Consiglio di Stato, Sez. VI, 15 marzo 2021, n. 2209
Pubblicato il 15/03/2021
N. 02209/2021REG.PROV.COLL.
N. 06428/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6428 del 2020, proposto da
Matteo D., Lisa D., rappresentati e difesi dall’avvocato Salvatore Bonadies, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Bisceglie, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gabriele Bavaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini n. 30;
per la riforma
della sentenza breve del TAR Puglia, sez. II, n. 1034/2020, resa tra le parti e concernente lìordine di demolizione di opere edilizie abusive;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Bisceglie;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 marzo 2021 il Cons. Davide Ponte;
L’udienza si svolge ai sensi degli artt. 25 del Decreto Legge 137 del 28 ottobre 2020 e 4 comma 1, Decreto Legge 28 del 30 aprile 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con l’appello in esame l’odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 1034 del 2020 con cui il Tar Bari aveva respinto l’originario gravame, proposto dalla medesima parte istante al fine di ottenere l’annullamento dell’ordine di demolizione n. 00280 del 12 dicembre 2019, notificata in data 28 gennaio 2020, avente ad oggetto un manufatto in legno con struttura prefabbricata sulla particella n. 1523, foglio 2 del Comune di Bisceglie alla via delle Libertà, 25.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava, avverso la sentenza di rigetto, i seguenti motivi di appello:
– omessa pronuncia sul punto del mancato adempimento da parte del Comune di Bisceglie all’ordine di esibire i documenti sollecitati nel termine fissato dal Collegio;
– violazione dell’art. 10 bis l. 241 del 1990 e motivazione contraddittoria;
– violazione dell’art. 31, D.P.R. n. 380/2001, dell’art. 97 Cost., del principio di buon andamento, proporzionalità e tutela del legittimo affidamento, nonché diversi profili di eccesso di potere, in quanto, a seguito della sentenza n. 1148/12 del Tar Puglia che aveva dichiarato cessata la materia del contendere a seguito della dichiarazione espressa da parte del Comune di Bisceglie , il quale esprimeva la volontà di procedere al recupero della zona, come richiesto dai ricorrenti, salvaguardando l’edificato esistente, nulla si è verificato.
La parte appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
Con ordinanza n. 5783 del 2020 veniva accolta la domanda cautelare di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata in relazione al periculum in mora.
Alla pubblica udienza dell’11 marzo 2021, in vista della quale le parti depositavano memorie, la causa passava in decisione.
DIRITTO
1. La presente controversia ha ad oggetto l’impugnazione dell’ordine di demolizione di cui alla narrativa in fatto, respinta dalla sentenza di prime cure qui impugnata.
2. Dall’analisi degli atti di causa emerge come gli odierni appellanti, avessero presentato in data 10 dicembre 2004 al Comune di Bisceglie istanza di condono edilizio per avere realizzato sine titulo una “struttura prefabbricata in legno ad uso residenziale” sulla particella n. 1523, foglio 2, del Comune di Bisceglie alla Via delle Libertà, 25, all’interno della fascia di rispetto cimiteriale.
Con nota prot. n 45569 del 7 novembre 2006 il Comune comunicava il “diniego al rilascio del permesso di costruire in sanatoria”; seguiva l’adozione della conseguente ordinanza demolitoria, 3 luglio 2007 n. 235.
Impugnati gli atti dinanzi al Tar Bari, il relativo giudizio si concludeva con sentenza n. 1148 del 2012, declaratoria dell’improcedibilità del ricorso per “sopravvenuto difetto d’interesse” per il fatto che il Comune aveva dichiarato in giudizio un’eventuale “recupero della zona… con mantenimento dell’edificato esistente …”.
Successivamente, in assenza della redazione di alcun piano di recupero, il Comune adottava l’ordinanza del 12 dicembre 2019, recante nuova ingiunzione alla demolizione del manufatto in questione.
3. Così riassunta la fattispecie, l’appello non è suscettibile di accoglimento.
4. Prima facie infondato è il primo ordine di motivi.
4.1 Infatti, a fronte dell’ordinanza istruttoria del Tar, del 15 maggio 2020 n. 682, il Comune (non costituito in prime cure) depositava la relativa documentazione in data 30 giugno 2020, quindi alcuni giorni oltre il termine di trenta giorni indicato in ordinanza. Alla camera di consiglio del 7 luglio 2020, previo il dovuto avviso al difensore della parte ricorrente costituita che nulla osservava, veniva adottata la sentenza in forma semplificata, oggetto del presente appello.
4.2 Orbene, in proposito assumono rilievo dirimente la natura ordinatoria del termine per l’adempimento istruttorio e l’assenza di qualsiasi opposizione alla paventata decisione semplificata ai sensi dell’art. 60 cod proc amm, elementi evidenti per escludere la violazione del contraddittorio ovvero delle possibilità difensive.
In materia va ribadito che nel processo amministrativo i termini fissati per gli adempimenti istruttori, a differenza di quelli del processo civile, sono considerati meramente ordinatori, per cui la relativa inosservanza non comporta decadenze o preclusioni (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. V, 14 gennaio 2019, n. 282). Inoltre, come noto, la mancata opposizione delle parti costituite in giudizio circa la possibilità di definire immediatamente il ricorso con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 cit., inibisce ad esse di censurare in appello tale scelta del Collegio giudicante (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. V, 21 luglio 2015, n. 3610).
5. Parimenti infondato è il secondo motivo, concernente la presunta violazione dell’art. 10 bis cit.
5.1 Infatti, l’adozione di un provvedimento sanzionatorio e demolitorio costituisce esercizio di un potere ex officio, cui non è applicabile la norma invocata, relativa ai procedimenti ad istanza di parte. Né l’eventuale richiamo al precedente diniego di condono, oggetto della predetta statuizione giurisdizionale di improcedibilità – neppure impugnata e, conseguentemente, divenuta cosa giudicata -, poteva comportare il mutamento della natura del procedimento sanzionatorio in oggetto.
5.2 Più in generale, rispetto alle invocate garanzie partecipative, va ribadito che, stante la natura vincolata, il provvedimento di demolizione non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 30 novembre 2020, n. 7525).
6. Infine, il pacifico carattere abusivo del manufatto e la collocazione nell’ambito della fascia di rispetto cimiteriale, escludono in radice la sussistenza degli invocati presupposti di affidamento, di cui al terzo motivo di appello.
6.1 Dinanzi ad una non contestata pronuncia di improcedibilità, pur se fondata su presupposti in parte ipotetici, non emergono elementi tali a mutare il consolidato orientamento a mente del quale in materia di abusi edilizi, l’amministrazione pubblica anche a distanza di tempo, ha l’obbligo di adottare l’ordine di demolizione per il solo fatto di aver riscontrato l’esistenza di opere abusive non essendo, di conseguenza, prospettabile un legittimo affidamento nel proprietario il quale non può dolersi dell’eventuale ritardo con cui l’amministrazione abbia emanato il provvedimento (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 29 dicembre 2020 , n. 8501).
6.2 Ciò a maggior ragione in relazione alla natura dell’area interessata. Come noto, infatti, il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici; esso ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale; il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica e si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. IV, 01/12/2020 , n. 7617).
6.3 Nel caso di specie, il carattere officioso ed eccezionale della possibile delibera consiliare di deroga ex art. 28 l. 266 del 2002, esclude in radice il sorgere di specifici affidamenti. Va pertanto condivisa la conclusione della sentenza impugnata, laddove evidenzia che “in mancanza dell’adozione della delibera comunale prevista dal menzionato art. 28 della legge n. 166/2002, il vincolo cimiteriale non è assolutamente superabile e la struttura in esame resta abusiva”.
7. Sussistono giusti motivi, a fronte della precedente declaratoria di improcedibilità, per compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2021 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro, Presidente
Diego Sabatino, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE (Davide Ponte)
IL PRESIDENTE (Sergio Santoro)
IL SEGRETARIO