Quale significato hanno i “colombari privati” richiamati all’art. 343, comma 2 T.U.LL.SS.?

È noto, o almeno lo si reputa tale, come l’art. 343, comma 2 T.U.LL.SS., R. D. 27 luglio 1934, n. 1265 e s.m., preveda come le urne cinerarie contenenti i residui della completa cremazione possono essere collocate nei cimiteri o in cappelle o templi appartenenti a enti morali o in colombari privati che abbiano destinazione stabile e siano garantiti contro ogni profanazione.
Ovviamente, affrontando il tema dei “siti” di possibile collocamento delle urne cinerarie, non può non tenersi conto delle previsioni della L. 30 marzo 2001, n. 130, la quale, quando non sia richiesta, per espressa volontà della persona defunta, la dispersione delle ceneri, regola la conservazione delle ceneri all’art. 3, comma 1, lett. e) (lo si riporta brevemente: e) fermo restando l’obbligo di sigillare l’urna, le modalità di conservazione delle ceneri devono consentire l’identificazione dei dati anagrafici del defunto e sono disciplinate prevedendo, nel rispetto della volontà espressa dal defunto, alternativamente, la tumulazione, l’interramento o l’affidamento ai familiari;).
Ne consegue che, essendo intercorso un certo tempo tra l’emanazione del T.U.LL.SS. e la legge appena citata, merita approfondirsi quale sia il significato della formulazione “colombari privati”,  sia quale riferibile all’epoca di entrata in vigore del T.U.LL.SS., sia quale possa essere oggi, tenuto conto della sopracitata L. 30 marzo 2001, n. 130.
Sulla questione potrebbe darsi una lettura secondo cui la legge più recente abbia, in qualche modo inciso, su tale significato, così come quella per cui questo effetto non si sia verificato, considerando che questa legge non abbia minimamente apportato modificazioni alla previsione più risalente nel tempo.

Pare si possa considerare come l’interpretazione maggiormente coerente e sostenibile sia quella per la quale le previsioni dell’art. 3, comma 1, lett. e) L. 30 marzo 2001, n, 130 nulla abbiano innovato rispetto alle disposizioni di riferimento date col T.U.LL.SS., in quanto l’art. 343 (comma 2) di questo ultimo, non possano che essere lette nel loro contesto, richiamando a tal fine altresì l’art. 340 T.U.LL.SS. per il quale (ed anche in questo caso lo presumiamo noto) vi è il divieto di “seppellire un cadavere in luogo diverso dal cimitero”, salva l’eccezione della tumulazione in cappelle private e gentilizie non aperte al pubblico, posta a una distanza dai centri abitati non minore di quella stabilita per i cimiteri.
A quest’eccezione anderebbe, a rigore, aggiunta quella della c.d. tumulazione privilegiata, di cui all’art. 341 T.U.LL.SS.
L’art. 340 T.U.LL.SS. costituisce, tra l’altro, norma di ordine pubblico interno, poiché la sua (eventuale) violazione non solo è sanzionata, ma – anche – ad onere (ben definito) di ripristino della situazione violata (art. 340, comma 3 T.U.LL.SS.).
Va considerato come il termine “seppellire” non possa essere letto in termini meramente letterali, quanto esteso, laddove sia richiesta la cremazione, alle ceneri, come conseguenza del fatto che le disposizioni degli artt. 407, 408, 410, 411 e 412 C.P. assimilano alla fattispecie del “cadavere” le “urne” e le “ceneri” in queste contenute.

Se quest’impostazione sia corretta, si può integrare quanto precede con la considerazione che i “colombari” (ma, nelle diverse sedi locali, possono spesso essere presenti sinonimi, per indicare posti a sistema di tumulazione) siano, indipendentemente che il solo diritto d’uso abbia carattere individuale (alias: mono-posto) oppure per famiglie e/o collettività (alias: pluri-posto) rientrino nelle fattispecie regolate (oggi) dal Capo XVIII D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.. che non casualmente reca la rubrica: “Sepolture private nei cimiteri“, rispondendo in tal modo alla questione posta all’inizio circa il significato che ha il termine “colombari privati” nell’art. 343, comma 2 T.U.LL.SS.
Per quanto riguarda la previsione, sopra citata (e riportata) dell’art. 3, comma 1, lett. e) L. 30 marzo 2001, n. 130, che presenta alternative a) tumulazione, b) interramento, c) affidamento ai familiari, il richiamo alla prima (tumulazione) nulla apporta alle considerazioni sopra esposte, men che meno consente una quale lettura interpretativa avente un qualche carattere di evoluzione normativa, con la conseguenza che i “siti” per il collocamento delle urne cinerarie (salve le eccezioni sopra ricordate, cui va ora aggiunta la possibilità di loro affidamento ai familiari, attorno a cui si veda infra) non possono che essere se non “Sepolture private nei cimiteri”.
Era stata fatta una sorta di sospensione rispetto alla modalità di conservazione delle urne cinerarie nei casi di loro affidamento ai familiari, per la quale può essere pertinente considerare come in tal caso il familiare (se si vuole: la persona e, considerando che in qualche regione (non tenendo conto di quanto dispone l’art. 117, comma 2, lett. l) Cost.) ha previsto istituti del tipo di affidamento plurimo o congiunto, potrebbe parlare di persone, al plurale) affidatario è, ovviamente, tenuto ad assicurare le due condizioni, della A destinazione stabile e B che siano garantiti contro ogni profanazione.
Qualche regione, in via interpretativa, si sarebbe spinta ad argomentare che ciò importi una qualche realizzazione di specifici manufatti, interpretazione che parrebbe ben poco argomentabile, dal momento che le condizioni poste dal T.U.LL.SS. sono unicamente quelle appena ricordate.
Anche un eventuale richiamo alle disposizioni di cui all’art. 80, comma 3 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. non consente particolari spazi (e per inciso, anche per questi “edifici” è prescritta allocazione nei cimiteri), il ché porta ulteriore argomento a quanto precede.

È noto come vi siano pulsioni per un alleggerimento di quest’impostazione, tendenzialmente nella direzione di permettere che “edifici” cellari possano essere realizzati anche al di fuori dei cimiteri, in particolare a servizio dell’istituto dell’affidamento delle urne cinerarie ai familiari (in ciò, strumentalmente, richiamandosi alla pronuncia della Corte di giustizia dell’Unione europea, Sezione III, con sentenza 14 novembre 2018 data nel procedimento C-342/17).
Ma anche riferendosi ad istanze di altra natura, che possono essere comprese in una logica di comunità intesa come vissuto sociale, specie quando connotato da elementi valoriali e non come misura, per così dire, individualistica e, per certi versi, egoistica, ipotesi che possono anche essere valutate in termini evoluzionistici, pur dovendosi considerare come eventuali modificazioni richiedano (richiederebbero?) norme di rango primario che, afferendo alle materie dell’ordinamento civile”, in parte e, in altra parte, delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, porta a dover richiamare la sussistenza della competenza legislativa – esclusiva – dello Stato, in applicazione dell’art. 117, comma 2, lett. l) e/o lett. m) Cost., anche se vi siano tendenze a non tenerne particolarmente conto.
Tanto più che lo Stato non sembra essere particolarmente attento in questi ambiti, cosa che rende quest’argomentazione del tutto debole e poco proponibile.

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Sereno Scolaro

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