Consiglio di Stato, Sez. V, 2 novembre 2023, n. 9446

TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Art. 92 d.P.R. 10/9/1990, n. 285

Massima

Le previsioni di un Regolamento comunale risultavano coerenti con le disposizioni (di rango primario) del R.D. 25/7/21892, n. 448, nel prevedere la possibilità per l’amministrazione comunale di “concedere posti a chi ne faccia domanda per sepolcri individuali o di famiglia” (art. 97), stabiliva che “il posto per sepolture private potrà essere concesso per tempo determinato o a perpetuità” (art. 100), mentre i successivi interventi legislativi (d.P.R. n. 803 del 1975, d.P.R. n. 285 del 1990) non hanno inciso sulle concessioni precedentemente rilasciate e sulla perpetuità delle stesse, derivandone l’impossibilità per le stesse di essere assoggettate a una nuova disciplina in peius in virtù di una successiva regolamentazione comunale. Stante la perpetuità del diritto al sepolcro, il Comune avrebbe potuto incidere sullo stesso solo mediante un provvedimento di secondo grado (annullamento, revoca, decadenza), adottato con il rispetto delle garanzie procedimentali di cui alla L. 7/8/1990, n. 241 e con le modalità previste (soprattutto quanto alla previsione dell’indennizzo economico) dall’art. 21-quinques della medesima legge. Il Consiglio di Stato ha chiarito che per le concessioni rilasciate sotto il vigore del R. D. 25 luglio 1892, n. 448 era espressamente prevista la perpetuità e che la circostanza che successivi regolamenti di polizia mortuaria (art. 93 del d.p.r. 21 ottobre 1975, n. 803) abbiano escluso la natura perpetua delle concessioni non toglie valore, ma anzi rafforza la considerazione che fino al un certo momento storico le concessioni potevano essere rilasciate sine die, salvo ovviamente l’esercizio da parte della stessa amministrazione di rivedere le proprie decisioni in via di autotutela (Cons. Stato sez. IV 28 settembre 2017 n. 4530). Il Consiglio di Stato ha avuto cura di precisare: “L’espressione “vendere” utilizzata negli anzidetti atti, benché tecnicamente impropria non potendo darsi, giuridicamente, la possibilità di vendita di beni demaniali, ma soltanto la costituzione di diritti di godimento con titolo concessorio, è tuttavia indicativa della natura giuridica dell’atto voluto dalle parti e, soprattutto, della sua durata, intesa all’evidenza nel senso della perpetuità”.

Testo

Consiglio di Stato, Sez. V, 2 novembre 2023, n. 9446

Pubblicato il 02/11/2023
N. 09446/2023REG.PROV.COLL.
N. 09987/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9987 del 2018, proposto da
Comune di Pescopagano, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni Albanese, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Margherita De Nittis in Roma, via Telegono n. 31/B;
contro
Teresa S., rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Araneo e Michele Spalla, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata – Potenza (Sezione Prima) n. 00609/2018, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della signora Teresa S.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 24 ottobre 2023 il Cons. Carmelina Addesso e uditi per le parti gli avvocati Albanese G. e Araneo M.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il Comune di Pescopagano chiede la riforma della sentenza del TAR Basilicata, sezione prima, n. 609 del 12 settembre 2018 che ha accolto il ricorso proposto dalla signora Teresa S. avverso la diffida al pagamento del rinnovo della concessione cimiteriale.
2. Il Comune appellante espone che:
– con delibera di Consiglio comunale n. 10 del 12 giugno 2013 è stato approvato il nuovo regolamento comunale del servizio cimiteriale e di polizia mortuaria che prevede la scadenza di tutte le concessioni rilasciate antecedentemente al 31/12/1913;
– con nota prot. n.7221 del 13 dicembre 2017 il comune invitava la signora Teresa S. a formalizzare, previo pagamento delle somme dovute, una nuova concessione ultranovantanovennale, essendo scaduta quella originariamente rilasciata al sig. P. Francesco Paolo;
– con nota prot. 2159 del 5 aprile 2018 l’ente diffidava la signora al versamento delle somme per il rinnovo della concessione.
3. Il provvedimento di diffida veniva impugnato dall’interessata con ricorso al TAR Basilicata che, con sentenza n. 609/2018, lo accoglieva, richiamando il proprio precedente n. 550/2018 che aveva annullato l’art. 93 del regolamento relativo alla “scadenza” delle concessioni cimiteriali perpetue.
4. Con l’appello in epigrafe il Comune di Pescopagano chiede la riforma della sentenza di primo grado sia nella parte in cui ha respinto le censure di illegittimità e irricevibilità del ricorso sia nella parte in cui ha affermato il carattere perpetuo della concessione.
4.1 Si è costituita in giudizio l’appellata, chiedendo la reiezione del gravame.
4.2. In vista dell’udienza di discussione il Comune ha depositato memoria di replica, unitamente a documentazione integrativa relativa all’avvenuta ricostruzione dell’iter amministrativo delle varie concessioni, tra cui quella per cui è causa, ad opera di una Commissione cimiteriale appositamente istituita. Nel merito, ha insistito per l’accoglimento dell’appello.
5. All’udienza di smaltimento del 24 ottobre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
6. L’appello è infondato.
7. Con un primo gruppo di censure, contrassegnate con i numeri I e II della parte in diritto, il Comune di Pescopagano chiede la riforma del capo della sentenza che ha respinto le eccezioni di inammissibilità e irricevibilità del ricorso di primo grado.
7.1 Deduce che, contrariamente a quanto sostenuto dal TAR, il ricorso doveva essere dichiarato irricevibile perché la scadenza della presunta concessione “perpetua”, rilasciata ab origine al sig. P. Francesco Paolo, è stata prevista con la delibera consiliare n. 35/2007, mai impugnata, ed è stata comunicata con nota del 13 dicembre 2017, impugnata tardivamente solo in data 12 giugno 2018.
7.2 Difetta, inoltre, in capo alla ricorrente la legittimazione attiva, poiché non vi è alcun titolo che attribuisca una concessione perpetua al sig. P. Francesco Paolo né alcun atto da cui si possa desumere il subentro della ricorrente nell’originaria concessione la quale, di conseguenza, è stata ceduta a terzi senza il consenso dell’ente e in violazione del divieto di cessione.
7.3 Le censure sono prive di pregio.
8. Sotto il primo profilo, l’unico atto ad effetto lesivo diretto ed immediato per la ricorrente è costituito dalla nota del 5 aprile 2018 con cui il Comune, senza fornire alcun riscontro alle osservazioni dell’interessata in ordine alla natura perpetua della concessione, ha sollecitato il pagamento dell’importo dovuto sul presupposto dell’avvenuta scadenza della concessione medesima.
8.1 L’interesse ad impugnare, pertanto, è sorto con l’atto di diffida, mentre quelli antecedenti sono privi di diretta efficacia lesiva, atteso che: i) la delibera n. 35/2007 prevede, in via generale, che tutte le concessioni rilasciate prima dell’entrata in vigore del regio decreto 21/12/1942 n. 1880 per le quali chi vi abbia interesse non possa dimostrare che si tratta di concessione perpetua si intendono di durata ultranovennale; ii) in risposta alla richiesta di rinnovo, l’interessata sottolineava la natura perpetua del titolo, chiedendo, contestualmente, il rilascio di copia dell’originaria concessione, “ancorché ricostruita, essendo il Comune in possesso di idonea documentazione per provvedere in tal senso” (nota del 5 febbraio 2018: doc. 5 allegato al ricorso di primo grado); iii) il comune non forniva alcun riscontro, sollecitando il pagamento.
8.2 Ne discende che correttamente il giudice di primo grado ha ritenuto tempestivo il ricorso, respingendo l’eccezione di irricevibilità per tardività formulata dal comune.
8.3 Al riguardo, giova ricordare che i regolamenti che recano un contenuto generale e astratto (c.d. regolamenti di volizione preliminare), nel genus dei quali rientra il regolamento di Polizia Mortuaria, non presentano alcuna idoneità ad incidere direttamente sulla sfera soggettiva dei destinatari poiché l’effetto lesivo di produce unicamente con l’atto applicativo dalla cui adozione decorre, conseguentemente, il termine di impugnazione (cfr. ex multis, Cons. Stato sez. III 10 luglio 2020 n. 4464).
9. Del pari infondata è la censura afferente il difetto di legittimazione attiva che l’ente fonda su un’illegittima cessione a terzi del titolo concessorio, cessione della quale, tuttavia, non fornisce alcun riscontro probatorio.
9.1 Sul punto è sufficiente osservare che è lo stesso comune ad aver qualificato l’odierna appellata come “fruitrice del demanio”, sollecitandola al pagamento per il rinnovo.
9.2 A diverse conclusioni non conduce la documentazione da ultimo depositata dall’ente (doc. 2 deposito Comune del 12 settembre 2023) poiché dimostra unicamente che la concessione è stata trasferita ai discendenti naturali dell’originario concessionario, circostanza che, di per sé, smentisce la tesi dell’avvenuta alienazione a terzi.
9.3 Sotto diverso e concorrente profilo, giova ribadire che sia la nota del 13 dicembre 2017 sia la diffida del 11 aprile 2018 sollecitano il rinnovo della concessione sul presupposto che l’interessata fruisce “nel Cimitero comunale di demanio per metri quadrati 18 originariamente dati in concessione al Sig. P. Francesco Paolo e tale concessione risulta scaduta nell’anno 1984 e da allora mai rinnovata”.
9.4 Le note sopra indicate si fondano, pertanto, esclusivamente sull’intervenuta scadenza della concessione originariamente rilasciata e non, come sostenuto dall’ente, sulla decadenza prevista dall’art. 66 del regolamento per la violazione del divieto di cessione a terzi (cfr. pag. 12 del ricorso in appello e memoria di replica del 3 ottobre 2013).
9.5 Per tale ragione la tesi della difesa comunale secondo cui il termine “scaduta” contenuta nella nota del 13 dicembre 2017 deve essere inteso nel senso di “decadenza” per violazione del divieto di cessione (pag. 10 della memoria di replica del Comune) integra un’inammissibile integrazione postuma della motivazione.
9.6 Il primo e secondo motivo di appello devono, quindi, essere respinti in quanto infondati.
10. Le considerazioni sopra svolte conducono alla reiezione anche censura contenuta al punto III del ricorso in appello con cui il Comune deduce l’erroneità della sentenza per violazione della normativa in materia e, in particolare, degli artt. 57 comma 4 e 66 del regolamento comunale del 2013 che vietano la cessione della concessione.
10.1 Con specifico riferimento a siffatta censura e in aggiunta a quanto già osservato in sede di esame dei primi due motivi di appello, giova rilevare che:
i) la parte appellata ha dimostrato la perpetuità della concessione in quanto rilasciata al primo concessionario e proprio dante causa (di cui il marito è discendente in linea collaterale) sotto la vigenza del regolamento mortuario comunale del 1877 il quale specificava che “le sepolture private durano in perpetuo come ogni altra proprietà” (art. 24);
ii) le previsioni del predetto Regolamento comunale risultavano coerenti con le disposizioni di rango primario regio decreto n. 448 del 1892, rubricato “Regolamento speciale di polizia mortuaria” che, nel prevedere la possibilità per l’amministrazione comunale di “concedere posti a chi ne faccia domanda per sepolcri individuali o di famiglia” (art. 97), stabiliva che “il posto per sepolture private potrà essere concesso per tempo determinato o a perpetuità” (art. 100).
iii) i successivi interventi legislativi (d.P.R. n. 803 del 1975, d.P.R. n. 285 del 1990) non hanno inciso sulle concessioni precedentemente rilasciate e sulla perpetuità delle stesse, derivandone l’impossibilità per le stesse di essere assoggettate a una nuova disciplina in peius in virtù di una successiva regolamentazione comunale;
iv) stante la perpetuità del diritto al sepolcro, il Comune di Pescopagano avrebbe potuto incidere sullo stesso solo mediante un provvedimento di secondo grado (annullamento, revoca, decadenza), adottato con il rispetto delle garanzie procedimentali di cui alla legge n. 241 del 1990 e con le modalità previste (soprattutto quanto alla previsione dell’indennizzo economico) dall’art. 21-quinques della medesima legge;
v) questo Consiglio di Stato, in una vicenda analoga a quella per cui è causa, ha chiarito che per le concessioni rilasciate sotto il vigore del Regio Decreto 25 luglio 1892 (recante approvazione del nuovo regolamento di polizia mortuaria) era espressamente prevista la perpetuità e che la circostanza che successivi regolamenti di polizia mortuaria (art. 93 del d.p.r. 21 ottobre 1975, n. 803) abbiano escluso la natura perpetua delle concessioni non toglie valore, ma anzi rafforza la considerazione che fino al un certo momento storico le concessioni potevano essere rilasciate sine die, salvo ovviamente l’esercizio da parte della stessa amministrazione di rivedere le proprie decisioni in via di autotutela (Cons. Stato sez. IV 28 settembre 2017 n. 4530). Il Consiglio di stato ha avuto cura di precisare: “L’espressione “vendere” utilizzata negli anzidetti atti, benché tecnicamente impropria non potendo darsi, giuridicamente, la possibilità di vendita di beni demaniali, ma soltanto la costituzione di diritti di godimento con titolo concessorio, è tuttavia indicativa della natura giuridica dell’atto voluto dalle parti e, soprattutto, della sua durata, intesa all’evidenza nel senso della perpetuità” (punto 8.1 della motivazione);
10.2 A fronte di quanto emergente dagli atti, il Comune si è limitato ad affermare la natura meramente temporanea della concessione che sarebbe giunta a scadenza, senza, tuttavia, fornire alcun riscontro probatorio né produrre l’originario titolo concessorio in quanto smarrito durante il terremoto del 1980.
11. Per le ragioni sopra indicate l’appello deve essere respinto in quanto infondato.
12. Sussistono giustificati motivi, in ragione della peculiarità della vicenda, per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2023, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 17, comma 6, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113, con l’intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero, Presidente FF
Giovanni Sabbato, Consigliere
Carmelina Addesso, Consigliere, Estensore
Giorgio Manca, Consigliere
Roberta Ravasio, Consigliere
L’ESTENSORE (Carmelina Addesso)
IL PRESIDENTE (Fabio Franconiero)
IL SEGRETARIO