I crematori in funzione in Italia a fine 2015 erano 70. Nel 2015 si sono registrate a consuntivo 137.165 cremazioni di feretri, contro 117.956 del 2014.
Le cremazioni effettuate in Italia nel corso del 2015 siano cresciute del 16,3% rispetto all’anno precedente, traducendosi in un aumento di 19.209 unità.
In ciò ha influito considerevolmente il cambio di propensione dei cittadini, per lo più dovuto alla presenza di un maggior numero di impianti sul territorio ed anche la crisi economica, ma soprattutto l’eccezionale mortalità registratasi nell’anno in esame.
Questi i dati diffusi dalla SEFIT Utilitalia sulla scorta di un rilevamento da lei svolto nell’intero territorio nazionale.
E’ poi da notare come l’ISTAT abbia recentemente diffuso i dati sulla mortalità e popolazione 2015, anno in cui si sono registrati 647.571 decessi.
Quindi l’incidenza effettiva della cremazione sul totale delle sepolture, per l’anno 2015, è del 21,18%.
Analizzando il dato territoriale si può valutare che le regioni dove la cremazione è più sviluppata – in termini di rapporto percentuale delle cremazioni eseguite sul territorio rispetto al dato nazionale – sono: Lombardia (26,3%), Piemonte (15,1%) ed Emilia Romagna (13%).
Le regioni che hanno visto la crescita percentuale maggiore nel 2015 rispetto al 2014 sono invece: Sicilia, Campania e Marche. Incidono in queste variazioni soprattutto la messa in funzione o il fermo/rallentamento operativo di uno o più impianti e la scarsa numerosità dell’anno precedente.
Le regioni che rispetto all’anno precedente hanno registrato una crescita numerica più elevata sono state: Lombardia (+6.820), Emilia Romagna (+2.439) e Piemonte (+1.750).
L’incremento del ricorso alla cremazione continua ad avvenire soprattutto al Nord, che ha una maggiore presenza di impianti, ma anche al Centro. In particolare nei capoluoghi di provincia dotati di impianto.
Roma, Milano e Genova si riconfermano, come negli anni precedenti, le città col maggior numero di cremazioni di cadaveri effettuate, rispettivamente con 11.775, 10.186, 6.313 (anche se è bene chiarire che si tratta di cremazioni svolte per un’area che spesso è almeno provinciale, se non ancor più estesa); a seguire, oltre le quattromila cremazioni, Mantova (4.806), Livorno (4.628), Bologna (4.579), Trecate (4.505) e Torino (4.107).
SEFIT evidenzia inoltre quattro aspetti:
– la diffusione di crematori di cintura urbana nelle aree metropolitane (come nel milanese, nel torinese);
– l’inizio di sovra dotazione di impianti in talune zone, dove le autorizzazioni date per costruzione di nuovi crematori sono superiori alle necessità effettive;
– l’avvio di numerose pratiche per la realizzazione di impianti nel Sud Italia;
– il rifiuto, spesso immotivato, di popolazioni interessate dalle nuove localizzazioni alla realizzazione di nuovi impianti.
Le regioni in assoluto dove si crema di più sono quelle meglio dotate di impianti di cremazione e con maggiore mortalità, vale a dire la Lombardia con 36.106 cremazioni (12 impianti presenti), il Piemonte con 20.742 cremazioni (11 impianti presenti) e l’Emilia-Romagna con 17.823 cremazioni (10 impianti presenti).
Alla data di emanazione della circolare (fine luglio 2016) a SEFIT non erano pervenuti i dati concernenti i crematori di Bagno A Ripoli, Domicella e Montecorvino Pugliano, e quindi il dato di cremazioni registrate sul territorio nazionale, e in particolare in Campania, è da considerare sottostimato.