L’Istat ha diffuso una informativa concernente il bilancio demografico 2017.
La popolazione residente in Italia al 1 gennaio 2018 scende a 60 milioni 494mila, segnando una diminuzione di centomila persone (-1,6 per mille) rispetto all’anno precedente.
Inoltre nel 2017 si é registrato un nuovo minimo storico per le nascite, che hanno toccato il picco del -2% rispetto al 2016 con solo 464mila nuovi nati.
Il saldo naturale della popolazione nel 2017 è dunque negativo (-183mila) e registra un nuovo minimo storico.
Nel 2017 si stimano 647mila decessi, 31mila in più del 2016 (+5,1%).
In rapporto al numero di residenti sono deceduti 10,7 individui ogni mille abitanti, contro i 10,1 del 2016. La mortalità nel 2017, in termini assoluti e relativi, è vicina a quella registrata nel 2015, anno in cui si ebbero 648mila decessi e un tasso di mortalità identico.
Nonostante alcune oscillazioni riscontrate negli ultimi cinque anni, frutto del mutevole andamento delle condizioni climatico-ambientali e dell’alterna virulenza delle epidemie influenzali stagionali, la serie storica dei decessi continua a manifestare un palese processo di crescita.
E’ opportuno sottolineare che il numero dei decessi dipende anche dall’ampiezza e dalla struttura per età della popolazione. Nel momento in cui gli individui tendono a vivere più a lungo, favorendo contestualmente la conservazione e l’invecchiamento della popolazione, è normale attendersi un andamento crescente dei decessi e del tasso di mortalità.
Sotto quest’ultimo punto di vista, i tassi standardizzati di mortalità forniscono una misura più autentica delle oggettive condizioni di sopravvivenza, dal momento che tengono sotto controllo sia l’ampiezza sia la struttura per età della popolazione.
Per il complesso del Paese si evince come, tra il 2016 e il 2017, l’aumento di mortalità sia stato reale, visto che il tasso di mortalità standardizzato passa dall’8,2 all’8,4 per mille.
La portata di tale aumento è tuttavia ben al di sotto di quello riscontrato dal tasso generico di mortalità che, come detto, nello stesso periodo aumenta di 0,6 punti per mille, incorporando al suo interno una discreta componente di crescita legata all’invecchiamento della struttura per età.
Tra il 2016 e il 2017 la mortalità generale, infatti, aumenta per tutte le regioni senza eccezioni.
La portata di tale incrementi è piuttosto varia, da un minimo del +0,1 per mille in Trentino-Alto Adige a un massimo del +1,2 per mille nel Molise.
La cifra grezza del tasso generico di mortalità documenta, inoltre, che le regioni a più forte mortalità sono quelle che presentano una maggiore invecchiamento della popolazione: Liguria (14,1 per mille), Molise (12,7), Umbria (12,3) e Marche (12,2). Ma, come in passato, l’analisi dei tassi standardizzati di mortalità mette in luce una chiave di lettura alternativa.
Dissolto l’effetto della struttura per età, la mortalità è più alta nel Mezzogiorno (9,1 per mille il valore del tasso standardizzato) e più contenuta nel Nord e nel Centro (rispettivamente, 8,1 e 8,2 per mille).
La Campania, la regione col più basso rapporto decessi su abitanti (9,6 per mille) dopo il Trentino-Alto Adige (8,8), si configura in realtà come la regione col più alto rischio standardizzato (10 per mille) se è posta a parità di confronto sul piano delle condizioni strutturali della popolazione.