Si chiede di sapere quale procedura adottare quando un vecchio edificio Congrega causa mancata manutenzione negli anni subisce un crollo del tetto con conseguente danneggiamento della parte interna con crollo dei loculi occupati con fuoriuscita di salme. Basta una ordinanza sindacale inviata al Priore responsabile ad imporre il ripristino della struttura? Se la congrega dichiara di non essere in grado di sopportare l’onere dei lavori come comportarsi? A quali leggi riferirsi. Si specifica che il manufatto non riveste carattere di importanza architettonica anche se esistente nella parte storica del Cimiteri cittadino.
Risposta:
Le cappelle funerarie in uso alle confraternite rientrano tra i sepolcri privati nei cimiteri in concessione ad un ente, in quanto le confraternite sono, generalmente, enti ecclesiastici (quali, oggi, regolati dalla legge 20 maggio 1985, n. 222, a seguito delle modifiche al Concordato ed ai Patti Lateranensi di cui all’Accordo firmato a Villa Madama il 18.2.1984). Per esse valgono le ordinarie regole stabilite per ogni tipo di concessione. In quanto tali il potere di rappresentanza dell’ente spetta a chi ne abbia la rappresentanza legale cioè spesso il priore o altro soggetto individuato sulla base dell’atto costitutivo dell’ente ed è unicamente tale soggetto che ha titolo a compiere atti giuridici in nome e per conto dell’ente ecclesiastico. Generalmente il contratto fra amministrazione comunale e concessionario prevede gli obblighi di manutenzione e laddove non siano espressamente previsti potrebbero esserlo in provvedimenti amministrativi (ad es. regolamenti comunali di igiene o di polizia mortuaria). In via generale vale l’art. 63 del Regolamento di polizia mortuaria DPR 10/9/1990 n. 285. Tale norma si riferisce specificamente ai manufatti di proprietà del concessionario di un’area cimiteriale. Su di esso incombe l’obbligo della manutenzione ordinaria e straordinaria della cappella e della relativa area di rispetto. L’art. 63 del DPR 285/90 prevede due casi di sepoltura privata abbandonata dagli aventi diritto: a) per incuria; b) per morte degli aventi diritto. Nel vostro caso ricorre il caso di cui alla lettera a). In genere il regolamento di polizia mortuaria comunale prevede specifiche procedure di dettaglio al riguardo. L’incuria a sua volta può originare o meno pericolo di rovina di parte o dell’intero manufatto in stato di degrado, come nel vostro caso. Oppure si ha lo stato di incuria limitato ad un degrado che corrisponde più all’abbandono delle manutenzioni ordinarie e straordinarie. Laddove sia così previsto nel contratto, il Comune può pronunciare la decadenza della concessione per inadempienza ai patti contrattuali. Se tale circostanza non e’ specificata ne’ nel contratto ne’ nel regolamento di polizia mortuaria del Comune, quest’ultimo può intervenire nei casi di pericolo con la rimozione di manufatti, previa diffida al legale rappresentante della Congrega (generalmente il priore) da farsi, ove occorra, anche per pubbliche affissioni. Una volta fatti i lavori necessari, il Comune dovrà notificare alla Congrega concessionaria, una ordinanza di ingiunzione di pagamento, col relativo importo, vistata dal pretore competente, secondo la procedura fissata dal T.U. 14/4/1910 n. 639. Non è sufficiente che la Congrega dichiari che non è in grado di sopportare l’onere. L’onere viene assunto dal legale rappresentante se nelle forme stabilite dallo statuto non si riesce a provvedere alla provvista dei fondi necessari, a meno che la Congrega non deliberi di rinunciare alla concessione, trasferisca l’intera cappella al Comune (che deve essere consenziente) il quale provvede alla spesa relativa al mantenimento e a garantire le sepolture, come a percepire i relativi proventi. Se la Congrega aveva come fine sociale principale la sepoltura degli associati, si deve sciogliere.
Norme correlate:
Art capo10 di Decreto Presidente Repubblica n. 285 del 90
Riferimenti:
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