Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, Sez. Giurisd., 10 settembre 2020, n. 762

Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, Sez. Giurisd., 10 settembre 2020, n. 762

Pubblicato il 10/09/2020
N. 00762/2020REG.PROV.COLL.
N. 01123/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1123 del 2016, proposto dal Comune di Niscemi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Edoardo Nigra, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Daniela Macaluso, in Palermo, via G. Ventura 1
contro
Sig.ri Pasquale B., Salvatore G., Giuseppe M., Salvatore Ma., Michele P., Giovanna Pl., Salvatore R., Ignazio Ri., Gaetano S., Rosario T., Giuseppe V., Giuseppe Santo V., rappresentati e difesi dagli avvocati Gaetano Barbagallo e Giuseppe Pl., con domicilio eletto presso lo studio Allotta, in Palermo, via D. Trentacoste, n. 89
per la riforma
della sentenza n.1532 del 29 giugno 2016 resa dal T.A.R. Sicilia di Palermo, sez. III^
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dei sig.ri Pasquale B., Salvatore G., Giuseppe M., Salvatore Ma., Michele P., Giovanna Pl., Salvatore R., Ignazio Ri., Gaetano S., Rosario T., Giuseppe V. e Giuseppe Santo V.;
Visti tutti gli atti della causa;
Considerati presenti gli avvocati come da verbale di udienza;
Nominato Relatore il cons. Carlo Modica de Mohac nell’udienza di smaltimento del giorno 16 giugno 2020, svoltasi ai sensi dell’art. 84 d.l. n. 18/2020, senza discussione orale e con collegamento da remoto dei magistrati;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
1. Con ordinanza n. 7 dell’11 marzo 2015, il Sindaco del Comune di Niscemi, facendo riferimento all’indisponibilità di posti per le sepolture nel cimitero comunale, disponeva l’estumulazione di varie salme, tra le quali anche alcune collocate in cappelle e loculi oggetto di concessioni perpetue sulla base della considerazione che i relativi titoli – che a seguito dell’entrata in vigore del nuovo regolamento di polizia mortuaria dovevano ritenersi trasformati automaticamente in “concessioni a tempo determinato” – erano scaduti e non erano stati rinnovati.
Con l’ordinanza in questione l’Amministrazione aveva ritenuto di dare applicazione agli artt. 85, comma 1, 87, comma 4, e 122 del regolamento di polizia mortuaria e cimiteriale di Niscemi, che prevedevano e la trasformazione delle concessioni da perpetue a termine e l’estumulazione nel caso di mancato rinnovo delle concessioni scadute.
2. I ricorrenti indicati in epigrafe, titolari di concessioni “perpetue” per la sepoltura nel cimitero di Niscemi, impugnavano innanzi al TAR Sicilia di Palermo sia la predetta ordinanza che gli artt. 85, (primo comma), 87 (quarto comma) e 122 del regolamento di polizia mortuaria del predetto Comune.
Nel chiederne l’annullamento lamentavano eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, manifesta ingiustizia e violazione degli artt. 92 e 98 del d.P.R. 10 settembre 1990, n.285, deducendo che:
a) l’apposizione di un termine di durata alle “concessioni perpetue” rilasciate precedentemente all’entrata in vigore delle citate disposizioni (e dunque in forza della precedente normativa di settore), costituisce un atto illegittimo;
b) e che, comunque, i nuovi termini di durata delle concessioni stabiliti dall’art.85 del regolamento cimiteriale del Comune di Niscemi avrebbero dovuto essere calcolati a decorrere dall’entrata in vigore del predetto regolamento; e non certo dalla data del rilascio della concessione originaria.
3. Con sentenza n.1532 del 29 giugno 2016 il TAR ha accolto solamente in parte il ricorso.
In particolare, il Giudice di primo grado:
– ha respinto la censura di cui al primo motivo (sub a), avendo ritenuto contraria al regime della demanialità “la previsione di una concessione che crei un diritto perpetuo ed intangibile”; e conseguentemente ha affermato che la trasformazione delle concessioni cimiteriali da “perpetue” in “concessioni a termine” – non espressamente vietata dal d.P.R. n. 285 del 1990 – non è illegittima;
– ma ha accolto la censura di cui al secondo profilo di doglianza (sub b), avendo ritenuto che erroneamente il Comune ha considerato come dies a quo per il computo della scadenza delle concessioni (originariamente perpetue), quello in cui esse erano state rilasciate, anziché la data di entrata in vigore del nuovo regolamento di polizia mortuaria (atto amministrativo che ha determinato la novazione del titolo trasformandolo da perpetuo in temporaneo).
4. Con l’appello in esame il Comune ha impugnato il capo della predetta sentenza che ha accolto la censura dedotta subordinatamente dai ricorrenti (indicata sub b).
5. Con appello incidentale anche questi ultimi, hanno impugnato la sentenza nella parte che ha respinto la doglianza da essi dedotta con il primo motivo del ricorso di primo grado (indicata sub a).
Nel corso del giudizio entrambe le parti hanno insistito nelle rispettive domande ed eccezioni.
Infine, all’udienza fissata per la decisione conclusiva sul merito del gravame, la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
6. L’appello principale, proposto dal Comune di Niscemi, è infondato.
6.1. Prima di affrontare il merito della controversia, appare opportuno soffermarsi su una questione che – pur essendo stata introdotta dal Comune nel corso del giudizio – si connota come tipicamente “preliminare”.
Nel corso del giudizio il Comune di Niscemi ha incidentalmente lamentato che il T.A.R. precedentemente adito ha omesso di pronunziarsi sulla eccezione di difetto di legittimazione dei ricorrenti da esso sollevata in primo grado.
Ad avviso del Comune, fin dalla proposizione del ricorso in primo grado, i ricorrenti sarebbero stati privi di legittimazione a ricorrere in quanto non hanno fornito alcuna prova in ordine alla loro qualità di concessionari delle sepolture per cui è causa.
La doglianza è inammissibile.
Nel processo amministrativo le parti private non hanno l’onere – a pena di inammissibilità o di improcedibilità, e giammai a pena di decadenza (cfr. art. 45 c.p.a.) – di fornire documenti (rectius: atti provvedimentali o comunque atti pubblici concernenti le allegazioni di fatto poste a sostegno del ricorso) che si trovino già nella disponibilità dell’Amministrazione resistente; la quale – per contro, ed in omaggio ai principii di trasparenza, imparzialità e lealtà che devono contraddistinguere l’azione amministrativa, anche in sede processuale – ha l’obbligo di produrli (sempreché, beninteso, siano necessari ai fini del decidere e non siano “riservati”).
In ogni caso, ai sensi dell’art. 46, comma 2, del codice del processo amministrativo, l’Amministrazione deve produrre (oltre che il provvedimento impugnato) gli atti ed i documenti in base ai quali l’atto è stato emanato, nonché quelli citati e – soprattutto, per quanto qui interessa – quelli che ritiene utili al giudizio.
Ora, nella fattispecie per cui è causa, l’Amministrazione sapeva ed era comunque in grado di sapere se i ricorrenti fossero o meno concessionari delle sepolture in relazione alle quali (e per la tutela delle quali) hanno proposto l’azione innanzi al T.A.R.
Sicché non appare revocabile in dubbio che l’eccezione – quand’anche effettivamente fondata – avrebbe dovuto essere proposta dall’Amministrazione in termini (più) chiari (inequivocabilmente affermativi, cioè, della certa insussistenza della qualità di concessionari in capo ai ricorrenti), ed in tal caso corredata della idonea documentazione certificativa (attestante l’assenza di concessioni cimiteriali in loro favore), anziché in termini equivoci e puramente (pur se implicitamente) dubitativi (come invece è avvenuto mediante la laconica affermazione secondo cui difetta in atti la prova documentale della legittimazione dei postulanti).
In altri termini, eccepire che i ricorrenti non hanno dato prova documentale del possesso del titolo in forza del quale agiscono, omettendo però di specificare quale sia la verità (rectius: il reale stato dei fatti) in ordine alla questione e pur essendone a conoscenza, significa – in buona sostanza – sollevare una eccezione meramente defatigatoria ed a scopo puramente dilatorio.
E ciò in evidente contrasto con il disposto di cui al menzionato art. 46, secondo comma, del codice del processo amministrativo
E dunque tenere una condotta processuale non meritevole di tutela.
Ragion per cui la doglianza va respinta.
Quanto al merito, valgano le osservazioni che seguono.
6.2. Con il primo motivo dell’appello principale, le cui deduzioni sono state reiterate nella memoria successivamente depositata, il Comune lamenta che il Giudice di primo grado:
– ha errato nel qualificare in termini di “novazione” la trasformazione della concessione da “concessione perpetua” in “concessione temporanea”;
– ed ha parimenti errato nel ritenere, in conseguenza, che il dies a quo per il computo della scadenza delle concessioni (originariamente perpetue) dovesse essere quello di entrata in vigore del nuovo regolamento di polizia mortuaria (atto amministrativo che avrebbe determinato, per l’appunto, la “novazione” del titolo trasformandolo da “perpetuo” in “temporaneo”).
La doglianza non merita accoglimento.
La questione se il regolamento di polizia mortuaria abbia determinato o meno la “novazione” dei titoli originari, è puramente teorica e poco rilevante (se non del tutto marginale).
Ciò che importa, ai fini della soluzione della questione, è chiarire:
– se l’Amministrazione abbia il potere di modificare le concessioni cimiteriali trasformandole da “perpetue” in “temporanee” o comunque di revocarle a fronte di motivate ragioni;
– se – in caso affermativo – nella fattispecie per cui è causa abbia esercitato legittimamente (e cioè in presenza di motivate ragioni) tale potere;
– e se gli atti che determinano la modifica dei titoli originari possano avere efficacia retroattiva (incidendo su posizioni già consolidate).
6.2.1. Quanto alla prima questione, essa è stata già affrontata – e risolta – dalla giurisprudenza, sia civile ed amministrativa, con una serie di pronunzie dalle cui conclusioni il Collegio non trova motivo di discostarsi.
Al riguardo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione Civile hanno affermato che “…nel nostro ordinamento, il diritto sul sepolcro già costruito nasce da una concessione da parte dell’autorità amministrativa di un’area di terreno (o di una porzione di edificio) in un cimitero pubblico di carattere demaniale (art. 824 c.c.) e tale concessione, di natura traslativa, crea, a sua volta, nel privato concessionario, un diritto soggettivo perfetto di natura reale, e perciò, opponibile, iure privatorum, agli altri privati, assimilabile al diritto di superficie, che si affievolisce, degradando ad interesse legittimo, nei confronti della P.A. nei casi in cui esigenze di pubblico interesse per la tutela dell’ordine e del buon governo del cimitero, impongono o consigliano alla P.A. di esercitare il potere di revoca della concessione…” (Cassazione Civile, Sez. Unite, 7 ottobre 1994 n. 8197).
Il Consiglio di Stato ha statuito, in sostanziale accordo, che “…lo ius sepulchri costituisce, nei confronti della pubblica amministrazione concedente, un “diritto affievolito” in senso stretto, soggiacendo ai poteri regolativi e conformativi di stampo pubblicistico e conseguentemente non preclude l’esercizio dei poteri autoritativi da parte della p.a. concedente, sicché sono configurabili interessi legittimi quando sono emanati atti di autotutela, atteso che dalla demanialità del bene discende l’intrinseca cedevolezza del diritto, che trae origine da una concessione amministrativa su un bene pubblico …” (C.S., V^, 23 novembre 2018 n.6643).
Questo Consiglio di giustizia amministrativa ha affermato, infine, che “… in presenza di grave insufficienza del cimitero (senza possibilità di ampliamento o di nuova costruzione) può essere esercitato il potere di revoca dello ius sepulchri, che compete in via generale nei confronti di concessioni rilasciate su beni demaniali comunali, nell’ambito dei quali, ai sensi dell’art. 824, comma 3, cod. civ., rientrano i cimiteri, perché atti dispositivi, in via amministrativa, non possono configurarsi senza limiti di tempo e la concessione da parte di un comune di area del cimitero pubblico è assoggettata al regime demaniale dei beni indipendentemente dalla perpetuità del diritto di sepolcro …” (C.G.A., Sez. giurisdizionale, 16 aprile 2015 n.321).
Il principio ricavabile dalle pronunzie richiamate è che la P.A. ben può, ove motivate ragioni lo richiedano (o lo giustifichino), modificare il contenuto dei titoli concessori e/o autorizzatori relativi ad aree demaniali cimiteriali originariamente rilasciati; e finanche revocare le concessioni su aree demaniali cimiteriali.
A nulla varrebbe eccepire, per sostenere il principio opposto, che – nel dettare norme in tema di revoca delle concessioni su demanio cimiteriale – l’art. 92 del d.P.R. n.285 del 1990 non menziona anche le “concessioni perpetue” fra quelle “revocabili”.
La norma in questione stabilisce:
– che “Le concessioni previste dall’art. 90 sono a tempo determinato e di durata non superiore a 99 anni, salvo rinnovo”;
– e che “Le concessioni a tempo determinato di durata eventualmente eccedente i 99 anni, rilasciate anteriormente alla data di entrata in vigore del d.P.R. 21 ottobre 1975, n. 803, possono essere revocate, quando siano trascorsi 50 anni dalla tumulazione dell’ultima salma, ove si verifichi una grave situazione di insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno del comune e non sia possibile provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione di nuovo cimitero. Tutte le concessioni si estinguono con la soppressione del cimitero, salvo quando disposto nell’art. 98”.
Ciò non significa, tuttavia, che le “concessioni perpetue” debbano essere considerate – per argomento “a contrario” (non essendo state menzionate) – assolutamente non revocabili e/o (a maggior ragione) non trasformabili in concessioni temporanee; e che dunque con la norma in esame il legislatore abbia inteso implicitamente sancirne la “intangibilità”.
Invero, ed a ben guardare, il fatto che nella norma in esame il Legislatore non abbia menzionato fra le concessioni revocabili anche le “concessioni perpetue” non significa affatto che abbia voluto sottrarle al nuovo regime (della trasformabilità in concessioni temporanee).
Né, comunque, che abbia voluto sancirne la intangibilità sottraendole implicitamente alla disciplina generale in tema di atti di ritiro, né a quella dei beni demaniali.
Non appare revocabile in dubbio, infatti, che in assenza di una specifica, espressa ed inequivoca statuizione derogatoria, tali discipline siano da ritenere e restino applicabili alle concessioni su demanio cimiteriale.
E ciò in quanto la norma in questione (il citato art.92 del d.P.R. n. 285 del 1990) si limita a disciplinare la revoca delle “concessioni a tempo determinato di durata eventualmente eccedente i novantanove anni, rilasciate anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto del presidente della Repubblica 21 ottobre 1975, n.803”, mentre nulla statuisce in ordine alle concessioni “perpetue”.
Ne consegue che per queste ultime (anche alla luce del principio ‘ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit’) continuano a valere – e non potrebbe essere altrimenti – i principii generali in materia di revoca (e di ritiro) degli atti e dei provvedimenti amministrativi e, nella specie, delle concessioni.
E poiché queste ultime sono – di regola, e per principio generale – sempre revocabili, ed a maggior ragione se aventi ad oggetto aree demaniali, le disposizioni del regolamento cimiteriale comunale che dispongono la loro “trasformazione” non appaiono censurabili, né in contrasto con la disciplina generale relativa alle concessioni su beni demaniali e/o con il citato art.92 del d.P.R. n.285 del 1990.
Che le concessioni cimiteriali perpetue siano, in linea di principio, trasformabili in concessioni a tempo determinato emerge chiaramente – del resto – dal tenore dell’art. 98 del decreto presidenziale in ultimo citato, a mente del quale in caso di soppressione del cimitero, i titolari di “concessioni perpetue” hanno sì diritto di ottenerne un’altra nel nuovo cimitero, ma – si badi – della durata di novantanove anni (il che ne determina la trasformazione in concessioni temporanee).
Ciò conferma il principio secondo cui l’avvenuto rilascio di una “concessione perpetua” cimiteriale non determina in capo al concessionario una posizione di vantaggio intangibile ed irreversibile; e che la concessione in questione ben può essere “trasformata”, seppur in presenza di presupposti e/o di condizioni tassativamente stabilite dalla legge, in “titolo concessorio a tempo determinato”.
Del resto se così non fosse si dovrebbe giungere alla conclusione che la P.A. avrebbe il potere di utilizzare lo strumento della concessione per cedere definitivamente ed irreversibilmente ai privati aree di natura demaniale, trasformando – così – il diritto al loro uso (che è un diritto fisiologicamente suscettibile di affievolimento) in un diritto reale perfetto, assimilabile (in toto) al diritto di proprietà. Il che appare – all’evidenza – una tesi insostenibile in quanto insanabilmente contrastante con il regime della demanialità dei beni pubblici, e con la stessa disciplina delle concessioni.
6.2.2. Quanto alla seconda questione, dai provvedimenti e dall’atto regolamentare esaminati emerge chiaramente che le motivate ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a trasformare i titoli concessori, sussistevano e sussistono.
Esse sono da ricondurre alla indisponibilità di spazi ove effettuare le sepolture dei cittadini, con le conseguenze anche di ordine sanitario che ciò comporta; ed all’acclarata impossibilità di procedere all’ampliamento del cimitero.
Ne consegue che, nella parte in cui ha modificato i titoli dei concessionari – trasformando le loro concessioni cimiteriali da perpetue in temporanee -, il regolamento di polizia mortuaria del Comune di Niscemi non può essere, in alcun modo e per alcun motivo, considerato illegittimo.
6.2.3. Quanto alla terza questione – concernente l’efficacia temporale del nuovo regolamento cimiteriale comunale – va affermato che, alla pari di qualsiasi altro atto amministrativo a contenuto regolamentare, anche il regolamento di polizia mortuaria del Comune di Niscemi deve (e non possa che avere) efficacia solamente per il futuro, esclusa – dunque – la legittimità di disposizioni volte ad incidere retroattivamente su posizioni consolidate.
Per far sì che ciò avvenga, il computo dei termini di scadenza delle “concessioni trasformate” va effettuato – contrariamente a quanto ha fatto il Comune di Niscemi – considerando come dies a quo il giorno dell’entrata in vigore del nuovo regolamento, e non già la data dell’originario rilascio della concessione originaria.
A nulla vale opporre che l’art. 86 del Regolamento cimiteriale del Comune di Niscemi stabilisce espressamente che “la decorrenza di qualsiasi tipo di concessione ha inizio il giorno dell’assegnazione della sepoltura e dell’area riportate sul relativo atto di concessione”.
Anche tale norma, infatti, non può disporre che per l’avvenire; e va interpretata in tal senso, in conformità al principio di irretroattività.
Essa si applica, cioè, per le concessioni che vengano rilasciate successivamente all’entrata in vigore del nuovo regolamento cimiteriale.
Ed analoga considerazione vale in riferimento all’art. 122 del più volte menzionato regolamento cimiteriale, secondo cui le disposizioni in esso contenute “si applicano anche alle concessioni ed ai rapporti costituiti anteriormente alla sua entrata in vigore”.
Anche tale norma va “filtrata” attraverso il principio di irretroattività degli atti amministrativi a contenuto regolamentare; e dunque interpretata nel senso che la nuova regola secondo cui non esistono più concessioni perpetue – dalla quale scaturisce il corollario che anche quelle che in origine erano state così configurate devono ritenersi trasformate in concessioni temporanee – opera a decorrere dalla data di entrata in vigore del nuovo regolamento. Il che significa che il decorso del tempo per il calcolo della nuova scadenza (dapprima non contemplata) va computato da quest’ultima data.
In conclusione, va affermato che le disposizioni del Regolamento cimiteriale del Comune di Niscemi – che modificano il contenuto e l’efficacia temporale di concessioni già rilasciate ed in corso – sono legittime nella misura in cui (id est: a condizione che) vengano applicate esclusivamente per il futuro; e cioè – per quanto specificamente interessa ai fini della soluzione della questione per cui è causa – computando i nuovi termini di scadenza delle concessioni cimiteriali (termini dapprima non esistenti) a decorrere dall’entrata in vigore del predetto sopravvenuto atto regolamentare.
E che così vanno computati i predetti termini.
6.3. Con il secondo motivo d’appello l’Amministrazione lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. deducendo che il Giudice di primo grado ha omesso di pronunziare in merito alla eccezione di improcedibilità del ricorso da essa formulata nella memoria di costituzione.
La doglianza è infondata.
6.3.1. Come eccepito dagli appellati, nella memoria di costituzione il Comune di Niscemi si era limitato ad eccepire genericamente l’improcedibilità del ricorso, senza fornire idonea motivazione a supporto della doglianza.
Solamente con il motivo di appello in esame il Comune di Niscemi ha specificato che il ricorso era divenuto improcedibile – a suo giudizio – per effetto della sopravvenuta inoppugnabilità del regolamento comunale costituente l’atto presupposto alle ordinanze impugnate.
Sicché l’eccezione in questione, formulata in tali termini per la prima volta solamente nel procedimento di appello, deve ritenersi inammissibile in quanto eccezione nuova (e dunque tardiva).
6.3.2. Per completezza espositiva va soggiunto che la doglianza in questione è inammissibile anche per carenza d’interesse; e ciò per la ragione che si passa ad esporre.
Con il ricorso proposto innanzi al competente T.A.R. i ricorrenti lamentavano non soltanto la illegittimità della trasformazione dei titoli concessori da perpetui in temporanei, ma anche – seppur in subordine – il fatto che tale trasformazione fosse avvenuta “retroattivamente”.
Posto che tale doglianza – avanzata in via “subordinata” – è diretta a lamentare non già la illegittimità del regolamento cimiteriale (nella parte in cui introduce il principio della temporaneità dei titoli concessori cimiteriali), ma – più semplicemente – la sua errata applicazione (id est: la sua interpretazione in senso retroattivo), è evidente che la tardiva impugnazione del predetto atto regolamentare non rende affatto improcedibile la parte del ricorso che veicola la censura in questione.
E poiché, come rappresentato nel Capo 1 e per le ragioni ivi indicate, risulta fondata (e dunque meritevole di accoglimento) proprio (ed unicamente) tale censura – e non l’altra (quella che presuppone l’illegittimità, in parte qua, del regolamento cimiteriale, anziché invocarne la corretta applicazione) – non v’è chi non veda come l’insistenza sulla eccezione in esame non sia assistita da alcun concreto ed attuale interesse.
6.4. Con il terzo motivo di gravame, il Comune lamenta l’erroneità (e l’ingiustizia) della sentenza appellata nella parte in cui lo ha condannato al pagamento delle spese processuali pur in presenza di una soccombenza parziale.
La doglianza è infondata.
Il Giudice di primo grado ha spiegato la ragione per la quale a fronte della soccombenza parziale ha ritenuto di non compensare in toto le spese, ponendole in parte a carico dell’Amministrazione.
E la ragione appare convincente: pur avendo respinto il primo motivo di ricorso (e dunque accolto la tesi propugnata dal Comune secondo cui la trasformazione delle concessioni cimiteriali da “perpetue” in “temporanee” non costituisce un atto illegittimo), la sentenza ha riconosciuto fondata la pretesa principale dei ricorrenti, volta ad ottenere l’annullamento delle ordinanze impugnate.
In altri termini, il Giudice di primo grado ha ritenuto che a fronte della illegittimità della condotta provvedimentale dell’Amministrazione – e del conseguente annullamento delle ordinanze impugnate, con soddisfazione della pretesa dei ricorrenti – il rigetto di uno dei motivi di ricorso si sia risolto in un fatto giuridico marginale, inidoneo a giustificare una piena compensazione delle spese.
E tale ragionamento non appare censurabile sul piano del merito.
6.5. In considerazione delle superiori osservazioni, l’appello proposto dall’Amministrazione comunale va respinto.
7. Anche l’appello incidentale è infondato.
Con esso gli appellanti incidentali (già ricorrenti in primo grado) lamentano l’erroneità della sentenza appellata, per violazione degli artt. 822, 823 ed 824 del codice civile, deducendo che il Giudice di primo grado ha ingiustamente ritenuto:
– che il c.d. ius sepulchri non costituisce un diritto perfetto; e che pertanto può essere legittimamente degradato ad interesse legittimo;
– e che, conseguentemente, il Regolamento di polizia mortuaria (del 10.3.2005) del Comune, nella parte in cui ha trasformato le concessioni cimiteriali da “perpetue” in concessioni a tempo determinato, sia legittimo.
La doglianza è inammissibile e comunque infondata.
7.1. Inammissibile in quanto il pregiudizio lamentato non è attuale, posto che – per effetto della disposta reiezione dell’appello principale proposto dall’Amministrazione, e della correlata conferma dell’appellata sentenza – l’ordinanza sindacale impugnata risulta definitivamente annullata, con soddisfazione dell’interesse dei ricorrenti a non veder immediatamente estumulate le spoglie dei propri congiunti deceduti.
E che l’interesse a coltivare la domanda giudiziale non sia attuale emerge, inoltre, dalla considerazione che – in forza del criterio di computo indicato nel precedente capo (in omaggio al principio di irretroattività delle disposizioni regolamentari) – la scadenza delle concessioni cimiteriali dei ricorrenti si verificherà fra svariati anni.
7.2. la doglianza è comunque infondata nel merito per le ragioni già analiticamente esposte nel capo 6.1.1, al quale si rinvia.
8. In conclusione, con la reiezione dei due appelli (quello principale, proposto dal Comune; e quello incidentale, proposto dai privati titolari di concessioni demaniali cimiteriali perpetue), resta confermata in toto la sentenza appellata ed il principio da essa ricavabile; principio secondo cui in forza del d.P.R. n. 285 del 1990 le concessioni cimiteriali devono essere ormai tutte a tempo determinato, con il corollario che la trasformazione (in temporanee delle concessioni originariamente perpetue) è consentita solamente per il futuro e cioè a decorrere dall’entrata in vigore dei regolamenti cimiteriali che operano la predetta trasformazione..
8. In considerazione delle superiori osservazioni, ed assorbito quant’altro, tanto l’appello principale che quello incidentale vanno respinti.
In considerazione della parziale soccombenza di ciascuna delle parti, si ravvisano giuste ragioni per compensare le spese fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, respinge sia l’appello principale che quello incidentale.
Compensa le spese fra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella camera di consiglio del giorno 16 giugno 2020 svoltasi mediante videoconferenza con l’intervento dei signori magistrati:
Claudio Contessa, Presidente
Nicola Gaviano, Consigliere
Carlo Modica de Mohac, Consigliere, Estensore
Giuseppe Verde, Consigliere
Antonino Caleca, Consigliere
L’ESTENSORE (Carlo Modica de Mohac)
IL PRESIDENTE (Claudio Contessa)
IL SEGRETARIO

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Sereno Scolaro

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