Consiglio di Stato, Sez. IV, 26 aprile 2019, n. 2678
MASSIMA
Consiglio di Stato, Sez. IV, 26 aprile 2019, n. 2678
Il vincolo afferente alla zona di rispetto cimiteriale va rapportato in via primaria a norma sanitaria e che comunque i conseguenti vincoli urbanistici sono operanti ex se indipendentemente, ed anche in contrasto, con gli strumenti urbanistici vigenti. Circa l’esistenza di un vincolo cimiteriale nella zona interessata, a prescindere dalla sua natura conformativa e non espropriativa (cfr. ex multis, Cass. civ., sez. I, 20 dicembre 2016, n. 26326), va tenuto presente essa, sebbene ostativa all’allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, non ostacola la realizzazione di infrastrutture funzionali alla frequentazione dell’area da parte del pubblico (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 6 ottobre 2017, n. 4656).
NORME CORRELATE
Art. 338 R.D. 27/7/1934, n. 1265
Pubblicato il 26/04/2019
N. 02678/2019REG.PROV.COLL.
N. 02645/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 2645 del 2018, proposto dai signori
Francesco N., Prudenza Giuseppina N. e Ferdinando P., rappresentati e difesi dall’avvocato Costantino Ventura, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di San Ferdinando di Puglia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pietro Di Benedetto, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Cicerone, 28;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, sezione terza, n. 6 del 3 gennaio 2018, resa tra le parti, concernente la restituzione di immobili occupati dal comune di San Ferdinando di Puglia e il risarcimento del danno.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di San Ferdinando di Puglia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2018 il consigliere Nicola D’Angelo e uditi, per gli appellanti, l’avvocato Costantino Ventura e, per il Comune appellato, l’avvocato Pietro Di Benedetto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. I signori Francesco N., Prudenza Giuseppina N. e Ferdinando P. hanno chiesto al Tar per la Puglia, sede di Bari, con due distinti ricorsi:
– la restituzione di terreni di loro proprietà illegittimamente occupati dal comune di san Ferdinando di Puglia;
– l’annullamento della delibera del Consiglio comunale n. 73 del 29 novembre 2013 avente ad oggetto: “art. 42 bis D.P.R. 327/2001 aree occorse per la realizzazione del mercato rionale via Foggia”.
– la condanna al risarcimento del danno.
1.1. I terreni oggetto di giudizio (fondo di mq 334, di proprietà di Francesco Nezzi, e fondo di mq 531, di proprietà dei coniugi Prudenza Giuseppina N. e Ferdinando P.), situati entrambi in prossimità del cimitero comunale, sono stati a suo tempo oggetto di una procedura espropriativa, finalizzata alla costruzione di un mercato rionale, annullata con diverse sentenze del Tar di Bari (n. 493 del 1982, n. 360 del 1998, n.1297 e 1298 del 2004).
1.2. I ricorrenti hanno quindi chiesto, con un primo ricorso (n. 653/2013), la restituzione degli stessi e il risarcimento del danno. Il signor Francesco N. ha anche chiesto il danno per la perdita di chance e il lucro cessante riconducibili alla circostanza che sul suo fondo insisteva una serra per la coltivazione dei fiori.
1.3. Successivamente alla proposizione del ricorso, il comune di San Ferdinando di Puglia ha comunque avviato il procedimento volto all’acquisizione sanante di cui all’art. 42 – bis del d.P.R. n. 327/2001.
1.5. Con il secondo ricorso (n. 395/2014), i ricorrenti hanno quindi impugnato anche la delibera consiliare n. 73 del 29 novembre 2013, avente ad oggetto: “art. 42 bis D.P.R. 327/2001 aree occorse per la realizzazione del mercato rionale via Foggia. Dichiarazione di pubblica utilità e provvedimenti conseguenti”.
1.5. Il Tar di Bari, dopo aver riunito i due ricorsi, con la sentenza indicata in epigrafe, ha dichiarato improcedibile il primo ed ha respinto il secondo. In particolare, dopo aver evidenziato l’infondatezza dell’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 42 – bis del d.P.R. n. 327/2001 proposta dai ricorrenti, il Tar ha ritenuto infondato il secondo gravame proposto contro la delibera del Consiglio comunale di attivazione della procedura prevista dallo stesso art. 42-bis, rilevando l’insussistenza dei vizi procedimentali e di motivazione lamentati dai ricorrenti. Ha poi dichiarato, in ragione del rigetto del secondo ricorso, il primo gravame improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse (l’acquisizione sanante ex art. 42-bis avrebbe infatti determinato l’improcedibilità delle domande di restituzione e di risarcimento del danno. A fronte della legittimità del provvedimento di acquisizione sanante, ai ricorrenti spettava non più il risarcimento da perdita del bene e da occupazione illegittima, ma l’indennizzo di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001).
2. Contro la suddetta sentenza i signori Francesco N., Prudenza Giuseppina N. e Ferdinando P. hanno proposto appello, prospettando i seguenti motivi di censura.
2.1. Violazione dell’art. 21 – septies della legge n. 241/90.
2.1.1. La delibera comunale n. 73/2013 ed anche che la sentenza impugnata evidenziano come il provvedimento di acquisizione sanante sia intervenuto in una procedura caratterizzata da giudicati precedenti.
2.1.2. In particolare, con le sentenze n. 493/82 e n. 360/98, il Tar di Bari ha annullato le delibere che approvavano il progetto relativo al mercato rionale in violazione del vincolo di rispetto cimiteriale di mt. 200, affermando nella sentenza n. 360/98 “che il vincolo in questione va rapportato in via primaria a norma sanitaria e che comunque i conseguenti vincoli urbanistici sono operanti ex se indipendentemente, ed anche in contrasto, con gli strumenti urbanistici vigenti”.
Con le sentenza n. 1297 e 1298/2004, lo stesso Tribunale ha poi rilevato:
“a) omessa comunicazione di avvio del procedimento dichiarativo della pubblica utilità dell’opera (avviso che doveva precedere l’adozione della deliberazione impugnata e non seguirla);
b) sviamento di potere, in quanto l’opera pubblica (mercato rionale) risulta già completamente realizzata; sicché, con le tardive (a) approvazione del progetto (b) dichiarazione di pubblica utilità (c) procedura di esproprio l’amministrazione ha tentato, surrettiziamente, di sottrarsi alle conseguenze ormai irreversibili degli effetti del giudicato di annullamento formatosi inter partes sugli atti della medesima procedura (id est, responsabilità risarcitoria)”.
Con la sentenza n. 99 del 2002 il Tribunale di Foggia, sezione distaccata di Trinitapoli, ha accolto la domanda di responsabilità da illecita occupazione e trasformazione del suolo proposta dal signor Francesco N., affermando espressamente che lo stesso “potrà pretendere la restituzione dell’area illegittimamente occupata, ha ora diritto alla riparazione del danno provocato alla sua proprietà dall’azione materiale illecita (art. 2043 cc) ed illegittima posta in essere dal Comune”, e condannando di conseguenza l’Amministrazione al risarcimento dei danni.
2.1.3. La sentenza impugnata, invece, non ha considerato che tali giudicati imponevano di ritenere la delibera di acquisizione sanante n. 73/2013 nulla, ai sensi dall’art. 21- septies della legge n. 241/90, in quanto adottata in violazione o elusione del giudicato.
2.1.4. La relativa dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, reiterata nel corso della procedura espropriativa ordinaria e annullata dal Tar per violazione del vincolo di rispetto cimiteriale, non poteva, secondo gli appellanti, ritenersi legittima solo perché riproposta nel procedimento di cui all’art. 42-bis, permanendo le ragioni di contrarietà con il vincolo cimiteriale.
2.1.5. Inoltre, per gli appellanti, l’Amministrazione, nell’emanare il provvedimento di acquisizione sanante, sarebbe incorsa nella violazione del giudicato di cui alla sentenza del Tribunale di Trinitapoli n. 99/02, sentenza che aveva accertato il diritto del signor N. a pretendere sia il risarcimento, sia la restituzione del fondo, dichiarando il Comune “responsabile dell’illecita occupazione e della trasformazione del suolo di proprietà dell’attore”.
2.2. Gli appellanti hanno anche riproposto i motivi di gravame contenuti nel ricorso di primo grado avverso la delibera consiliare n. 73/2013:
– violazione degli artt. 11 e 12 del d.P.R. n. 327/2001, violazione dei principi del contraddittorio ed eccesso di potere (in particolare, con riferimento alla mancata comunicazione di avvio del procedimento);
– violazione dell’art. 42 – bis del d.P.R. n 327/2001 nonché l’eccesso di potere per violazione dell’onere di motivazione sulla mancata possibilità di individuazione di soluzioni alternative all’ablazione del bene;
– violazione del vincolo cimiteriale, che impone il divieto assoluto di edificazione all’interno della fascia di rispetto;
– violazione dell’art. 42 – bis d.P.R. n. 327/2001 per assenza di pubblica utilità e falsa applicazione dell’art. 12 dello stesso decreto.
2.3. Con riferimento al primo ricorso proposto al Tar (n. 653/2013), gli appellanti hanno riproposto le domande risarcitorie contenute nello stesso ed, incidentalmente, i profili restitutori.
2.3.1. In particolare, in ordine al risarcimento del danno, hanno richiamato quanto dedotto in primo grado sulle conseguenze dell’occupazione usurpativa perpetrata dall’Amministrazione appellata e sulla conseguente responsabilità aquiliana alla stessa imputabile.
2.3.2. Per la determinazione del danno causato dalla mancata restituzione del bene, hanno quindi chiesto che lo stesso sia commisurato al valore venale del terreno perduto, che quantificano in euro 30.060, per quello di proprietà del signor Ferdinando N., ed in euro 47.790, per quello di proprietà dei coniugi N. e P..
2.3.3. Hanno poi chiesto il risarcimento del danno da illegittima occupazione, da liquidare mediante l’utilizzo del criterio di cui all’art. 43 del d.P.R. n.327/2001, con computo degli interessi a decorrere dal giorno in cui il terreno è stato occupato sine titulo. Il signor Francesco N. ha aggiunto anche il danno da perdita di chance e lucro cessante correlato all’impianto di serra per coltivazione di fiori esistente sul suo terreno.
3. Il comune di san Ferdinando di Puglia si è costituito il 6 aprile 2018 chiedendo il rigetto dell’appello. Ha poi depositato un’ulteriore memoria l’8 giugno 2018.
4. Anche gli appellati hanno depositato ulteriori documenti e scritti difensivi, per ultimo una memoria il 12 novembre 2018.
5. Nella camera di consiglio del 14 giugno 2018 l’istanza di sospensione degli effetti della sentenza impugnata, presentata contestualmente al ricorso, è stata rinviata al merito.
6. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 23 dicembre 2018.
7. Preliminarmente, va rilevato che i ricorrenti non ripropongono nel presente grado di giudizio l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001 (disposizione quest’ultima già ritenuta compatibile al quadro costituzionale – cfr. Corte cost. n. 71/2015).
7.1. Non sono stati poi esplicitamente riproposti i motivi di primo grado relativi alla pretesa restituzione dei terreni. Gli appellanti, in proposito, indicano solo incidentalmente il tema con riferimento alla “causa petendi” del primo ricorso al Tar (n. 653/2013), richiamato genericamente anche con riferimento alle conseguenze dell’impugnativa della delibera di acquisizione sanante.
7.2. I ricorrenti, tuttavia, ai sensi dell’art. 101 c.p.a., avevano l’onere di specificare tali motivi e non limitarsi ad una generico richiamo delle ragioni già proposte dinanzi al giudice di primo grado, contestando adeguatamente e specificamente sul punto la sentenza impugnata (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 26 settembre 2016, n. 3936, nonché Ad. plen. n. 10 del 2011).
7.3. Di conseguenza, il perimetro della presente impugnazione deve essere riferito in modo prevalente alle determinazioni del Tar in ordine alla legittimità della delibera consiliare n. 73/2013, adottata ai sensi dell’art. 42-bis del d.P.R. n. 367/2001, ed alla richiesta di risarcimento del danno, mentre solo in via conseguente agli aspetti restitutori.
8. L’appello per i profili sopra evidenziati non è fondato.
9. Il comune di San Ferdinando di Puglia ha avviato un serie di procedure espropriative relative alla costruzione di un mercato rionale nei pressi del cimitero cittadino. Tra le aree interessate, vi sono anche i terreni di proprietà del signor Francesco N. e dei coniugi Prudenza Giuseppina N. e Ferdinando P..
9.1.Questi ultimi hanno impugnato varie fasi della procedura espropriativa, dando luogo alle seguenti pronunce:
a) con la sentenza n. 493/82, il Tar di Bari ha annullato l’originaria delibera di approvazione del progetto dell’opera n. 40 del 31 maggio 1980;
b) con la sentenza n. 360/98 lo stesso Tribunale ha annullato la delibera di Giunta regionale n. 449 del 18 febbraio 1997 di riapprovazione del progetto, nonché il decreto sindacale n. 136 del 3 giugno 1997 di occupazione d’urgenza;
c) con la sentenza n. 3584/2002 il Tar di Bari ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal signor Francesco N. volto ad ottenere l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza n. 360/98;
d) con le sentenze nn. 1297/04 e 1298/04 lo stesso Tar ha annullato la delibera di n. 61 del 27 novembre 2003 di riapprovazione del progetto e la connessa dichiarazione di pubblica utilità;
e) con i decreti nn. 415 e 416/12 il Consiglio di Stato ha dichiarato perenti i due appelli proposti dal Comune contro le sentenze anzidette;
f) con sentenza n. 99/2002 il Tribunale di Foggia, sezione distaccata di Trinitapoli, ha accolto la domanda proposta dal signor Francesco N. relativa all’illecita occupazione e trasformazione del suolo e per il risarcimento dei danni;
g) con le sentenze nn. 44 e 45 del 2012 il Tribunale di Foggia ha poi dichiarato il difetto di giurisdizione sulle domande proposte dai ricorrenti per ottenere la restituzione degli immobili e il risarcimento del danno da mancato utilizzo, o in alternativa il risarcimento del danno corrispondente al valore venale degli immobili.
9.2. Di conseguenza, i ricorrenti riassumevano il giudizio dinanzi al Tar per la Puglia, sede di Bari, proponendo le medesime domande già prospettare in sede civile.
9.3. Il Comune intimato, nel costituirsi in giudizio, evidenziava di aver approvato la delibera del Consiglio comunale n. 73 del 29 novembre 2013, relativa all’acquisizione sanante degli immobili ai sensi dell’art. 42 – bis DPR n. 327/01.
9.4. Con un secondo ricorso, i signori Francesco N., Prudenza Giuseppina N. e Ferdinando P. impugnavano anche quest’ultima delibera.
9.5. Il Tar di Bari, riuniti i due ricorsi, ha quindi esaminato prioritariamente quello successivamente proposto avverso il provvedimento di acquisizione sanante, ritenendolo legittimo, e conseguentemente ha dichiarato improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso proposto precedentemente.
10. Con un articolato primo motivo di appello, viene contestato al Tar l’errore di non aver rilevato che la questione sottoposta al suo esame fosse coperta dal giudicato formatosi tra le stesse parti. La delibera comunale n. 73/2013 di acquisizione sanante sarebbe stata adottata, ai sensi dell’art. 42-bis del d.P.R. n. 367/2001, in violazione delle sopra richiamate sentenze che avevano annullato le delibere della procedura espropriativa, con particolare riferimento all’esistenza di un vincolo cimiteriale sull’area e alla circostanza che le stesse erano state in parte adottate quando l’opera era già stata completamente realizzata.
10.1. La prospettazione degli appellanti non può essere condivisa.
10.2. L’esame delle questioni dedotte con riferimento all’adozione da parte del Comune del rimedio di cui al citato art. 42-bis deve preliminarmente partire dalle coordinate individuate per l’ammissibilità dello stesso istituto della c.d. acquisizione sanante dalla giurisprudenza amministrativa e civile in conformità al sistema di tutela della proprietà privata disegnato dalla CEDU e dalla Corte costituzionale.
10.2. In particolare, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 2 del 9 febbraio 2016 ha evidenziato che:
a) l’art. 42-bis configura un procedimento ablatorio eccezionale e sui generis, caratterizzato da una precisa base legale, semplificato nella struttura, complesso negli effetti (che si producono sempre e comunque ex nunc), il cui scopo non è quello di sanatoria di un precedente illecito perpetrato dall’Amministrazione (perché altrimenti integrerebbe una espropriazione indiretta per ciò solo vietata), bensì quello autonomo, rispetto alle ragioni che hanno ispirato la pregressa occupazione contra ius, consistente nella soddisfazione di imperiose esigenze pubbliche, redimibili esclusivamente attraverso il mantenimento e la gestione di qualsiasi opera dell’infrastruttura realizzata sine titulo;
b) tale obbiettivo istituzionale deve emergere da un percorso motivazionale – stringente e assistito da garanzie partecipative rigorose – basato sull’emersione di ragioni attuali ed eccezionali che dimostrino in modo chiaro che l’apprensione coattiva si pone come extrema ratio per la tutela di siffatte imperiose esigenze pubbliche;
c) sono coerenti con questa impostazione: le importanti guarentigie previste per il destinatario dell’atto di acquisizione sotto il profilo della misura dell’indennizzo (avente natura indennitaria secondo Cass. civ., Sez. un., n. 2209 del 2015 ), valutato a valore venale (al momento del trasferimento, alla stregua del criterio della taxatio rei, senza che ci siano somme da rivalutare ma, in ogni caso, tenuto conto degli ulteriori parametri individuati dagli artt. 33 e 40 t.u.espr.), maggiorato della componente non patrimoniale (dieci per cento senza onere probatorio per l’espropriato), con salvezza della possibilità, per il proprietario, di provare autonome poste di danno, nonché la previsione del coinvolgimento obbligatorio della Corte dei conti in una vicenda che produce oggettivamente (e indipendentemente dagli eventuali profili soggettivi di responsabilità da accertarsi nelle competenti sedi) un aggravio sensibile degli esborsi a carico della finanza pubblica;
d) per evitare che l’eccezionale potere ablatorio previsto dall’art. 42-bis possa essere esercitato sine die in violazione dei valori costituzionali ed europei di certezza e stabilità del quadro regolatorio dell’assetto dei contrapposti interessi in gioco, la disciplina dettata è inserita in un più ampio contesto ordinamentale che – in ragione della sussistenza dell’obbligo della P.A. di valutare se emanare un atto tipico sull’adeguamento della situazione di fatto a quella di diritto – prevede per il proprietario strumenti adeguati di reazione all’inerzia della P.A., esercitabili davanti al giudice amministrativo, sia attraverso il c.d. “rito silenzio” (artt. 34 e 117 c.p.a.), sia in sede di ordinario giudizio di legittimità avente ad oggetto il procedimento ablatorio sospettato di illegittimità (o altro giudizio avente ad oggetto la tutela reipersecutoria), secondo le coordinate esegetiche esplicitamente stabilite dalla sentenza della Corte costituzionale n. 71 del 30 aprile 2015.
10.2. Ciò premesso, le richiamate coordinate sembrano giustificare il provvedimento di acquisizione ex art. 42 bis, in quanto lo stesso è stato adottato con una nuova ed adeguata motivazione ed è stato partecipato agli interessati.
10.3. In concreto, le aree oggetto del provvedimento sono state utilizzate per la realizzazione dei lavori di costruzione del mercato comunale, opere che hanno comportato la irreversibile trasformazione dei fondi. Le stesse aree, secondo quanto previsto dal vigente programma di fabbricazione approvato con D.P. n. 31494 del 27 novembre 1970 sono ricomprese per il 75% in zona E (verde pubblico), mentre per la residua consistenza sono destinate a viabilità stradale. A sua volta, il PUG, approvato con deliberazione del C.C. n. 58/2002, include l’87% di tali aree nella sub microzona omogenea F3A (verde di rispetto del camposanto), mentre la parte residua è destinata a viabilità.
10.4. Nell’adottare la deliberazione n. 73/2013 l’Amministrazione comunale ha rilevato che persistevano ragioni di pubblico interesse alla costruzione del mercato comunale (peraltro già realizzato) ed ha quindi disposto, ai sensi dell’art. 42 – bis del d.P.R. n. 327/2001, l’acquisizione al proprio patrimonio dei terreni di proprietà dei ricorrenti.
10.5. In sostanza, il provvedimento di acquisizione, così come rilevato dal Tar, appare “sorretto da congrua e adeguata motivazione in relazione ai parametri valutativi stabiliti dal comma 4 dell’art. 42-bis, rispondente agli standard motivazionali particolarmente stringenti enucleati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 71/2015. Si ritiene, più specificatamente che la delibera gravata contenga l’indicazione delle circostanze che hanno condotto alla indebita utilizzazione dell’area e la data dalla quale essa ha avuto inizio. Si rinvengono, inoltre, le motivazioni in riferimento alle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che giustificano la decisione di procedere con l’emanazione del decreto di acquisizione sanante, valutati i contrapposti interessi privati ed evidenziata l’assenza di ragionevoli alternative alla sua adozione, oltre alla quantificazione dell’indennizzo”.
10.6. Tale compendio motivazionale induce a ritenere che le finalità del provvedimento non siano state quelle di sanare un precedente procedimento illecito, ma quelle autonome consistenti nella soddisfazione di interesse pubblico attuale al mantenimento e alla gestione dell’opera realizzata sine titulo in assenza di praticabili soluzioni alternative.
10.7. Non sembrano poi ricorrere nel caso in esame difetti rilevanti degli obblighi di partecipazione procedimentale. Correttamente il Tar ha ritenuto che la delibera di acquisizione sanante fosse conosciuta dalla parti interessate “quantomeno in pendenza dei giudizi ora all’esame del Collegio, con cui ilComune si è espresso favorevolmente all’acquisizione ex art. 42 – bis T.U. 327/2001 dei suoli per cui è causa” e che fosse “ragionevole ritenere che i ricorrenti non avrebbero rappresentato che quanto già esplicitato nel ricorso in esame, in cui non è stato introdotto alcun elemento di novità che avrebbe potuto essere considerato nel procedimento amministrativo, richiamati i principi posti a base dell’art. 21 octies della legge 241/90” .
10.8. Quanto all’esistenza di un vincolo cimiteriale nella zona interessata, a prescindere dalla sua natura conformativa e non espropriativa (cfr. ex multis, Cass. civ., sez. I, 20 dicembre 2016, n. 26326), va rilevato che l’esistenza della fascia di rispetto, sebbene ostativa all’allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, non ostacola la realizzazione di infrastrutture funzionali alla frequentazione dell’area da parte del pubblico (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 6 ottobre 2017, n. 4656).
11. L’adozione di un provvedimento di acquisizione sanante è stata inoltre possibile perché nelle richiamate e precedenti sentenze non vi è stato mai un effetto restitutorio che invece avrebbe costituito un ostacolo all’adozione della delibera ai sensi dell’art. 42-bis (in tal caso, infatti, deve ritenersi che, in presenza di un c.d. giudicato chiuso, con il quale è stato ordinato al Comune la restituzione ai proprietari dei terreni illegittimamente occupati, l’Amministrazione comunale non avrebbe più il potere di emanare un provvedimento di acquisizione sanante – cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 3929 del 2016).
11.1. Né tale effetto può essere riconducibile, come affermano gli appellanti, alla sentenza del Tribunale di Foggia n. 99/02.
11.2. A prescindere dalle successive sentenze dello stesso Tribunale di Foggia, nn. 44 e 45 del 2012, con le quali si è dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario sulle domande intesse ad ottenere la restituzione dei fondi, la sentenza n. 99/02 è intervenuta con riferimento ad un atto di citazione del signor Francesco N. del 19 marzo 1996 relativo alla restituzione del suo terreno ed al risarcimento del danno a seguito dell’esercizio del potere di autotutela del Comune (quest’ultimo con decreti sindacali n. 66/95 e n. 69/95 aveva annullato d’ufficio precedenti atti di esproprio).
11.3. In sostanza, la sentenza n. 99/02 è intervenuta solo con riferimento ad una delle varie fasi della procedura espropriativa, poi riattivata con successive delibere.
11.4. Fermi tali assorbenti rilievi, va poi osservato che comunque la sentenza n. 99/2002 accoglie una domanda di risarcimento del danno per equivalente, mentre solo in un obiter dictum, a pag. 6, dopo aver detto che l’attore ha diritto alla riparazione del danno, aggiunge che egli “potrà far pretendere la restituzione delle aree”, da intendersi come riferimento incidentale alla possibilità di azionare tale pretesa con una futura autonoma domanda. A conferma del carattere di mero obiter dictum di tale inciso può osservarsi che nel dispositivo di tale sentenza non si fa alcuna menzione di obblighi restitutori direttamente previsti da tale pronuncia.
11.5 Per completezza giova precisare che:
– il giudicato formatosi sulla sentenza del TAR Bari, 8 aprile 1998, n. 360, era solo un giudicato di annullamento, come accertato in sede di ottemperanza dalla sentenza del TAR Bari n, 3584/2002, che dichiara nuova e come tale inammissibile in sede di ottemperanza la domanda di reintegrazione nel suolo illegittimamente ablato;
– la sentenza del TAR Bari, 12 marzo 2004, n. 1298 accoglie la domanda di annullamento ma respinge la domanda di risarcimento del danno.
12. In definitiva, la delibera di acquisizione ex art. 42-bis, non essendo affetta da illegittimità, non ha potuto determinare alcuna conseguenza di ordine risarcitorio, così come invece prospettato dai ricorrenti.
13. Ulteriore conseguenza di tale legittimità, è la dichiarata improcedibilità della domanda restitutoria e risarcitoria di cui al primo ricorso proposto dinanzi allo stesso Tar. In questa direzione si è dunque pronunciato correttamente lo stesso Tribunale, che peraltro è giunto a conclusione analoghe a quelle espressa anche la Corte di cassazione, secondo la quale, il provvedimento di acquisizione previsto dall’art. 42 bis del d.P.R. n. 327 del 2001 non può che determinare l’improcedibilità delle domande restitutorie o risarcitorie proposte dal privato qualora venga adottato tempestivamente, e, comunque, prima che si formi un giudicato anche solo sull’acquisizione del bene o sul risarcimento del danno (cfr. Cass. civ., sez. I, n. 5686 del 7 marzo 2017).
14. La pronuncia di improcedibilità del primo ricorso è stata infatti conseguente alla reiezione del secondo ricorso (n. 395/2014) contro il provvedimento di acquisizione sanante. Cosicché, risultano infondate le critiche contenute nei successivi profili di appello. Il rigetto del secondo ricorso ha inevitabilmente determinato l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del primo, fondato sulla pretesa restitutoria e sul correlato danno.
15. Quanto in particolare alla richiesta di risarcimento del danno, va evidenziato che i ricorrenti hanno chiesto in primo grado l’annullamento della delibera del Consiglio comunale n. 73/2013 di acquisizione sanante (ricorso n. 395/2014) e l’accoglimento della domanda restitutoria o, in via subordinata, risarcitoria per la mancata reintegrazione del bene (ricorso n. 652/2013).
16. In questo quadro, il Tar ha dunque correttamente rilevato che “A fronte della legittimità del provvedimento di acquisizione sanante, ai ricorrenti spetta non più il risarcimento da perdita del bene e da occupazione illegittima, ma l’indennizzo di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001” (ferma la competenza del giudice ordinario sulla liquidazione dell’indennizzo).
17. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza impugnata.
18. Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, tra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati pertanto dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
19. Tenuto conto della complessità ella vicenda, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Troiano, Presidente
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Luca Lamberti, Consigliere
Nicola D’Angelo, Consigliere, Estensore
Giovanni Sabbato, Consigliere
L’ESTENSORE (Nicola D’Angelo)
IL PRESIDENTE (Paolo Troiano)
IL SEGRETARIO