TAG: Attività funebre | casa funeraria /// Norme correlate: Art. 92 d.P.R. 10/9/1990, n. 285
Massima
Il termine tumulazione va utilizzato genericamente come sinonimo di sepoltura sia di salme, sia di cassette ossario o di urne cinerarie, quindi, anche con riferimento al d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (Approvazione del regolamento di polizia mortuaria), il quale all’art. 50 prevede che «nei cimiteri devono essere ricevuti […] a) i cadaveri […] e) i resti mortali delle persone sopra elencate», valendo, esso, come principio che non differenzia i “cadaveri” dai “resti mortali”, impostazione corroborata dalla giurisprudenza della Suprema Corte per la quale «la nozione di cadavere […] comprende anche i resti umani, consistenti nello scheletro o in parte di esso, purché si tratti di resti tuttora capaci di suscitare il sentimento della pietà verso i defunti» (Cass. penale, sez. III, 25 giugno 2014, n. 45444).
Testo
Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, Sez. Giurisd., 25 novembre 2024, n. 911
Pubblicato il 25/11/2024
N. 00911/2024REG.PROV.COLL.
N. 01067/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 1067 del 2024, proposto dal Comune di Palermo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Roberto Saetta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
la sig.ra Provvidenza A., rappresentata e difesa dall’avv. Massimo Petrucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Prima) n. 2389 del 5 agosto 2024.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della sig.ra Provvidenza A. ;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2024 il consigliere Giovanni Ardizzone e uditi per le parti gli avvocati come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
1. Il Comune di Palermo impugna la sentenza in epigrafe indicata con la quale è stato accolto il ricorso proposto dalla sig.ra Providenza A. per l’annullamento della determina dirigenziale del 19 aprile 2024, notificata il 3 maggio 2024, con la quale, «ai sensi dell’art. 92, comma 2, d.P.R. 285/1990 come richiamato dall’art. 62, comma 4 del locale regolamento cimiteriale, ed in conformità all’Ordinanza Commissariale n. 3/2023 » è stata disposta «la revoca della concessione cimiteriale per sepoltura gentilizia ubicata presso il cimitero dei S.M. dei Rotoli sez./lotto 142/30 fascicolo n. 6512, intestata alla sig.ra A. Teresa fu Giambattista, poiché nel manufatto non avvengono tumulazioni di salme da più di cinquanta anni (ultima tumulazione il 24/07/1969)».
2. La ricorrente, con il ricorso introduttivo, avendo premesso di essere coerede concessionaria della sepoltura gentilizia sita nel cimitero dei Rotoli presso la sez. 142/30 prat. 142, concessa alla sig.ra Teresa A., con contratto di concessione del 28 febbraio 1953, e che il Comune di Palermo, con nota del 19 marzo 2008, aveva autorizzato «l’immissione dei resti della salma» della madre sig.ra Giovanna R., proveniente da altra sepoltura gentilizia (sez. 204 n. 11 prat.) dello stesso cimitero, censurava il gravato provvedimento deducendo, in particolare, che il Comune erroneamente aveva ritenuto che negli ultimi cinquanta anni, nel contestato loculo, non vi fosse stata alcuna tumulazione; tale valutazione, infatti, sarebbe smentita dal cosiddetto “modulo 21” rilasciato dallo stesso Comune, dal quale risulta che, in data 8 aprile 2008, in quel loculo, era stata tumulata la salma della propria madre. Contestava altresì l’assunto del Comune secondo cui «l’immissione di cassetta di resti della salma […] proveniente da altra sepoltura» sarebbe inidonea ad interrompere il termine dei cinquanta anni necessari per la revoca della concessione cimiteriale.
3. Il T.a.r. ha accolto il ricorso in conformità alla precedente sentenza n. 791 del 28 febbraio 2024, adottata dalla stessa Sezione, in fattispecie del tutto sovrapponibile a quella in esame, con cui ha «avuto modo di chiarire che la disciplina normativa fornisce una accezione ampia al termine tumulazione, comprendendo anche l’immissione di resti ossei» atteso che «[…] il termine tumulazione è utilizzato genericamente, quale sinonimo di sepoltura, anche nell’ambito dello stesso Regolamento dei Servizi Cimiteriali del Comune di Palermo […] risulta irragionevole differenziare l’ipotesi della tumulazione della salma nel loculo con la tumulazione dei soli resti […]», quindi «[…] sarebbe irragionevole (se non addirittura discriminatorio) ritenere che l’interruzione del decorso del termine di 50 anni previsto per la revoca della concessione dalla disciplina di riferimento dipenda dalla tipologia di sepoltura […]». Il primo giudice, in conclusione, ha ritenuto che «l’immissione dei resti della salma della madre della ricorrente in data 08.04.2008 può senz’altro essere considerata una forma di “tumulazione” idonea a interrompere il termine previsto per la revoca della concessione cimiteriale». Quindi ha disposto l’annullamento del gravato provvedimento.
4. Il Comune di Palermo interpone appello deducendo la «violazione e falsa applicazione dell’art. 62, comma 4, del Regolamento Comunale dei Servizi cimiteriali».
L’appellante muove dalla premessa che «l’ultima immissione di “salma” risaliva al 23 luglio 1969». Sostiene che «il requisito della revoca ai sensi del disposto degli artt. 92, comma 2, del d.P.R. n. 285/1990, come richiamato dall’art. 62, comma 4 del locale regolamento, ricorreva dunque già nel 2019, anche se poi la revoca veniva formalizzata alcuni anni dopo, con la determinazione dirigenziale impugnata, adottata in esecuzione dell’O.C. n. 3 del 27/02/2023 con la quale il Commissario del Governo per l’emergenza cimiteriale […] ha disposto la riacquisizione, da parte dell’Amministrazione Comunale, delle sepolture soggette a revoca […]». Contesta, quindi, che l’ultima tumulazione possa ricondursi al 2008 quando i resti ossei della salma della sig.ra Giovanna R., provenienti da diverso loculo presso lo stesso cimitero, siano stati immessi in quello oggetto della revocata concessione. Al riguardo l’appellante asserisce che «il termine “tumulazione” si associa in via esclusiva a quello di “cadavere”» e considera «fantasiosa ed infondata ogni equiparazione fra i termini “salma” e “resti”». Ritiene che la “tumulazione” riguardi specificamente «una salma (o cadavere)» e non «la movimentazione di urne cinerarie o di cassette contenenti i resti ossei di salme mineralizzate», atteso che «il legislatore [ha] voluto prevenire una strategia elusiva, basata sul meno complesso reperimento di cassette ossario o urne da ospitare in sepoltura per interrompere il termine decadenziale». Sostiene che «la ratio del legislatore appare quella secondo cui una sepoltura utilizzata per collocarvi feretri può rimanere gentilizia; viceversa, se l’utilizzo della stessa avviene per l’immissione di cassette o urne – che possono facilmente avere sistemazioni diverse – la relativa concessione, dopo 50 anni, previa revoca, viene acquisita al patrimonio comunale». Contesta la sentenza anche nella parte in cui si ritiene violato lo ius sepulchri, cioè il diritto di commemorare i propri defunti, atteso che «come espressamente disposto nella D.S. 123/2006, “i resti (delle salme riunite) dovranno essere raccolti in apposite cellette ossario e mantenute nella stessa sepoltura” […]».
5. Resiste l’appellata con memoria depositata il 4 ottobre 2024.
6. Alla camera di consiglio del 9 ottobre 2024 fissata per la trattazione della istanza cautelare di parte appellante, previo avviso alle parti in ordine alla possibilità di definire il giudizio nel merito con sentenza in forma semplificata, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
7. In via preliminare osserva il Collegio che sussistono i presupposti per la decisione in forma semplificata.
8. Il gravame è infondato.
9. Le censure di parte appellante muovono tutte dall’errata premessa che «inequivocabilmente il termine “tumulazione” si associa in via esclusiva a quello di “cadavere”», con la puntualizzazione, addirittura, che il termine cadavere «sia nella più comune accezione linguistica sia nel linguaggio medico forense, indica una salma intera, sia pure con eventuali menomazione fisiche, ma senza alcuna analogia con i resti riuniti». Il Comune intende corroborare la sua tesi richiamando il contenuto dell’art. 118 del regolamento comunale dei servizi cimiteriale secondo cui «si intende per tumulazione il seppellimento di un cadavere in nicchia o loculo costruito in muratura».
Sul punto il primo giudice, dopo avere evidenziato che nel citato art. 118 del Regolamento non è «precisato che il termine tumulazione sia riferibile alla prima sepoltura della salma», con ineccepibile ed esaustiva argomentazione, afferma che «il termine tumulazione è utilizzato genericamente, quale sinonimo di sepoltura, anche nell’ambito dello stesso Regolamento dei Servizi Cimiteriali, in cui viene indifferentemente riferito sia alla sepoltura di salme, alla sepoltura in cassette ossario ovvero in urne cinerarie – la sepoltura della salma e la sepoltura dei resti della salma sono due fattispecie che, dal punto di vista letterale, risultano del tutto equiparabili».
Al riguardo il Collegio osserva come il T.a.r. nell’esaminare l’ art. 118 del Regolamento, che nel definire la “tumulazione” fa riferimento al “cadavere”, abbia privilegiato l’interpretazione sistematica, in primo luogo, con riferimento alle altre norme dello stesso Regolamento in cui il termine tumulazione è utilizzato genericamente come sinonimo di sepoltura sia di salme, sia di cassette ossario o di urne cinerarie, quindi, anche con riferimento al d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (Approvazione del regolamento di polizia mortuaria), il quale all’art. 50 prevede che «nei cimiteri devono essere ricevuti […] a) i cadaveri […] e) i resti mortali delle persone sopra elencate», valendo, esso, come principio che non differenzia i “cadaveri” dai “resti mortali”, come diversamente preteso dal Comune. A fronte della fragile argomentazione dell’appellante secondo cui «inequivocabilmente il termine “tumulazione” si associa in via esclusiva a quello di “cadavere”», il Collegio, in via dirimente, e sempre secondo una interpretazione sistematica, osserva che legge 30 marzo 2001, n. 130 – Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri – (in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, 19 aprile 2001, n. 91) – all’art. 1, comma 1, lett. e), prevede che « […] sono disciplinate prevedendo, nel rispetto della volontà espressa del defunto, alternativamente, la tumulazione, l’interramento o l’affidamento ai familiari». Ed ancora prima, il Ministero della sanità, con circolare 24 giugno 1993, n. 24, emanata «al fine di uniformare su tutto il territorio nazionale» l’applicazione del Regolamento di polizia mortuaria, approvato con d.P.R. 285/1990, al punto 13.2 espressamente utilizza il termine «tumulazione» con riferimento a «resti e ceneri».
Il Collegio, ad colorandum, rileva che l’art. 118 del Regolamento cimiteriale, approvato con delibera del Consiglio comunale n. 194 del 1° ottobre 1997, ovvero 27 anni fa, merita anche un’interpretazione evolutiva, altrimenti opinando la limitazione della tumulazione, secondo la tesi del Comune, ai soli “cadaveri” contrasterebbe con la sempre più diffusa pratica della cremazione, e, conseguenzialmente coloro, o i loro familiari, che optassero per tale scelta, nonostante la titolarità della concessione cimiteriale, verrebbero privati del diritto al sepolcro.
Il Collegio rileva, ancora, che è immune da vizi la sentenza nella parte in cui fa riferimento alla violazione dello ius sepulchri, atteso che, nel caso di specie, la tumulazione dei resti della madre nella tomba di famiglia è coerente con la ratio dell’istituto del “diritto al sepolcro ereditario”, costituito da un fondatore con l’obiettivo di costituire, per sé e per i propri cari, la disponibilità, nello stesso luogo, di una sepoltura sicura, alla quale potere accedere per il compimento degli atti di pietas.
Il Collegio, in via conclusiva, ritiene che l’infondatezza delle censure dedotte dall’appellante, sotto i distinti profili della possibile tumulazione del solo cadavere e del rispetto dello ius sepulchri, sia corroborata dalla giurisprudenza della Suprema Corte per la quale «la nozione di cadavere […] comprende anche i resti umani, consistenti nello scheletro o in parte di esso, purché si tratti di resti tuttora capaci di suscitare il sentimento della pietà verso i defunti» (Cass. penale, sez. III, 25 giugno 2014, n. 45444).
10. L’appellante, secondo il principio della soccombenza, deve essere condannato alle spese di lite nella misura fissata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello, lo respinge.
Il Comune appellante è condannato al pagamento delle spese del presente grado che vengono liquidate in favore della sig.ra Provvidenza A. nella misura di € 3.000,00 (tremila/00), oltre spese generali e accessori di legge, se dovuti.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 9 ottobre 2024 con l’intervento dei magistrati:
Ermanno de Francisco, Presidente
Antimo Prosperi, Consigliere
Anna Bottiglieri, Consigliere
Giovanni Ardizzone, Consigliere, Estensore
Antonino Caleca, Consigliere
L’ESTENSORE (Giovanni Ardizzone)
IL PRESIDENTE (Ermanno de Francisco)
IL SEGRETARIO