Così posta la questione probabilmente la risposta è scontata. Ma non mancano quanti non hanno di mira una comunicazione con tale caratteristica, quanto trovare strumenti per sostenere un data tesi, fondata o meno che sia; altri ancora, sottraendosi da ogni ricerca ed approfondimento, assumono informazioni sommarie e ne fanno il sunto che ritengono, magari affermando una conoscenza assente.
Come noto, on the web è possibile trovare “tutto ed il contrario di tutto”, il che comporta, quando si usino questi strumenti, un buon livello di attenzione, di criticità, di capacità di discernere ed acquisire le informazioni che siano oggettivamente pertinenti.
In particolare, sul tema della cremazione si possono riscontrare sostenitori delle tesi più infondate, inclusi quanti facciano ricorso a fonti d’informazione assunte in realtà non comparabili (magari anche non accessibili, per più ordini di considerazione) e prescindendo da quelle più concrete reperibili in termini di prossimità, specie quando si affermi, verbalmente, di mirare ad una tutela di aspetti, sulla cui rilevanza non si obbietta minimamente.
Vi è poi anche la categoria di chi, con la fretta propria di chi vuole uscire prima di altri, in date situazioni si tende a usare quelle conoscenze che siano possedute in una data materia per applicarle a materie del tutto estranee, anche se possano esservi alcuni elementi che le richiamino.
Ne è stato esempio, uno tra i tanti, quanto si è registrato dopo una pronuncia del Consiglio di Stato (che si indicherà infra) dove sedicenti esperti hanno sostenuto che questa avrebbe affermato una caratteristica, quando, leggendola, risulta chiaro che si tratta di ben altro.
Magari chi ha sostenuto queste impostazioni può anche essere approfondito conoscitore delle norme in materia ambientale, analista delle pronunce interpretative del D. Lg. 3 aprile 2006, n. 152 e s.m. (numerosissime), ma difettano di ogni informazione in materia di cremazione.
Il riferimento è la sentenza 3 gennaio 2022, n. 14 che non pochi interpreti (on line !) hanno “massimato “ (non è facile massimare ….) come se il massimo organo della giustizia amministrativa avesse dichiarato che “gli impianti di cremazione sono assimilabili agli “inceneritori”, che sono industrie insalubri di prima classe, in base alla parte prima, lettera C n. 14 dell’elenco relativo di cui si è detto, così come approvato dal D.M. Sanità 5 settembre 1994..”
Quando poi si vada a leggere il testo della sentenza si scopre che: a) il Consiglio di Stato, non ha dichiarato questo; b) che (punto 15.2) una tale assimilazione è attribuita al sindaco del comune di riferimento, in funzione di giustificare una propria competenza quale autorità sanitaria locale, c) e, soprattutto, che questa titolarità è correlata al fatto che “non risulta emanato il decreto interministeriale previsto dalla l. 30 marzo 2001 n.130,, proseguendo (punto 15.3): “e quindi ha lasciato un vuoto normativo in particolare quanto alla disciplina delle emissioni in atmosfera, vuoto che il Sindaco ha ritenuto di colmare esercitando la propria competenza ai sensi del T.U. 1265/1934”.
In altre parole, e non è la prima volta, il Consiglio di Stato ha attestato l’inadempienza governativa relativamente alle norme di attuazione della L. 30 marzo 2001, n. 130 (per non dire, in quanto in questa sede, non pertinente, delle inadempienze di altri livelli di governo).
Per altro, è passata, particolarmente in ambito mediatico, la fola secondo cui gli impianti di cremazione sarebbero inceneritori e, quindi, industrie insalubri di prima classe!
Che vi siano analisi e studi in tutt’altra direzione non importa: si potrebbe richiamare il Manifesto formulato (2008) dall’E.C.N. (European Crematoria Network) rivolto alle autorità dell’Unione europea, oppure gli studi fatti, in Italia, da ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), così come si potrebbero richiamare altre fonti … “specializzate” (termine che non significa “di parte”).
Questioni simili sono presenti anche per altre sepolture, dato che ben poche persone hanno contezza (sia permesso questo termine da sapore ottocentesco) di quali siano i processi trasformativi che si hanno nelle sepolture a sistema di inumazione, men che meno quelli che si hanno nelle sepolture a sistema di tumulazione, la cui conoscenza (almeno per chi detti “regole” e/o operi nel concreto) sarebbe importante per adottare le misure che risultino più adeguate, nel senso di favorirne la fisiologica operatività nel rispetto della persona defunta e delle istanze dei familiari di questa, specie quando le condizioni di operatività non siano sempre del tutto standard.
Cosa che può aversi senza che vi siano responsabilità in questo o quello e non potendosi sempre adottare rimedi preventivi (la cui adozione, comunque, richiederebbe il possesso di tutte le informazioni del caso).
Non si pretende che le persone comuni (se si vuole: utenti, fruitori, ecc.) dispongano di queste informazioni, ma queste dovrebbero sussistere presso i cosiddetti “addetti ai lavori” e, prima ancora, presso chi detti le “regole” da osservare).