Concessioni ad enti: quid quando si tratti di società? – 3/3

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Oltre alle conclusioni

La precedente seconda parte recava una “conclusione” che, in qualche modo, teneva conto delle possibili criticità cui la prospettazione considerata potrebbe essere esposta.
Tuttavia, vi è un aspetto che richiede un approfondimento ulteriore: era stato indicato che, in occasione di un (eventuale) scioglimento della società concessionaria, conseguisse una certa quale “cessazione” (il termine può apparire grossolano, ma a volte può essere utile ricorrere anche a formulazioni di questa natura) altresì anche della concessione cimiteriale.

I modi, le cause (e le condizioni) in cui vi sia “cessazione” di una concessione cimiteriale

È largamente noto come le concessioni cimiteriali siano soggette alla loro “cessazione”, la qual può aversi per situazioni fisiologiche, oppure altresì patologiche.
Rientrano tra le prime la scadenza, l’esaurimento dei fini, la rinuncia, l’estinzione della famiglia, fino all’estinzione della concessione per soppressione del cimitero (art. 92, comma 2, ultimo periodo D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.), mentre rientrano tra le seconde la decadenza e la revoca.
Non sembra il caso di approfondire questi istituti, limitandoci a considerare come l’ipotesi cui si era pervenuti nella “Conclusione” – di cui si riporta il passaggio: “…Poiché le concessioni cimiteriali non possono essere prive di concessionario (non si confonda quest’ipotesi con quella dei concessionari non noti o non reperibili), né le società in quanto tali hanno successori (vi sarebbe un esaurimento del fine per cui è sorta la concessione, per sopravvenuta inesistenza – in termini di venuta meno – di uno dei soggetti parti nel rapporto giuridico di concessione), ne conseguirebbe che …. ” non rientri in alcuna delle cause di “cessazione” precedentemente indicate.

Motivazioni

La concessione cimiteriale, in via generale, ha come fondamento, quale proprio titolo tipico il regolare atto di concessione (intenzionalmente si usa la formulazione presente nell’art. 98, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.), atto che, alla luce del portato dell’art. 823 C.C. (e dell’art. 90 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.) ha, in primis, una natura unilaterale (dato che il comune, titolare del demanio cimiteriale, si trova in posizione di supremazia, ma anche, in secundis una natura contrattuale – o, se lo si voglia: para-contrattuale – Cfr.: anche, oggi, l’art. 1, comma 1-bis L. 7 agosto 1990, n. 241 e s.m., e, prima, cronologicamente parlando, art,. 823, comma 2 C.C.).
Questa duplice natura giustifica la diffusa formulazione di “contratto di concessione”.
Tornando, per un momento, alla “unilateralità” dell’atto di concessione, va tenuto conto della differenza, pluralitariamente affermata anche dalla giurisprudenza prevalentemente amministrativa, ma altresì di legittimità, circa il fatto che l’atto di concessione fa sorgere in capo al soggetto concessionario una posizione di diritto soggettivo piena per quanto riguardi i (possibili) rapporti di questi con terzi, ma si atteggia (si potrebbe anche dire: degrada a) quale un interesse legittimo nei rapporti che sorgono tra comune (quale titolare della demanialità cimiteriale) e concessionario.
Ed è qui che trovano argomento e fonte gli istituti della decadenza e/o della revoca, istituti tra loro nettamente distinti e non concorrenti.
Ora, questo mix, questa concorrenza di atto “unilaterale” e di atto “contrattuale”, fa sì che vi siano sempre due “parti”.
Per queste motivazioni non può aversi che una concessione cimiteriale rimanga “orfana” di una delle parti del rapporto giuridico venutosi a formare, costituire e durare nel tempo con la stipula del regolare atto di concessione.
In altre parole, ci si trova di fronte ad un alter genus tra le cause di “cessazione” della concessione cimiteriale, cioè una tipologia altrimenti non tenuta in conto.
E ciò costituisce un ulteriore elemento a favore di approccio debitamente prudente alla fattispecie.

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Sereno Scolaro

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