Imbalsamazione e tanatoprassi: due trattamenti oppure un sinonimo?

Il Capo VIII D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. che, per semplicità, si riporta in [Nota 1]) reca la rubrica: “Autopsie e trattamenti per la conservazione del cadavere”.
Per inciso, dato che si parla di autopsie queste non vanno sovrapposte con il riscontro diagnostico cui è dedicato il precedente Capo V, precisazione che origina dalla sensazione che questa sovrapposizione non sia assente neppure tra operatori professionali.
Per altro, il termine trattamento è presente anche altrove: artt. 8; 13, lett. b) e lett. c); 16, lett. a) (!); 18, comma 3; 32, commi 1 e 3 il quale, non casualmente viene ripreso, per la competenza funzionale, all’art. 48 con cui si conclude il Capo VIII.
L’art. 46 è dedicato all’imbalsamazione, seguito dall’art. 47 che considera quella da eseguire sui cadaveri portatori di radioattività.
Si ricorda, per quanto sia ben noto, almeno per gli operatori professionali, come lo standard CEN EN UNI 15017:2019 (così come altrettanto nella sua versione precedente del 2005 – per UNI 2006) presenti un’unica “deviazione” (dichiarazione unilaterale, in sostanza: disapplicazione) presentata da un unico Stato membro dell’organismo di normalizzazione (Italia), proprio in tema di imbalsamazione, dovuta al fatto che questo trattamento è attività riservata ai medici.
Se si vanno a leggere, o ri-leggere, le definizioni presenti nel sopra citato si nota come in proposito vi sia una doppia definizione, una che cita l’imbalsamazione e l’altra che cita un secondo termine (tanatoprassi), presente in aree franco-germaniche e il cui significato è sempre riferibile al medesimo trattamento conservativo.
Anzi in Francia, almeno ufficialmente, questo termine non è neppure utilizzato parlandosi non senza qualche pudicizia di soins de conservations (ovviamente, nel linguaggio comune si usa tanatopraxie).
La duplice terminologia presente al punto 3.20 dello standard favorisce fraintendimenti o usi quanto meno impropri dei termini.
Le parole sono sempre rilevanti per fare chiarezza su quale sia il tema connesso al loro significato, preferibilmente evitando di giocare sulle improprietà.
Al di là delle questioni semantiche, la norma (art. 46) prevede che l’imbalsamazione avvenga sotto il controllo dell’ASL e, comunque, dopo trascorso il periodo di osservazione.
Ma nei paesi in cui questa è ammessa da parte di soggetti non medici (legalmente abilitati all’esercizio professionale) debitamente formati (punto 5.4 dello standard CEN EN UNI 15017:2019), viene sempre rappresentato come questo “trattamento” richieda/richiederebbe essere eseguito ben prima e quando più precoce sia tanto maggiore è il suo esito.
Sotto il profilo amministrativo-autorizzatorio è necessaria apposita autorizzazione comunale (in applicazione dell’art. 107, comma 3, lett. f) T.U.E.L., D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e s.m. (in alcune Regioni/Provincie a c.d. statuto autonomo va fatto riferimento ad altre fonti, che per altro vanno nella medesima direzione), autorizzazione per il cui rilascio è richiesta (Cfr.: il testo di seguito in [Nota 1]) la presentazione di una dichiarazione sul procedimento, luogo e ora di prevista effettuazione, nonché, distinti, certificati del (1) medico curante e (2) medico necroscopo, escludenti il sospetto che la morte sia dovuta a reato.
A parte quest’ultima previsione, in qualche modo implicita, nulla è indicato circa un qualche procedimento più o meno standard, mentre sul “luogo” non si può che richiamare il già citato art. 13, lett. b) e c).
L’indeterminazione circa il procedimento consente di rammentare come in paesi in cui vi sia pratica più o meno estesa nel procedimento per la rimozione del sangue con la sostituzione di altri fluidi si utilizzano sostanze (quali: formaldeide, glicerina, borace, fenolo, alcool, acqua in varie percentuali di miscelazione) che possono presentare criticità per la salute pubblica.
Per non considerare come venga o debba essere smaltito il sangue “sostituito”, cosa che porterebbe ad un qualche richiamo al D.P.R. 15 luglio 2003, n. 254, provvedimento interministeriale rientrante nel contesto dell’art. 117, comma 2, lett. s) Cost. e, in parte, in una delle materie di legislazione regionale concorrente, se ed in quanto specificativa delle disposizioni di questo. Ma, non va sottovalutato, per la salute di quanti (medici) vi provvedano.
Infine, una considerazione di fondo: quanto temporanei sono questi trattamenti conservativi?
Si tratta di questione non secondaria, sia che il corpo venga destinato all’inumazione, sia quando sia destinato alla tumulazione, sia quando destinato alla cremazione, in tal caso ponendo ulteriori valutazioni sugli effetti che ne possano conseguire in termini di emissioni dei fumi in atmosfera.
In altre parole: in quali condizioni, in quale stato si rinvengono i corpi dopo la “sepoltura”, quando, per il decorso del tempo, possono non esservi superstiti cui riferirsi per gli oneri che loro competono?

[Nota 1] = D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. – CAPO VIII – Autopsie e trattamenti per la conservazione del cadavere.
Art. 45.
1. Le autopsie, anche se ordinate dall’autorità giudiziaria, devono essere eseguite dai medici legalmente abilitati all’esercizio professionale.
2. I risultati delle autopsie devono essere comunicati al sindaco e da quest’ultimo al coordinatore sanitario dell’unità sanitaria locale o delle unità sanitarie locali interessate per la eventuale rettifica della scheda di morte di cui all’art. 1. Il contenuto della comunicazione deve essere limitato alle notizie indispensabili per l’eventuale rettifica della scheda.
3. Quando come causa di morte risulta una malattia infettiva-diffusiva compresa nell’apposito elenco pubblicato dal Ministero della sanità, il medico che ha effettuato l’autopsia deve darne d’urgenza comunicazione al sindaco e al coordinatore sanitario dell’unità sanitaria locale competente ed essa vale come denuncia ai sensi dell’art. 254 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 e successive modifiche.
4. Le autopsie su cadaveri portatori di radioattività devono essere eseguite seguendo le prescrizioni di cui all’art. 38.
5. Quando nel corso di una autopsia non ordinata dall’autorità giudiziaria si abbia il sospetto che la morte sia dovuta a reato, il medico settore deve sospendere le operazioni e darne immediata comunicazione all’autorità giudiziaria.

Art. 46.
1. I trattamenti per ottenere l’imbalsamazione del cadavere devono essere eseguiti, sotto il controllo del coordinatore sanitario dell’unità sanitaria locale, da medici legalmente abilitati all’esercizio professionale e possono essere iniziati solo dopo che sia trascorso il periodo di osservazione.
2. Per fare eseguire su di un cadavere l’imbalsamazione deve essere richiesta apposita autorizzazione al sindaco, che la rilascia previa presentazione di:
a) una dichiarazione di un medico incaricato dell’operazione con l’indicazione del procedimento che intende seguire, del luogo e dell’ora in cui la effettuerà;
b) distinti certificati del medico curante e del medico necroscopo che escludono il sospetto che la morte sia dovuta a reato.

Art. 47.
1. L’imbalsamazione di cadaveri portatori di radioattività, qualunque sia il metodo eseguito, deve essere effettuata, osservando le prescrizioni di leggi vigenti in materia di controllo della radioattività ambientale e adottando le misure precauzionali concernenti la sorveglianza fisica degli operatori a norma degli articoli 6, 69 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185, in quanto applicabili.
Art. 48.
1. Il trattamento antiputrefattivo di cui all’art. 32 è eseguito dal coordinatore sanitario o da altro personale tecnico da lui delegato, dopo che sia trascorso il periodo di osservazione di cui agli articoli 8, 9 e 10.

Written by:

Sereno Scolaro

508 Posts

View All Posts
Follow Me :