TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Art. 93 d.P.R. 10/9/1990, n. 285
Massima
La giurisprudenza ha anche chiarito che, una volta costituito il rapporto concessorio, questo può essere disciplinato da una normativa entrata in vigore successivamente (nella specie, il Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune), diretta a regolamentare le concrete modalità di esercizio del ius sepulchri, anche con riferimento alla determinazione dall’ambito soggettivo di utilizzazione del bene, ma non è “pertinente … il richiamo al principio dell’articolo11 delle preleggi, in materia di successione delle leggi nel tempo, dal momento che la nuova normativa comunale applicata dall’amministrazione non agisce, retroattivamente, su situazioni giuridiche già compiutamente definite e acquisite, intangibilmente, al patrimonio del titolare, ma detta regole destinate a disciplinare le future vicende dei rapporti concessori, ancorchè già costituiti” (Cons. Stato, n.4608 del 2012).
Testo
Consiglio di Stato, Sez. V, 26 gennaio 2024, n. 855
Pubblicato il 26/01/2024
N. 00855/2024REG.PROV.COLL.
N. 06419/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6419 del 2021, proposto da
Comune di Sessa Aurunca, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Luigi Imperato, con domicilio eletto presso lo studio Elisabetta Marini in Roma, via C. Dossi n.15;
contro
Elvira M., Maria Beatrice M. e Edoardo M., rappresentati e difesi dall’avvocato Edoardo M., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Maria Rosaria V., non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 2003/2021, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Elvira M., Maria Beatrice M. e di Edoardo M.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 novembre 2023 il Cons. Annamaria Fasano e uditi per le parti l’avvocato Avagliano, in dichiarata delega dell’avvocato Imperato, e l’avvocato M.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso proposto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania, M. Edoardo, M. Elvira e M. Maria Beatrice impugnavano: a) l’Avviso Pubblico – Cimitero Centrale di Sessa Aurunca, Tombe dismesse e lotti di concessione abbandonati – datato 19.12.2016, prot. 891 (lotti 33-34-35); b) la Deliberazione della Giunta Comunale n. 204 EI del 6.4.2017, con la quale veniva dichiarata la decadenza e la revoca dalla concessione cimiteriale contraddistinta con i lotti 33-34-35 e l’allegata proposta di delibera di Giunta; c) la Determinazione Dirigenziale n. 91 del 20.6.2017 concernente la Concessione Cimiteriale in Sessa Aurunca dei lotti 33-34-35 in favore di V. Maria Rosaria; d) l’Avviso pratica 5/2018, con la quale il Capo Settore del Comune di Sessa Aurunca – Sportello Unico Edilizia – rendeva noto del rilascio del permesso di costruire n. 12 del 12.4.2018 in favore di V. Maria Rosaria, per la realizzazione di una edicola funeraria di n. 6 loculi sui lotti 33-34-35; e) la nuova concessione rilasciata in favore di V. Maria Rosaria e il permesso a costruire.
1.1. I ricorrenti riferivano che nel Cimitero di Sessa Aurunca esisteva, almeno fino al novembre 2018, una tomba di notevole pregio storico – artistico appartenente alla Famiglia M., residente da sempre in Sessa Aurunca, alla piazza Ercole n. 9. Il possesso della tomba era stato ininterrotto, in quanto appartenente alla Famiglia, ai discendenti ed eredi del concessionario M. Angelo (nato il 7.5.1945), titolare di concessione perpetua rilasciata dal Comune di Sessa Aurunca, risalente presumibilmente alla seconda metà del 1800, come emergeva dal Registro delle Concessioni Cimiteriali dell’Ente. L’originario titolare della concessione era il bisnonno dei ricorrenti, e nell’ipogeo sottostante il sepolcro erano deposte le spoglie mortali di almeno quattro antenati.
1.2. I germani M. esponevano di essersi recati al cimitero in data 31.10.2019, in prossimità del giorno della commemorazione dei defunti, e di aver verificato che l’antica tomba era stata completamente abbattuta e, al suo posto, edificata una struttura in cemento armato, costituita da cinque loculi e tettoia in tegole. Il giorno dopo presentavano denuncia contro ignoti presso la Stazione Carabinieri e il Commissariato di Sessa Aurunca, non avendo ricevuto alcuna comunicazione dall’Amministrazione neppure con riferimento alle operazioni di estumulazione dei resti mortali degli antenati e della loro successiva collocazione.
In particolare, Edoardo M. precisava di avere rivolto nel 2006 all’Ente territoriale una istanza (prot. n. 402 del 24.10.2006) di autorizzazione per l’esecuzione di lavori di manutenzione della tomba della famiglia, opere poi regolarmente eseguite dalla ditta Va. Domenico, in virtù di provvedimento autorizzativo rilasciato in data 24.10.2006. Pertanto, il Comune era perfettamente al corrente di chi erano gli utilizzatori dell’ipogeo.
Concludevano, chiedendo l’annullamento dei provvedimenti impugnati per violazione degli artt. 37 e 39 del Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Sessa Aurunca, non avendo ricevuto alcuna comunicazione né dell’avvio del procedimento finalizzato alla declaratoria di decadenza della concessione, né degli atti di declaratoria della decadenza. Denunciavano il vizio di incompetenza dei provvedimenti impugnati, in quanto l’art. 37, comma 5, del predetto Regolamento prevedeva che la decadenza dovesse essere pronunciata con atto del Sindaco, ed eccesso di potere per carenza di istruttoria nella parte in cui erano stati dichiarati come lotti cimiteriali abbandonati quelli contraddistinti dai numeri 33-34-35, posto che, invece, erano stati realizzati, pochi anni prima, dei lavori di manutenzione, peraltro autorizzati dallo stesso Comune.
2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, con sentenza n. 2003 del 2021, accoglieva il ricorso, ritenendo che l’atto impugnato aveva inciso sfavorevolmente sulla sfera giuridica di soggetti ben specifici, sicchè, ai sensi dell’art. 21 bis l. 241 del 1990, il Comune era tenuto ad effettuare una comunicazione individuale. Né si poteva ritenere che, nel caso di specie, sussistessero i presupposti per prescindere da tale comunicazione, atteso che lo stesso Comune di Sessa Aurunca aveva rilasciato in data 24.10.2006 a Eduardo M. l’autorizzazione ad accedere al cimitero per l’esecuzione di lavori di manutenzione sull’edicola di famiglia, indicata con precisione ai nn. 33 – 34 – 35. Il Collegio riteneva sussistente la violazione degli artt. 37 e 39 del Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Sessa Aurunca, nonché eccesso di potere per carenza di istruttoria nella parte in cui erano stati dichiarati come lotti cimiteriali abbandonati quelli contraddistinti dai numeri 33-34-35, essendo stato provato che tali lotti erano stati oggetto di lavori di manutenzione autorizzati dallo stesso Comune alla fine del 2006.
3. Il Comune di Sessa Aurunca ha proposto appello avverso la suddetta pronuncia, denunciando: “Difetto di motivazione: errore/travisamento di fatto; violazione e falsa applicazione degli artt. 92 e ss d.P.R. 285(90 e 22 comma 2, 23 commi 1, 3, e 4, 25, 29, 31, commi 1 e 3, 33 comma 1, 34 commi 2 e 3 e 39 del Regolamento di Polizia mortuaria del Comune di Sessa Aurunca approvato con deliberazione n. 80 del 27/10/1998 “.
4. Elvira M., Maria Beatrice M. e Edoardo M. si sono costituiti in resistenza chiedendo il rigetto dell’appello.
5. All’udienza del 9 novembre 2023, la causa è stata assunta in decisione.
DIRITTO
6. Con l’unico articolato motivo, l’Ente appellante lamenta che il Giudice di primo grado avrebbe erroneamente accolto il ricorso, qualificando apoditticamente controinteressati Elvira, Maria Beatrice e Edoardo M., sia dal punto di vista formale, che sostanziale, così concludendo che ad essi andasse notificato l’atto di revoca della concessione e riconosciuto il diritto di rinnovo della stessa. Al contrario, gli appellati non sarebbero titolari della concessione cimiteriale di cui è causa, né avrebbero mai chiesto il rinnovo e/o la volturazione, né sarebbero in grado di indicarne gli estremi. Sul punto non potrebbe sicuramente soccorrere la generica annotazione contenuta nei registri delle concessioni cimiteriali del Comune, in quanto la predetta annotazione, a differenza di quelle analoghe riportate nel medesimo registro, non recherebbero gli estremi, il numero e la data dell’atto concessionario, di modo che non è possibile dimostrarne l’effettiva esistenza. Inoltre, la mancanza dell’atto originario di concessione non permetterebbe di verificare se lo stesso fosse conforme o dovesse essere adeguato ai requisiti stabiliti dall’art. 22 e 39 del Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune.
Secondo l’Ente municipale, dopo l’entrata in vigore del suddetto Regolamento, in data 30.10.1998, i signori M., consapevoli di non essere in possesso di un documento che potesse dimostrare il rilascio della concessione in favore del defunto bisnonno, avrebbero dovuto attivarsi per chiedere il rilascio di una nuova concessione. Anche nel caso in cui si dovesse ritenere l’annotazione contenuta nei registri delle concessioni cimiteriali del Comune di Sessa Aurunca un indizio dell’esistenza di una pregressa concessione perpetua rilasciata in favore del bisnonno, è evidente che, sulla base del Regolamento, ai ricorrenti non sarebbe spettato né il diritto di volturazione, né quello di rinnovo della predetta concessione, tanto più che lo stesso non sarebbe stato esercitato con le modalità e nei termini previsti dalla medesima normativa.
L’appellante sostiene che non può ritenersi che tale formalità possa essere sostituita dalla richiesta di procedere alla manutenzione della tomba di famiglia, formulata solo da Edoardo M., nel lontano 2006, e ciò per due ragioni: a) la formalità richiesta dal Regolamento non può essere sostituita, anche perché avallerebbe pratiche volte ad evadere gli oneri legati alla volturazione delle concessioni; b) la volontà di non chiedere nemmeno in quell’occasione la volturazione della concessione, indica semmai l’inequivoca volontà degli appellati di non subentrare nell’intestazione della stessa.
Il Comune sostiene che, essendo la mancata conoscenza degli atti impugnati imputabile agli appellati, ciò non può giustificare la remissione in termini rispetto all’impugnazione di atti, che rischiano di ledere posizioni consolidate di terzi. Gli appellati, essendo parenti di grado superiore al secondo rispetto a quello che loro stessi assumono essere l’originario concessionario, non avrebbero avuto il diritto al subentro nella concessione. Neppure vi sarebbe la prova di avere effettivamente eseguito i lavori di manutenzione rispetto ai quali avevano avuto autorizzazione nel 2006, atteso che nel 2014 le tombe risultavano in stato di abbandono, sicchè è evidente la mancanza di interesse dei signori M. a divenire gli effettivi titolari della concessione.
7. L’appello va respinto per i motivi di seguito enunciati.
7.1. Lo ius sepulchri, ossia il diritto, spettante al titolare di concessione cimiteriale, ad essere tumulato nel sepolcro, garantisce al concessionario ampi poteri di godimento del bene e si atteggia come un diritto reale nei confronti dei terzi. Ciò significa che, nei rapporti inter privati, la protezione della situazione giuridica è piena, assumendo la fisionomia tipica dei diritti reali assoluti di godimento. Tuttavia, laddove tale facoltà concerna un manufatto costruito su terreno demaniale, lo ius sepulchri non preclude l’esercizio dei poteri autoritativi da parte della pubblica amministrazione concedente, sicchè sono configurabili interessi legittimi quando sono emanati atti di autotutela. In questa prospettiva, infatti, dalla demanialità del bene discende l’intrinseca ‘cedevolezza’ del diritto, che trae origine da una concessione amministrativa su bene pubblico (Consiglio Stato, n. 3313 del 2000; Cons. Stato, n.4943 del 2015).
E’ stato evidenziato che: “Come accade per ogni altro tipo di concessione amministrativa di beni ed utilità, la posizione giuridica soggettiva del privato titolare della concessione tende a recedere dinanzi ai poteri dell’amministrazione in ordine ad una diversa conformazione del rapporto”, trattandosi, “… di una posizione soggettiva che trova fonte, se non esclusiva, quanto meno prevalente nel provvedimento di concessione”, così che, a fronte di successive determinazioni del concedente, il concessionario può chiedere ogni tutela spettante alla sua posizione di interesse legittimo.
Ciò premesso, tuttavia, nel corso del rapporto concessorio, il concedente e il concessionario sono tenuti a rispettare tutte le norme di legge e di regolamento emanate per la disciplina dei suoi specifici aspetti, poiché lo ius sepulchri riguarda una fase di utilizzo del bene che segue lo sfruttamento del suolo mediante edificazione della cappella e che soggiace all’applicazione del regolamento di polizia mortuaria.
Questa disciplina si colloca ad un livello ancora più elevato di quello che contraddistingue l’interesse del concedente e soddisfa superiori interessi pubblici di ordine igienico – sanitario, oltre che edilizio e di ordine pubblico.
In sintesi, nell’ordinamento nazionale, il diritto sul sepolcro già costituito sorge con una concessione amministrativa di un’area di terreno o di porzione di edificio in un cimitero pubblico di carattere demaniale (art. 824 c.c.): la concessione, di natura traslativa, crea a sua volta nel privato concessionario un diritto reale suscettibile di trasmissione per atti inter vivos o mortis causa e perciò opponibile iure privatorum agli altri privati, assimilabile al diritto di superficie, che comporta la sussistenza di posizioni di interesse legittimo – con la relativa tutela giurisdizionale – quando l’amministrazione concedente disponga la revoca o la decadenza della concessione per la tutela dell’ordine e della buona amministrazione (Cons. Stato, n. 5294 del 2022; Cass. civ. n. 8804 del 2003).
7.2. Per tale ragione il diritto al sepolcro, viene definito come ‘diritto al plurale’, cioè comprensivo di una serie di diritti soggettivi molto diversi tra loro.
Nel novero dei diritti in parola, vi è un diritto primario ed un diritto secondario al sepolcro.
Il diritto ‘primario’ al sepolcro deve essere inteso come il diritto ad essere seppellito (ius sepulchri) o a seppellire altra persona (ius inferendi mortuum in sepulchrum) in un determinato manufatto funerario, e può essere attribuito dal proprietario del sepolcro a titolo gratuito od oneroso, per atto inter vivos o mortis causa.
A sua volta, il diritto primario al sepolcro può essere suddiviso ulteriormente in diritto al sepolcro familiare e al sepolcro ereditario: mentre, il diritto ad essere seppelliti nella cappella o nel sepolcro familiare sorge iure proprio in capo ai familiari del de cuius proprio in ragione dell’appartenenza allo stesso gruppo familiare, il diritto al sepolcro ereditario sorge iure ereditatis, e cioè dalla qualità di erede rispetto al disponente – de cuius (con la ulteriore conseguenza che tali eredi, subentrando nella posizione giuridica del disponente relativa alla disponibilità del sepolcro pro quota hereditatis, potranno a loro volta disporne a favore di soggetti anche estranei, pur nei limiti della loro quota).
In assenza di una espressa volontà del fondatore, accedono al sepolcro familiare i discendenti in linea maschile dello stesso, le mogli di questi e i discendenti in linea femminile nubili, mentre sono escluse le discendenti in linea femminile coniugate, le quali accederanno al sepolcro dei loro mariti.
In sostanza, per il solo fatto di trovarsi con il fondatore nel rapporto previsto dall’atto di fondazione o dalle regole consuetudinarie, iure sanguinis e non iure successionis, si determina una particolare forma di comunione fra contitolari, caratterizzata da intrasmissibilità del diritto, per atto tra vivi o mortis causa, imprescrittibilità e irrinunciabilità.
Con la morte dell’ultimo componente del nucleo familiare, estinguendosi il gruppo degli aventi diritto iure proprio, il sepolcro sarà assegnato iure ereditatis.
Infatti, ai sensi dell’art. 93 del Regolamento di Polizia Mortuaria (d.P.R. n. 285 del 1990), “Il diritto di uso delle sepolture private concesse a persone fisiche è riservato alle persone dei concessionari e dei loro familiari”.
7.3. Nella specie, il possesso della tomba, contrassegnata dai nn. 33, 34, 35, era stato esercitato dagli appartenenti alla Famiglia M., discendenti ed eredi del concessionario M. Angelo, titolare di una concessione perpetua rilasciata dal Comune di Sessa Aurunca presumibilmente alla seconda metà del 1800, come emerge dal Registro delle Concessioni Cimiteriali dell’ente.
In disparte la validità della certificazione ai fini prova dell’esistenza della concessione perpetua risalente al 1800 a favore di M. Angelo, è circostanza incontestata che nel cimitero di Sessa Aurunca vi era una tomba gentilizia in uso alla Famiglia M., ossia un manufatto funerario destinato dal suo fondatore/concessionario per consuetudine alla sepoltura propria e dei propri familiari o congiunti.
L’uso dell’ipogeo viene desunto dalla circostanza che Edoardo M. ha provveduto a chiedere nel 2006 l’autorizzazione ad eseguire lavori di manutenzione, che l’Ente municipale ha assentito, sicchè non corrisponde al vero che la tomba versava in stato di abbandono.
Va richiamato l’indirizzo, anche di recente, ribadito dalla Corte di Cassazione, con ordinanza n. 8020 del 2021, con si è affermato che: “In assenza di disposizioni specifiche da parte del fondatore, lo ius sepulchri d’indole gentilizia spetta, oltre che al fondatore stesso, ai componenti del nucleo familiare strettamente inteso, nel quale debbono farsi rientrare tutte le persone legate al fondatore da vincolo di sangue o legate tra loro da vincoli di matrimonio. Tale diritto, pur non essendo precisato in una disposizione di legge, trova il suo fondamento in un’antica consuetudine, conforme al sentimento comune, e nelle esigenze di culto e pietà dei defunti che, quando esercitate dai prossimi congiunti, realizzano, allo stesso tempo, la tutela indiretta di una interesse concernente la persona del defunto e l’esigenza sociale di far scegliere ai soggetti più interessati la località ed il punto ove manifestare i sentimenti di devozione verso il parente deceduto”.
Come sopra specificato, i congiunti e i familiari, e quindi i germani M., vantano un diritto alla sepoltura solo in virtù del fatto della consanguinità, sicchè, va respinta la tesi sostenuta dall’Ente appellante che ritiene gli appellati non portatori di un interesse sostanziale e differenziato, essendo consanguinei del fondatore dello ius sepulchri. E neppure sono conferenti le argomentazioni finalizzate a sostenere che gli appellati avrebbero dovuto, dopo la normativa del 1998, attivarsi per il rilascio di una nuova concessione, con la conseguenza che la mancata presentazione di tale istanza li renderebbe privi di interesse oppositivo.
La giurisprudenza ha anche chiarito che, una volta costituito il rapporto concessorio, questo può essere disciplinato da una normativa entrata in vigore successivamente (nella specie, il Regolamento di Polizia Mortuaria del Comune di Sessa Aurunca), diretta a regolamentare le concrete modalità di esercizio del ius sepulchri, anche con riferimento alla determinazione dall’ambito soggettivo di utilizzazione del bene: tuttavia, non è “pertinente … il richiamo al principio dell’articolo11 delle preleggi, in materia di successione delle leggi nel tempo, dal momento che la nuova normativa comunale applicata dall’amministrazione non agisce, retroattivamente, su situazioni giuridiche già compiutamente definite e acquisite, intangibilmente, al patrimonio del titolare, ma detta regole destinate a disciplinare le future vicende dei rapporti concessori, ancorchè già costituiti” (Cons. Stato, n.4608 del 2012).
7.4. Ne consegue che va condiviso l’assunto sostenuto dal Tribunale adito, secondo cui i ricorrenti, in quanto discendenti del concessionario originario, individuabili anche in ragione della richiesta specifica formulata da uno dei germani nel 2006, avevano diritto ad una comunicazione personale.
Pertanto, non “appare rilevante la deduzione che un’eventuale comunicazione personale non avrebbe comunque potuto giovare ai ricorrenti, essendo costoro discendenti oltre il secondo grado rispetto all’originario concessorio, per cui non avrebbero potuto beneficiare della voltura del titolo: a parte che la situazione avrebbe dovuto essere oggetto di specifica valutazione in sede procedimentale ad opera del Comune e che senza l’assolvimento di tale onere informativo la decadenza non avrebbe potuto essere pronunciata; detti interessati, in ogni caso, avrebbero ben potuto far valere la pretesa al rilascio di una nuova concessione, giusta quanto disposto dall’art. 39 del Regolamento locale di Polizia Mortuaria” .
7.5. L’approdo argomentativo sostenuto dal T.A.R. va condiviso, tenuto conto che, quanto al diritto alla volturazione e all’onere della richiesta di nuova concessione, va rammentato il contenuto dell’art. 39 del Regolamento locale, il quale dispone: “Le sepolture private concesse in a tempo indeterminato (perpetue) anteriormente all’entrata in vigore del d.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803 conservano tale caratteristica se stabilite dai relativi atti di concessione e sono volturabili agli eredi fino al secondo grado. In mancanza di atti comprovanti legalmente la concessione, si procede con nuova concessione secondo la vigente normativa a favore degli eredi del defunto tumulato nella tomba oggetto della concessione, fatti salvi eventuali diritti di terzi”.
In definitiva, in mancanza dell’assolvimento dell’onere informativo, nella specie necessario per i rilievi sopra evidenziati, il Comune di Sessa Aurunca non poteva pronunciare la decadenza, potendo gli interessati far valere la pretesa di una nuova concessione ai sensi dell’art. 39 del suddetto Regolamento.
8. L’appello va pertanto respinto, ed ogni altra questione dedotta dalle parti deve ritenersi assorbita, tenuto conto che l’eventuale esame della stessa non determinerebbe una pronuncia di segno contrario.
9. Le spese di lite seguono il criterio della soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Comune di Sessa Aurunca alla rifusione delle spese di lite del grado a favore degli appellati che liquida in complessivi euro 4.000,00 (quattromila/00) oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2023 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Presidente
Angela Rotondano, Consigliere
Alberto Urso, Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere
Annamaria Fasano, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE (Annamaria Fasano)
IL PRESIDENTE (Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti)
IL SEGRETARIO