Nel 1980 il sindaco allora in carica sottoscriveva, senza alcuna preventiva autorizzazione, una convenzione con un privato per la cessione al comune di una porzione di area sulla quale successivamente sarebbero stati costruiti alcuni loculi cimiteriali. Quale controprestazione comunale a favore del privato cedente, era stata prevista la cessione gratuita (in proprietà, NdR) di uno degli erigendi loculi cimiteriali. Il consiglio comunale, in data successiva, con l’atto deliberativo di approvazione della convenzione, ne modificava contestualmente e sostanzialmente il contenuto, disponendo la concessione d’uso del loculo limitata ad un trentennio anziché in cessione, così come previsto dal regolamento per i servizi cimiteriali ed in conformità alla disciplina normativa sull’utilizzo dei beni demaniali in generale. Con il medesimo atto deliberativo si demandava al sindaco la sottoscrizione di apposita postilla aggiuntiva, modificativa alla convenzione originaria nel senso del deliberato: Tale postilla non risulta mai essere stata apposta, né risulta sia stato stipulato altro atto convenzionale in cui essa sia stata recepita. La costruzione dei loculi cimiteriali è stata regolarmente realizzata. Il privato cedente nel frattempo è deceduto ed è stato tumulato in altra sepoltura privata. La scorsa estate, in forza della convenzione sopra indicata, è stata pretesa ed effettuata, all’insaputa di questo ufficio, da parte di uno degli eredi del cedente originario, figlia, l’occupazione di uno dei loculi eretti per tumularvi il proprio coniuge. Questo servizio in seguito disponeva che venisse emessa la reversale di incasso per la concessione in uso del loculo, invitando altresì, la parte ad effettuare il relativo pagamento ed a regolarizzare formalmente l’atto di concessione. A tale invito è stato opposto un secco rifiuto, in quanto in base al disposto degli artt. 92 e 93 del Regolamento n. 285/1990 l’utilizzo del loculo non può essere limitato né essere preteso pagamento alcuno per la concessione. Questo ufficio, alla luce di quanto sopra e dopo aver esaminato attentamente il vigente regolamento, ritiene che tale occupazione sia comunque illegittima per i seguenti motivi: 1) la convenzione sopraindicata è da ritenersi nulla; 2) l’art. 536 del codice civile indica espressamente gli aventi diritto alla sepoltura e tra questi non risulta indicato il genero; 3) in base al vigente regolamento per i servizi funebri e cimiteriali la salma del coniuge dell’erede non avrebbe avuto il diritto di sepoltura nel locale cimitero, in quanto non rientrante in uno dei casi tassativamente previsti; Questo ufficio ha così prospettato la seguente soluzione: Annullamento della reversale di cassa, ordinare la traslazione del feretro per l’insussistenza del diritto di sepoltura nel cimitero comunale a norma del regolamento comunale. In conseguenza della nullità della convenzione riconoscere alternativamente o un indennizzo per l’occupazione “acquisitiva” comunque realizzatasi con la costruzione dei loculi su area del privato, ancorché illegittima, così come più volte stabilito da diverse pronunce della Suprema Corte di Cassazione, ovvero un diritto di credito pari al controvalore del bene al momento dell’estinzione del diritto di proprietà sull’area occupata per la costruzione dei loculi. Ciò è direttamente praticabile? Quale altra soluzione è possibile ipotizzare?
Risposta:
In buona sostanza, le questioni poste sono due, quella dell’area che è stata acquisita dal comune al fine di destinarla a demanio cimiteriale ed erigervi i loculi, nonché quella sella sepoltura del genero del cedente. Si preferiscono affrontare per prime le questioni di minore rilevanza. Non si riesce a cogliere il richiamo agli artt. 92 e 93 dPR 10 settembre 1990, n. 285, dal momento che, ad esempio, il comma 3 dell’art. 92 prevede la possibilità di imporre determinati obblighi sulla concessione, tanto che al successivo art. 103 (con riferimento a tipologia sepolcrale del tutto diversa) limita, ma non esclude, tasse di concessione superiori a quelle previste per le sepolture private all’interno dei cimiteri, il ché significa che su queste ultime ben possono, o potrebbero, prevedersi tasse di concessione, cosa che per altro avviene sempre, magari solo limitatamente alla concessione od al suo rinnovo, seppure non manchino casi in cui siano previste tariffe da corrispondere al momento della singola tumulazione. Altrettanto non dovrebbe sussistere l’ipotesi per la quale l’ufficio non sia stato coinvolto in occasione della tumulazione del genero del cedente, in quanto la tumulazione (ma anche l’accoglimento nel cimitero) dovrebbe importare un’attività istruttoria idonea a verificare preventivamente la titolarità di un diritto personale per l’accoglimento nel cimitero e, quindi, per la tumulazione della salma in un determinato sepolcro privato, attività istruttoria che dovrebbe concludersi con un’autorizzazione amministrativa, anche se non necessariamente strutturata. Tuttavia, non ci si nasconde come, a volte, possa anche accadere quanto segnalato, specie laddove la struttura organizzativa possa presentare determinate caratteristiche. Infine, qualche perplessità sorge per il richiamo all’art. 536 codice civile, in quanto questo regola le figure dei c.d. legittimari e non gli aventi diritto alla sepoltura, salvo che il regolamento comunale non assuma questi come definizione della famiglia del concessionario di cui all’art. 93 dPR 10 settembre 1990, n. 285. Ciò detto, è opportuno prendere in considerazione elementi di maggior rilievo. Codesto ufficio ritiene che la convenzione con cui il comune ha acquisito l’area sia nulla, sulla base di alcune argomentazioni: la carenza di legittimazione del sindaco del tempo ad agire e le modifiche apportate dal consiglio comunale in sede di approvazione della convenzione, nonché, sembra di capire, dell’inadempimento concernente la rettifica dell’atto o la stipula di un nuovo titolo di acquisto della proprietà (destinata a trasformarsi in demaniale per la funzione di destinazione) dell’area da parte del comune. Tra l’altro, a parte la precisazione, circa questi aspetti procedimentali, mancano indicazioni se sia stata o meno data pubblicità all’atto con la trascrizione (art. 2643 codice civile), anche se sembrerebbe dedursi che ciò non sia avvenuto, dato che codesto ufficio parla di occupazione “acquisitiva” dell’area. La convenzione, ma anche il suo procedimento di formazione, non risulta particolarmente corretta, sono presenti più vizi, che tuttavia non importano necessariamente la sua nullità. La carenza di legittimazione da parte del sindaco dovrebbe considerarsi sanata dal fatto che successivamente il consiglio comunale (non senza dimenticare che la vicenda si colloca prima dell’entrata in vigore della legge 8 giugno 1990, n. 142, oggi D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) ha adottato atto con cui l’ha approvata, pur se non in tutte le sue statuizioni, per cui successivamente a tale atto vi erano tutte le condizioni perché si procedesse alla effettiva, e con idoneo titolo, acquisizione dell’area alla proprietà comunale. Tra l’altro, tale acquisizione sarebbe dovuta anche essere presupposto per la predisposizione del progetto da parte del comune di costruzione dei loculi e per gli adempimenti previsti per la realizzazione del progetto e la materiale costruzione delle opere realizzate. Nell’ipotesi in cui ciò non sia per evenienza avvenuto, il comune può – deve – procedere a promuovere azione per il riconoscimento dell’intervenuta acquisizione dell’area per usucapione (modo di acquisto della proprietà a seguito dell’occupazione “acquisitiva” dell’area da parte del comune, il cui diritto va accertato dal giudice), decorrendone i termini dal verbale di consegna dei lavori all’impresa che ha realizzato le costruzioni dei manufatti sepolcrali. E’ ipotizzabile il diritto di credito a favore del cedente (e per esso ai suoi eredi, ferma restando l’integrazione della dichiarazione di successione) del controvalore del bene (area) quale risultante al momento anzidetto, tenendo conto di quanto previsto dall’art. 1277 codice civile, cioè quantificabile al valore che aveva allora, senza che siano ammissibili attuarializzazioni di tale valore: per altro, tale ipotesi contrasta con l’azione di usucapione, ma potrebbe essere percorribile se le parti trovino una soluzione bonaria ed extragiudiziale della situazione così come sorta. Per quanto riguarda la cessione “gratuità”, in realtà essa non ha avuto carattere gratuito, ma piuttosto un “prezzo” ben determinato, consistente nel diritto ad utilizzare uno dei loculi allora erigendi. In altre parole, il prezzo è stato pattuito non in numerario, ma in diritto di utilizzo del sepolcro, ma pur sempre di “prezzo” si tratta. Eventuali riferimenti nell’atto convenzionale iniziale ad un diritto di proprietà o ad altri diritti diversi dal diritto di utilizzare il sepolcro per i fini suoi propri, non potevano far sorgere in capo al cedente altro diritto se non quello ammesso dalla legge (art. 823 codice civile), non senza considerare che il diritto “concedibile” ha un valore determinato in sede di fissazione delle tariffe (che, non va escluso, potessero essere anche superiori al valore dell’area ceduta, cosa che avrebbe determinato un danno patrimoniale per l’erario comunale, danno per altro oggi da considerare prescritto). Questo in relazione al fatto che il diritto d’uso sui sepolcri è necessariamente a tempo determinato e nella sua misura massima di 99 anni: è ben vero che l’art. 71 R.D. 21 dicembre 1942, n. 1880, per altro abrogato da ben 5 anni al momento dell’irrituale sottoscrizione della convenzione, conservava elementi di patrimonialità riguardo ai sepolcri privati nei cimiteri, ma si trattava di una disposizione illegittima in quanto il libro terzo del codice civile era in vigore dal 28 ottobre 1941. E’ una delle tante situazioni in cui i Regolamenti (nazionali) di polizia mortuaria risultavano, e risultano, presentare disposizioni incompatibili con norme già precedentemente entrate in vigore: in ogni caso, tale illegittimità dovrebbe essere stata rilevata dal giudice (almeno fin tanto ché il R. D. 21 dicembre 1942, n. 1880 è stato in vigore). Nel contesto segnalato, la formulazione di un diritto di “proprietà” avrebbe dovuto trasformarsi, di diritto, nel caso più favorevole per il cedente, in un diritto d’uso del sepolcro privato (loculo) a tempi determinato per la durata massima di 99 anni, eventualmente rinnovabile (a titolo oneroso), compatibilmente con le previsioni del regolamento comunale di polizia mortuaria. Il consiglio comunale ha fatto di più, prendendo in considerazione il “prezzo” della cessione dell’area, con la limitazione ad una durata trentennale. probabilmente per analogia con le concessioni di loculi in via generale. Sotto questo profilo, il comune non può disattendere questo aspetto, fermo tuttavia il fatto che la concessione deve necessariamente risultare da titolo idoneo, da “regolare atto di concessione” (per usare la terminologia dell’art. 98 dPR 10 settembre 1990, n. 285), atto di concessione che potrebbe anche essere dato dalla convenzione ove debitamente stipulata e registrata. In questo caso, la decorrenza del periodo di concessione potrebbe anche essere individuata dal collaudo delle opere realizzate, ma anche ciò dovrebbe essere espressamente previsto dalla convenzione. Una volta sorta la concessione a seguito di regolare atto (se sussistesse l’ipotesi fatta, dal collaudo delle opere realizzate), la regolazione del diritto di sepoltura è data dall’art. 93 dPR 10 settembre 1990, n. 285 (e, prima, dal dPR 21 ottobre 1975, n. 803), nel senso che nel loculo che ha costituito il “prezzo” dell’area possono trovare sepoltura il concessionario od i familiari del concessionario. Per la definizione delle persone da considerare, a questo unico fine, quali familiari del concessionario, occorre fare riferimento al regolamento comunale di polizia mortuaria, non dimenticando che, un tempo, non sempre i Regolamenti comunali definivano la “famiglia” per i loculi singoli, in quanto in quanto destinatati ad accogliere un unico feretro si poteva ritenere superflua questa definizione, con la conseguenza che il diritto andava riconosciuto solo al concessionario o alla salma sepoltavi al momento del sorgere della concessione. Se così fosse, essendo stato il cedente altrimenti sepolto, tale sepoltura ha determinato l’estinguersi della concessione, essendosi esaurito il fine per cui era stata sorta, salvo nel caso in cui il cedente non sia deceduto prima del collaudo delle opere di costruzione nei loculi, nel qual caso i familiari avrebbero potuto richiedere il trasferimento della salma del cedente dall’iniziale tumulazione a quella in godimento. Dal momento che non l’hanno richiesto, si dovrebbe parlare nuovamente di estinzione della concessione. Tuttavia, nel caso in cui il regolamento comunale di polizia mortuaria, avesse previsto l’ambito delle persone da considerare componenti della famiglia del concessionario anche per le tumulazioni individuali (loculi, singoli), la concessione va trattata come un normale loculo in concessione. In questo senso, l’accoglimento nel cimitero e nel loculo del genero del cedente andrebbe valutato alla luce di quanto sopra, non senza trascurare che il loculo che ha costituito il “prezzo” della cessione dell’area avrebbe dovuto essere preventivamente individuato. Per altro, va considerato anche l’aspetto sotto l’angolo di visuale del cedente, e dei suoi aventi causa, quanto meno sotto il profilo della buona fede. Infatti, il cedente dispone di un titolo che lo pone nella condizione di ritenere di godere di una certa posizione (qui dovrebbe essere ripreso il tema della trascrizione del titolo, che per altro è poco produttivo in quanto il valore della “cessione” potrebbe essere stato tale da non richiedere necessariamente la trascrizione, anche se indipendentemente dal valore la trascrizione era necessaria ai fini dell’acquisizione della proprietà dell’area da parte del comune). In ogni caso, il titolo, che almeno dovrebbe avere data certa risultante dalla registrazione in quanto il solo supporto materiale del titolo, anche quando sottoscritto dalle parti, non può di per sé solo essere qualificato quale titolo, potrebbe costituire in capo al cedente e suoi aventi causa prova della loro posizione, posizione per altro del tutto debole non potendo il comune riconoscerla integralmente (mentre potrebbe esserlo nei termini deliberati dal consiglio comunale e, in questo caso, con effetti da quando dovesse venirsi a costituire il regolare atto di concessione necessario) in via amministrativa e consentendo ad essi, al più, un’azione di indennizzo del danno derivante da questa irriconoscibilità nei confronti della persona fisica che, al tempo, rivestiva la carica di sindaco e, come tale, ha stipulato l’atto convenzionale. Tra l’altro, si tratta di un’azione esperibile in via giurisdizionale, ma che risulta da tempo prescritta (art. 2947 codice civile). Rispetto alla questione della ritenuta indebita tumulazione, e ferme restando le azioni, anche in termini disciplinari o di altra natura, nei confronti di chi ha consentito tale tumulazione in carenza di una qualsiasi autorizzazione comunale, occorre valutare se, almeno astrattamente, il genero del cedente si trovasse in una posizione personale tale che gli avrebbe consentito di trovare sepoltura nella concessione laddove questa fosse stata regolarmente costituita o, alternativamente, se avesse in qualche modo potuto trovare sepoltura in sepolcro privato all’interno dei cimiteri comunali. In ogni caso, si è in presenza di un uso “materiale” del sepolcro privato che non può che essere a titolo oneroso, tanto più che dal 2 marzo 2001 sono a titolo oneroso anche le inumazioni in campo comune e le conseguenti esumazioni ordinarie. Eventuali provvedimenti con cui si ordini il trasferimento della salma in altro sepolcro e, in difetto, il trasferimento della salma in campo comune, sono altrettanto a titolo oneroso, così che in difetto di assunzione spontanea dell’onere, può farsi ricorso alle procedure di cui al D. Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, quale modificato dal D. Lgs. 17 agosto 1999, n. 326. Si rappresenta che, una volta avvenuto l’accoglimento nel cimitero, seppure senza titolo, non è possibile disporre il trasferimento in altro cimitero con atto d’ufficio, ma al più il collocamento del feretro nel campo comune ad inumazione nel cimitero in cui la salma attualmente si trova. (a cura di Sereno Scolaro)
Norme correlate:
Art capo18 di Decreto Presidente Repubblica n. 285 del 90
Art capo19 di
Riferimenti:
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