In merito al disposto dell’art. 97. della Circolare Ministero della Sanità n. 24 del 24 giugno 1993 esplicativa di alcuni articoli del Regolamento di polizia mortuaria approvato con DPR 285/90 sarebbe opportuno accertare se per “personale delegato dalla unità sanitaria del luogo di partenza” debba intendersi quello del luogo dove è avvenuto il decesso ovvero, nel caso in cui la salma debba essere trasportata in altro comune, debba intendersi quello del luogo dove la salma stessa si trova. Infatti, se deve intendersi che alla verifica del feretro ed alla identificazione del cadavere, è preposto il personale delegato dall’unità sanitaria del luogo dove è avvenuto il decesso, si potrebbe verificare l’inconveniente che una salma debba essere nuovamente riportata in quel comune prima di essere trasferita nel comune dove la stessa dovrà essere sepolta. Un esempio pratico può chiarire meglio l’importanza di tale necessaria precisazione. Nel caso di decesso nel comune “A”, che dista dal comune capoluogo “B” 48 km., quando è richiesto dall’autorità giudiziaria il trasporto all’obitorio dell’ospedale del comune “B” per l’accertamento della causa di morte in concomitanza con la richiesta, da parte dei familiari, di traslare la salma nel cimitero del comune “C”, che dista solo 5 km. dal capoluogo, parrebbe veramente ingiustificato e fuori dal comune buon senso riportare la salma al comune “A” per la verifica del feretro e per l’identificazione del cadavere. Anche perchè la suddetta circolare n. 24 prevede che l’ottemperanza di tali formalità (compresa quella dell’identificazione del cadavere) debba essere certificata dal personale a ciò delegato dall’unità sanitaria del luogo di partenza del trasporto: dove il termine “partenza” sembra proprio voler indicare il luogo dove la salma si trova. Non solo, ma la regione Lombardia, nella sua nota del 27 ottobre 1993 – Applicazione della circolare n. 24/93 del Ministero della Sanità) – verifica feretri, ultimo paragrafo, sollecita una razionale suddivisione dei compiti tra le diverse autorità pubbliche. Si cita testualmente: “Fatta salva la competenza del Servizio Igiene Pubblica, Ambientale, Tutela della Salute nei Luoghi di Lavoro in materia di polizia mortuaria ivi compresa la sorveglianza di carattere generale sul trasporto funebre di cui all’art. 16 del DPR 285/90, nonchè gli specifici compiti in tale ambito in cadaveri portatori di radioattività (art. 8) di prodotti abortivi e feti (art. 7) di salme dirette all’estero (art. 29) si ritiene pertanto che i restanti atti di verifica della regolarità dei feretri non richiedano di norma alcuna certificazione nè che debbano essere necessariamente effettuati da personale dipendente dell’USSL è ciò anche in relazione ad una pur razionale suddivisione dei compiti e ad un corretto impiego di risorse tra le diverse Amministrazioni Pubbliche coinvolte nell’attività di Polizia Mortuaria.” Diversamente, nel caso esemplificato, per percorrere una distanza di 5 km., quella che intercorre tra il comune “B” ed il comune “C”, si deve far percorrere al cadavere una distanza di 53 km. (in cassa aperta) con tutti i disagi che tale trasferimento finisce con l’arrecare ai familiari, i quali necessariamente dovranno recarsi nel comune “A” per procedere all’identificazione del cadavere. Invece sarebbe sicuramente più pratico, meno oneroso e più comprensibile, inviare il personale del comune dove giace la salma, cioè del comune da dove “parte” il trasporto, che nel nostro caso sarebbe quello del comune “B”.
Risposta:
Si premette che la normativa specifica nei casi evidenziati è stabilita dalla locale USL e, laddove intervenga, dalla Regione con apposite direttive di indirizzo. Per la Lombardia la Regione ha stabilito che l’attività di cui al punto 9.7 della circolare 24/93 del Ministero della Sanità è da svolgersi da parte di diverse (rispetto alle USSL) Amministrazioni pubbliche coinvolte nell’attività di polizia mortuaria e cioè i Comuni. Nel caso in cui non sia il regolamento di polizia mortuaria comunale ad intervenire, è il Sindaco di ogni Comune (in quanto Autorità Sanitaria Locale) che, con apposita ordinanza o caso per caso, detta i criteri specifici. La ratio del paragrafo 9.7 della circolare 24/93 del Ministero della Sanità è quella di effettuare un unico controllo alla partenza del trasporto funebre, sollevando i soggetti intermedi da controlli “in itinere”. Al particolare caso sottoposto è applicabile quanto specificato dal par. 5.2 della circolare 24/93 del Ministero della Sanità. Cosicchè è necessario e sufficiente che nel decreto di trasporto del Sindaco del comune di decesso (“A”) sia specificato che la salma è stata trasportata al comune sede dell’obitorio (“B”) per disposizione dell’Autorità Giudiziaria e che da quest’ultima è autorizzato il trasporto al cimitero del comune di destinazione (“C”), con l’incombenza a carico del personale a ciò delegato dal comune “B” di effettuare le verifiche di cui al par. 9.7 della circolare 24/93. Pare poi del tutto superfluo chiedere la identificazione ai familiari quando ciò è attestabile da 2 addetti dell’obitorio del comune “B” (tra l’altro incaricati di pubblico servizio) che il cadavere che viene incassato è quello già sottoposto ad autopsia. In altri termini se è certa l’identità del cadavere al quale è stata effettuata l’autopsia, e questo è lo stesso che viene incassato, non si vede per quale motivo i familiari del defunto siano obbligati a compiere una ulteriore identificazione dopo quella già resa ai fini delle indagini di polizia giudiziaria.
Norme correlate:
Art capo04 di Decreto Presidente Repubblica n. 285 del 90
Riferimenti:
Circolare allegata
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