Consiglio di Stato, Sez. V, 3 gennaio 2024, n. 110

TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Art. 92 d.P.R. 10/9/1990, n. 285

Massima

Premesso che la normativa regolamentare nazionale debba prevalere su quella locale che, prevedendo a diversi fini l’alienabilità delle concessioni cimiteriali, va disapplicata in quanto non più efficace, il diritto al sepolcro è un istituto complesso, scomponibile in più fattispecie. Come di recente chiarito da questo Consiglio di Stato, “Si distingue anzitutto un diritto primario al sepolcro, inteso come diritto ad essere seppellito ovvero a seppellire altri in un determinato sepolcro, diritto distinto a sua volta in sepolcro ereditario e sepolcro familiare o gentilizio. Si distingue ancora un diritto sul sepolcro, inteso in senso stretto, ovvero come diritto sul manufatto che accoglie le salme. Si distingue infine, come accessorio dei due precedenti, un diritto secondario al sepolcro inteso come diritto di accedervi fisicamente e di opporsi ad ogni atto che vi rechi oltraggio o pregiudizio. In particolare, per la distinzione fra diritto primario al sepolcro e diritto sul manufatto, si vedano per tutte la motivazione di Cass. civ. sez. III 15 settembre 1997 n.9190, nonché, più di recente, per implicito C.d.S. sez. V 11 dicembre 2014 n.6108” (Consiglio di Stato, se. V, 1 febbraio 2021, n. 935 e cfr, ex multis, Cons. di Stato, sez. V, 11 dicembre 2014, n. 6113). Allorquando vi sia dichiarazione di decadenza motivata sullo stato di abbandono di una cappella fubneraria, non è la questione se la concessione fosse commerciabile o meno, quanto il fatto se la stessa, nella quale sono subentrati gli eredi legittimi dell'originario concessionario, potesse essere revocata per tali motivi, ragione per cui un tale provvedimento va riconosciuto legittimo.

Testo

Consiglio di Stato, Sez. V, 3 gennaio 2024, n. 110

Pubblicato il 03/01/2024
N. 00110/2024REG.PROV.COLL.
N. 06598/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6598 del 2019, proposto da
Arcangelo G., Rosa C., rappresentati e difesi dagli avvocati Giuseppe Macino, Maurizio Romolo e Gabriella Ruggiero, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Cittanova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Leonardo Iamundo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Angela Rita Sk., non costituita in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria sezione staccata di Reggio Calabria n. 00299/2019, resa tra le parti,
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Cittanova;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 24 ottobre 2023 il Cons. Roberta Ravasio e uditi per le parti gli avvocati Romolo M. e Iamundo L.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.Nella parte vecchia del cimitero Comunale di Civitanova, addossata al muro perimetrale di levante, è ubicata la cappella funeraria costruita nell’anno 1920 intestata alla famiglia di Alfredo S., deceduto in Roma il 24 gennaio 1942.
2.Sk. Iusuf, quale unico erede dell’originario concessionario della cappella funeraria, con rogito notarile del 19 giungo 2017, n. rep. 104728, vendeva la cappella ai signori Arcangelo G. e Rosa C., al prezzo di 10.000,00 euro.
3.Con nota n. 7281 del 15 maggio 2018 il Responsabile del Settore di Pianificazione del Territorio e Manutenzione comunicava l’avvio del procedimento di decadenza della concessione della cappella nei confronti di Sk. Iusuf e Sk. Angela Rita, famigliari superstiti del defunto Alfredo S.
4. Il procedimento si concludeva con la determinazione n. 123 del 30 agosto 2018 , che dichiarava la decadenza dei signori Sk. dalla concessione relativa alla cappella cimiteriale, per gravi violazioni del rapporto di concessione e del regolamento di polizia mortuaria, in relazione al fatto che la avvenuta compravendita della cappella, scopo di lucro, costituiva comportamento incompatibile con la volontà di mantenere il rapporto concessorio, ed anche perché lo stato di incuria in cui versava la cappella metteva a rischio l’incolumità delle persone; nel provvedimento si dava atto che erano pervenute osservazioni anche dagli acquirenti della cappella, che però risultavano inidonee a determinare una diversa decisione, stante che gli stessi, pur non essendo titolari di alcuna concessione, avevano dato corso a opere edilizie non assistite da permesso di costruire, e in violazione della normativa antisismica, le quali avevano lasciato la cappella in stato di abbandono e “ai limiti del vilipendio”; il provvedimento si concludeva con l’ordine, ai signori Sk., di ripristinare le condizioni di sicurezza, salubrità e decoro della cappella, nonché di dare adeguata sepoltura ai resti mortali che ivi erano giacenti prima dell’intervento edilizio abusivo.
5. La determinazione veniva notificata a Sk. Angela Rita, rimasta estranea all’atto di compravendita, in proprio e nella riferita qualità di erede del defunto Sk. Iusuf, nonché al custode del cimitero, con ordine di pubblicazione nell’Albo comunale. Con PEC del 10 settembre 2018 la determinazione veniva notificata anche ad Arcangelo G. e Rosa C.
6. Con provvedimento del 19 ottobre 2018 l’amministrazione negava ai signori G. e C. l’accesso agli atti relativi al procedimento di decadenza della concessione, a motivo del fatto che gli stessi non risultavano aver “richiesto e ottenuto dal Comune di Civitanova il riconoscimento di un diritto di proprietà sulla cappella insistente nel demanio cimiteriale, e non risultando richiesta o rilascio a loro nome di voltura della concessione”.
7. Avverso la comunicazione di avvio del procedimento, il diniego di accesso agli atti e la determinazione di decadenza della concessione Arcangelo G. e Rosa C. proponevano ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, fondato sui seguenti motivi:
– la cappella era/è soggetta al regime delle concessioni perpetue anteriori al 1975, il quale ne consentiva la trasferibilità con atto tra privati; in particolare, i ricorrenti asserivano che l’art. 100 del Regio Decreto del 25 luglio 1892, il d.P.R. n. 803/1975 e l’art. 82 del regolamento del Comune di polizia mortuaria del Comune di Civitanova del 20 ottobre 1997 consentivano la commerciabilità del manufatto;
– lo stato di abbandono della cappella era imputabile al Comune, in quanto, una volta autorizzato l’inizio dei lavori, l’amministrazione ne avrebbe impedito la prosecuzione, denunciando la commissione di abusi edilizi poi rivelatisi insussistenti all’esito del giudizio penale (sentenza del Tribunale Civile di Palmi, passata in giudicato il 7 marzo 2017); la stessa efficacia dell’ordine di demolizione, confermata in un primo momento dal TAR, veniva sospesa dal Consiglio di Stato n. 210 del 2015;
– l’azione amministrativa era viziata da sviamento di potere, in quanto mossa da fini politici e connotata da profili di ostilità, come dimostrato dal rifiuto opposto all’istanza di accesso agli atti.
8. Il Comune si costituiva in giudizio, eccependo l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva e, nel merito, l’infondatezza del ricorso.
9. Nelle more, in attuazione del provvedimento di decadenza, il Comune di Civitanova adottava, in data 16 dicembre 2018, determinazione di immissione nel possesso della cappella cimiterialee, avverso la quale veniva proposto ricorso per motivi aggiunti, con il quale venivano articolate plurime censure (violazione degli artt.82,52 e 86 del regolamento di polizia mortuaria comunale e artt. 63 e 104 d.P.R. n.285/90), riconducibili in via derivata al provvedimento di decadenza della concessione cimiteriale.
10. Il Comune, con memoria depositata il 15 marzo 2019, resisteva anche sul ricorso per motivi aggiunti, invocandone l’irricevibilità, inammissibilità e, nel merito, l’infondatezza.
11. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, con sentenza n. 299, pubblicata il 29 aprile 2019, respingeva il ricorso e i motivi aggiunti, ritenendo infondato e assorbente il primo motivo proposto con il ricorso principale.
11.1. In sintesi, il giudice di prime cure, rigettata l’eccezione di difetto di legittimazione attiva sollevata dal Comune, rilevava come la normativa in materia fosse/sia chiara nel vietare gli atti giuridici aventi per effetto la cessione dello ius sepulchri senza una previa autorizzazione da parte del Comune (art. 824 cod. civ.; d.P.R. n. 803 del 1975; art. 93 del d.P.R. n. 285 del 1990): secondo il TAR, essendo il cimitero bene appartenente al demanio comunale, la cessione del diritto di sepolcro e sul sepolcro va considerata come voltura di concessione demaniale, sottoposta alla previa autorizzazione amministrativa.
11.2. Ciò detto, il giudice di primo grado evidenziava come i ricorrenti avessero acquistato la cappella quando era da tempo vigente la normativa nazionale che ne vieta la concessione tra privati e, trattandosi di rapporto di durata, non può che essere soggetta alle norme di legge e di regolamento successive.
11.3. Da ultimo, il TAR rilevava come la normativa regolamentare nazionale debba prevalere su quella locale che, prevedendo a diversi fini l’alienabilità delle concessioni cimiteriali, va disapplicata in quanto non più efficace.
12. I signori Arcangelo G. e Rosa C. hanno proposto appello.
13. Nel giudizio si è costituito il Comune di Civitanova, contestando l’avverso dedotto ed insistendo per la reiezione del gravame; in subordine, ha proposto appello incidentale avverso la statuizione del capo 11 della sentenza, con cui è stata rigettata l’eccezione di difetto di legittimazione attiva e di interesse al ricorso, domandando al giudice di dichiarare l’inammissibilità del ricorso introduttivo.
14. All’udienza straordinaria del 24 ottobre 2024 i difensori degli appellanti, ad ulteriore sostegno delle proprie deduzioni, hanno richiamato l’atto di cui all’allegato 7 del ricorso di primo grado del 18.04.2007, sostenendo che la locuzione ivi presente “per uso stipula atto” sarebbe da equipararsi ad un nulla osta al subentro in una concessione demaniale.
15. La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione all’udienza straordinaria del 24 ottobre 2023.
DIRITTO
16. Con il primo motivo di appello, gli appellanti censurano la sentenza gravata nella parte in cui ritiene applicabile alle concessioni cimiteriali rilasciate prima del 1975 le disposizioni dettate dal d.P.R. n. 803 del 1975 e dal d.P.R. n. 285 del 1990, le quali vietano il trasferimento per atto inter vivos delle concessioni cimiteriali, dovendo le medesime concessioni, al contrario, ritenersi assoggettate, quali diritti quesiti, alla disciplina vigente al momento del rilascio.
17. Con il secondo motivo di ricorso gli appellanti censurano la sentenza gravata per errata interpretazione degli artt. 82, 52 e 86 del regolamento Comunale di polizia mortuaria. In particolare, si asserisce che l’art. 82, comma 2 del regolamento citato stabilisce la commerciabilità delle concessioni ante 1975; inoltre, dopo aver richiamato l’intervenuta abrogazione dell’art. 52 del regolamento, gli appellanti affermano che il TAR avrebbe errato anche nel non applicare l’art 86 del regolamento medesimo, il quale stabilisce che le concessioni stipulate continuano ad essere assoggettate al regime giuridico indicato nel medesimo atto concessorio.
18. Con il terzo motivo gli appellanti assumono l’illegittimità del provvedimento impugnato nella parte in cui avrebbe disposto la decadenza della concessione cimiteriale per mancata comunicazione preventiva a terzi del trasferimento, essendo che il citato art. 82 del regolamento di polizia mortuaria prevede, nel caso in cui sia omessa la comunicazione del trasferimento a terzi, la stipula di un nuovo contratto e il pagamento delle tariffe di cui all’art. 52 e non anche una irrimediabile decadenza della concessione.
19. Vengono riproposte, infine, stante la natura devolutiva dell’appello, i motivi assorbiti in primo grado.
20. I motivi d’appello possono essere trattati congiuntamente.
21. Preliminarmente va rammentato che il diritto al sepolcro è un istituto complesso, scomponibile in più fattispecie. Come di recente chiarito da questo Consiglio di Stato, “Si distingue anzitutto un diritto primario al sepolcro, inteso come diritto ad essere seppellito ovvero a seppellire altri in un determinato sepolcro, diritto distinto a sua volta in sepolcro ereditario e sepolcro familiare o gentilizio. Si distingue ancora un diritto sul sepolcro, inteso in senso stretto, ovvero come diritto sul manufatto che accoglie le salme. Si distingue infine, come accessorio dei due precedenti, un diritto secondario al sepolcro inteso come diritto di accedervi fisicamente e di opporsi ad ogni atto che vi rechi oltraggio o pregiudizio. In particolare, per la distinzione fra diritto primario al sepolcro e diritto sul manufatto, si vedano per tutte la motivazione di Cass. civ. sez. III 15 settembre 1997 n.9190, nonché, più di recente, per implicito C.d.S. sez. V 11 dicembre 2014 n.6108” (Consiglio di Stato, se. V, 1 febbraio 2021, n. 935 e cfr, ex multis, Cons. di Stato, sez. V, 11 dicembre 2014, n. 6113).
21.1. E’ stato anche chiarito che:
– “in tema di diritto di sepolcro, dalla concessione amministrativa del terreno demaniale destinato ad area cimiteriale al fine di edificazione di una tomba deriva, in capo al concessionario, un diritto di natura reale sul bene (il cosiddetto diritto di sepolcro), la cui manifestazione è costituita prima dalla edificazione, poi dalla sepoltura. Tale diritto, che afferisce alla sfera strettamente personale del titolare, è, dal punto di vista privatistico, disponibile da parte di quest’ultimo, che può, pertanto, legittimamente trasferirlo a terzi, ovvero associarli nella fondazione della tomba, senza che ciò rilevi nei rapporti con l’ente concedente, il quale può revocare la concessione soltanto per interesse pubblico, ma non anche contestare le modalità di esercizio del diritto de quo, che restano libere e riservate all’autonomia privata” (Cass. civile sez. II – 20/08/2019, n. 21489)
– “Lo “ius sepulchri”, inteso come diritto, spettante al titolare di concessione cimiteriale, ad essere tumulato nel sepolcro, nasce da una concessione demaniale di un’area o di una porzione di edificio in un cimitero pubblico. Tale concessione, di natura traslativa, crea nel privato concessionario un diritto soggettivo perfetto di natura reale, assimilabile al diritto di superficie (suscettibile di trasmissione per atti inter vivos o mortis causa) e perciò opponibile a terzi. Ciò significa che, nei rapporti iure privatorum, la protezione della situazione giuridica è piena, assumendo la fisionomia tipica dei diritti reali assoluti di godimento. Tuttavia, laddove tale facoltà concerna un manufatto costruito su terreno demaniale, lo ius sepulchri comporta posizioni di interesse legittimo nei confronti della pubblica amministrazione nei casi in cui esigenze di pubblico interesse per la tutela dell’ordine e del buon governo del cimitero impongano o consiglino alla pubblica amministrazione di revocare la concessione.” (Consiglio di Stato sez. V, 27/10/2014, n.5296);
– la cessione di un diritto al sepolcro, tanto nel suo contenuto di diritto primario di sepolcro quanto nel suo contenuto di diritto sul manufatto, va in astratto configurata come voltura di concessione demaniale; il subingresso nel rapporto concessorio, come ogni altra modifica del lato soggettivo della concessione, è sottoposto al requisito di efficacia della autorizzazione del concedente, ovvero del Comune (in senso conforme, Cons. Stato, Sez. V, 26 giugno 2012 n. 3739, in Foro amm.-C.d.S., 2012, 6, 1626; T.A.R Campania, Napoli, Sez. VII, 10 febbraio 2014 n. 920, in Foro amm.-T.A.R., 2014, 2, 674);
– come accade per ogni altro tipo di concessione amministrativa di beni o utilità, la posizione giuridica soggettiva del privato titolare della concessione tende a recedere innanzi ai poteri dell’amministrazione in ordine ad una diversa conformazione del rapporto, trattandosi di una posizione soggettiva che trova fonte, se non esclusiva, quanto meno prevalente nel provvedimento di concessione, così che a fronte di successive determinazioni del concedente sussistono posizioni di interesse legittimo.
22. Nel caso di specie viene in considerazione una cappella realizzata all’interno di un’area cimiteriale, che, come tale, è di proprietà demaniale e richiede l’esistenza di una concessione per il relativo utilizzo. In tal senso, la perpetuità della concessione a suo tempo rilasciata al sig. S. non esimeva gli eredi di quest’ultimo dal chiedere al Comune la voltura della concessione a proprio nome, per poter utilizzare direttamente la cappella o per poterla cedere a terzi.
23. I signori Sk., che assumono di essere eredi del sig. S., non hanno mai chiesto la voltura a loro nome della concessione avente ad oggetto la cappella funeraria, né risulta che tale voltura sia stata richiesta dagli odierni appellanti, acquirenti della cappella. Correlativamente il Comune non ha mai consentito alla voltura della concessione a favore del sig. Iusuf Sk., né a favore degli odierni appellanti: a tale proposito va rilevato che la presenza della clausola “per uso stipula atto”, inserita in calce all’attestazione, allegata al rogito, rilasciata dal Comune di Civitanova al fine di certificare la posizione della cappella nel cimitero, non può assolutamente ritenersi equipollente ad una vera e propria autorizzazione al subentro nella concessione demaniale, facendo difetto tutti gli elementi dell’atto di concessione indicati dall’art. 52, comma 8, del regolamento di polizia mortuaria.
24. Ne consegue che quando, il 19 giugno 2007, il sig. Sk. ha alienato la proprietà della cappella agli odierni appellanti, questi non aveva ancora la disponibilità del bene, al qual fine egli avrebbe dovuto richiedere preventivamente la voltura della concessione a proprio favore, venendo in considerazione un bene che può svolgere una sola funzione (tumulazione di salme), per la quale necessita una apposita concessione; il trasferimento della proprietà della cappella a favore dei signori G. e C., correlativamente, non si è mai perfezionato.
25. Ciò premesso va detto che l’art. 52, comma 7, del regolamento stabilisce che la concessione non può essere rilasciata a chi intenda utilizzarla per scopo di lucro o di speculazione, mentre l’art. 62, comma 1, lett. b), prevede che l’utilizzo della concessione per scopo di lucro o speculativo è causa di decadenza: e il sig. Sk., vendendo la cappella agli odierni appellanti, ha dimostrato esattamente di voler utilizzare il sepolcro per scopo di lucro.
25.1. Tenuto conto di quanto innanzi precisato, il Collegio ritiene che correttamente il Comune ha disposto la revoca della concessione per grave violazione, da parte del sig. Sk. Iusuf, del regolamento di polizia mortuaria, sotto il profilo dell’utilizzo della concessione per motivi di lucro o speculativi.
26. Peraltro, la decadenza della concessione, oltre che su un trasferimento non autorizzato, si fonda anche sulla violazione degli obblighi relativi al mantenimento del manufatto: in particolare, il Comune motiva il provvedimento di decadenza anche sulla base dell’ulteriore circostanza consistente nell’ “aver lasciato la cappella in stato di assoluto abbandono ponendo a rischio la sicurezza delle cose, l’incolumità delle persone, il decoro e l’igiene dei luoghi.”, come risulta da relazione del responsabile del settore pianificazione del territorio e manutenzione prot. n. 001219 del 29 agosto 2018 e dallo stato di consistenza del 5 novembre 2018, a firma del responsabile del procedimento e del custode del cimitero e dalle allegate fotografie, che mostrano chiaramente lo stato si sfacelo in cui la cappella è stata trovata, pur essendo chiaro che al suo interno vi erano tumulate varie persone della famiglia S.: si tratta di una situazione venutasi a creare anche per effetto dei lavori intrapresi illegittimamente dagli odierni appellanti, che non sono concessionari e che, peraltro, non potevano neppure vantare un valido titolo di proprietà della cappella. Tuttavia è evidente che la cappella versava in un generale stato di degrado già prima dell’inizio dei lavori, e che per effetto della illegittima decisione del sig. Iusuf Sk. di vendere la proprietà della cappella (e non anche il diritto di tumulazione) gli appellanti hanno poi intrapreso lavori, che non sono stati portati a termine, lasciando la cappella in una situazione precaria oltre che effettivamente contraria alla pietà per i defunti, i cui resti sono stati lasciati giacere nei loculi della cappella, tra l’altro anche violando disposizioni di natura sanitaria.
26.1. Ai sensi dell’art. 56, comma 1, lett. e), la mancanza di manutenzione della cappella è causa di revoca della concessione, ragione per cui l’atto impugnato risulta legittimo anche nella parte in cui ha disposto la revoca per tale ragione.
27. In definitiva, ciò che risulta dirimente ai fin della decisione non è la questione se la concessione cimiteriale a suo tempo rilasciata al sig. S. fosse commerciabile o meno, quanto il fatto se la stessa, nella quale sono subentrati gli eredi legittimi del sig. S., potesse essere revocata per i motivi indicati nell’atto impugnato: per i motivi indicati nei paragrafi che precedono le ragioni di revoca effettivamente sussistevano, ragione per cui l’ordinanza impugnata va riconosciuta legittima.
28. Le considerazioni che precedono dimostrano l’infondatezza di tutti i motivi d’appello. Quanto al fatto che nel provvedimento impugnato si allude alla circostanza che gli odierni appellanti non risultano titolari di alcuna concessione, essa è di fatto ininfluente ai fini della fondatezza del provvedimento di revoca della originaria concessione rilasciata nel 1920 al sig. S., ma serve per dimostrare che gli appellanti hanno dato corso illegittimamente a lavori all’interno della stessa e che non erano legittimati ad intervenire nel procedimento.
29. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento, nei confronti del Comune di Civitanova, delle spese relative al presente grado di giudizio, che si liquidano in €. 4.000,00 (quattromila), oltre accessori se per legge dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2023, celebrata in videoconferenza ai sensi del combinato disposto degli artt. 87, comma 4 bis, c.p.a. e 13 quater disp. att. c.p.a., aggiunti dall’art. 17, comma 7, d.l. 9 giugno 2021, n. 80, recante “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia”, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2021, n. 113, con l’intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero, Presidente FF
Carmelina Addesso, Consigliere
Giorgio Manca, Consigliere
Roberta Ravasio, Consigliere, Estensore
Massimo Santini, Consigliere
L’ESTENSORE (Roberta Ravasio)
IL PRESIDENTE (Fabio Franconiero)
IL SEGRETARIO