Consiglio di Stato, Sez. VI, 11 dicembre 2023, n. 10683

TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Art. 92 d.P.R. 10/9/1990, n. 285

Massima

Il Regolamento comunale di polizia mortuaria, nel sancire la decadenza dalla concessione del suolo in caso di realizzazione di un manufatto funebre in difformità sostanziale rispetto al titolo abilitativo, è coerente con la previsione dell’art. 92 comma 3 del d.p.r. 285/1990 che assegna ai comuni un’ampia discrezionalità dell’imposizione di obblighi ai concessionari, tra cui quello di costruire la sepoltura entro un tempo determinato a pena di decadenza dalla concessione. Non è revocabile in dubbio, peraltro, che tra gli obblighi del concessionario vi sia anche quello di realizzare le opere legittimamente, ossia solo previo rilascio del titolo autorizzativo, al pari di quanto accade per qualsiasi intervento edilizio. Quanto all’asserito automatismo dell’effetto decadenziale, quest’ultimo è espressamente previsto dalla disposzione del Recolamento comunale di polizia mortuaria ai sensi del quale “la realizzazione di un manufatto funebre in difformità sostanziale dal permesso di costruire comporta […] la decadenza della concessione del suolo […]”. Come chiarito da questo Consiglio di Stato in una controversia analoga entrambe le disposizioni comminano tale sanzione anche in caso di semplice difformità dei lavori realizzati dall’autorizzazione edilizia rilasciata, per cui la decadenza non può che conseguire anche alla più grave ipotesi di lavori del tutto privi di autorizzazione (Cons. Stato sez. V 26/09/2014 n. 4831), trattandosi di variazioni essenziali per i quali è necessario il permesso di costruire ai sensi dell’art. 29 del regolamento. Per tali ragioni, legittimamente l’amministrazione, una volta accertata la realizzazione degli interventi abusivi in violazione degli obblighi imposti al concessionario, ha disposto la decadenza che si configura come atto dovuto e vincolato per espressa disposizione di legge.

Testo

Consiglio di Stato, Sez. VI, 11 dicembre 2023, n. 10683

Pubblicato il 11/12/2023
N. 10683/2023REG.PROV.COLL.
N. 06067/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6067 del 2020, proposto da
Felice V., rappresentato e difeso dagli avvocati Alberto Saggiomo, Maria Caprioli e Riccardo Guarino, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Andreottola, Anna Ivana Furnari e Andrea Camarda, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luca Leone in Roma, via Appennini 46;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (sezione sesta) n. 05540/2019, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 4 dicembre 2023 il Cons. Carmelina Addesso;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il signor Felice V. ha impugnato la sentenza in epigrafe indicata che ha respinto il ricorso per l’annullamento del provvedimento n. 79 del 4 novembre 2013 avente ad oggetto la revoca della concessione di suolo e l’acquisizione al patrimonio comunale del piano ipogeo del manufatto funerario sito nel cimitero di Poggioreale, zona ampliamento F, viale Monumentale.
1.1 Espone in fatto l’appellante di aver ha acquistato la cappella per cui è causa, legittimamente edificata sulla base della concessione comunale n. 28556 del 5 maggio 1978, in data 23 giugno 2005 e di aver ricevuto la contestazione degli abusi edilizi consistenti nella realizzazione di “15 loculi in più nel piano ipogeo in difformità dall’originaria concessione di n. 6 loculi”, con l’invito a produrre istanza di legittimazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 8 del P.U.A. (Piano Urbanistico Attuativo) di Poggioreale. A tale contestazione faceva seguito l’ordinanza dirigenziale n. 79 del 4 novembre 2013 di revoca/decadenza dalla concessione cimiteriale, impugnata con ricorso al TAR.
1.2 Il TAR adito respingeva il ricorso, ritenendo legittima l’ordinanza impugnata per la natura abusiva delle opere realizzate e per l’inapplicabilità della sanatoria prevista dall’art. 8 P.U.A.
2. L’originario ricorrente impugna la sentenza di primo grado, chiedendone la riforma per le seguenti ragioni:
1) erroneità della sentenza per intrinseca illogicità della motivazione; violazione e falsa applicazione dell’art. 8 NTA del Piano urbanistico attuativo P.co Cimiteriale di Poggioreale; omesso accertamento circa la sanabilità delle opere; errata applicazione dell’onere/riparto della prova; omesso esame di punto decisivo della controversia;
2) Erroneità della sentenza per intrinseca illogicità della motivazione; violazione e falsa applicazione dell’art. 8 NTA del Piano urbanistico attuativo p.co Cimiteriale di Poggioreale; omesso accertamento circa la sanabilità delle opere; omessa CTU; falsa applicazione del principio dispositivo con metodo acquisitivo; omesso esame di punto decisivo della controversia;
3) Erroneità della sentenza per violazione dell’art. 48 comma 3 del Regolamento comunale di Napoli n. 11/2006; insussistenza del potere vincolato; violazione e falsa applicazione dell’art. 91 comma 3 DPR 285/1992.
3. In data 27 agosto 2020 si è costituito il Comune di Napoli, chiedendo la reiezione del gravame.
4. All’udienza di smaltimento del 4 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
5. Con i primi due motivi di appello, che possono essere trattati congiuntamente in quanto tra loro connessi, l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha escluso per le opere in questione la sanatoria prevista dall’art. 8 delle NTA del piano urbanistico attuativo del parco cimiteriale di Poggioreale, ritenendo che il ricorrente non avesse provato l’anteriorità delle opere al 2002. Deduce che, in relazione ad opere risalenti nel tempo e in presenza di un principio di prova offerto da parte ricorrente, l’onere probatorio pieno circa la consistenza e la datazione degli abusi non può che ricadere sull’Amministrazione, in quanto diversamente opinando si imporrebbe al privato una vera e propria “probatio diabolica”. La sentenza è, inoltre, illegittima perché ha omesso ogni accertamento ulteriore, nonostante le argomentazioni tecniche contenute nella perizia giurata presentata dal ricorrente.
6. I motivi sono infondati.
6.1 L’art. 8 comma 3 delle NTA del piano urbanistico attuativo del parco cimiteriale di Poggioreale prevede una specifica ipotesi di “sanatoria” per gli abusi commessi antecedentemente alla levata cartografica del 2002 del Piano Regolatore Generale Cimiteriale.
6.2 L’appellante non ha dimostrato che gli abusi rilevati, consistenti nella realizzazione di quindici loculi rispetto ai sei previsti nel progetto originario, fossero antecedenti all’anno 2002.
6.3 La documentazione versata in atti non assume, infatti, quella valenza di principio di prova che il ricorrente gli assegna.
6.4 A tal fine, del tutto inidonee sono le perizie tecniche allegate al ricorso di primo grado (allegati n.ri 2 e 7) poiché la perizia a firma del Geom. Damiano (allegata all’istanza di sanatoria ex art. 8 PUA) si limita ad attestare l’avvenuta costruzione di quindici loculi rispetto ai sei previsti dal progetto originario, mentre la perizia a firma del Geom. B. reca una mera analisi dei materiali di cui è composta, nelle sue varie parti, la cappella gentilizia (muratura esterna, solaio, portale, rivestimenti delle lapidi e delle fasce verticali e orizzontali), elementi dai quali nulla è dato inferire in relazione all’epoca di realizzazione dei loculi.
6.5 Quanto alla dichiarazione resa dal dante causa del ricorrente, sig. D. Vincenzo (allegata all’istanza di sanatoria: doc. n. 2 del ricorso di primo grado), l’efficacia probatoria è esclusa dalla genericità della stessa poiché il dichiarante si limita a negare l’esistenza di difformità edilizie rispetto al proprio ricordo del piano ipogeo e del piano altare. Le circostanze dichiarate, inoltre, sono smentite dall’atto vendita, ove si precisa che l’edicola funeraria è stata realizzata sulla base della concessione edilizia n. 28556 del 5 maggio 1978 e in conformità con il progetto approvato dalla commissione edilizia in data 12.10.1977 (art. 7 dell’atto di compravendita rep. 15368 del 6/12/05, pag. 9, allegato alla memoria di primo grado del Comune), sicché dall’atto di vendita risultano unicamente i sei loculi del progetto originario.
6.6 Si devono, quindi, condividere le conclusioni a cui è pervenuta la sentenza impugnata in ordine alla mancata prova, ad opera del ricorrente, che le difformità siano state interamente realizzate prima dell’anno 2002.
6.7 Per giurisprudenza consolidata, l’onere della prova dell’ultimazione di un’opera edilizia abusiva entro una certa data, allo scopo di dimostrare che essa rientra fra quelle per le quali si può ottenere una sanatoria speciale ovvero fra quelle per cui non era richiesto un titolo ratione temporis, perché realizzate legittimamente senza titolo, incombe in linea generale sul privato a ciò interessato, unico soggetto ad essere nella disponibilità di documenti e di elementi di prova, in grado di dimostrare con ragionevole certezza l’epoca di realizzazione del manufatto (Consiglio di Stato sez. VII 24/03/2023 n. 30111; VI, 12/10/2020, n.6112; sez. VII 7 agosto 2023 n. 7628; id. 30 marzo 2023, n. 3304; sez. VI, 18 maggio 2021, n. 3853).
6.8 La prova deve essere rigorosa e fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi, dovendosi negare ogni rilevanza a dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o a semplici dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 20 aprile 2020 n. 2524, sez. VI, 4 marzo 2019 n. 1476, 9 luglio 2018 n. 4168 e 30 marzo 2018 n. 2020). Poiché, inoltre, l’attività edificatoria è suscettibile di puntuale documentazione, i principi di prova oggettivi concernenti la collocazione dei manufatti tanto nello spazio, quanto nel tempo, si rinvengono nei ruderi, fondamenta, aerofotogrammetrie, mappe catastali, laddove la prova per testimoni è del tutto residuale con la conseguenza che nelle controversie in materia edilizia la prova testimoniale, soltanto scritta peraltro, è del tutto recessiva a fronte di prove oggettive concernenti la collocazione dei manufatti tanto nello spazio quanto nel tempo (Cons. Stato, Sez. VI, 3 gennaio 2022 n. 4).
6.9 Nel caso di specie gli elementi forniti, che si pongono in contrasto con quanto emergente dall’atto di compravendita, non rivestono valenza nemmeno indiziaria in ordine all’epoca di realizzazione delle opere e non sono sufficienti per ritenere assolto l’onere della prova che, come chiarito dalla giurisprudenza sopra richiamata, grava in ogni caso su chi richiede la sanatoria.
6.10 Quanto sopra osservato determina la reiezione anche della censura relativa alla mancata nomina, da parte del giudice di primo grado, del consulente tecnico per l’accertamento dell’epoca di realizzazione dei loculi poiché i poteri istruttori del giudice non possono essere invocati dalla parte come esimente dall’onere della prova su di essa incombente.
6.11 I primi due motivi di appello devono, pertanto, essere respinti in quanto infondati.
7. Con il terzo motivo d’appello è censurata la parte della sentenza di primo grado che ha escluso l’illegittimità del regolamento cimiteriale perché in contrasto con la normativa nazionale. Deduce, in particolare, l’appellante che l’art. 49 comma 3 del regolamento 11/2006, nel ricondurre la decadenza dell’autorizzazione alla generica mancanza o difformità dell’opera rispetto al permesso di costruire, diverge dalla previsione dell’art. 92 d.p.r. 285/92 per la mancata specificazione degli obblighi (violati) da parte del beneficiario dell’autorizzazione. La sentenza è, infine, erronea anche laddove afferma che la decadenza è un atto dovuto senza che tale doverosità dell’effetto decadenziale sia prevista dall’art. 49 comma 3 del regolamento.
7.1 Il motivo è manifestamente infondato.
7.2 Il Regolamento di polizia mortuaria n. 11/2006, nel sancire la decadenza dalla concessione del suolo in caso di realizzazione di un manufatto funebre in difformità sostanziale rispetto al titolo abilitativo, è coerente con la previsione dell’art. 92 comma 3 del d.p.r. 285/1990 che assegna ai comuni un’ampia discrezionalità dell’imposizione di obblighi ai concessionari, tra cui quello di costruire la sepoltura entro un tempo determinato a pena di decadenza dalla concessione.
7.3 Non è revocabile in dubbio, peraltro, che tra gli obblighi del concessionario vi sia anche quello di realizzare le opere legittimamente, ossia solo previo rilascio del titolo autorizzativo, al pari di quanto accade per qualsiasi intervento edilizio.
7.4 Quanto all’asserito automatismo dell’effetto decadenziale, quest’ultimo è, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, espressamente previsto dal citato art. 49 comma 3 del regolamento, ai sensi del quale “la realizzazione di un manufatto funebre in difformità sostanziale dal permesso di costruire comporta […] la decadenza della concessione del suolo […]”.
7.5 Come chiarito da questo Consiglio di Stato in una controversia analoga a quella in esame e relativa al medesimo appellante, l’art. 49, terzo comma, del regolamento comunale di polizia mortuaria e l’art. 92 del d.p.r. 285/1992 comminano tale sanzione anche in caso di semplice difformità dei lavori realizzati dall’autorizzazione edilizia rilasciata, per cui la decadenza non può che conseguire anche alla più grave ipotesi di lavori del tutto privi di autorizzazione (Cons. Stato sez. V 26/09/2014 n. 4831), come quelli per cui è causa, trattandosi di variazioni essenziali per i quali è necessario il permesso di costruire ai sensi dell’art. 29 del regolamento.
7.6 Per tali ragioni, legittimamente l’amministrazione, una volta accertata la realizzazione degli interventi abusivi in violazione degli obblighi imposti al concessionario (cfr. pag. 2 della concessione che richiama espressamente il regolamento di polizia mortuaria), ha disposto la decadenza che si configura come atto dovuto e vincolato per espressa disposizione di legge, come osservato dal TAR.
8. Alla luce delle sopra esposte considerazioni, l’appello deve essere respinto.
9. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte appellante al pagamento in favore del Comune di Napoli delle spese del presente grado di giudizio che si liquidano in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre a spese generali e accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2023, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, con l’intervento dei magistrati:
Dario Simeoli, Presidente FF
Giordano Lamberti, Consigliere
Raffaello Sestini, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere
Carmelina Addesso, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE (Carmelina Addesso)
IL PRESIDENTE (Dario Simeoli)
IL SEGRETARIO