TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Art. 338 R. D. 27/7/1934, n. 1265
Massima
La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che: = il vincolo cimiteriale prescritto dall’art. 338 r.d. 27 luglio 1934 n. 1265 determina un regime di inedificabilità ex lege, integrando una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene, tale da configurare in maniera oggettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con il perimetro dell’area cimiteriale; = il vincolo, in ragione del suo carattere assoluto, non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale; = il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica, nel senso che esso si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti; = avuto riguardo alla ratio sottesa alla norma in esame, la nozione di “centro abitato” richiamata dall’art. 338, comma 1, r.d. n. 1265/34, deve intendersi in senso ampio e comprensivo di ogni ambito spaziale nel quale insistano edifici connotati da effettiva e permanente destinazione residenziale o con uso correlato alla residenza, posto che, altrimenti, si consentirebbe la generalizzata costruzione o ampliamento dei cimiteri anche a ridosso di edifici a uso abitativo, in violazione delle esigenze di tutela della pubblica igiene e salute sottese alla prescrizione di cui all’art. 338, comma 1, cit.; = la deroga prevista dal quinto comma dell’art. 338 r.d. n. 1265/34 con riferimento all’ampiezza della fascia di rispetto cimiteriale è suscettibile di essere ridotta soltanto in via autoritativa e a tutela di interessi pubblici. Pertanto, in ragione del chiaro ed inequivocabile disposto normativo e della relativa ratio, il consolidato orientamento di questa Sezione (cfr. ex plurimis, Cons. St., Sez. VI, 10 luglio 2023, n. 6726; Cons. St., Sez. VI, 20 luglio 2021, n. 5458; Cons. St., Sez. VI, 10 aprile 2020, n. 2370; Cons. St., Sez. VI, 24 aprile 2019, n. 2622; Cons. St., Sez VI, 12 febbraio 2019, n. 1013) ritiene che il vincolo cimiteriale abbia carattere assoluto e non consenta in alcun modo l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, e che lo stesso vincolo si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti. L'esistenza del vincolo cimiteriale nell'area nella quale in cui sia stato realizzato un manufatto abusivo, quindi, comportando l'inedificabilità assoluta, impedisce il rilascio della concessione in sanatoria ai sensi dell'art. 33, L. n. 47/1985, senza necessità di compiere ulteriori valutazioni. Di conseguenza, non assume alcun rilievo un'avvenuta riduzione della fascia di rispetto cimiteriale a 100 metri, contenuta in una variante al PRG, atteso che, come detto, gli strumenti urbanistici non sono in alcun modo idonei ad incidere sull’esistenza e i limiti del vincolo cimiteriale dettati dalla norma primaria. Inoltre, per quanto riguarda il regolamento di polizia mortuaria, è sufficiente osservare che la deroga contenuta nel comma 4 dell’art. 57 d.P.R. n. 285 del 1990 – secondo cui “Nell'ampliamento dei cimiteri esistenti, l'ampiezza della fascia di rispetto non può essere inferiore a 100 metri dai centri abitati nei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti ed a 50 metri per gli altri comuni” – è stata abrogata con la legge n. 166 del 2002 e, comunque, tale deroga tendeva a salvaguardare -nel rispetto di un predefinito procedimento autorizzatorio- l’interesse pubblico al reperimento di aree per le sepolture, da garantire mediante l’ampiamento dell’area cimiteriale; tale deroga, quindi, in quanto espressamente riferita al mero ampliamento dei cimiteri esistenti, non poteva essere intesa come costituiva in capo al privato di una facoltà di edificare in deroga alla fascia di rispetto di duecento metri prescritta dall’art. 338, comma 1, r.d. n. 1265/34. Parimenti, l’ambito di applicazione della norma del regolamento comunale di polizia mortuaria è specificamente orientato alla disciplina della polizia mortuaria e dell’attività di gestione del cimitero e dei connessi servizi cimiteriali. La deroga, pertanto, ha carattere eccezionale e deve essere giustificata da esigenze pubblicistiche correlate alla stessa edilizia cimiteriale, oppure ad altri interventi pubblicisti purché compatibili con le concorrenti ragioni di tutela della zona; tali interventi urbanistici ai quali il legislatore ha inteso fare riferimento sono solo quelli pubblici o comunque aventi rilevanza almeno pari a quelli posti a base della fascia di rispetto di duecento metri (cfr. Cons. St., Sez. VI, 24 aprile 2023, nn.. 4118, nonché Cons. St., Sez. VI, 2 luglio 2018, n. 4018).
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TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 7 marzo 2025, n. 347
In regione Puglia, la previsione di un Regolamento comunale di polizia mortuaria e attività funebri e cimiteriali che vieti la collocazione di case funerarie nei centri abitati sipone in contrasto con la disciplina della L. R. (Puglia) 15 dicembre 2008, n. 34 dato che tale fonte normativa regionale: i) non prevede tale specifica competenza per i Comuni; ii) al contrario incentiva gli enti territoriali alla promozione delle strutture del commiato, tra le quali emerge anche la casa funeraria (cfr. art. 17, co. 1); iii) sancisce la possibilità di realizzare le case funerarie nei centri residenziali anche in deroga allo strumento urbanistico (cfr. art. 4, co. 3-bis) e nelle fasce di rispetto cimiteriale (cfr. art. 17, co. 5, ult. periodo), e ciò in coerenza con quell’indirizzo giurisprudenziale secondo cui – essendo la morte un accadimento naturale che colpisce la popolazione residente – il servizio funebre è svolto nell’interesse di quest’ultima e, pertanto, deve ritenersi consentito (anche) nelle zone a vocazione residenziale (cfr. TAR Salerno 2897/2022); iv) prevede limiti tipici e tassativi (ovvero quelli secondo cui “le strutture per il commiato non possono essere collocate nell’ambito di strutture sanitarie pubbliche o private, né di strutture socio-sanitarie o di vita collettiva” - cfr. art. 17, co. 5). La realizzazione di una “casa funeraria” non appare sussumibile all’interno delle “opere per il culto”, per tali dovendosi intendere le opere destinate all’esercizio del culto religioso ex art. 831 cod. civ.; mentre la casa funeraria, come visto, è normata dalla L.R. Puglia n. 34/2008 ed inerisce l’“ambito funebre”, ossia “l’attività funebre e i servizi forniti dalle strutture per il commiato” (art. 1, comma 3, lett. d).
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TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, 13 febbraio 2025, n. 323
L’attività funebre è un’attività d’impresa volta a fornire un insieme di prestazioni a carattere commerciale, noleggio di attrezzature e di mezzi, di trasporto e d'intermediazione d'affari, unitariamente dirette e preordinate all'organizzazione complessiva del servizio funebre. Di conseguenza la vendita di articoli inerenti i suddetti servizi (quale prestazione di “dare”) è strumentale e accessoria rispetto a quella principale svolta dai suddetti servizi (quale prestazione di “facere”) e, quindi, è priva di autonoma rilevanza. Del resto il settore funerario e cimiteriale è regolamentato da una normativa disorganica a livello regionale e frammentaria a livello nazionale - come il R.D. 17 luglio 1934, n. 265- Testo Unico delle leggi sanitarie- e il D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 avente ad oggetto il regolamento di polizia mortuaria- e non può, quindi, essere assimilato a quello del settore del commercio di cui al D. Lgs. D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 114.
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TAR Liguria, Sez. II, 10 febbraio 2025, n. 141
Allorquando si tratti (come nel caso di un verbale di rilascio del servizio d'illuminazione votiva) di atti di autotutela esecutiva ex art. 823 c.c. - preordinati al ripristino della condizione del bene pubblico e dell'accesso alle utilità allo stesso connesse (cfr. Cons. Stato, Sez. VII, 06/11/2024, n. 8862) - meramente applicativi delle deliberazioni tardivamente impugnate, e dunque di atti dovuti, a contenuto sostanzialmente vincolato. Ed è noto che, per costante giurisprudenza, in tema di beni demaniali o patrimoniali di un ente pubblico (qual è certamente l’impianto di illuminazione votiva accedente al cimitero), il provvedimento di rilascio ai sensi dell'art. 823 comma 2 cod. civ. può essere legittimamente emanato senza la preventiva comunicazione dell'avvio del procedimento e senza instaurare alcun contraddittorio con l'interessato, trattandosi di un provvedimento di autotutela esecutiva che l'amministrazione è tenuta ad adottare per rientrare in possesso di un bene demaniale abusivamente detenuto da un privato (cfr. T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 15/5/2024, n. 3135; T.A.R. Liguria Genova, Sez. I, 8/7/2019, n. 601).
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TAR Sicilia, Palermo, Sez. V, 30 gennaio 2025, n. 255
Per le opere realizzare abusivamente su terreno del demanio o del patrimonio di enti pubblici non è ammesso l’accertamento di conformità ex art. 36, T.U. e l’ingiunzione di demolizione è la sola sanzione prevista, che consegue in termini vincolati alla realizzazione dell’abuso. A tal proposito si è affermato in giurisprudenza (T.A.R. Piemonte Torino, Sez. II, Sent., 17/03/2020, n. 199): “l'art. 14, L. n. 47 del 1985, al pari dell'analogo disposto dell'art. 35, D.L. vo n. -OMISSIS-0 del 2001 con riferimento a tutte le opere realizzate "sine titulo" su aree e terreni di proprietà pubblica (Stato e enti pubblici in genere) prevede come unico provvedimento sanzionatorio - salvo che per quelli realizzati dai soggetti di cui rispettivamente all'art. 5, L. n. 47 del 1985 e all'art. 28, D.P.R. n. -OMISSIS-0 del 2001 - l'adozione dell'ordinanza di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi. L'ordinanza di demolizione e di ripristino se, da un lato, si configura come unico e doveroso provvedimento sanzionatorio, dall'altro, costituisce circostanza idonea ad escludere "in radice" non solo ogni possibilità di sanatoria, ma anche la stessa sussistenza dell'obbligo di provvedere su tale istanza, in quanto manifestamente inammissibile e infondata. Pertanto, in relazione all'edificazione "contra legem", su suolo di proprietà pubblica, la sanzione demolitoria è l'unica applicabile stante il regime pubblicistico del suolo (T.A.R. Campania, sez, VII, 10.10.2014, n. 5261)”.
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Consiglio di Stato, Sez. V, 31 gennaio 2025, n. 781
[ I ] Il giudizio per revocazione si articola in due fasi: quella rescindente, volta a verificare se il ricorso è ammissibile e se sussiste una delle cause legali tipiche di revocazione (in caso di positivo riscontro, la sentenza viene rescissa, ossia revocata); quella rescissoria, meramente eventuale, che consegue ad una pronuncia (necessariamente positiva) circa la sussistenza della causa di revocazione invocata; in questa seconda fase viene in rilievo l'obbligo per il giudice di rinnovare il giudizio, emendandolo del vizio o dei vizi che avevano afflitto quello precedente” (C.d.S, V, 30.4.2024, n. 3920). [ II ] La qualificazione della cremazione quale servizio pubblico comporta l’assoggettamento (anche) alle successive modifiche legislative che hanno inserito il servizio tra quelli di rilevanza economica e a domanda individuale e lo hanno normativamente incluso tra i servizi pubblici locali (art. 6, comma 2, della legge 30 marzo 2001, n. 130: «La gestione dei crematori spetta ai comuni, che la esercitano attraverso una delle forme previste dall'articolo 113 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267»); e (con le previsioni di cui all’art. 34, commi 20 e 21, del decreto-legge n. 179 del 2012 e dell’art. 13 del decreto-legge n. 150 del 2011, citati) hanno imposto che per i servizi affidati a terzi senza gara – previa l’eventuale applicazione della norma di cessazione ex lege degli affidamenti diretti - l’amministrazione proceda all’affidamento mediante l’indizione di una gara a evidenza pubblica (salvo il pagamento del valore residuo degli impianti di proprietà del concessionario, come del resto deciso dal Comune di Torino che – come già segnalato – ha avviato un procedimento connesso diretto a determinare l’importo da riconoscere a Socrem).
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Corte di Cassazione, Sez III civ. 29 novembre 2023, n. 33276
Le relazioni familiari godono di tutela costituzionale (artt. 29 e 30 Cost.) e secondo la sensibilità comune la partecipazione alle esequie del proprio padre defunto costituisce evento necessariamente unico ed irripetibile, tale da scandire il momento del saluto e della consapevolezza della perdita subita. Pertanto, la sussistenza di forzati impedimenti, causati dall'altrui inadempimento, alla partecipazione ad un evento siffatto può ragionevolmente essere collocata nell'ambito della soglia della risarcibilità imposta dal diritto vivente, non potendo essere relegata sic et simpliciter, senza alcun apprezzamento da parte del giudice di merito, nell'ambito del pregiudizio bagattellare.
Art. 29 e 30 Cost., e art. 2059 c.c. -
TAR Veneto, Sez. I, 21 gennaio 2025, n. 99
Secondo la ricostruzione interpretativa formulata dal Consiglio di Stato in tema di regime applicabile alle concessioni cimiteriali perpetue rilasciate fino al 9 febbraio 1976, i predetti rapporti perpetui sono assoggettati ai principi generali ormai consolidatisi in materia di concessioni amministrative, per i quali non è ammesso l’utilizzo sine die del suolo pubblico, con la conseguenza che gli stessi possono essere incisi dall’esercizio del potere di autotutela teso a trasformarli in rapporti temporanei: ciò con il limite dell’efficacia non retroattiva di tale conversione, sicché il Comune può modificare unilateralmente, con un proprio regolamento di polizia mortuaria, i rapporti concessori in essere, disponendone la trasformazione da perpetui a temporanei, ma gli effetti di tale modifica decorrono dal momento dell’entrata in vigore del medesimo atto regolamentare: detta conclusione si impone alla luce del principio generale del divieto di retroattività di normativa sfavorevole, nonché del principio di tutela dell’affidamento del cittadino nei confronti dell’attività della Pubblica Amministrazione.
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Corte di Cassazione, Sez. II Civ., 18 gennaio 2025, ord. n. 1245
Nel verbale di avvenuto confezionamento di feretro l'omessa indicazione delle procedure di chiusura e confezionamento feretro e dell'operazione eseguita con riferimento al tipo di trasporto e destinazione del cadavere», e consiste nella violazione di quanto prescritto dalle disposizioni nazionali (artt. 30 e 77 Regolamento Polizia Mortuaria, nonè della legislazione regionale applicabile).
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Corte di Cassazione, Sez. III Civ., 7 gennaio 2025, ord. n. 190
La Corte di Cassazione ha già avuto modo di affermare che “Nel sepolcro ereditario lo "ius sepulchri" si trasmette nei modi ordinari, per atto "inter vivos" o "mortis causa", come qualsiasi altro diritto, dall'originario titolare anche a persone non facenti parte della famiglia, mentre nel sepolcro gentilizio o familiare - tale dovendosi presumere il sepolcro, in caso di dubbio - lo "ius sepulchri" è attribuito, in base alla volontà del testatore, in stretto riferimento alla cerchia dei familiari destinatari del sepolcro stesso, acquistandosi dal singolo "iure proprio" sin dalla nascita, per il solo fatto di trovarsi col fondatore nel rapporto previsto dall'atto di fondazione o dalle regole consuetudinarie, "iure sanguinis" e non "iure successionis", e determinando una particolare forma di comunione fra contitolari, caratterizzata da intrasmissibilità del diritto, per atto tra vivi o "mortis causa", imprescrittibilità e irrinunciabilità. Tale diritto di sepolcro si trasforma da familiare in ereditario con la morte dell'ultimo superstite della cerchia dei familiari designati dal fondatore, rimanendo soggetto, per l'ulteriore trasferimento, alle ordinarie regole della successione "mortis causa". (v. Cass., n. 12957/2000; Cass., n. 700/2012).