale cittadina – che scorre immediatamente a ridosso del perimetro cimiteriale frapponendosi tra quest’ultimo e la proprietà dei ricorrenti – rappresenterebbe elemento obbiettivamente idoneo ad interrompere fisicamente la continuità del vincolo e della conseguente fascia di rispetto, anche in applicazione del principio stabilito dall’art. 338, co. 4, lett. b) TU cit. che consente la deroga al vincolo ordinario quando l’impianto cimiteriale sia separato da strade pubbliche, dislivelli, ponti. A dire degli appellanti, erroneamente il T.A.R. si sarebbe concentrato su quel minimo punto di contatto tra i suoli di fatto inutilizzabile e privo di vegetazione che di certo non varrebbe ad escludere l’applicabilità della norma invocata (art. 338, comma 4, lett. b). Specificano ancora gli appellanti che il punto riguarderebbe, semmai, e anche questo sarebbe rimasto privo di considerazione nella pronuncia, solo lo spigolo del fabbricato part. 239 e non gli altri manufatti dei P. che pertanto non avrebbero potuto essere considerati insanabili.
13.1 Anche questa censura è priva di pregnanza.
13.2. L’art. 338, in particolare il comma 4 lett. b) dello stesso, non si presta alla lettura propugnata nel ricorso. Sul punto il Collegio condivide quanto espresso in primo grado, per il fatto che l’esistenza di ostacoli naturali o artificiali, come quelli nella specie dati dalla presenza di un tratto di strada tangenziale cittadina, seppur ribassata con relative scarpate a monte e a valle del cimitero che lo separano dagli immobili in questione, non costituisce a mente della norma un elemento idoneo ad interrompere il vincolo cimiteriale o a ridurre l’estensione della fascia obbligatoria di rispetto imposta per tutte le costruzioni dal primo comma.
Si tratta di un aspetto che potrebbe assumere rilevanza solo nel caso in cui si presentasse una imprescindibile necessità di costruire nuovi cimiteri o di ampliare quelli esistenti ma non per la costruzione di nuovi edifici privati e tanto meno per legittimare edifici privati abusivamente costruiti. Solo per la costruzione di cimiteri, in presenza di ostacoli naturali o artificiali, è consentito al consiglio comunale di autorizzare la deroga ai 200 mt dalle circostanti costruzioni.
13.3. Correttamente pertanto il T.A.R. ha ritenuto non rilevante, in questo specifico caso, la presenza della tangenziale che oltretutto non determina una separazione netta e ininterrotta essendovi un punto di contatto e di continuità proprio all’altezza del manufatto.
13.4. E’ infine infondato anche il rilievo sulla necessità di operare una sanatoria parziale relativa alle unità immobiliari materialmente divise dalla tangenziale, per il fatto che tutta la legislazione urbanistica e la giurisprudenza formatasi in materia di condono edilizio escludono la possibilità di una sanatoria parziale, sul presupposto che il concetto di costruzione deve essere inteso in senso unitario e non in relazione a singole parti autonomamente considerate, per cui non è possibile scindere la costruzione tra i vari elementi che la compongono ai fini della sanatoria di singole porzioni di essa.
14. Con la terza censura si sostiene che il T.A.R. avrebbe erroneamente interpretato il terzo motivo di ricorso con cui i ricorrenti non intendevano dimostrare la preesistenza degli immobili rispetto all’entrata in vigore del R.D. 1265/34 ma la preesistenza dell’opera oggetto di domanda di condono rispetto all’ampliamento del cimitero (avvenuto nel 1962) e con questo l’assenza originaria del vincolo cimiteriale. Ritengono gli appellanti che sulla base di questo erroneo convincimento il T.A.R. avrebbe erroneamente ritenuto insufficienti le prove a tale riguardo offerte anziché, come sarebbe stato d’obbligo in caso di dubbi, attivare i poteri istruttori d’ufficio per conseguire certezza in ordine alla preesistenza dei manufatti rispetto all’ampliamento del cimitero.
14.1. Anche questo motivo è privo di fondamento.
14.2. La censura involge due problematiche.
Anzitutto vi è l’aspetto normativo, considerato che il provvedimento ha espresso il diniego sulla domanda di condono richiamando l’art. 33 della L. 47/1985 nella versione attuale (ss.mm. e ii) sulla base del regime vincolistico attuale (trattandosi di immobili da sanare). In secondo luogo, vi è l’aspetto fattuale, sulla preesistenza o meno dell’edificio rispetto all’ampliamento cimiteriale.
14.2.1. In punto di diritto, già ricordato il chiaro ed inequivocabile disposto normativo e della relativa ratio ed il consolidato orientamento di questa Sezione (cfr. ex plurimis, Cons. St., Sez. VI, 10 luglio 2023, n. 6726; Cons. St., Sez. VI, 20 luglio 2021, n. 5458; Cons. St., Sez. VI, 10 aprile 2020, n. 2370; Cons. St., Sez. VI, 24 aprile 2019, n. 2622; Cons. St., Sez VI, 12 febbraio 2019, n. 1013) che ritiene che il vincolo cimiteriale abbia carattere assoluto e non consenta in alcun modo l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, e che lo stesso vincolo si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti.il Collegio ritiene che la domanda dell’appellante vada esaminata in base ai presupposti previsti per il condono dalla legge 47/1985 nella sua versione originaria (cd. primo condono) e non dalle norme relative ai cc.dd. secondo e terzo condono (legge 724/1994 e decreto legge 269/2003), che sono intervenute modificando la predetta legge 47/1985 in modo restrittivo anche sui vincoli, dal momento che la domanda di condono è stata presentata nel 1986 in base all’art. 31 di quest’ultima legge ed entro i relativi termini.
14.2.2. L’art. 33 della legge 47/1985 nella versione ratione temporis applicabile prevede la non suscettibilità di sanatoria delle opere di cui all’articolo 31 che siano in contrasto con vincoli che comportino inedificabilità che siano imposti prima della esecuzione delle opere stesse. La norma non prevede invece nulla sulla sopravvenienza di vincoli di inedificabilità in seguito all’edificazione o alla presentazione della domanda.
A tale riguardo è stata fornita risposta dalla giurisprudenza la quale ha ritenuto che è «irrilevante che il vincolo sia sopravvenuto alla costruzione dell’immobile dovendo essere esaminata la domanda di condono sulla base della normativa vigente alla conclusione del procedimento» (Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 5326 del 24 novembre 2015).
Nella disamina delle domande di condono edilizio presentate ai sensi della L. 47/1985 l’amministrazione deve quindi considerare anche i vincoli di inedificabilità assoluti sopravvenuti all’esecuzione dell’abuso (e alla domanda), equiparandoli ai vincoli relativi ex art. 32 della L. 47/85 e subordinando la condonabilità al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso. Ciò in attuazione del principio tempus regit actum, col quale prevale l’esigenza di vagliare la compatibilità dei manufatti abusivi col vincolo postumo, secondo quanto espresso dal Consiglio Stato nell’adunanza plenaria del 22 luglio 1999, n. 20 e ribadito dallo stesso Cons. Stato sez. VI n. 5918/2003, sez. VI 1094/2005, sez. VI, 5549/2014, sez. VI 5927/2014, sez. VI 1152/2016, sez. VI 01941/2016, Sez. VI 1941/2016.
Va ribadito – sul piano della questione di diritto che si tratta di giurisprudenza concorde risalente alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 20 del 1999, secondo cui “il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso”, parere che va acquisito a prescindere dal requisito della anteriorità dell’opera rispetto al vincolo. In attuazione del principio tempus regit actum, invero, “l’obbligo di pronuncia da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione alla esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall’epoca d’introduzione del vincolo. E appare altresì evidente che tale valutazione corrisponde alla esigenza di vagliare l’attuale compatibilità, con il vincolo, dei manufatti realizzati abusivamente” (Cons. Stato, Sez. VI, 7 maggio 2015, n. 2297); è stato anche precisato che “quanto ai vincoli di inedificabilità assoluta, se è vero che alla stregua dell’art. 33, l. n. 47/1985 cit. il vincolo di inedificabilità assoluta non può operare in modo retroattivo, tuttavia non si può considerare inesistente per il solo fatto che sia sopravvenuto all’edificazione (ciò che paradossalmente porterebbe a ritenere senz’altro sanabili gli interventi, i quali pertanto fruirebbero di un regime più favorevole di quello riservato agli abusi interessati da vincoli sopravvenuti di inedificabilità relativa); pertanto, se il vincolo di inedificabilità assoluta sopravvenuto non può considerarsi sic et simpliciter inesistente, ne discende che gli va applicato lo stesso regime della previsione generale dell’art. 32, comma 1, l. n. 47/1985 cit., che subordina il rilascio della concessione in sanatoria per opere su aree sottoposte a vincolo al parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo medesimo.” (Cons. Stato, Sez. VI , 7 agosto 2015, n. 3909);
14.2.3. Ritornando al caso in esame, si può quindi affermare che il vincolo cimiteriale, se lo si ritenga sopravvenuto, non preclude automaticamente il rilascio della sanatoria ma, in base agli artt. 32 e 33 della l. n. 47 del 1985, la consente se vi è il parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela del vincolo che, in questi casi, come sottolineato dalla giurisprudenza, nell’esprimere la valutazione deve rapportarsi al caso concreto e non limitarsi alla mera applicazione delle norme vincolistiche (C.d.S. sez VI 4074/2023).
14.2.4. La presenza del vincolo cimiteriale alla data di presentazione dell’istanza di condono, in base alla normativa sopra citata, avrebbe reso necessaria comunque l’acquisizione del parere favorevole dell’autorità preposta alla tutela dello stesso (nella specie l’Autorità sanitaria) che andava senz’altro allegato dagli istanti alla domanda di condono presentata nel 1986. In mancanza di questo presupposto imprescindibile l’intervento non può considerarsi condonabile.
14.3. In punto di fatto, va ribadito che non v’è prova certa dell’anteriorità del complesso realizzato rispetto al vincolo. Gli appellanti richiamano la perizia giurata dd. 20.02.2021 a firma del Arch. Ciro Auriemma che offre una dettagliata descrizione del compendio immobiliare nella situazione attuale ma anche nella consistenza avuta nel 1980, in epoca immediatamente precedente alla presentazione dell’istanza. La perizia, tra le altre cose, evidenzia che fino al 1962, prima dell’ampliamento del cimitero di Fuorigrotta, circostanza che non risulta contestata dal Comune, il vincolo cimiteriale dei 200 mt. non andava ad incidere sulle aree di sedime delle edificazioni oggetto di condono. A comprova della presenza in tempi molto remoti degli immobili in questione risulta depositata una copia di contratto di fitto firmato dal Sig. P. nel 1957 che definendo anche una precedente controversia tra le parti si riferiva in via del tutto generica e non circostanziata all’appezzamento di terreno e “alle case coloniche due e tutti i comodi in Fuorigrotta via Cupa Terracina n. 68”. Il perito cita inoltre un fotogramma aereo dell’anno 1943 in cui i manufatti oggetto del condono per la loro maggior consistenza sarebbero visibili che non viene prodotto.
14.3.1. In giurisprudenza è pacifico che quando in tema di sanatoria edilizia viene in rilievo la data di edificazione dell’opera è esclusivo onere della parte istante provare, con prova certa, il dato temporale e la precisa consistenza e funzione a pena del rigetto della domanda in forza della vicinanza della prova e della disponibilità della stessa da parte del richiedente (ex multis C.G.A.R.S. n. 581/2020).
14.3.2. Questa prova non risulta essere stata fornita in sede amministrativa ma neppure in sede giudiziale. Anzi, gli indizi allegati in sede processuale sono contraddetti dalle dichiarazioni contenute nella domanda di condono a suo tempo presentata all’Amministrazione.
Nel compilare il modulo predisposto dal Comune gli istanti hanno autocertificato che le opere sono state ultimate nel periodo dal 1977 al 1983. Non risulta invece barrata la casella relativa alle opere ultimate in data anteriore al 1 settembre 1967.
Il contratto del 1957, dimesso per la prima volta in sede giudiziale, è generico e come tale non idoneo a dimostrare la reale consistenza e posizione delle opere in esso menzionate che risultano site all’indirizzo di via Cupa vicinale Terracina 68, mentre nella domanda di condono è indicato l’indirizzo di via Cupa vicinale Terracina 120. L’aerofotogramma del 1943 citato nella perizia non si rinviene negli atti.
14.3.3. Sulla base di queste considerazioni non può ritenersi provato quanto dedotto dagli appellanti sulla preesistenza delle opere al vincolo cimiteriale de quo.
Ne consegue la correttezza del diniego comunale in diritto ma anche in punto di fatto.
La carenza, in sede amministrativa, della prova sui presupposti di condonabilità dell’opera incombente al richiedente e l’assenza del parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo rende impossibile il ricorso ai poteri istruttori suppletivi richiesti.
14.4. Infine, non meritano di essere accolti neppure i motivi n. IV e V, qui riproposti come illegittimità derivata e illegittimità autonoma avverso l’ordine demolitorio.
14.4.1. Quanto al rilievo sulla sanzione applicabile (motivo IV), la censura è genericità. Non risulta specificato quali sarebbero in concreto presupposti mancanti. La sanzione opera solamente in caso di inottemperanza all’ordine e ha la funzione di tenere indenne l’amministrazione in caso di inottemperanza (in termini, ex plurimis, Cons. Stato, sez. VI, 20/10/2016, n. 4400). In considerazione delle dimensioni dell’abuso essa non appare essere sproporzionata.
14.4.2. Anche il motivo V con cui si sostiene l’applicabilità del rimedio previsto dall’art. 27 anziché dall’art. 31 del D.P.R. 380/2001 non coglie nel segno considerato che in sede di condono si è dichiarato che le opere sono state ultimate tra il 1977 e 1983. Non si è pertanto in presenza di attività in corso o recentemente eseguita, e neppure di piccoli interventi, ma di intervento non condonabile che rientra nel campo di applicazione dell’art. 31 e non di quello residuale dell’art. 27.
Per le ragioni esposte l’appello deve essere rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania – Napoli n. 3411/2021. Condanna l’appellante al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in € 4.000,00 (quattromila/00) oltre accessori e spese di legge in favore del Comune di Napoli.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 settembre 2024 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro, Presidente
Giordano Lamberti, Consigliere
Stefano Toschei, Consigliere
Roberto Caponigro, Consigliere
Gudrun Agostini, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE (Gudrun Agostini)
IL PRESIDENTE (Giancarlo Montedoro)
IL SEGRETARIO