Consiglio di Stato, Sez. IV, 19 aprile 2021, n. 3144
Pubblicato il 19/04/2021
N. 03144/2021REG.PROV.COLL.
N. 09416/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9416 del 2020, proposto dalla società < omissis > Società di Gestione Immobiliare s.p.a. e dalla società < omissis > s.c.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Alessandro Ghibellini, Stefano Ghibellini e Franco Gaetano Scoca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Franco Gaetano Scoca in Roma, via Giovanni Paisiello, n. 55;
contro
il Comune di Sanremo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Sara Rossi e Danilo Sfamurri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e l’A.S.L. 1 – Imperiese, in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, non costituiti in giudizio;
nei confronti
della società < omissis > s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Roberto Damonte, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. 580 del 8 agosto 2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Sanremo e della società < omissis > s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 aprile 2021, il consigliere Michele Conforti e uditi per le parti gli avvocati Alessandro Ghibellini, Franco Gaetano Scoca, Sara Rossi e Roberto Damonte, che partecipano alla discussione orale ai sensi dell’art. 25 d. l. n. 137/2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La vicenda di cui si discorre nel presente giudizio riguarda il permesso di costruire per una demolizione con ricostruzione con aumento di volumetria, ottenuto da una società, e finalizzato alla realizzazione di un centro commerciale.
1.1. Ad essere impugnati sono, in particolare:
a) il permesso di costruire rilasciato in data 13 dicembre 2018, pratica edilizia n. 27/2017;
b) l’autorizzazione paesaggistica rilasciata in data 25 ottobre 2018, pratica edilizia n. 27/2017;
c) il parere dell’A.S.L. 1 – Imperiese, favorevole alla riduzione della fascia di rispetto cimiteriale prot. n. 17530, rilasciati in data 6 marzo 2018;
d) la delibera del Consiglio comunale n. 74 del 3 ottobre 2018, avente ad oggetto il “progetto di demolizione edifici incongrui e ricostruzione in sito di immobile commerciale e autorimessa, ai sensi dell’art. 7, comma 1, della L.R. 49/09 e ss.mm.ii. in C.so Marconi civ. da 53 a 61 deroga vincolo cimiteriale proponente < omissis > S.r.l. P.E. 27/2017”;
e) l’autorizzazione amministrativa al commercio “(non conosciuta), se ed in quanto rilasciata”;
f) ogni altro atto preparatorio, presupposto, conseguente e connesso.
1.2. Gli atti gravati riguardano il progetto presentato dalla società < omissis > s.r.l., presso il Comune di Sanremo, in data 3 gennaio 2017, al prot. 522, e finalizzato ad ottenere il rilascio del permesso di costruire ex art. 7, L.R. 49/2009 e la relativa autorizzazione paesaggistica, per la realizzazione di un intervento consistente nella “demolizione di un compendio di edifici incongrui e nella successiva ricostruzione di un immobile con destinazione commerciale alimentare su due livelli fuori terra ed un piano interrato ad uso autorimessa”.
1.3. Secondo quanto deducono le ricorrenti in prime cure, si tratta di “un intervento fortemente innovativo rispetto all’esistente, con, a seguito della totale demolizione di 8 corpi di fabbricati minori, la realizzazione di un unico fabbricato destinato a commercio al dettaglio, con aumento della volumetria complessiva, modifica della sagoma, del sedime e della destinazione d’uso, con una diversa organizzazione interna al lotto” (cfr. pag. 3 del ricorso introduttivo del giudizio).
1.4. Questo intervento andrebbe realizzato sul fondo contraddistinto al foglio 36, con i mapp. 440 e 947, che ricade in zona BC2, secondo il P.r.g. vigente, e in zona “TU”, secondo il P.u.c. in salvaguardia, del territorio del Comune di Sanremo.
1.5. Esso sfrutterebbe la volumetria già esistente, pari a 6.176,58 mc, distribuita sui vari fabbricati e, in aggiunta, l’incremento previsto dall’art. 2, comma 1, lett. f), l.r. n. 49 del 2009, per un totale finale di 6.811,49 mc.
2. Avverso gli atti che hanno assentito il predetto intervento, le ricorrenti in prime cure, dopo aver premesso la sussistenza della loro legittimazione e del loro interesse a ricorrere, in virtù della vicinitas commerciale (“il punto di vendita della controinteressata, rispetto a quelli delle ricorrenti, dista solo alcune centinaia di metri”, pag. 4 ricorso), hanno proposto un articolato ricorso, poi seguito da motivi aggiunti.
3. Le società ricorrenti hanno gravato gli atti del procedimento e il provvedimento finale, deducendone i seguenti vizi:
a) la violazione e falsa applicazione dell’art. 338 del R.D. n. 1265/1934. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, errore di fatto, travisamento, difetto di istruttoria e di motivazione. Perplessità.
Il permesso di costruire e gli atti del procedimento non hanno rispettato il vincolo cimiteriale esistente;
b) la violazione e falsa applicazione del d.m. n. 1444/1968. Violazione e falsa applicazione della l.r. Liguria n. 25/1995 e del P.r.g. del Comune di Sanremo al tempo vigente. Eccesso di potere per illogicità, perplessità e contraddittorietà.
Si è prevista la monetizzazione degli standard, ancorché non ne sussistessero i presupposti.
c) la violazione e falsa applicazione del d.m. n. 1444/1968 e del P.r.g. del Comune di Sanremo al tempo vigente, sotto diverso profilo. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, di presupposto e di motivazione.
Sarebbe stato violato il d.m. n. 1444/1968, in materia di spazi a verde pubblico.
d) la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 6 e 7, l.r. n. 49/2009. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, di presupposto e di motivazione.
Rispetto al progetto presentato, mancherebbero i presupposti individuati dalle norme della legge regionale per l’applicazione della relativa disciplina.
e) la violazione e falsa applicazione del d.lgs. n. 152/2006 e del regolamento edilizio comunale di Sanremo. Eccesso di potere per difetto di istruttoria.
Si è censurata l’illegittimità degli atti a causa della violazione dell’art. 56 del regolamento edilizio comunale, che prevede che “debbano essere sottoposte a bonifica, propedeutica alla nuova edificazione, le aree che abbiano ospitato impianti produttivi.”.
f) la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l.r. n. 49/2009, dell’art. 19 della l.r. n. 1/2007 e della D.C.R. Liguria n. 31/2012. Illegittimità propria e derivata.
Si è dedotta “l’illegittimità sotto il profilo urbanistico commerciale del non conosciuto titolo annonario eventualmente rilasciato”.
4. Il Comune e la controinteressata si sono costituiti in giudizi, eccependo, in via pregiudiziale, l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione ed interesse a ricorrere.
5. Con la sentenza impugnata, il T.a.r., dopo aver rigettato le eccezioni pregiudiziali di inammissibilità formulate dai resistenti, ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti.
5.1. Segnatamente, il T.a.r.:
a) ha ritenuto insussistente la violazione dell’art. 338 del R.D n. 1265 del 1934 (Testo unico leggi sanitarie), che impone il vincolo di rispetto cimiteriale, evidenziando che il Comune, previo parere dell’A.s.l., ha consentito la deroga a tale vincolo, valorizzando che si tratta di un’opera di riqualificazione di un’area degradata (e, dunque, sussiste il previsto interesse pubblico alla deroga) e che il parere reso dall’A.s.l. è corretto, in quanto trattasi di cimitero monumentale, nel quale non si compiono più tumulazioni; non ne sono più previsti ampliamenti; vi è un arretramento dei corpi di fabbrica rispetto allo stato di fatto; vi è un torrente che separa il cimitero dall’erigendo centro commerciale;
b) ha ritenuto soddisfatti gli standard e che la decisione comunale di monetizzarne una parte è ampiamente discrezionale, senza che sussistano vizi che inficiano l’esercizio di questa discrezionalità;
c) ha statuito che lo standard del verde pubblico è soddisfatto e fruibile perché “le superfici a verde pubblico siano in realtà collocate al piano terra dell’immobile alla stessa quota di Corso Marconi, onde la loro agevole fruibilità da parte del pubblico”;
d) ha affermato che, effettivamente, l’edificio progettato si colloca in un’area ampiamente degradata, migliorandola, sicché non risulta violato l’art. 7 della l.r. n. 49/09;
e) ha stabilito che, contrariamente a quanto lamentato dalle ricorrenti, sono state effettuate le operazioni di bonifica del sito dove dovrà sorgere il centro commerciale;
f) ha dichiarato inammissibile il motivo con cui si deducono possibili vizi delle autorizzazioni commerciali, poiché esse non sono state rilasciate.
6. Avverso la sentenza di primo grado hanno proposto appello le originarie ricorrenti, domandando la sospensione della relativa esecutività.
7. Con il primo motivo, esse deducono, con plurime censure, l’erroneità della sentenza, per non aver dichiarato la violazione dell’art. 338 del Testo unico.
8. Con il secondo motivo, ci si duole del mancato accoglimento della censura relativa al mancato rispetto degli standard.
9. Con il terzo motivo, si lamenta che la sentenza di primo grado ha ritenuto fruibile lo standard a verde pubblico collocato sul tetto dell’edificio, malgrado “nel verbale della commissione istruttoria (cfr. doc. 11 del fascicolo dei documenti di primo grado) nel quale si legge «la prevista area sul tetto (…) non risulta di interesse per la pubblica fruizione. in quanto presenta problematiche di accessibilità e di gestione»”.
10. Con il quarto motivo, si reitera, criticamente, la censura di violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 6 e 7, L.R. 49/2009.
11. In data 7 dicembre 2020, la controinteressata si è costituita in giudizio, proponendo appello incidentale e producendo, successivamente, un’articolata memoria difensiva nella quale si è domandato il rigetto dell’appello.
11.1. In particolare, con ricorso notificato in data 8 gennaio 2021, la società proponente ha, a sua volta, gravato la sentenza impugnata, in ragione della sua soccombenza virtuale sulle eccezioni pregiudiziali proposte in primo grado.
11.2. L’appellante incidentale rileva, quanto all’interesse ad agire, che esso non sussisterebbe in capo alle appellanti, perché, allo stato, la destinazione d’uso a media struttura di vendita di generi alimentari è soltanto potenziale, in quanto l’edificio realizzando non ha ancora una sua precisa vocazione commerciale. Si rappresenta, in proposito, che la società appellante incidentale opera nel settore dell’edilizia e ha indicato quale destinazione finale quella di commercio di generi alimentari, soltanto per non precluderla ad un futuro acquirente o locatore dell’immobile, essendo richiesta per tale destinazione il soddisfacimento di una maggiore entità degli standard.
11.3. Viene dedotto, invece, relativamente alla legittimazione ad agire che l’edificio in costruzione dista circa 300 mt dall’attività commerciale di interesse delle ricorrenti in prime cure, nonché la mancata dimostrazione “di un reale pregiudizio derivante dalla realizzazione dell’intervento e, quindi, la dimostrazione del danno”.
11.4. Con la memoria dell’11 gennaio 2021, la società ha invece preso posizione sulle deduzioni delle appellanti, domandandone il rigetto.
12. In data 8 gennaio 2021, in vista dell’udienza di discussione dell’istanza cautelare, si è costituito altresì il Comune di Sanremo, il quale ha domandato il rigetto della domanda cautelare e dell’appello.
13. Con memoria dell’11 gennaio 2021, in vista dell’udienza camerale di decisione sull’istanza di sospensione proposta, le appellanti hanno depositato una memoria volta a prendere posizione sulle censure articolate nell’appello incidentale.
14. Con ordinanza del 19 gennaio 2021, n. 144, questo Consiglio ha accolto la domanda di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata e fissato l’udienza di discussione.
15. Le parti hanno illustrato le rispettive tesi con il deposito di ulteriori scritti difensivi e reciproche note di replica.
16. All’udienza dell’8 aprile 2021, la causa è stata trattenuta in decisione.
17. Va esaminato, con priorità, l’appello incidentale, che, ove fondato, determinerebbe l’inammissibilità dell’appello.
18. L’appello incidentale è infondato.
19. Le motivazioni che il T.a.r. ha posto a fondamento delle reiezione delle relative eccezioni formulate in primo grado dalla società controinteressata sono infatti condivisibili.
19.1. Giova premettere alla disamina della censura articolata dall’appellante incidentale i principi più volte affermati da questo Consiglio ed esaustivamente ribaditi, di recente, da una sentenza della Sezione, che va richiamata per la sua completezza.
19.2. Segnatamente, con la pronuncia n. 8313, del 24 dicembre 2020, questa Sezione ha ricordato che: “il criterio giuridicamente rilevante per verificare la sussistenza non solo della legittimazione, ma anche dell’interesse a ricorrere, è dato dallo ‘stabile collegamento’ tra il ricorrente e il contesto territoriale nel quale si trova l’area presa in considerazione dal provvedimento impugnato;
tale principio ha un rilievo generale, non solo quando si impugna un titolo edilizio (Cons. Stato, Sez. IV, 18 novembre 2014, n. 5662; Sez. IV, 18 aprile 2014, n. 1995; Sez. V, 21 maggio 2013, n. 2757), sussistendo indubbiamente una lesione della propria sfera giuridica – e non occorrendo la prova di uno specifico pregiudizio – quando si deduca che la violazione edilizia sia idonea a procurare un pregiudizio e ad incidere negativamente sulla qualità della vita o sulla salute (Cons. Stato, Sez. IV, 16 marzo 2020, n. 1882; Sez. VI, 10 dicembre 2019, n. 8402; Sez. VI, 23 maggio 2019, n. 3386; Sez. IV, 24 aprile 2019, n. 2654; Sez. IV, 26 luglio 2018, n. 4583; Sez. VI, 21 marzo 2016, n. 1156; Sez. III, 17 novembre 2015, n. 5257; Sez. IV, 13 marzo 2014, n. 1217), ma anche quando si impugna un atto che pianifica diversamente un terreno vicino (Cons. Stato, Sez. IV, 13 dicembre 2019, n. 8492), o che localizza un’opera pubblica (Cons. Stato, Sez. IV, 9 novembre 2020, n. 6895) o una discarica di rifiuti (Cons. Stato, Sez. IV, 29 novembre 2018, n. 6777; Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 263) o una stazione radio base (Sez. IV, 5 novembre 2019, n. 7552) o un atto che consente l’apertura di una struttura di vendita o l’ampliamento di quella esistente (Cons, Stato, Sez. IV, 9 novembre 2020, n. 6895; Sez. IV, 19 novembre 2015, n. 5278) e comunque qualsiasi atto che consenta la trasformazione del territorio (Sez. V, 14 febbraio 2011, n. 946); va ribadita la perdurante attualità del consolidato orientamento di questo Consiglio, formatosi nel vigore dell’art. 10 della legge n. 765 del 1967 (che consentiva a ‘chiunque’ la legittimazione a ‘ricorrere contro il rilascio della concessione edilizia’), che – dapprima con la sentenza leading case della Sez. V, 9 giugno 1970, n. 523, e poi con sentenze conformi (Ad. Plen., 7 novembre 1977, n. 23; Sez. V, 10 luglio 1981, n. 360; Sez. V, 17 aprile 1973, n. 399) – ha attribuito decisivo rilievo proprio al criterio della vicinitas, per evitare che si giunga ad ammettere un’actio popularis, che il legislatore non ha introdotto in materia di tutela del territorio”.
19.3. I principi appena ribaditi sono pienamente condivisi dal Collegio e comportano la reiezione dell’appello incidentale, essendo nel caso di specie sussistente la vicinitas fra la struttura delle appellanti e quella erigenda della controinteressata.
19.4. Risulta pacifico in atti che le due strutture risultano collocate a poche centinaia di metri l’una dall’altra.
19.5. Per il tipo di attività che tali edifici ospitano o sono potenzialmente destinati ad ospitare, una simile distanza risulta senz’altro significativa, al fine di marcare la sussistenza di una potenziale concorrenzialità fra le due strutture, perché trattasi di attività che per la loro collocazione geografica impingono, verosimilmente e potenzialmente, nel medesimo bacino di utenza.
Sussiste dunque la dedotta vicinitas commerciale.
19.6. Non può essere condivisa la deduzione su cui l’appellante incidentale ha più volte insistito, ossia che, allo stato, l’edificio non ospita ancora alcuna struttura di vendita, di talché il pregiudizio sarebbe soltanto potenziale.
Va rimarcato, infatti, che tale pregiudizio si realizza e si configura, al fine di radicare l’interesse e la legittimazione a ricorrere, per il solo fatto che viene assentita la realizzazione di un edificio che, potenzialmente, può ospitare una simile struttura di vendita, perché è evidente che, una volta non impugnato il titolo edilizio (o con il conseguimento della sua inoppugnabilità) e una volta realizzata l’opera, il concorrente non potrà reagire all’illegittimità edilizia, che ritiene in tesi sussistente, nel momento in cui la destinazione potenziale verrà attuata.
19.10. L’appello incidentale va dunque respinto.
20. Può ora procedersi all’esame dell’appello principale, seguendo l’ordine di proposizione dei motivi dell’appellante.
20.1. Il primo motivo è fondato e va accolto.
20.2. Con questo mezzo di gravame, le appellanti deducono, con plurime censure, l’erroneità della sentenza per non aver riscontrato la violazione dell’art. 338 del Testo unico:
a) il limite dei 50 metri, contrariamente a quanto ritenuto dal T.a.r., è bilaterale e dunque non si applica soltanto con riferimento all’ampliamento del cimitero, ma anche nell’ipotesi in cui sia l’edificazione privata a interessare il suddetto limite;
b) la delibera di consiglio che deroga tale limite è illegittima, perché basata su di un parere dell’ASL privo di adeguata motivazione;
c) vi è stata la violazione dell’art. 338, comma 5, che permette la deroga dei limiti soltanto ove si debba realizzare “un’opera pubblica” oppure “un intervento urbanistico”;
d) vi è stata la violazione dell’art. 338, settimo comma, in quanto l’intervento eccede i limiti da esso previsti, trattandosi, peraltro, di intervento di nuova costruzione.
20.3. Il Collegio ritiene opportuno consolidare i principi ribaditi da un recente precedente di Sezione (1° dicembre 2020, n. 7617), nel quale si è avuto modo di puntualizzare che:
a) il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto;
b) il vincolo cimiteriale è posto a presidio di una molteplicità di interessi pubblici, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità (e della relativa silenziosità) che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale;
c) il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica e si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti;
d) Il carattere assoluto del vincolo cimiteriale conosce una deroga esclusivamente nel caso sussistano le condizioni di cui all’art. 388, quinto comma, R.D. del 27 luglio 1934, n. 1265, che costituisce una previsione normativa di stretta interpretazione, che giustifica la deroga esclusivamente con la sussistenza di un interesse pubblico, come valutato dal legislatore nell’elencazione delle opere tassativamente ammissibili (cfr., ex multis, Cons. St., Sez. II, 28 ottobre 2019, n. 7329; Sez. VI, 12 febbraio 2019, n. 1013; Sez. VI, 24 aprile 2019, n. 2622; Sez. IV, 23 aprile 2018, n. 2411).
20.3. Alla luce dei su richiamati principi, risultano fondate le censure articolate dalle società appellanti, non risultando condivisibile una lettura della normativa in questione che interpreti il vincolo in modo da ritenerlo applicabile soltanto alle ipotesi di ampliamento del cimitero verso i centri abitati e non, viceversa, dell’edificato nei confronti del centro abitato.
20.3.1. Anzi, a tale riguardo va rilevato come “La deroga alla fascia di rispetto dei duecento metri riguardava quindi in passato [ossia, nel testo vigente prima della modificazione introdotta con la L. 1 agosto del 2002 n. 166, art. 28, comma 1,] solo l’ampliamento dei cimiteri esistenti e non anche l’attività edificatoria privata (cfr. per tutte Consiglio di Stato n. 377 del 1995, 23 agosto 2000 n. 4574)” (cfr. Cass. pen., sez. III, 26 febbraio 2009, n. 8626).
20.4. Parimenti, non risulta condivisibile una gestione del vincolo operata alla luce delle risultanze e delle contingenze del caso concreto, così come avvenuto nel caso di specie, in cui il T.a.r. ha dato rilievo alla circostanza che il cimitero sarebbe insuscettibile di ulteriore ampliamento; non risulterebbe più adoperato per le inumazioni, da tempo, presentando una valenza soltanto storica e monumentale; giace all’interno di una zona fortemente urbanizzata, in cui nel raggio di 50 metri sono presenti intorno numerosi edifici; tra il sedime in cui dovrebbe realizzarsi l’opera oggetto del provvedimento impugnato e il cimitero scorre un corso d’acqua denominato Rio San Bernardo; il progetto prevede l’arretramento delle strutture preesistenti che verranno demolite (cfr. pag. 11 della sentenza di primo grado).
Tali circostanze sono infatti totalmente irrilevanti rispetto al dato normativo, per come interpretato dalla consolidata giurisprudenza di questo Consiglio: anche un cimitero monumentale è un cimitero, non rilevano in senso contrario le eventuali violazioni di legge commesse in passato e la disciplina sulle distanze prescinde da ciò che si trova in loco.
20.5. Ancora, non può affermarsi la natura di “opera pubblica” o di “attuazione di un intervento urbanistico” di un edificio destinato ad ospitare, per espressa dichiarazione della società proponente il progetto autorizzato, una struttura a destinazione commerciale.
Va evidenziato che il permesso di costruire è stato rilasciato, facendo espresso riferimento alla sussistenza, nel caso in esame, di un caso sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 388, quinto comma, del R.D. citato, che prevede, per l’appunto, una deroga al divieto di carattere assoluto, ove si debba realizzare un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico (o, anche, la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre).
Invero, contrariamente a quanto rilevato sul punto nella sentenza impugnata, nel precedente di questo Consiglio n. 7617 del 2020, il Collegio, nel confermare la sentenza n. 9358 del 2019 del T.a.r. per il Lazio, ha ritenuto che non possa qualificarsi come “opera pubblica” o “attuazione di un intervento urbanistico” e, dunque, sussumersi nelle deroga prevista dall’art. 338, comma 5, T.U., neppure la realizzazione di edifici destinati all’edilizia residenziale pubblica (c.d. “E.R.P.”), ex lege n. 167 del 1962, sebbene tali interventi presentino una ben più marcata valenza lato sensu pubblicistica, rispetto ad un edificio a vocazione commerciale.
20.6. La giurisprudenza amministrativa è conforme, sul punto, a quella del Giudice civile e penale, secondo cui “la locuzione “per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico” deve essere interpretata nel senso che gli interventi urbanistici ai quali il legislatore ha inteso fare riferimento sono solo quelli pubblici o comunque aventi rilevanza pubblica e destinati a soddisfare interessi pubblicistici di rilevanza almeno pari a quelli posti a base della fascia di rispetto dei duecento metri” (Cassazione penale, sez. III, 13 gennaio 2009, n. 8626, e richiami di giurisprudenza, sia penale che amministrativa, ivi riportati).
20.7. Va infine evidenziato che l’ultima delle censure in cui è articolato il primo motivo di appello è relativa al comma 7 dell’art. 388 del R.D. in esame.
20.7.1. Invero, tale disposizione non è stata posta a giustificazione dell’intervento assentito da parte del Comune e neppure costituisce un punto su cui la sentenza del T.a.r. si è pronunciata.
20.7.2. La disposizione è stata invece invocata dalle parti nei rispettivi scritti difensivi, sicché il Collegio rileva che non sussiste un interesse a scrutinare un simile profilo, poiché l’eventuale assentibilità dell’intervento alla stregua di tale dato normativo costituirebbe comunque un’inammissibile motivazione postuma dell’intervento.
20.8. Il primo motivo di appello va dunque accolto nei sensi poc’anzi chiariti.
21. L’accoglimento del motivo di appello esaminato determina l’accoglimento del corrispondente motivo di ricorso di primo grado, con il conseguente annullamento degli atti impugnati.
22. Le spese dei due gradi seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello n.r.g. 9416 del 2020, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, accoglie il ricorso introduttivo del giudizio e annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna il Comune di Sanremo e la società < omissis > s.r.l. alla rifusione, in favore della società < omissis > Società di Gestione Immobiliare s.p.a. e dalla società < omissis > s.c.c., delle spese del giudizio che liquida in complessivi euro 10.000,00 (diecimila/00), di cui 8.000,00 (ottomila/00) a carico della società < omissis > s.r.l. e 2.000,00 (duemila/00) a carico del Comune, oltre agli accessori di legge (I.V.A., C.P.A. e rimborso spese generali al 15%), senza vincolo di solidarietà.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 aprile 2021, svoltasi da remoto in video conferenza ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Luca Lamberti, Consigliere
Alessandro Verrico, Consigliere
Silvia Martino, Consigliere
Michele Conforti, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE (Michele Conforti)
IL PRESIDENTE (Luigi Maruotti)
IL SEGRETARIO