È accaduto che un quotidiano, riportando cronache locali, riferisse che la giunta di un comune abbia deliberato l’assunzione dell’onere per un risarcimento a familiari di persona deceduta risolvendo in via stragiudiziale un contenzioso sorto in conseguenza di comportamenti che non avrebbero dovuto avvenire.
La situazione può essere descritta richiamando come, in conseguenza di esumazioni ordinarie dai campi ad inumazione (art. 58 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.) e ad una certa distanza di tempo dalla loro esecuzione, non risultasse quale fosse stata la destinazione delle ossa raccolte (anche se, in via di massima, si potrebbe richiamare l’art. 85, comma 1 stesso D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.), per quanto si potrebbe anche presumere che non vi sia stato un comportamento in qualche modo doloso, quanto un’omissione nelle registrazioni conseguenti all’esecuzione di queste operazioni.
Anche se per le esumazioni previste dall’art. 82 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. non sia previsto un qualche obbligo di comunicazione individuale (T.A.R. Piemonte, Sez. I, 23 aprile 2018, n. 470), costituisce larga prassi (e buona norma, decisamente raccomandabile), spesso esplicitata nel Regolamento comunale di polizia mortuaria, anche se non si escludono comportamenti di mera prassi consuetudinaria, quella di provvedere alla pubblicazione, sia all’albo pretorio del comune, sia presso il cimitero, di avvisi riportanti la programmazione delle operazioni di esumazione ordinaria (art. 82, comma 4 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.), pubblicazione spesso reiterata, magari anche in forma sintetica, in prossimità dei campi di inumazione che ne siano interessati.
Vi è stato qualcuno che, in conseguenza alla notizia di cronaca, si era posta la questione dell’opportunità che i comuni si tutelino attraverso la stipula di apposite polizze assicurative dalle possibili richieste risarcitorie che possano sorgere a seguito di comportamenti sostanzialmente impropri di chi operi nel cimitero (personale cimiteriale e, prima ancora, responsabile del servizio di custodia), anche se quest’ipotesi lascerebbe abbastanza perplessi, ricordando l’art. 28 Cost. [1], dal momento che situazioni quale quella rappresentata derivano da comportamenti che né il personale, né, in primo luogo, la figura del responsabile del servizio di custodia cimiteriale, dovrebbero porre in essere e che generano in capo a costoro responsabilità diretta, seppure con estensione all’ente di appartenenza.
In altre parole, potrebbe essere sostenibile coprire con assicurazione gli effetti delle inadempienze?
Piuttosto, l’ipotesi potrebbe essere sostenibile come tutela dagli effetti di “estensione” all’ente dei comportamenti di violazione posti in essere dai dipendenti.
In primis, meritano di essere affrontate quali siano le modalità operative da osservare, dato che l’eventuale loro violazione porta all’applicazione del disposto dell’art. 107 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., affrontandole per “fasi operazionali”.
E, poiché sarà necessario richiamare con una certa frequenza disposizioni del sopra citato D.P.R., disposizioni che, non a caso, non sono state finora oggetto di normative regionali, si provvederà a enunciarle le disposizioni senza neppure citare il predetto D.P.R. in quanto unica fonte di riferimento.
A = Inumazione = In occasione dell’inumazione, oltre alla predisposizione della fossa, al collocamento del feretro, alla sua colmatura osservando la prescrizione posta dall’art. 71.
Ma non va dimenticato l’art. 70 che prescrive un elemento di identificazione dell’inumazione (il c.d. cippo, che a volte è surrogato da manufatti di c.d. copri-fossa, in relazione alle previsioni del Regolamento comunale di polizia mortuaria), cippo che riporta un numero progressivo, cioè per l’appunto il fattore d’identificazione.
Vi è stata l’occasione di un atto di un comune (oggi capoluogo di regione) datato 25 novembre 1818 (si, proprio 1818!), relativo all’impianto del cimitero in cui si prevedeva che i campi ad inumazione fossero di forma rettangolare e corredati da cordoli in pietra sui fossero incise, da un lato delle lettere dell’alfabeto e dall’altro da numeri romani, in modo che traendo delle corde dai rispettivi punti così contrassegnati congiungenti i lati opposti risultassero esattamente i posizionamenti delle singole fosse.
Tornando al fattore d’identificazione, l’art. 52, comma 2, lett. a) prevede che nei registri cimiteriali siano indicati, tra gli altri, il numero arabico portato dal cippo (alla successiva lett. b), riferendosi alla pratica della tumulazione, anche il sito dove sono stati deposti, segno che il fattore di identificazione opera anche per questa pratica funeraria, cioè per il fatto che i principi di identificabilità e di individuabilità sono di valenza generale (e si applicano anche alla pratica funeraria della cremazione, solo se si abbia memoria dell’art. 3, comma 1, lett. e) L. 30 marzo 2001, n. 130, che trova deroga solo quando (o, meglio, venga eseguita) la dispersione delle ceneri quando coerente con la volontà espressa del della persona defunta).
B = Esumazione ordinaria = Quando, successivamente al decorso del turno ordinario di rotazione e in esecuzione della programmazione delle esumazioni ordinarie, venga provveduto all’esecuzione di queste, trova certo applicazione il già in precedenza richiamato art. 85, comma 1, ma anche la iscrizione, giornalmente, sui registri cimiteriali delle indicazioni di cui all’art. 52, lett. d) (d) qualsiasi variazione avvenuta in seguito ad esumazione, estumulazione, cremazione, trasporto di cadaveri o di ceneri).
Il fatto che, a distanza di tempo, i registri cimiteriali (art. 52 e, si aggiunge, art. 53) non abbiano riportato, nella situazione de quo, queste “variazioni” non può che essere ascritto se non in termini sia di violazione delle norme disciplinari, sia in termini di violazione rilevante ai sensi dell’art. 107, generando responsabilità personale a carico di questi, responsabilità che si estende al comune.
Una nota va fatta poiché, ferma restando la titolarità del responsabile del servizio di custodia, il fatto che trovi applicazione il citato art. 85, coma 1 costituisce indicazione che le ossa rinvenute sono state depositate nell’ossario comune, dato che la facoltà riconosciuta agli aventi titolo non può che essere esercitata prima dell’esecuzione delle operazioni di esumazione (per cui non hanno fondamento recriminazioni che vengano sollevate a rilevante distanza di tempo).
Nell’eventualità che il servizio sia stato oggetto di affidamento a terzi con le modalità prescritte dalla Parte I, Titolo V T.U.E.L., D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e s.m. (o, delle norme più o meno corrispondenti nelle regioni a statuto speciale per cui sussista competenza legislativa primaria od esclusiva in detta materia), le considerazioni precedenti, quali riferite al comune, vanno riferite al soggetto gestore, con l’avvertenza di verificare se con l’atto di affidamento del servizio e connesso contratto di servizio risulti che l’affidamento del servizio riguardi unicamente l’esecuzione delle operazioni cimiteriali oppure comprenda anche l’esercizio della funzione di responsabile del servizio di custodia cimiteriale.
[1] = Costituzione – Art. 28 “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.”.