Concessioni ad enti: quid quando si tratti di società? – 2/3

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La seconda questione da considerare
La seconda chiama in causa l’art. 93 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., in particolare il suo comma 1, primo periodo (“Il diritto d’uso delle sepolture private concesse a persone fisiche è riservato alle persone dei concessionari e dei loro familiari; di quelle concesse ad enti è riservato alle persone contemplate dal relativo ordinamento e dall’atto di concessione,”).
Ora, nel caso di società, è presumibile che nel loro “relativo ordinamento”, cioè nell’atto costitutivo (art. 2475 C.C., essendosi qui assunto, per semplicità espositiva, il caso della S.r.l.) vi sia l’indicazione dell’oggetto sociale il cui contenuto – probabilmente – ha riguardo all’esercizio in comune di una data attività economica, ma altrettanto probabilmente (e forse a maggior ragione) che non vi siano enunciazioni che prendano in considerazione il diritto d’uso di una qualche sepoltura privata, tanto più che la formazione dell’atto costitutivo precede il sorgere della società e (nella fattispecie) quando questa intenda assumere (anche) la posizione di concessionaria di sepoltura privata nei cimiteri … la società è già costituita.
Certo, gli atti costitutivi possono anche essere oggetto di modifiche, ma questo poco rileva, in quanto, accanto al “relativo ordinamento”, va considerato anche l’atto di concessione.
Se ne potrebbe trarre la conseguenza che, nel caso, rilevi unicamente questo secondo “parametro” di valutazione della portata del diritto d’uso, anche quando l’altro sia del tutto silente.
Ad esempio, se in sede di richiesta di concessione cimiteriale sia indicato che il diritto di sepoltura sia riservato (la questione della riserva è da considerare “non trattabile”) a persone determinate o a categorie di persone pre-determinabili, questo potrebbe consentire di giungere al perfezionamento del regolare atto di concessione.
Sempre rimanendo nell’ambito delle esemplificazioni (che potrebbero essere molto “ricche”), si potrebbe considerare che il diritto di sepoltura sia riservato a chi sia, o sia stato, socio per almeno (5, poniamo) anni, oppure a chi sia stato dipendente (o, collaboratore?) della S.r.l. per almeno (20, poniamo) anni o anche meno, se deceduto in corso di rapporto con la S.r.l.
Magari ponendo il limite (in relazione all’art. 93, comma 1, secondo periodo D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. (“In ogni caso, tale diritto si esercita fino al completamento della capienza del sepolcro”) della “ricettività”, ma anche quello di una limitazione alla tumulazione quando, in futuro, vengano a mancare meno di 20 anni dalla scadenza della concessione cimiteriale, limitazione quest’ultima che potrebbe essere, per espressa previsione nell’atto di concessione o di Regolamento comunale di polizia mortuaria, derogata quando si tratti di spoglie mortali contenute in cassetta ossario o di ceneri raccolte in idonea urna cineraria.
Ma le esemplificazioni potrebbero estendersi al caso in cui il diritto di sepoltura non sia riservato a persone o a categorie di persone pre-determinabili, in qualche modo “collegate” con la S.r.l. concessionaria, quanto a terzi, (i.e.) i soci dell’associazione (culturale, sportiva, o altro), il personale volontario che operi nelle strutture locali di protezione civile, ecc., oppure le persone decedute in occasione di un qualche evento che abbia avuto una certa eco e un dato valore, con un ventaglio ampio di possibilità che porterebbe ad un’inutile moltiplicazione degli esempi.
Quello che conta è il fatto che le persone o le categorie di persone pre-determinabili sia indicato, nell’atto di concessione, in termini di chiarezza ed inequivocità, anche in relazione alla durata della specifica tipologia di concessione.

Una conclusione (non esente da pessimismo)
Stando all’ipotesi iniziale, vi sarebbe anche una terza questione da affrontare, cioè – ammettendo la possibilità che una società possa essere concessionaria di una sepoltura privata – il fatto (per quanto eventuale) che la società concessionaria venga a sciogliersi, indipendentemente dai motivi che determinino lo scioglimento, prima della scadenza della concessione cimiteriale. Poiché le concessioni cimiteriali non possono essere prive di concessionario (non si confonda quest’ipotesi con quella dei concessionari non noti o non reperibili), né le società in quanto tali hanno successori (vi sarebbe un esaurimento del fine per cui è sorta la concessione, per sopravvenuta inesistenza (in termini di venuta meno) di uno dei soggetti parti nel rapporto giuridico di concessione), ne conseguirebbe che, in sede di scioglimento (prima che questo intervenga) della società (anche se avvenga da parte di terzi rispetto agli organi societari), dovrà provvedersi a dare diversa sistemazione alle spoglie mortali accoltevi (cosa che potrebbe coinvolgere persone terze, in quanto aventi titolo a disporre delle spoglie mortali stesse), a eseguire le opere e interventi che, caso per caso, sia rendano necessari od opportuni per una riassegnazione del sepolcro ad altri e la concessione viene a cessare, rientrando nella piena disponibilità al demanio cimiteriale del comune.
Si tratta di una prospettiva che suggerirebbe ai comuni di evitare, nei limiti, sempre inderogabili, dell’imparzialità e del buon andamento (art. 97, comma 1 Cost.) di vedere di prevenire di doversi confrontare con concessioni cimiteriali di cui sia concessionaria una società.
Troppo frequentemente la “vita” delle società è inferiore alle durate delle concessioni cimiteriali.

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Sereno Scolaro

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