Consiglio di Stato, Sez. II, 28 ottobre 2019, n. 7329

Consiglio di Stato, Sez. II, 28 ottobre 2019, n. 7329
MASSIMA
Consiglio di Stato, Sez. II, 28 ottobre 2019, n. 7329
La normativa statale sui vincoli cimiteriali prevale comunque sulle diverse previsioni degli strumenti urbanistici, principio che è stato più volte chiarito dal Consiglio di Stato con numerose pronunce (v., da ultimo, Cons. Stato, Sez. II, 13 giugno 2019, n. 3952; v. anche Cons. Stato, Sez. IV, 5 dicembre 2018, n.6891). In proposito, data la peculiare natura del vincolo, non hanno rilievo le “rivoluzioni semifederaliste o pienamente autonomiste introdotte negli artt. 117 e 118 della Costituzione dalla legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001”. Quanto alla sopravvenuta normativa statale essa prevede sì delle deroghe al vincolo distanziale, se ne siano  i presupposti. Anche a voler prescindere dal pur chiaro profilo necessariamente pubblicistico delle possibili deroghe al vincolo distanziale dai cimiteri, per assentire una qualche deroga è prevista una specifica delibera del consiglio comunale. Né può conferire legittimità al permesso di costruire la circostanza che nel Comune sono state realizzate, negli anni, anche recenti, all’interno della fascia dei 200 metri della perimetrazione dell’area cimiteriale innumerevoli costruzioni pubbliche e private: trattasi di circostanze estranee alla normativa che governava il permesso di costruire sulla quale si è a più riprese pronunciata, in passato, la giurisprudenza amministrativa (ex aliis Cons. Stato, sez. IV, 11/07/2016, n. 3079) condivisibilmente affermando che l’eventuale rilascio a terzi, da parte del comune, di concessioni illegittime mai potrebbe essere invocato a fondamento di un’aspettativa giuridicamente rilevante al conseguimento di analoghi titoli o della sussistenza del vizio di disparità di trattamento.
NORME CORRELATE
Pubblicato il 28/10/2019
N. 07329/2019REG.PROV.COLL.
N. 03267/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso avente numero di registro generale 3267 del 2008, proposto dalla sig.ra Sig.ra Annalisa S., dal sig. Antonio D., dal dr. arch. Maria Giovanna S., dalla dr.ssa Paola Di., rappresentati e difesi dagli avvocati Enrico Follieri e Luigi Di., e con domicilio eletto in Roma, viale Mazzini n. 6;
contro
il Comune di Ortona in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Gabriella Jovino e Marcello Russo, e con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Marco Croce in Roma, via Nizza n. 63;
nei confronti
la Treesse Costruzioni S.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Daniele Vagnozzi e Giulio Cerceo ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, alla Via Leonida Bissolati n. 76;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, n. 189/2007, resa tra le parti e concernente la realizzazione di un complesso edilizio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2019 il Cons. Giancarlo Luttazi e uditi per le parti l’avvocato Enrico Folieri e, anche su delega dell’avvocato Marcello Russo, l’avvocato Giulio Cerceo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con atto d’appello notificato in data 4 aprile 2008 al Comune di Ortona e alla Treesse Costruzioni S.r.l. (in seguito anche “Treesse”) la sig.ra Annalisa S., il sig. Antonio D., il dr. arch. Maria Giovanna S., la dr.ssa Paola Di. hanno impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, n. 189/2007, pubblicata il 22 febbraio 2007.
La sentenza si è pronunciata – previa riunione e compensando le spese – sui seguenti due ricorsi degli attuali appellanti:
– il ricorso n. 480/2005, per all’annullamento del permesso di costruire n. 103 del 9 marzo 2005, rilasciato dal Comune di Ortona alla Treesse Costruzioni S.r.l. per la realizzazione di un complesso edilizio di due corpi di fabbrica (per una volumetria di metri cubi 4706,01, distribuita in circa 22 unità abitative, oltre alle relative pertinenze) in zona di ritenuto rispetto cimiteriale, nonché per l’annullamento degli atti connessi, ivi compreso l’art. 11 delle Norme tecniche di attuazione della variante al Piano regolatore generale del Comune di Ortona; ricorso respinto nel merito dalla sentenza appellata;
– il ricorso n. 448/2006, per l’annullamento della nota del 18 settembre 2006, prot. 18177-23322 di variante al citato permesso di costruire n. 103/2005; ricorso dichiarato improcedibile dalla sentenza appellata con la seguente motivazione: “Il ricorso n. 448/2006, per espressa dichiarazione del procuratore di parte, è stato superato da altro e successivo provvedimento satisfattivo”.
La sentenza appellata ha disatteso le eccezioni in rito del resistente Comune e della resistente Treesse (tardività; mancata evocazione in giudizio della provincia quale Ente che aveva provato la variante, relativamente all’impugnazione dell’art. 11 delle Norme tecniche di attuazione; carenza d’interesse). E nel merito ha respinto il ricorso n. 480/2005 ritenendo che non sussistesse la denunciata violazione del vincolo cimiteriale, sul rilievo che l’edificazione a distanza di 50 metri dal cimitero era consentita dalla normazione statale e comunale di riferimento (art. 338 del testo unico delle leggi sanitarie di cui al regio decreto 24 luglio 1934, n. 1265, come modificato dall’art. 28, comma 1, lett. a), della legge 1° agosto 2002, n. 166; art. 57 del Regolamento di polizia mortuaria di cui al d.P.R. . 10 settembre 1990, n. 285, come modificato dall’art. 28, comma 2, della legge 1° agosto 2002, n. 166; art. 12 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380; delibere consiliari n. 258 del 17 settembre 2004 e n. 25 del 14 giugno 2005), e che il procedimento sfociato nell’impugnata concessione edilizia aveva correttamente avuto la necessaria istruttoria e partecipazione dei soggetti pubblici competenti (parere preventivo n. 596/2005 dell’ASL di· Chieti; relazione istruttoria sul progetto del funzionario incaricato [in data 8 agosto 2005]; relazione integrativa del progettista [in data 28 luglio 2005]).
L’appello denuncia:
1) violazione del principio del rapporto di legittimità tra atto amministrativo e norma che ne prevede la produzione;
2) violazione dell’art. 338 del testo unico delle leggi sanitarie, come modificato dall’art. 28 della legge 1° agosto 2002, n. 166.
Il Comune di Ortona ha depositato controricorso in data 8 maggio 2008, rilevando:
– l’improcedibilità dell’impugnativa per non essere stato gravato l’ulteriore permesso di costruire in variante rilasciato dal Comune;
– l’inammissibilità del primo motivo d’appello per violazione del divieto di ius novorum, e comunque la sua infondatezza;
– l’infondatezza del secondo motivo d’appello.
La Treesse Costruzioni S.r.l. ha notificato agli appellanti e al Comune di Ortona in data 26 maggio 2008 (data di spedizione) e depositato in data 27 maggio 2008 controricorso, con contestuale appello incidentale condizionato.
La Treesse ha rilevato nel controricorso:
– l’improcedibilità dell’impugnativa per non essere stato gravato l’ulteriore permesso di costruire in variante rilasciato dal Comune;
– la fondatezza, con riferimento al primo motivo dell’appello principale (che l’appello incidentale afferma diretto avverso l’art. 11 delle N.T.A), delle due eccezioni già formulate in primo grado (irricevibilità per tardività e inammissibilità per omessa notifica del gravame alla Provincia di Chieti);
– l’infondatezza nonché l’inammissibilità (per violazione del divieto di ius novorum) del primo motivo dell’appello principale;
– l’infondatezza nonché la parziale inammissibilità (per violazione del divieto di ius novorum quanto all’impugnativa del decreto del Ministero della Sanità (rectius: del medico provinciale) del 6 luglio 1970, di autorizzazione a ridurre la fascia di rispetto del cimitero di Ortona da metri 100 a metri 50) del secondo motivo dell’appello principale
Nell’appello incidentale condizionato la Treesee ha contestato all’appellata sentenza di non aver accolto le citate due eccezioni Treesse formulate in primo grado (irricevibilità per tardività e inammissibilità per omessa notifica del gravame alla Provincia di Chieti).
In esito ad avviso di perenzione consegnato in data 3 ottobre 2013 parte appellante ha depositato, in data 13 novembre 2013, domanda di fissazione di udienza.
La Treesse ha prodotto una memoria e documenti in data 17 aprile 2019.
Il Comune ha prodotto memoria conclusiva in data 24 aprile 2019.
Gli appellanti hanno prodotto una memoria in data 26 aprile 2019 e una memoria di replica in data 6 maggio 2019.
La Treesse ha replicato in data 7 maggio 2019 e depositato documenti in data 15 maggio 2019.
Gli appellanti hanno depositato documenti in data 18 maggio 2019.
Treesse e gli appellanti hanno depositato una propria memoria di replica in data 16 settembre 2019.
La causa è passata in decisione all’udienza pubblica dell’8 ottobre 2019.
DIRITTO
1.- I rilievi sull’improcedibilità dell’appello nella sua interezza sono infondati.
Il Comune e Treesse affermano che l’appello è improcedibile perché diretto a contestare un permesso di costruire (il permesso di costruire n. 103/2005 impugnato con l’originario ricorso al Tar n. 480/2005) che sarebbe completamente superato dai titoli edilizi successivamente intervenuti e concretamente realizzati.
L’eccezione non è fondata perché, come correttamente rilevato dagli appellanti, la controversia non attiene alle caratteristiche strutturali o architettoniche degli immobili oggetto di quell’originario permesso di costruire n. 103/2005 ma alla loro collocazione in prossimità dell’area cimiteriale, prossimità che è stata solo confermata da successivi permessi di costruire.
Gli ulteriori rilievi in rito, ivi compresi quelli contenuti nell’appello incidentale di Treesse, saranno valutati in sede di esame dei motivi dell’appello principale, perché non attengono a quest’ultimo nella sua totalità ma a ciascuno dei due motivi di esso.
2.1 – Relativamente al primo motivo d’appello (“Violazione del principio del rapporto di legittimità tra atto·amministrativo e norma che ne prevede la produzione”) le attuali controparti ripropongono l’eccezione di inammissibilità (eccezione che Treesse formula anche come specifico motivo d’appello incidentale) per mancata evocazione in giudizio della Provincia di Chieti nella sua veste di autorità emanante del Piano regolatore generale (avendo la Provincia partecipato alla formazione di tale atto complesso mediante l’approvazione dello stesso), le cui Norme tecniche di attuazione (ed in particolare l’art. 11 di queste ultime) sono state impugnate nel ricorso di primo grado n. 480/2005 come atto preordinato a quello impugnato in quella sede in via principale (il permesso di costruire n. 103 del 9 febbraio 2005).
Il rilievo di inammissibilità non è fondato poiché, come si evince dal ricorso di primo grado e come del resto sinteticamente esposto dal primo giudice, la censura degli attuali appellanti era rivolta in primo luogo non tanto alle pregresse Norme tecniche di attuazione ma al permesso di costruire n. 103/2005.
Si legge infatti nel suddetto ricorso di primo grado n. 480/2005 il rilievo fondamentale, ascritto all’impugnato permesso di costruire, secondo il quale il Comune, “dell’ingresso nel mondo giuridico della suddetta legge” (la legge 1 agosto 2002, n. 167, il cui art. 28 ha modificato l’art. 338 del testo unico delle sanitarie di cui al regio decreto 24 luglio 1934, n. 1265) “non ne teneva conto alcuno, come se le norme recanti la nuova disciplina delle distanze cimiteriali e le aree di rispetto non riguardassero il territorio comunale di Ortona, disciplinato solo ed unicamente dalla variante al piano regolatore generale del 1994 (…)</i>”; e si legge altresì all’esordio del primo motivo la censura, chiaramente indirizzata non alle Norme tecniche di attuazione ma al permesso di costruire: “<i>Preliminarmente va rilevato che il vincolo di inedificabilità cimiteriale di cui all’art. 338 del testo unico delle sanitarie (…) deriva da una legge dello Stato e come tale opera ex se ope legis, indipendentemente da una diversa previsione dei singoli strumenti urbanistici o dal fatto che venga recepito dallo strumento urbanistico primario secondario, e, persino in contrasto con i medesimi”.
Lo stesso Tar del resto, nel rigettare la presente eccezione di inammissibilità, ha sinteticamente rilevato “Vanno superate le eccezioni preliminari, perché parte ricorrente sostiene il valore cogente ed assoluto della normativa statale, che impone la inedificabilità della fascia ministeriale (regio decreto n. 1265/1934, quale modificato dalla legge n. 166/2002) prevarrebbe su ogni altra previsione di forme, con conseguente illegittimità del permesso di costruire (…)”.
Per le medesime ragioni (oggetto fondamentale dell’impugnazione in primo grado da individuare nel permesso di costruire e non nelle pregresse Norme tecniche di attuazione) va respinta l’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado n. 480/2005 per tardiva impugnazione delle suddette Norme tecniche di attuazione, eccezione pure riproposta da Treesse come motivo d’appello incidentale.
Le controparti contestano anche al primo motivo d’appello la violazione del divieto di ius novorum: l’appello dedurrebbe per la prima volta l’implicita abrogazione del citato art. 11 delle Norme tecniche di attuazione ad opera del citato art. 28 della legge n. 166/2002.
L’eccezione non è fondata, poiché l’implicita abrogazione (rectius: la prevalenza della normativa statale in tema di vincoli cimiteriali sulle diverse previsioni degli strumenti urbanistici) è stata già chiaramente affermata nel ricorso di primo grado (vedi il già riferito stralcio del ricorso di primo grado in cui si legge “Preliminarmente va rilevato che il vincolo di inedificabilità cimiteriale di cui all’art. 338 del testo unico delle sanitarie (…) deriva da una legge dello Stato come tale opera ex se ope legis, indipendentemente da una diversa previsione dei singoli strumenti urbanistici o dal fatto che venga recepito dallo strumento urbanistico primario secondario, e, persino in contrasto con i medesimi”).
Nel merito il primo motivo dell’appello principale è fondato.
Gli appellanti rilevano che sulle previgenti Norme tecniche di attuazione della variante al Piano regolatore generale, le quali all’art. 11 consentivano di utilizzare a fini edificatori i suoli siti a 50,00 metri dal muro di cinta del cimitero, è intervenuto l’art. 28 della legge 1 agosto 2002, n. 166¸ il quale, nel modificare l’art. 338 del citato testo unico delle leggi sanitarie di cui al regio decreto n. 1265/1934, vieta le costruzioni nei 200 metri dal muro di cinta del cimitero, consentendo la costruzione di nuovi edifici nella zona di rispetto cimiteriale solo in presenza di determinati presupposti, assenti – diversamente da quanto ritenuto nell’appellata sentenza – nel caso di specie.
L’assunto è da condividere.
In primo luogo va osservato che correttamente gli appellanti, sia in primo sia in secondo grado, hanno osservato che – diversamente da quanto sostenuto dalle controparti – la normativa statale sui vincoli cimiteriali prevale comunque sulle diverse previsioni degli strumenti urbanistici.
Il principio è stato più volte chiarito da questo Consiglio di Stato con numerose pronunce da cui non vi è motivo di discostarsi (v., da ultimo, Cons. Stato, Sez. II, 13 giugno 2019, n. 3952; v. anche Cons. Stato, Sez. IV, 5 dicembre 2018, n.6891).
In proposito, data la peculiare natura del vincolo, non hanno rilievo le “rivoluzioni semifederaliste o pienamente autonomiste introdotte negli artt. 117 e 118 della Costituzione dalla legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001” prospettate dal Comune nelle proprie difese e ribadite nelle difese Treesse.
Quanto alla sopravvenuta normativa statale essa prevede sì delle deroghe al vincolo distanziale, ma nella fattispecie – come rilevato nell’appello contestando la gravata sentenza – non se ne erano verificati i presupposti.
Il citato art. 338 del regio decreto n. 1265/1934, come sostituito dall’art. 28, comma 1, lett. a), della citata legge n. 166/2002, prevede al primo comma, secondo periodo: “E’ vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel Comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
Il successivo quinto comma, primo periodo, come sostituito dall’art. 28, comma 1, lett. b), della citata legge n. 166/2002, prevede: “Per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici”.
Quest’ultima disposizione, richiamando l’esecuzione di un’opera pubblica o l’attuazione di un intervento urbanistico, dà alle possibili deroghe al rispetto cimiteriale connotazione pubblicistica e non connessa ad interessi edificatori privati: la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell’art. 338, quinto comma; e questo art. 338, quinto comma, non presidia interessi privati e non può legittimare interventi edilizi futuri su un’area indisponibile, sia per ragioni di ordine igienico-sanitario sia per la sacralità dei luoghi di sepoltura (v. Cons. Stato, Sez. IV, 6 ottobre 2017, n. 4656). Sicché la deroga assentita a Treesse ed impugnata in primo grado risulta contraria alla disciplina dei vincoli cimiteriali.
Ma, anche a voler prescindere dal pur chiaro profilo necessariamente pubblicistico delle possibili deroghe al vincolo distanziale dai cimiteri, nella fattispecie non vi è stato neppure il tipizzato procedimento previsto dal riportato art. 338, quinto comma, primo periodo, del regio decreto n. 1265/1934 per assentire una simile deroga, per la quale è prevista una specifica delibera del consiglio comunale.
Pertanto, diversamente da quanto ritenuto dal Tar, il permesso di costruire n. 103/2005, nel consentire l’edificazione a distanza di 50 metri dal cimitero, ha violato il vincolo cimiteriale di cui al citato art. 338 del regio decreto n. 1265/1934 e successive modifiche e integrazioni.
Né può conferire legittimità al permesso di costruire impugnato in primo grado la circostanza, prospettata da Treesse, che nel Comune di Ortona state realizzate, negli anni, anche recenti, all’interno della fascia dei 200 metri della perimetrazione dell’area cimiteriale “innumerevoli costruzioni pubbliche e private”, e che lo stesso fabbricato degli appellanti risulta realizzato ad una distanza inferiore a 100 metri dalla recinzione cimiteriale. Trattasi infatti di circostanza estranea alla normativa che governava quel permesso di costruire sulla quale, peraltro, si è a più riprese pronunciata, in passato, la giurisprudenza amministrativa (ex aliis: Consiglio di Stato , sez. IV , 11/07/2016 , n. 3079) condivisibilmente affermando che “l’eventuale rilascio a terzi, da parte del Comune, di concessioni illegittime giammai potrebbe essere invocato a fondamento di un’aspettativa giuridicamente rilevante al conseguimento di analoghi titoli o della sussistenza del vizio di disparità di trattamento.”.
2.2 –L’accoglimento del primo motivo d’appello soddisfa integralmente gli appellanti, sicché si prescinde dall’esame del secondo motivo (peraltro formulato in subordine: il secondo motivo d’appello esordisce: “Ma qualora si ritenesse possibile operare la inversione logica e cronologica del rapporto di legittimità tra la norma di legge e l’atto amministrativo … ”); e dunque può anche prescindersi dalle eccezioni in rito avverso questo secondo ordine di censure.
3. – L’appello va dunque accolto.
Per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va accolto il ricorso di primo grado e va annullato, per violazione del vincolo cimiteriale, il permesso di costruire n. 103 del 9 marzo 2005.
Le spese dei due gradi seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, ed in accoglimento del ricorso di primo grado, annulla il permesso di costruire n. 103 del 9 marzo 2005.
Condanna il Comune Ortona e la Treesse Costruzioni S.r.l., in solido e in favore di parte appellante, al rimborso delle spese di giudizio, e le liquida in euro ottomila (€8000,00) oltre oneri accessori, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Taormina, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Giancarlo Luttazi, Consigliere, Estensore
Giovanni Sabbato, Consigliere
Francesco Frigida, Consigliere
L’ESTENSORE (Giancarlo Luttazi)
IL PRESIDENTE (Fabio Taormina)
IL SEGRETARIO

Written by:

Sereno Scolaro

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