Consiglio di Stato, Sez. IV, 13 gennaio 2020, n. 283
Non costituisce ampliamento del cimitero l’acquisizione ad esso di una cappella funeraria eretta, in epoca risalente, a ridosso del cimitero stesso.
Risulta tardivo il ricorso proposto dopo due anni, od oltre, dalla pubblicazione delle deliberazioni comunali impugnate, pubblicazione che costituisce il termine di efficacia degli stessi.
NORME CORRELATE
Art. 338 R.D. 27/7/1934, n. 1265
Pubblicato il 13/01/2020
N. 00283/2020REG.PROV.COLL.
N. 00349/2009 REG.RIC.
N. 00919/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 349 del 2009, proposto dal Comune di Brunate, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuliano Bologna e Elia Di Matteo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giuliano Bologna in Roma, via Merulana, n. 234;
contro
La signora S. Amalia Alessandra, non costituita in giudizio;
nei confronti
La Regione Lombardia, non costituita in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 919 del 2008, proposto dal Comune di Brunate, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuliano Bologna e Elia Di Matteo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giuliano Bologna in Roma, via Merulana, n. 234;
contro
Le signore S. Amalia Alessandra e S. B. Ernestina Augusta, rappresentate e difese dagli avvocati Roberto Golda Perini e Giovanni Crisostomo Sciacca, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Giovanni Crisostomo Sciacca in Roma, via di Porta Pinciana, n. 6;
per la riforma
quanto al ricorso n. 349 del 2009, della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) n. 6192/2007, resa tra le parti;
quanto al ricorso n. 919 del 2008, della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) n. 2856/2006, resa tra le parti;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della signora S. Amalia Alessandra;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 novembre 2019 il Cons. Roberto Proietti e udito l’avvocato Giovanni Crisostomo Sciacca;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con delibera del consiglio comunale di Brunate n. 26 del 27 febbraio 1989, è stato approvato l’ampliamento dell’area cimiteriale.
Con successiva deliberazione consiliare n. 132 del 25 settembre 1990, la medesima Amministrazione comunale ha approvato il progetto di “sistemazione dell’area cimiteriale e costruzione di n. 6 tombe di famiglia a giardino”.
Gli appellati hanno impugnato entrambe le deliberazioni dinanzi al TAR per la Lombardia, Sede di Milano, affermando di essere proprietari di un fondo identificato con il mappale 698 al N.C.E.U. (via Pissarottino n. 6/8), classificato dal P.R.U.G. vigente in Zona A2, di tutela ambientale, asseritamente interessato dall’estensione della fascia di rispetto cimiteriale conseguente all’ampliamento del cimitero, disposto con l’adozione delle citate deliberazioni.
Con la sentenza n. 2856/2006, il TAR per la Lombardia, Sede di Milano, ha accolto il ricorso.
2. Avverso tale sentenza il Comune di Brunate ha proposto appello (RG n. 919/2008) dinanzi al Consiglio di Stato, deducendo i seguenti motivi di ricorso.
I) – Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione.
Con il primo motivo di ricorso, l’appellante ha rappresentato che l’acquisizione della cappella gentilizia ed annessa area è avvenuta con le delibere di G.C. n. 190 del 20 settembre 1982 e di C.C. n. 46 del 20 dicembre 1982.
Con le delibere impugnate in primo grado (delibera di C.C. n. 26 del 27 febbraio 1989 e delibera di C.C. n. 132 del 25 settembre 1990), l’Amministrazione si è limitata a confermare le precedenti deliberazioni.
Gli originari ricorrenti hanno affermato che la conoscenza della lesività delle delibere impugnate risale all’aprile 1995 (cfr. pag. 2 del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado), ma il giudice di primo grado ha disatteso le eccezioni di irricevibilità ed inammissibilità del ricorso notificato all’Amministrazione in data 22 settembre 1995 (tredici anni dopo la pubblicazione delle delibere del 1982; cinque anni dopo la pubblicazione delle delibere impugnate; cinque mesi dopo la conoscenza del dedotto ampliamento cimiteriale).
Secondo l’appellante, il termine di impugnazione ha cominciato a decorrere dalla data della pubblicazione delle deliberazioni comunali, non essendo le ricorrenti destinatarie del provvedimento di acquisizione della cappella gentilizia con annessa area al patrimonio indisponibile del Comune e non innovando alcunché le delibere impugnate (con le quali è stata confermata l’acquisizione già precedentemente disposta).
Tutte le delibere indicate (del 1982, 1989 e 1990) sono state pubblicate all’Albo Pretorio, senza che nessuno le impugnasse.
L’acquisizione è stata disposta con la delibera di G.C. n. 190 del 20 settembre 1982, ratificata con delibera di C.C. n. 46 del 20 dicembre 1982.
Con la delibera di C.C. n. 26 del 27 febbraio 1989, è stata disposta l’incorporazione nel perimetro del cimitero dell’area già acquisita, mentre con la delibera di C.C. n. 132 del 25 settembre 1990 sono stati approvati i lavori di sistemazione e di costruzione di sei tombe sulla predetta area.
In sostanza, secondo l’appellante, le deliberazioni del 1982 costituirebbero atti ricognitivi della situazione di fatto, mentre le deliberazioni del 1989 e del 1990 avrebbero natura di atti meramente confermativi delle precedenti deliberazioni del 1982.
Quindi, mediante l’impugnazione di atti meramente confermativi, non sarebbe consentito contestare gli atti confermati non tempestivamente contestati.
Al riguardo, il giudice di primo grado avrebbe commesso un errore affermando che le ricorrenti avrebbero avuto titolo alla notificazione individuale del provvedimento, in quanto “chi risiede in un immobile a breve distanza dal cimitero è direttamente interessato dal progetto di ampliamento e dalla conseguente riduzione della fascia di rispetto”, perché non avrebbe considerato che questa esisteva già rispetto alla cappella gentilizia ed è rimasta invariata.
L’appellante ha, inoltre, affermato l’erroneità della sentenza appellata nella parte in cui il giudice di primo grado non avrebbe accolto l’eccezione avanzata dall’Amministrazione comunale al fine di far rilevare la carenza di interesse delle ricorrenti che avevano impugnato dinanzi allo stesso T.A.R. per la Lombardia le deliberazioni comunali di adozione del progetto di revisione generale del P.R.G. e di approvazione delle modifiche d’ufficio proposte dalla Regione Lombardia, sulla base del presupposto che veniva confermato l’ampliamento del cimitero.
Anziché considerare che l’approvazione di un nuovo strumento urbanistico nelle more del giudizio aveva fatto venire meno l’interesse alla contestazione degli atti precedenti, il giudice di primo grado avrebbe erroneamente affermato che la variante “non è frutto di una nuova valutazione”.
II) – Travisamento del fatto, contraddittoria o insufficiente motivazione.
Con il secondo motivo di ricorso, l’Amministrazione appellante ha affermato che con delibera della Giunta comunale n. 190 del 20 settembre 1982 era stata acquisita la cappella gentilizia insistente sul mappale 700 con l’annessa area, per soddisfare le esigenze di sepolture del Comune di Brunate, non essendo possibile alcun ampliamento del cimitero.
Il Consiglio Comunale ha ratificato tale deliberazione (cfr. delibera n. 46 del 20 dicembre 1982).
Al di là delle differenze terminologiche, (‘acquisizione’ nelle delibere del 1982; ‘incorporazione’ nella delibera di C.C. n. 26 del 27 febbraio 1989), l’area della cappella gentilizia era già stata acquisita e incorporata al cimitero comunale fin dal 1982.
Peraltro, l’acquisizione-incorporazione non costituisce ampliamento ed, anzi, è stata disposta proprio a causa dell’impossibilità di ampliare il cimitero (cfr. motivazione della delibera di G.C. n. 190 del 20 settembre 1982: “considerato che nonostante l’ultimo ampliamento la situazione di Brunate rimane insufficiente rispetto ai fabbisogni del Comune, né peraltro si può provvedere ad ulteriore ampliamento”).
Quindi, il giudice di primo grado avrebbe errato nel ritenere che l’interesse a ricorrere derivasse dalla delibera di C.C. n. 26 del 27 febbraio 1989, “che, avendo disposto l’incorporazione della cappella e il correlativo ampliamento del cimitero, non può considerarsi atto meramente confermativo dei precedenti” (pag. 4 della sentenza).
Del resto, che non vi fosse stato un ampliamento è confermato dalla successiva delibera di C.C. n. 132 del 25 settembre 1990 (impugnata), dalla quale si evince che l’intervento è avvenuto all’interno dell’area della cappella gentilizia acquisita (“per la costruzione di n. 6 tombe … realizzando le opere di recinzione e sistemazione dell’area cimiteriale antistante quella di pertinenza della Cappella”).
Relativamente alla fascia di rispetto, l’appellante ha osservato che, ai sensi dell’art. 340 T.U. 27 luglio 1934, n. 1265, le cappelle private e gentilizie devono essere “non aperte al pubblico, poste a una distanza dai centri abitati non minore di quella stabilita per i cimiteri“.
La fascia di rispetto cimiteriale è prevista dall’art. 338 T.U. cit., per i Comuni con popolazione inferiore a 20.000 abitanti, come il Comune di Brunate, nella misura di m. 50 (cfr. altresì art. 57 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285).
Quindi, la fascia di rispetto è sempre esistita rispetto alla cappella gentilizia e l’annessa area acquisita; così come sarebbe incontestato che la cappella, risalente alla fine dell’800, è preesistente all’immobile di costruzione delle ricorrenti e che gli immobili in fascia di rispetto cimiteriale non possono essere ampliati.
Pertanto, le delibere del 1982 e quelle impugnate non produrrebbero effetti pregiudizievoli per le interessate.
Né sarebbe sostenibile che “il nuovo muro di cinta del cimitero è stato realizzato a distanza di 17,50 mt dal piede della recinzione del mappale 698 e a 37,5 mt dalla soglia di ingresso dell’abitazione”, perché, secondo l’Amministrazione comunale, non è stato realizzato un “nuovo muro di cinta”, essendo stati conservati i muri perimetrali dell’area annessa alla cappella gentilizia.
Quindi, anche sotto questo profilo, il giudice di primo grado avrebbe travisato i fatti, peraltro, senza considerare che la fascia di rispetto rileva in relazione ai centri abitati, non a singole case (come nella fattispecie).
3. Nel giudizio d’appello RG n. 919/2008 si sono costituite le appellate (la signora S. B. E. A. nella qualità di erede), le quali hanno chiesto il rigetto del ricorso.
4. Con ordinanza n. 1016/2008, è stata respinta la domanda cautelare tesa ad ottenere la sospensione dell’esecutività della sentenza n. 2856/2006 del TAR per la Lombardia, considerato il lungo tempo trascorso tra l’emissione del provvedimento censurato in primo grado e l’istanza cautelare proposta dall’Amministrazione.
5. Con un secondo ricorso proposto dinanzi al TAR per la Lombardia, le appellate hanno impugnato la delibera di C.C. del Comune di Brunate n. 14 del 3 maggio 1999 di adozione del progetto di revisione generale del P.R.G.; la delibera di C.C. n. 17 del 7 giungo 2001 di controdeduzione alle osservazioni presentate dai privati; l’art. 35, Zona G – rispetto delle N.T.A. del P.R.U.G. del Comune di Brunate; e la deliberazione di C.C. del Comune di Brunate n. 8 del 7 aprile 2003 di approvazione delle modifiche d’ufficio proposte dalla Regione Lombardia con deliberazione di G.R. n. 11943 del 24 gennaio 2003.
Con sentenza n. 6192/2007, il TAR per la Lombardia, Sede di Milano, ha accolto anche questo ricorso.
6. Anche avverso tale sentenza il Comune di Brunate ha proposto appello (RG n. 349/2009) dinanzi al Consiglio di Stato, deducendo i seguenti motivi di ricorso.
I) – Tardività del ricorso.
Con il primo motivo di ricorso, l’appellante ha affermato che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente considerato tempestivo il ricorso introduttivo del giudizio, senza considerare che:
– la parte appellata afferma che gli atti impugnati avrebbero comportato una diminuzione della fascia di rispetto cimiteriale e, quindi, sarebbero lesivi della proprietà;
– se così fosse, gli atti impugnati si sarebbero dovuti considerare immediatamente lesivi e a conoscenza degli originari ricorrenti, che hanno depositato le proprie osservazioni in sede procedimentale;
– tuttavia, gli interessati non hanno tempestivamente impugnato (entro 60 giorni decorrenti dall’ultimo giorno dei 30 di pubblicazione dell’atto presso la Casa comunale) la delibera di C.C. del Comune di Brunate n. 14 del 3 maggio 1999 di adozione del progetto di revisione generale del P.R.G.
Infatti, il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado è stato notificato il 22 settembre 2003 e, quindi, risulta tardivo sia ai fini dell’impugnazione della citata deliberazione di C.C. del Comune di Brunate n. 14 del 3 maggio 1999; sia per contestare la delibera di C.C. n. 17 del 7 giugno 2001 (di controdeduzione alle osservazioni presentate dai privati), pubblicata in data 22 giugno 2001 (mentre il ricorso è stato presentato dopo due anni); che per impugnare la deliberazione del C.C. del Comune di Brunate n. 8/2003 (di approvazione delle modifiche d’ufficio proposte dalla Regione Lombardia con deliberazione di G.R. n. 11943 del 24.1.2003), pubblicata in data 26 aprile 2003 (posto che tra la pubblicazione di tale atto e la notificazione del ricorso sono trascorsi quasi cinque mesi).
Al riguardo, va considerato che, al di là del termine di efficacia degli atti indicati, discendente dalla pubblicazione sul prescritto bollettino, la pubblicazione degli stessi all’albo pretorio del Comune di Brunate risale all’aprile del 2003.
Quindi, il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado si sarebbe dovuto dichiarare irricevibile.
II) – Travisamento dei presupposti di fatto in ordine all’eccezione di carenza di interesse al ricorso; mancata pronuncia sulla circostanza dirimente della presenza della cappella gentilizia.
Con il secondo motivo di ricorso, l’appellante ha rilevato che dalla relazione del tecnico comunale depositata nel giudizio di primo grado emergerebbe che la delibera di approvazione del P.R.G. non comporta alcuna traslazione della fascia di rispetto cimiteriale. La cappella gentilizia con l’annessa area, infatti, preesistevano al fabbricato di proprietà alla parte appellata.
Quindi, il Comune di Brunate non avrebbe ampliato il perimetro cimiteriale, ma avrebbe acquisito le aree al patrimonio comunale.
La fascia di rispetto, che valeva anche rispetto alla cappella gentilizia ed al suo perimetro, non sarebbe stata spostata sicché dall’adozione e approvazione della variante generale non sarebbe derivato alcun pregiudizio alla parte appellata e, quindi, questa non avrebbe interesse a contestare gli atti impugnati, ivi compreso l’art. 35 N.T.A. Zona G – Rispetto, che vieta l’attività edilizia nelle fasce di rispetto, conformemente alle rispettive previsioni normative (per quanto concerne la fascia di rispetto cimiteriale, cfr. artt. 338 R.D. n. 1265/1934 e 57 D.P.R. n. 285/1990).
Il giudice di primo grado avrebbe, quindi, errato nel ritenere che, invece, vi sarebbe stato un ampliamento, sia per le ragioni sopra indicate, sia perché non avrebbe considerato che – in base al regolamento di Polizia Mortuaria (DPR 10 settembre 1990, n. 285, Parte 2, il Capo XVIII) -, le aree concesse dalle amministrazioni comunali per l’erezione di cappelle gentilizie rientrano nelle aree cimiteriali. L’art. 94 del regolamento indicato, infatti, stabilisce che: “3. Le sepolture private non debbono avere il diretto accesso con l’esterno del cimitero“.
In sostanza, la parte appellata non avrebbe alcun interesse ad impugnare un atto di programmazione che si limita a confermare l’area cimiteriale, comprensiva della cappella gentilizia, non essendovi alcuna diminuzione della fascia di rispetto; né alla contestazione dell’accrescimento dell’area cimiteriale, se non incide sulla fascia di rispetto che resta invariata.
III) – Inesistenza della prospettata diminuzione della fascia di rispetto; erronea qualificazione della zona frontistante quale abitato; carenza istruttoria.
Con il terzo ed ultimo motivo d’appello, l’Amministrazione ha rilevato che gli interessati hanno impugnato con separato ricorso (oggetto del contenzioso descritto ai precedenti punti sub 1 e 2) la deliberazione del C.C. del Comune di Brunate n. 26 del 27 febbraio 1989, la G.C. n. 190 del 20 settembre 1982, ratificata con delibera di C.C. n. 46 del 20 dicembre 1982, e la delibera di C.C. n. 132 del 25 settembre 1990, inerenti all’area cimiteriale.
Dagli atti di tale giudizio emergerebbe, secondo l’appellante, che l’area di cui al mappale ‘700 (oggetto di contestazione) risultava già acquisita al patrimonio indisponibile del Comune di Brunate e parte integrante del cimitero, sicché sarebbe smentita la tesi delle appellate secondo le quali, a seguito dell’intervento comunale, sarebbe diminuita la fascia di rispetto.
Infatti, la cappella gentilizia va considerata area cimiteriale e, quindi, la fascia di rispetto è rimasta immutata; la fascia di rispetto cimiteriale è prevista dall’art. 338 T.U. 27 luglio 1934, n. 1265 (in combinato disposto con l’art. 57 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285, che riduce tale fascia a 50 m. nei Comuni con popolazione inferiore a 20.000 abitanti); dalla relazione del Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Brunate e dai relativi allegati risulta che la cappella gentilizia è preesistente al fabbricato di proprietà della parte appellata (la data di costruzione della cappella risale al 1883, come si ricava dalla lapide raffigurata nelle fotografie; mentre la domanda di abitabilità relativa al fabbricato di proprietà dell’appellata è stata presentata in data 11 luglio 1923 al prot. n. 230); l’Amministrazione comunale ha acquisito la cappella gentilizia e l’area di cui al mappale 700, avente destinazione funeraria; tale area era già protetta da muri perimetrali (raffigurati nelle fotografie allegate alla citata relazione del Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Brunate); l’Amministrazione ha utilizzato l’area per fini pubblici inerenti alla sepoltura dei defunti, all’interno del perimetro esistente (come emerge dalle fotografie prodotte in giudizio).
Pertanto, le appellate non hanno interesse a contestare l’operato dell’Amministrazione, non essendo loro derivata alcuna lesione delle loro posizioni giuridiche soggettive, posto che al momento dell’adozione del progetto di revisione generale del Piano regolatore l’immobile di proprietà della parte appellata si trovava già all’interno della fascia di rispetto cimiteriale, considerato che l’art. 340 T.U. 27 luglio 1934, n. 1265 prevedeva che le cappelle private e gentilizie fossero “non aperte al pubblico, poste a una distanza dai centri abitati non minore di quella stabilita per i cimiteri“; sicché, la fascia di rispetto dai cimiteri pubblici e dalle cappelle gentilizie e private era la medesima.
In assenza di una concreta traslazione della fascia di rispetto verso la proprietà della parte appellata, non si è concretizzata alcuna imposizione di vincoli di inedificabilità a danno delle appellate.
7. Nel giudizio d’appello RG n. 349/2009 le parti evocate in causa non si sono costituite in giudizio.
8. All’esito dell’udienza del 21 novembre 2019 entrambe le cause sono state trattenute per la decisione e sono state riunite, in considerazione delle evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva.
9. Il Collegio osserva che dagli atti di causa emerge che con la delibera 20 settembre 1982, n. 190, di Giunta municipale (non impugnata), ratificata dal Consiglio con deliberazione 20 dicembre 1982, n. 46 (non impugnata), il Comune di Brunate ha acquisito una cappella funeraria esistente sul mappale n. 700, a ridosso del cimitero.
Con la deliberazione consiliare 27 febbraio 1989, n. 26, il Comune di Brunate ha disposto “l’ampliamento del cimitero comunale”, incorporando nel suo perimetro l’area (mappale 700) con sovrastante cappella funeraria edificata nel 1883.
Con la delibera 25 settembre 1990, n. 132, il Consiglio comunale ha approvato il progetto di sistemazione del cimitero (già esistente di fatto dal 1883) e la costruzione di sei tombe di famiglia a giardino.
Con atto notificato il 22 settembre 1995, gli originari ricorrenti, proprietari di un’area edificata negli anni 50/60 a monte del cimitero comunale (mappale n. 698), hanno impugnato le deliberazioni comunali n. 26/89 e 132/90, ed il TAR per la Lombardia ha accolto il ricorso con la sentenza n. 2856/2006.
Successivamente, con deliberazione del Consiglio Comunale n. 23 del 5 dicembre 2012, pubblicata all’Albo Pretorio dal 14 dicembre 2012 al 29 dicembre 2012, l’Amministrazione ha approvato il Piano Regolatore Cimiteriale; con deliberazione del Consiglio Comunale n. 24 del 5 dicembre 2012, è stato adottato il Piano di Governo del Territorio; ed è stata adottata la deliberazione del Consiglio Comunale n. 18 del 7 giugno 2013, avente ad oggetto “Piano di Governo del Territorio: controdeduzioni alle osservazioni – approvazione definitiva – pubblicata sul BURL – Serie Avvisi e Concorsi n. 50 di Mercoledì 11 dicembre 2013.
10. Riguardo alla tempestività dei ricorso originario, il giudice di primo grado ha affermato che chi risiede in un immobile a breve distanza dal cimitero è direttamente interessato dal progetto di ampliamento e dalla conseguente riduzione della fascia di rispetto e, pertanto, ha titolo alla notificazione individuale del provvedimento, in mancanza della quale – salva l’acquisizione aliunde di una piena conoscenza – il termine di impugnativa non decorre.
Secondo il TAR per la Lombardia, il termine di decadenza può sarebbe decorso neanche dal momento (aprile 1995) in cui gli originari ricorrenti hanno verificato l’esistenza del nuovo muro di cinta del cimitero, trattandosi di un fatto di per sé non idoneo a determinare la piena conoscenza dei provvedimenti “a monte” atti a legittimarne la realizzazione, conoscenza effettivamente acquisita dalle interessate solo dopo avere avuto accesso alla relativa documentazione.
In realtà, la ‘conoscenza’ della lesività di un atto non va intesa quale “conoscenza piena ed integrale” del provvedimento che si intende impugnare.
Ai fini della decorrenza del termine decadenziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale, infatti, rileva la percezione dell’esistenza di un provvedimento amministrativo e degli aspetti che ne rendono evidente la lesività della sfera giuridica del potenziale ricorrente, in modo da rendere percepibile l’attualità dell’interesse ad agire contro di esso (cfr. Cons. Stato, 28 maggio 2012, n. 3159).
La consapevolezza dell’esistenza del provvedimento e della sua lesività integra la sussistenza di una condizione dell’azione, rimuovendo ogni ostacolo all’impugnazione dell’atto mentre, la conoscenza “integrale” del provvedimento (o di altri atti del procedimento) influisce sul contenuto del ricorso e sulla concreta definizione delle ragioni di impugnazione, e quindi sulla causa petendi.
Infatti, l’ordinamento prevede l’istituto dei “motivi aggiunti” al fine di consentire al ricorrente di proporre ulteriori censure derivanti dalla conoscenza di altri atti o dalla conoscenza integrale di atti prima non pienamente conosciuti, entro il nuovo termine decadenziale di sessanta giorni decorrente da tale conoscenza sopravvenuta.
Alla luce delle considerazioni che precedono e di quanto emerge dalle deliberazioni impugnate e dagli atti depositati in giudizio dall’Amministrazione comunale (cfr. in particolare, la Relazione illustrativa del competente Ufficio comunale relativa, punto n. 3.2; “La zona di rispetto cimiteriale”, pagg. 18 e 19; l’Allegato A Cartografia del Piano Regolatore Cimiteriale, con specifico riferimento alla cartografia/Tavola n. 04, con particolare riferimento alla fascia di rispetto cimiteriale “ante 1961” e “post 1961”, all’assetto del cimitero dal 1883 al 1974, alla Cappella B. P. detta “M.” 1883, all’ampliamento cimiteriale del 1923; all’ampliamento cimiteriale del 1938; all’ampliamento cimiteriale del 1959 e all’ampliamento cimiteriale del 1974) emerge che i ricorsi di primo grado vanno considerati tardivi.
11. Infatti, riguardo al ricorso deciso con la sentenza del TAR per la Lombardia n. 2856/2006, va rilevato che l’acquisizione della cappella gentilizia ed annessa area risulta avvenuta con le delibere di G.C. n. 190 del 20 settembre 1982 e di C.C. n. 46 del 20 dicembre 1982.
Con le delibere impugnate (delibera di C.C. n. 26 del 27 febbraio 1989 e delibera di C.C. n. 132 del 25 settembre 1990) l’Amministrazione si è limitata a confermare le precedenti deliberazioni.
La stessa parte ricorrente ha, in sostanza, affermato che la conoscenza della lesività delle delibere impugnate risale all’aprile 1995 (cfr. pag. 2 del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado) e, quindi, il giudice di primo grado ha erroneamente disatteso l’eccezione di irricevibilità del ricorso notificato all’Amministrazione in data 22 settembre 1995 (tredici anni dopo la pubblicazione delle delibere del 1982; cinque anni dopo la pubblicazione delle delibere impugnate; cinque mesi dopo la conoscenza del preteso ampliamento cimiteriale).
Nel caso di specie, non vi è ragione per ritenere che il termine di impugnazione sia iniziato a decorrere da un momento diverso dalla pubblicazione delle deliberazioni comunali, non essendo le ricorrenti destinatarie del provvedimento di acquisizione della cappella gentilizia con annessa area al patrimonio indisponibile dell’Ente locale.
Non è stato contestato in giudizio che tutte le delibere indicate (del 1982, 1989 e 1990) sono state pubblicate all’Albo Pretorio; l’acquisizione è stata disposta con la delibera di G.C. n. 190 del 20 settembre 1982, ratificata con delibera di C.C. n. 46 del 20 dicembre 1982; con la delibera di C.C. n. 26 del 27 febbraio 1989 è stata disposta l’incorporazione nel perimetro del cimitero dell’area già acquisita, mentre, con la delibera di C.C. n. 132 del 25 settembre 1990 sono stati approvati i lavori di sistemazione e costruzione di sei tombe sulla predetta area.
In sostanza, risulta condivisibile la tesi dell’appellante secondo cui le deliberazioni del 1982 costituiscono atti ricognitivi della situazione di fatto, mentre le deliberazioni del 1989 e del 1990 integrano atti meramente confermativi delle precedenti deliberazioni del 1982; sicché, mediante l’impugnazione di atti meramente confermativi, non è consentito contestare gli atti confermati non tempestivamente contestati.
Del resto, le considerazioni del TAR sulla legittimazione a ricorrere degli originari ricorrenti hanno ben potuto evidenziare la sussistenza di una posizione di per sé tutelabile, ma non sono tali da comportare anche la sussistenza dell’obbligo per l’Amministrazione di notificare gli atti a suo tempo emanati: in base ai principi generali, per computo del termine di impugnazione si deve tenere conto della loro pubblicazione, previsto dalla legislazione sugli enti locali.
12. Relativamente al ricorso concluso con sentenza del TAR per la Lombardia n. 6192/2007, va osservato che le interessate hanno impugnato la delibera di C.C. del Comune di Brunate n. 14 del 3 maggio 1999 di adozione del progetto di revisione generale del P.R.G.; la delibera di C.C. n. 17 del 7 giugno 2001 di controdeduzione alle osservazioni presentate dai privati; l’art. 35, Zona G – rispetto delle N.T.A. del P.R.U.G. del Comune di Brunate; e la deliberazione di C.C. del Comune di Brunate n. 8 del 7 aprile 2003 di approvazione delle modifiche d’ufficio proposte dalla Regione Lombardia con deliberazione di G.R. n. 11943 del 24 gennaio 2003.
Tuttavia, il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado è stato notificato il 22 settembre 2003 e, quindi, risulta tardivo sia ai fini dell’impugnazione della citata deliberazione di C.C. del Comune di Brunate n. 14 del 3 maggio 1999; sia per contestare la delibera di C.C. n. 17 del 7 giugno 2001 (di controdeduzione alle osservazioni presentate dai privati), pubblicata in data 22.6.2001 (mentre il ricorso è stato presentato dopo due anni); che per impugnare la deliberazione del C.C. del Comune di Brunate n. 8/2003 (di approvazione delle modifiche d’ufficio proposte dalla Regione Lombardia con deliberazione di G.R. n. 11943 del 24 gennaio 2003), pubblicata in data 26 aprile 2003 (posto che tra la pubblicazione di tale atto e la notificazione del ricorso sono trascorsi quasi cinque mesi).
Al di là del termine di efficacia degli atti indicati, discendente dalla pubblicazione sul bollettino, la pubblicazione degli stessi all’albo pretorio del Comune di Brunate risale all’aprile del 2003, mentre, come detto, il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado è stato notificato il 22 settembre 2003.
Quindi, il giudice di primo grado ha erroneamente considerato tempestivo il ricorso, mentre avrebbe dovuto considerare che la parte appellata afferma che gli atti impugnati avrebbero comportato una diminuzione della fascia di rispetto cimiteriale e, quindi, sarebbero lesivi della proprietà, sicché avrebbero dovuto essere considerati immediatamente lesivi a decorrere dalla loro pubblicazione e comunque a conoscenza degli interessati, che hanno depositato le proprie osservazioni in sede procedimentale.
13. Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che i ricorsi in appello riuniti siano fondati e debbano essere accolti e, per l’effetto, in riforma delle sentenze del TAR per la Lombardia, Sede di Milano, n. 2856/2006 e n. 6192/2007, dichiara irricevibili i ricorsi di primo grado.
14. Sussistono gravi ed eccezionali motivi – alla particolare natura della controversia, della vicenda e delle questioni trattate – per compensare le spese di entrambi i grado di giudizio tra le parti in causa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando ai ricorsi riuniti indicati in epigrafe, così provvede:
• accoglie i ricorsi in appello riuniti;
• accoglie i ricorsi in appello riuniti e, per l’effetto, in riforma delle sentenze del TAR per la Lombardia, Sede di Milano, n. 2856/2006 e n. 6192/2007, dichiara irricevibili i ricorsi di primo grado;
• dispone la integrale compensazione di entrambi i grado di giudizio fra le parti in causa;
• ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Oberdan Forlenza, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Alessandro Verrico, Consigliere
Roberto Proietti, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE (Roberto Proietti)
IL PRESIDENTE (Luigi Maruotti)
IL SEGRETARIO