La SEFIT ha recentemente diffuso i dati sulle cremazioni svolte in Italia nell’anno 2016. SEFIT raccoglie, elabora e diffonde i dati statistici sulla cremazione in Italia da diversi anni, fornendo i dati ad Istituzioni nazionali, come l’ISPRA, o internazionali, come ICF ed EFFS.
I dati si riferiscono alle cremazioni di soli cadaveri (sono quindi esclusi i resti mortali) effettuate nell’anno 2016 nei crematori italiani. SEFIT segnala che alla data di diffusione dei dati non sono pervenuti, in quanto non forniti dal gestore dell’impianto, quelli concernenti i crematori di Bagno A Ripoli, Carpanzano, Domicella e Montecorvino Pugliano; di conseguenza il dato delle cremazioni registrate sul territorio nazionale – in particolare in Campania – è da considerare sottostimato.
Nel 2016 si sono registrate a consuntivo 141.553 cremazioni di feretri, contro 137.165 del 2015. Dall’analisi dei dati pervenuti si può affermare che le cremazioni effettuate in Italia nel corso del 2016 sono cresciute in maniera contenuta rispetto all’anno precedente, con un aumento percentuale del 3,2%, corrispondente a 4.388 unità, determinato in particolare dal calo della mortalità generale rispetto al 2015, quest’ultimo anno anomalo nel trend.
L’ISTAT ha recentemente diffuso i dati sulla mortalità e popolazione 2016, anno in cui si sono registrati 615.261 decessi. Quindi l’incidenza della cremazione (per difetto, mancando i dati di 4 crematori) sul totale delle sepolture, per l’anno 2016, è del 23,01%, con un notevole incremento in termini percentuali (+1,83%, rispetto al dato 2015, che era del 21,18%).
Le regioni in assoluto dove si crema di più sono quelle meglio dotate di impianti di cremazione e con maggiore mortalità, vale a dire la Lombardia con 36.590 cremazioni, l’Emilia-Romagna con 20.600 cremazioni e il Piemonte con 20.285 cremazioni.
Analizzando il dato territoriale si può valutare che le regioni dove la cremazione è più sviluppata – in termini di rapporto percentuale delle cremazioni eseguite sul territorio rispetto al dato nazionale – continuano ad essere: Lombardia (25,8%), Emilia Romagna (14,6%) e Piemonte (14,3 %), che dispongono del maggior numero di impianti di cremazione operativi (12 per ognuna delle tre regioni).
La crescita percentuale maggiore nel 2016 rispetto al 2015 si è avuta a livello regionale in Sardegna (+41, 8%), Puglia (+39,5%) e Sicilia (+21,3%), anche se va detto che in queste incidono soprattutto la messa in funzione o il fermo/rallentamento operativo di uno o più impianti e la scarsa numerosità dell’anno precedente.
La crescita numerica regionale più elevata si è registrata invece in Emilia Romagna (+2.777), Lazio (+829) e Veneto (+516).
L’incremento del ricorso alla cremazione continua ad avvenire soprattutto al Nord, che ha una maggiore presenza di impianti, ma anche al Centro. In particolare nei capoluoghi di provincia dotati di impianto.
Anche nel 2016, così come negli anni precedenti le città in cui vengono effettuate il maggior numero di cremazioni sono Roma (12.376), Milano (10.776) e Genova (6.048), anche se è bene chiarire che si tratta di cremazioni svolte per un’area che spesso è almeno provinciale, se non ancor più estesa. A seguire, con oltre 4.000 cremazioni: Mantova (4.973), Livorno (4.719), Trecate (4.302) e Bologna (4.201).
SEFIT evidenzia infine, come già ribadito l’anno scorso, i seguenti aspetti:
– la diffusione di crematori di cintura urbana nelle aree metropolitane (ad. es. di Milano e Torino);
– l’inizio di una sovra-dotazione di impianti in talune zone, dove le autorizzazioni date per costruzione di nuovi crematori sono superiori alle necessità effettive;
– l’avvio di numerose pratiche per la realizzazione di impianti nel Sud Italia;
– il rifiuto alla realizzazione di nuovi impianti, spesso immotivato, delle popolazioni interessate dalle nuove localizzazioni.