Riportiamo in questi giorni una notizia che era passata inosservata nelle ultime settimane e cioé la presa di posizione della Diocesi di Carpi sulla impossibilità di celebrazione di funerali in luoghi diversi dalle chiese, dalla casa del defunto, dal cimitero e, eccezionalmente, dalla sala del commiato in crematorio.
La Diocesi di Carpi ha chiarito tale posizione con una lettera del 22/9/2017 indirizzata ai locali impresari di pompe funebri.
Nella nota si legge: “La fede ha bisogno di esprimersi in gesti concreti”.
Le norme della Chiesa “mai vanno eluse a proposito di luoghi e forme del commiato cristiano”.
“Per qualsiasi fedele defunto le esequie devono essere celebrate di norma nella chiesa della propria parrocchia, o in altra indicata in vita dal defunto, o dai suoi parenti più stretti, col consenso di entrambi i parroci coinvolti."
La lettera fa riferimento al nuovo rito delle esequie del 2012. Unica deroga ammessa è quella al luogo della cremazione in quei casi in cui il feretro vi giunga direttamente senza poter passare per la chiesa.
Viene poi ricordata l’usanza delle preghiere presso la camera ardente, consentite se “in giorno diverso da quello del funerale”, per non generare “false idee sul significato del commiato cristiano”.
La mossa della Diocesi di Carpi è da leggersi come un siluro all’attività delle case funerarie e, guarda caso, a Modena (ma anche a Mirandola) ce n’è proprio una delle più importanti d’Italia di proprietà del Presidente di EFI, ovvero dell’Associazione nazionale dei gestori delle case funerarie.
E con la usuale foga ha reagito Gianni Gibellini, che ha promesso battaglia e di arrivare fino a Roma per far sentire forte la voce dei gestori delle case funerarie:
«Il Papa deve sapere di questa lettera, che reputo incomprensibile e che ci vieta di fare il nostro lavoro rispondendo alle esigenze dei famigliari dei defunti, che meritano di dare l’ultimo saluto ai loro cari con dignità.
Se si rivolgono a noi sarebbe giusto poter operare senza divieti e soddisfare i loro bisogni.
Il Papa deve sapere del divieto e intervenire perché la Chiesa, così facendo, non solo si dimostra anacronistica, ma allontana da sé la gente, non rispettandone la volontà. Ecco perché, se necessario, scriverò al Pontefice»