Il titolare di un’impresa di pompe funebri, Tommaso Masciangelo di Ortona (Chieti), è stato condannato dal giudice monocratico del Tribunale di Chieti a sei mesi di reclusione per aver usato una bara priva del marchio che ne accertava la provenienza.
La sentenza è stata pronunciata qualche giorno fa.
Masciangelo era accusato di aver violato il Dpr 285/1990, regolamento statale di Polizia Mortuaria.
Secondo l’accusa, nel verbale di chiusura di un feretro per il trasporto di una salma, Masciangelo avrebbe attestato falsamente di aver osservato le disposizioni dell’articolo 30 del regolamento di Polizia Mortuaria mentre, nella realtà, il cofano mortuario era privo del marchio di fabbrica con l’indicazione della ditta costruttrice.
I fatti risalgono a maggio del 2015 e in particolare al trasporto di una salma da San Giovanni Teatino a Pescara. Fu un addetto dell’Asl, sentito oggi al processo come testimone, a notare l’assenza del marchio di fabbrica durante un controllo nell’obitorio del cimitero nel quale si trovava il feretro.
Il difensore dell’impresario funebre ha prodotto in udienza un documento nel quale la ditta che ha costruito la bara, ha attestato che l’assenza del marchio di fabbrica era dovuta per una mera dimenticanza.
Il Pm aveva chiesto per l’impresario la condanna a tre mesi di reclusione.
La questione non è tanto quella della mancanza del marchio di fabbrica alla bara, ma l’ever dichiarato il falso come incaricato di pubblico servizio, che tra l’altro fornisce un prodotto da lui scelto e su cui dovrebbe attestare la corrispondenza con quanto la legge prescrive.