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Massima
Testo
Norme correlate:
Art 132 Regio Decreto n. 262/1942
Art 2247 Regio Decreto n. 262/1942
Massima:
Cassazione civile, Sez. I, 14 agosto 1998, n. 8043
La esistenza di una duplice società di fatto tra le parti in lite (qualora una di esse neghi la esistenza dell’affectio societatis in relazione ad una sola delle attività commerciali in questione) va provata, quanto ai suoi rapporti interni, attraverso la evidenziazione di elementi di fatto, quali la esistenza di un fondo comune (accertato alla luce della contitolarità dei conti correnti da parte dei soci) relativo ad entrambe le attività esercitate (nella specie, vendita di fiori ed onoranze funebri), di una contabilità congiunta relativa, anch’essa, ad entrambe le attività, di una inserzione nell’elenco telefonico parimenti riguardante entrambe, della esistenza, infine, di moduli a stampa per la conclusione dei contratti con la clientela intestati congiuntamente ad entrambe le ragioni sociali, mentre, con riferimento ai rapporti esterni, il vincolo societario può desumersi per effetto della semplice esteriorizzazione di tali rapporti, desunta da manifestazioni comportamentali rivelatrici di una struttura sovraindividuale indiscutibilmente consociativa. La relativa indagine compiuta dal giudice di merito, risolvendosi nell’apprezzamento di elementi di fatto, è incensurabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione esauriente ed immune da vizi logici e giuridici.
Testo completo:
Cassazione civile, Sez. I, 14 agosto 1998, n. 8043
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE
Dott. Pellegrino SENOFONTE Presidente
Dott. Giammarco CAPPUCCIO Consigliere
Dott. Giovanni VERUCCI Rel. Consigliere
Dott. Mario CICALA Consigliere
Dott. Paolo GIULIANI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ALARIO ALFREDO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA MAZZINI 131,
presso l’avvocato I. SERRA, rappresentato e difeso dall’avvocato
GERACI MARCO PAOLO, giusta mandato a margine del ricorso;
Ricorrente
contro
ALARIO GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA VIA FERRARI 35,
presso l’avvocato MARZI MASSIMO FILIPPO, che lo rappresenta e
difende, giusta mandato a margine del controricorso;
Controricorrente
avverso la sentenza n. 802-95 della Corte d’Appello di PALERMO,
depositata il 13-12-95;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
02-03-98 dal Consigliere Dott. Giovanni VERUCCI;
udito per il ricorrente, l’Avvocato Geraci, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito per il resistente, l’Avvocato Marzi, che ha chiesto il rigetto
del ricorso;
udito il P.M in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Raffaele PALMIERI che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO
Con ricorso al Presidente del Tribunale di Palermo in data 26 luglio 1988, Giuseppe Alario esponeva di aver costituito con il fratello Alfredo, con scrittura privata dal 10 dicembre 1975, una società di fatto per la vendita di fiori, denominata “Vulcano dei Fiori”: successivamente, la società aveva iniziato un’attività di onoranze funebri, ma nel 1988, essendo insorti contrasti con il fratello, questi lo aveva estromesso dalla società. L’Alario chiedeva, quindi, il sequestro giudiziario dei libri e documenti contabili relativi ad entrambe le attività: il Presidente del Tribunale, tuttavia, autorizzava il sequestro limitatamente alla contabilità dell’impresa di pompe funebri.
Nel giudizio promosso per la convalida, Alfredo Alario sosteneva, in particolare, che la società aveva ad oggetto soltanto l’attività di vendita di fiori.
Il Tribunale adito, con sentenza del 20 aprile 1993, convalidava il sequestro e dichiarava che la società di fatto aveva per oggetto l’esercizio sia dell’impresa “Vulcano dei Fiori”, che quella di onoranze funebri. La decisione veniva confermata dalla Corte d’Appello di Palermo con sentenza del 13 dicembre 1995.
La Corte osservava che i primi giudici avevano correttamente ritenuto elementi probatori certi sull’estensione del patto sociale all’impresa di pompe funebri le seguenti circostanze: a) l’inserzione nell’elenco telefonico di società tra i fratelli Alario con la denominazione “Onoranze Funebri” accanto a quella “Vulcano dei Fiori”; b) l’intestazione ad entrambe le attività del modulo per la conclusione dei contratti; c) la contitolarità di due conti correnti bancari, ma per ciascuna delle attività imprenditoriali; d) l’esistenza di registri contabili riferiti ad entrambe le attività.
Secondo la Corte territoriale, tali elementi deponevano per l’esistenza di un fondo comune, dell’alea dei guadagni e delle perdite, nonché dell’”affectio societatis” relativamente ad entrambe le attività commerciali, di talché si doveva escludere l’esistenza di un’associazione in partecipazione all’impresa di pompe funebri, come sostenuto da Alfredo Alario: non si poteva, conseguentemente, ammettere la prova testimoniale da quest’ultimo dedotta al fine di dimostrare l’esistenza di siffatta associazione.
Per la cassazione di tale sentenza Alfredo Alario ha proposto ricorso con sei motivi. Resiste Giuseppe Alario con controricorso.
DIRITTO
Con i primi tre motivi, tutti denunzianti omesso esame di punto decisivo della controversia, il ricorrente lamenta che la Corte di merito non abbia, per un verso, individuato la natura giuridica dei distinti rapporti per l’impresa di vendita dei fiori e per quella di onoranze funebri e, per altro verso, considerato che il fratello Giuseppe intendeva trarre la prova della sua qualità di socio nell’impresa di pompe funebri dalla certa partecipazione a quella denominata “Vulcano dei fiori”: andava rilevato, inoltre, che il Presidente del Tribunale aveva autorizzato il sequestro della contabilità relativa alla sola impresa di onoranze funebri, proprio a causa contrasto sull’esistenza di una società di fatto.
La genericità delle censure, sostanzialmente incentrate nella critica delle argomentazioni difensive svolte nel giudizio di merito dall’odierno resistente, ne rende palese l’infondatezza, tanto più la Corte territoriale, lungi dal fondare il proprio convincimento su dette argomentazioni, ha puntualmente enunciato le ragioni per le quali il patto sociale esistente tra i fratelli Alario per la gestione dell’impresa di vendita di fiori doveva ritenersi esteso anche a quella di onoranze funebri. A tal fine, ha posto in evidenza non soltanto che le inserzioni nell’elenco telefonico, a nome di entrambi i fratelli, riguardavano le due attività e che il modulo per la conclusione dei contratti era parimenti intestato ad entrambe le attività, ma anche la contitolarità dei due conti correnti (riferiti a ciascuna delle imprese), nonché l’esistenza di contabilità relativa sia all’una che all’altra attività: da ciò ha tratto il convincimento che il fondo comune, la ripartizione degli utili e delle perdite e l’”affectio societatis” fossero elementi rivelatori dell’esistenza di una società di fatto anche per l’impresa di onoranze funebri. Trattasi di conclusione pienamente aderente alla costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui nei rapporti interni l’esistenza di una società di fatto va provata mediante la ricorrenza degli indicati elementi ed il vincolo sociale può desumersi anche per effetto dall’esteriorizzazione nei rapporti esterni, con manifestazioni rivelatrici di un rapporto sociale (“ex plurimis”, Cass. 10695-97 e 3003-96).
È principio parimenti pacifico, inoltre, che l’indagine sull’esistenza di una tale società, risolvendosi nell’apprezzamento di elementi di fatto, è incensurabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione esauriente ed immune da vizi logici e giuridici: la critica del ricorrente, quindi, si traduce nella prospettazione di una diversa ed a sè più favorevole valutazione rispetto a quella congruamente motivata dalla Corte palermitana.
Quanto ai registri contabili, è sufficiente osservare che il giudice di merito ne ha esaminato il rilievo probatorio ai fini della sussistenza di un rapporto societario (di fatto) anche per l’impresa di onoranze funebri e che su tale apprezzamento non poteva avere alcuna incidenza ostativa la problematica valutazione operata in sede di concessione della misura cautelare.
Con il quarto motivo, denunziando violazione dell’art. 2697 c.c., il ricorrente censura la sentenza impugnata per non aver tenuto presente, con riferimento all’impresa di pompe funebri, la normativa di cui al r.d. n. 773-1931, secondo cui le autorizzazioni di polizia hanno carattere personale e non possono essere trasmesse, né dar luogo a rapporti di rappresentanza: tali autorizzazioni, infatti, sono intestate ad esso ricorrente.
La censura è inammissibile, essendo noto che il ricorso per cassazione deve investire statuizioni e questioni che abbiano formato oggetto del giudizio di merito, onde non sono prospettabili, in sede di legittimità, questioni nuove o nuovi temi di contestazione, involgenti accertamenti di fatto, demandati al giudice del merito (per tutte, Cass. 10111-96): dalla sentenza impugnata, invero, non risulta che la questione dell’intestazione delle licenze al solo Alfredo Alario sia stata dedotta nel giudizio di merito; potendosi aggiungere, per mera completezza, che l’intestazione di una licenza non rileva per escludere l’esistenza di una società di fatto, al ricorrere degli elementi fondamentali per la sua configurabilità.
Con il quinto mezzo il ricorrente denunzia violazione dell’art. 2697 c.c. sotto altro profilo, la Corte territoriale avendo conferito rilevanza probatoria ad elementi (l’inserzione nell’elenco telefonico, il modulo contrattuale, la contitolarità dei conti correnti bancari ed i libri contabili che erano soltanto cartacei.
In ordine alla correttezza giuridica della valutazione che di tali elementi il giudice di merito ha dato, al fine di ritenere l’esistenza di una società di fatto anche per l’impresa di onoranze funebri, può non rimandarsi a quanto già osservato: la censura è, pertanto, infondata, dovendosi anche rilevare che essa sembra prospettare un’illogica irrilevanza probatoria di elementi documentali, quasi che non possano costituire, per il giudice, legittima fonte di convincimento.
Con il sesto motivo, infine, il ricorrente denunzia ulteriore violazione dell’art. 2697 c.c., lamentando la mancata ammissione della prova testimoniale, volta a dimostrare l’esistenza di un’associazione in partecipazione per la gestione dell’impresa di onoranze funebri.
Anche tale doglianza 6 priva di fondamento, atteso che la Corte di merito ha motivatamente escluso si potesse configurare un’associazione in partecipazione per l’attività di pompe funebri, essendovi un fondo comune e la contitolarità dell’impresa, ossia l’”affectio societatis”: così statuendo, ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui il contratto di associazione in partecipazione si differenzia da quello di società proprio per la mancanza di un patrimonio comune e per la non assunzione, sempre in comune, della responsabilità e dei rischi dell’impresa (tra le altre, Cass. 6610-91 e 5518-81). Ne deriva che il giudice di merito ha esattamente negato ingresso alla prova testimoniale.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Sussistono giusti motivi per compensare interamente le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa per intero le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 2 marzo 1998