Quesito pubblicato su ISF2001/3-w

A seguito di interventi di manutenzione straordinaria su colombari presso il locale Cimitero, è sorta la necessità di provvedere all’estumulazione delle salme ivi tumulate. I colombari suindicati sono a concessione perpetua. Il Sindaco, su parere favorevole della locale ASL, può, in assenza di parenti ed a causa di carenza loculi, autorizzare l’estumulazione ed eventuale riduzione in resti delle salme tumulate in concessione perpetua, con collocazione in cellette ossario e conseguente riacquisizione del loculo?

Risposta:
Il DPR 10 settembre 1990, n. 285 prende in considerazione la “grave situazione di insufficienza del cimitero rispetto al fabbisogno del comune” consentendo, ove “non sia possibile provvedere tempestivamente all’ampliamento o alla costruzione del nuovo cimitero”, la revoca delle concessioni a tempo determinato, e di durata superiore all’attuale limite massimo, purché rilasciate prima del 10/2/1976 e se siano trascorsi oltre 50 anni dall’ultima tumulazione (art. 92, comma 2). Occorre precisare che l’insufficienza (qualificata come grave) ed il fabbisogno consistono nella carenza di area per l’inumazione, alla luce delle coordinate disposizioni dell’art. 337 TULLSS, art. 49, comma 1 e art. 58 DPR 10 settembre 1990, n. 285, in quanto le aree eventualmente destinate ad altre funzioni non possono essere computate nel fabbisogno (art. 59), cioè nell’area che il comune ha l’obbligo istituzionale di assicurare. Il comune non è tenuto ad assicurare spazi o, comunque, disponibilità di tumulazioni che, avendo natura di sepolcri privati, non determinano alcun obbligo in capo al comune, ma solo una facoltà di concessione che può esercitare se disponga di aree cimiteriali eccedenti il fabbisogno programmato definibile con i criteri del già citato art. 58, comma 1 (e ciò esclude, a priori, che possa parlarsi di insufficienza, e per giunta grave, del cimitero. Nel caso segnalato, sembra che si tratti di carenza di sepolture private, nella specie a tumulazione, cioè di una tipologia sepolcrale di cui il comune non è minimamente tenuto ad assicurare la disponibilità (a parte l’intrinseca inefficienza di tale forma di sepoltura), per cui risulta del tutto insussistente ogni concetto di insufficienza. Inoltre, la previsione dell’art. 92, comma 2 ammette la facoltà di revoca per le concessioni a tempo determinato di durata superiore ai 99 anni (36.160 giorni), escludendo le concessioni a tempo indeterminato (c.d. perpetue), le quali rilevano sono nella previsione del successivo art. 98, cioè in caso di soppressione del cimitero, nel qual caso sussiste l’obbligo di assicurare (gratuitamente) nel nuovo cimitero un posto corrispondente in superficie a quello concesso nel cimitero soppresso (e con trasporto ad onere del comune) e, comunque, in presenza di certi presupposti. Ne discende che le concessioni a tempo indeterminato, o perpetue, non sono suscettibili di interventi ablativi da parte del comune concedente, il quale ha assunto il preciso obbligo di assicurare la perpetuità della concessione. In altre parole, il comune non può alterare unilateralmente un rapporto giuridico che esso stesso ha liberamente posto in essere, tra l’altro senza avere né obbligo a contrarre, né obbligo a contrarre a determinate condizioni. Fermo restando che il comune, quale ente concedente, non può modificare od alterare un rapporto giuridico che ha concorso a costituire, magari sulla base di una propria regolamentazione locale all’epoca vigente, va ricordato che potrebbe risultare ammissibile solo un accoglimento della rinuncia unilaterale da parte del concessionario (e sempre che questi sia ancora in vita se concessionario debba intendersi il soggetto che ha stipulato l’atto di concessione o suoi discendenti, se così previsto dal regolamento comunale di polizia mortuaria vigente al momento dell’atto di concessione). È anche ipotizzabile che il regolamento comunale (che si ricorda ha effetto una volta intervenuta l’omologazione da parte del Ministero della salute), possa prevedere particolari modalità per la rinuncia alla perpetuità da parte degli aventi diritto, fermo comunque che un’eventuale istanza di questo tipo deve provenire esclusivamente da chi abbia diritto e il comune non possa intaccare in alcun caso, d’ufficio, il rapporto giuridico di concessione, anche se limitatamente alla durata. (a cura di Sereno Scolaro)

Norme correlate:
Art capo10 di Decreto Presidente Repubblica n. 285 del 90
Art capo18 di

Riferimenti:

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