La tassa rifiuti è dovuta anche dai cimiteri in quanto realizzano il presupposto impositivo del tributo essendo immobili idonei a produrre “rifiuti cimiteriali” classificati come urbani o assimilati.
Lo ha ricordato la Cassazione civile (Sezione V, sentenza 31 maggio 2017, n. 13740) che ha rigettato le doglianze del ricorrente, un Ente ecclesiastico concessionario di area cimiteriale su cui era costruita una cappella per Congrega, che aveva avuto un avviso di accertamento relativo alla Tarsu non pagata per un’area cimiteriale in concessione.
I Giudici hanno dapprima ricordato che presupposto di applicazione della Tarsu (ma anche della Tari, la tassa rifiuti in vigore dal 2014) è il fatto che l’immobile in questione sia produttivo di rifiuti urbani o assimilati, circostanza che ricorre nel caso: l’area cimiteriale produce infatti rifiuti vegetali o da spazzamento e rifiuti da “esumazioni” ed “estumulazioni”.
Eventuali condizioni di esclusione dal tributo in ogni caso andavano allegate dal contribuente.
È inammissibile per i Giudici sostenere l’equivalenza tra immobile adibito a funzioni cimiteriali e edificio destinato e aperto al culto.
Peraltro i regolamenti comunali in materia di tassa rifiuti che escludono gli edifici di culto dal calcolo dalle superfici per determinare la tassa rifiuti lo fanno perché ritenuti inidonei a produrre rifiuti per le caratteristiche e l’uso cui sono adibiti, non per la destinazione al culto.
In materia è stata emanata di recente una circolare SEFIT.
La sentenza è reperibile com eduso nell’area Sentenze del sito www.funerali.org