[Fun.News 3076] Referto su “Gli organismi partecipati degli enti territoriali”

Con il recente referto su “Gli organismi partecipati degli enti territoriali”, la Sezione delle autonomie della Corte dei Conti ha ulteriormente analizzato un fenomeno che, nella sua ampiezza, presenta indubbi profili di criticità.
Nella relazione sono esaminati i risultati delle gestioni delle partecipate pubbliche, in rapporto con i flussi finanziari (entrate e spese) intercorrenti con gli enti territoriali, anche allo scopo di verificare l’impatto delle esternalizzazioni dei servizi sugli equilibri di bilancio degli enti.
Alle Sezioni regionali di controllo della Corte compete – come confermato anche dal recente d.lgs. n. 175/2016, di riordino della disciplina in materia di partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche – di monitorare il percorso di razionalizzazione delle partecipazioni e di vigilare sull’effettivo completamento delle procedure di dismissione e/o liquidazione.
Dalle informazioni presenti nella banca dati SIQUEL della Corte dei Conti, emerge che il 16,65% dei comuni (1.340 su 8.047), pari al 7,11% della popolazione nazionale, non è in possesso di partecipazioni societarie.
Mentre gli organismi rilevati alla data dell’8 luglio 2016 risultano essere 7.181.
Le analisi sui risultati economici e finanziari, sui servizi affidati e sulle modalità di affidamento hanno riguardato, tuttavia, 4.217 soggetti, per i quali sono disponibili a sistema i dati di bilancio relativi all’esercizio 2014. Ancor più ristretto è il numero di istituzioni per le quali si hanno informazioni sui flussi di entrata e di spesa degli enti affidanti.
Gli organismi operanti nei servizi pubblici locali sono numericamente limitati (il 34,72% del totale), pur rappresentando una parte importante del valore della produzione (il 69,34% dell’importo complessivo).
Il maggior numero di organismi pubblici (65,28%) rientra nel novero di quelli che svolgono attività diversificate, definite come “strumentali”.

In relazione alle dimensioni, nei 3.076 organismi con fatturato non superiore a 5 milioni, operano in media 8,7 dipendenti, a fronte di una media di 56 dipendenti nel complesso di quelli osservati.
In 1.279 organismi, di cui 776 società, si registra un numero di dipendenti inferiore a quello degli amministratori.

Netta è la prevalenza degli affidamenti diretti: nonostante la rigidità dei presupposti legittimanti tale procedura, a salvaguardia dei principi della concorrenza, su un totale di 22.342 affidamenti, le gare con impresa terza sono soltanto 150 e gli affidamenti a società mista, con gara a doppio oggetto, 319.

Come nel precedente referto, particolare attenzione è stata rivolta ai risultati conseguiti dagli organismi partecipati, in linea con l’orientamento normativo che ha introdotto misure intese a una maggiore responsabilizzazione degli enti soci (accantonamento di risorse e decurtazione dei compensi degli amministratori in caso di perdite reiterate; razionalizzazione delle società che mostrano un trend negativo per quattro anni nell’ultimo quinquennio; valutazione dell’opportunità di interventi a ripiano delle perdite, in mancanza di seri indicatori circa la capacità della società di tornare in utile).

L’indagine mette a confronto i risultati conseguiti dagli organismi interamente pubblici (n. 1.575) con quelli del totale esaminato (n. 4.217). A livello aggregato, si registra una netta prevalenza degli organismi in utile ma, in alcune regioni, le perdite d’esercizio risultano in larga misura superiori, soprattutto in quelli a partecipazione totalitaria. In quest’ultima categoria, è da notare l’elevata incidenza del costo del personale sul costo della produzione (31,48%), laddove il dato complessivo medio è del 23,06%. Pur considerando la presenza di un più intenso impiego di forza lavoro nei servizi pubblici di interesse generale, si può ipotizzare che i valori più elevati riscontrati nelle partecipate pubbliche al 100% possano essere indicativi della scarsa efficacia delle politiche di contenimento del costo del lavoro.

Con riferimento agli organismi in perdita nell’ultimo triennio, l’analisi mostra come circa un terzo sia a totale partecipazione pubblica, mentre quelli misti a prevalenza privata costituiscono la categoria all’interno della quale le perdite sono più diffuse, con una tendenza al peggioramento dei risultati nell’arco del triennio.

Nel referto si procede anche – innovativamente – ad una ricognizione delle partecipazioni rilevanti ai fini del consolidamento dei conti, riscontrando che, su 700 organismi totalmente pubblici ad unico socio (Comune/Provincia), meno della metà sono risultati assoggettabili a consolidamento – sulla base dei parametri indicati dal principio contabile applicato allegato n. 4/4 al d.lgs. n. 118/2011. Di contro, 368 (il 52,6%) non superano la soglia di rilevanza e potrebbero essere consolidati solo se ritenuti significativi dall’ente proprietario, secondo la sua valutazione discrezionale. Si tratta di un dato che merita attenzione ed è da porre in rapporto con i parametri previsti dalla legge, per i quali parrebbe opportuna una riconsiderazione soprattutto con riguardo alle società che costituiscono un’articolazione organica dell’unico ente cui appartengono in via totalitaria e che, pertanto, dovrebbero naturalmente confluire nell’area del consolidamento.

La gestione finanziaria dimostra una netta prevalenza dei debiti sui crediti in tutti gli organismi esaminati.
Nel complesso, i debiti ammontano a 83,3 miliardi, di cui circa un quarto è attribuibile, in sostanza, alle partecipazioni totalitarie, ma il numero è calcolato in difetto, per la carenza di dati di importanti organismi.
È di interesse constatare che il rapporto crediti/debiti verso controllanti, nelle partecipazioni pubbliche al 100%, è sbilanciato in favore dei primi.
Emerge, quindi, la forte dipendenza delle partecipazioni totalitarie dagli enti controllanti, pur in presenza di un rilevante indebitamento verso terzi.

Dall’analisi degli organismi partecipati in via totalitaria da un unico socio emerge, nella gran parte dei casi, che le risorse complessivamente impegnate e pagate dagli enti proprietari tendono a coincidere con l’importo dei valori della produzione degli organismi destinatari delle erogazioni.
Questo risponde alla logica della proprietà interamente pubblica, in ragione della quale – trattandosi di soggetti che “vivono” delle risorse del pubblico – la partecipazione al fatturato di risorse provenienti da terzi (fatti salvi i servizi a tariffa) si riduce al minimo.

Per chi volesse approfondire l’analisi dei dati il link da cui scaricare la relazione è Referto su “Gli organismi partecipati degli enti territoriali"

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