La scorsa primavera, oltretutto in prossimità (qualche malalingua, aggiungerebbe: non casualmente) di consultazioni elettorali per il rinnovo del sindaco e del consiglio comunale, un comune ha curato il rilascio alla stampa locale dell’informazione che parte del cimitero sarebbe stata destinata a persone aventi determinate consuetudini relative alla “sepoltura”.
Sono consuetudini, che taluno rischia di considerare aventi radici religiose, ma che – a ben vedere – si collocano più correttamente nell’ambito – appunto – delle consuetudini, delle tradizioni, degli usi.
Si tratta di:
(a) ”sepoltura” con la pratica dell’inumazione, escludendo la tumulazione e, con motivazioni più articolate, altresì quella della cremazione;
(b) posizionamento del feretro nella direzione del luogo considerato il “centro” ideale di una data religione, nella fattispecie nella direzione della Mecca.
L’ipotesi è anche ormai agevolmente percorribile in conseguenza del fatto che le aree cimiteriali dedicate all’inumazione nel contesto dell’art. 58 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. (non senza trascurare che in alcune regioni i relativi parametri dimensionali sono stati duplicati, senza rendersi conto degli effetti che ne derivano) sono sempre meno richieste sia per scelte verso altre pratiche funerarie e – principalmente – verso la cremazione, pratica che muta fortemente la tipologia di “domanda” si sistemazione finale delle ceneri.
Da ciò, una sorta di sovrabbondanza di superfici dedicate all’inumazione, che permette destinazioni in precedenza poco proponibili, sotto il profilo della disponibilità.
Rispetto al posizionamento del feretro (direzione) possono esservi criticità, in quanto quanti abbiano informazioni sommarie tendono a valutare questo orientamento come riferito all’orientamento delle fosse, cioè secondo un’immaginaria linea testa-piedi (cioè, considerando la lunghezza della fossa) che si prolunga idealmente fino a congiungere la destinazione prevista.
A questa criticità si aggiunge la difficoltà, per cui non sia aduso a queste indicazioni, che, per inciso, valgono anche per l’esercizio delle preghiere rituali, diventa difficile da individuare, mentre è più facile la sua “misurazione” (una volta individuata), utilizzando una bussola, strumento che può anche essere presente tra le app di numerosi smartphone.
Questa “direzione” si chiama: qibla ed on line sono agevolmente accessibili app aventi questa funzionalità, tra cui anche qibla_2 (quelle qui proposte sono solo alcune, osservando che la seconda fornisce anche le angolazioni).
Per inciso, il comune richiamato all’inizio dispone di una pluralità di cimiteri, dei quali quello principale è – casualmente – correttamente orientato, ammesso che quanti vogliano realizzare questa prospettiva ne abbiano conoscenza.
Tuttavia, la questione dell’orientamento in relazione alla qibla va affrontata non secondo la linea data dalla direzione testa-piedi, poiché la consuetudine richiede una precisazione, cioè che la persona defunta sia posizionata in modo da guardare nella direzione della qibla, cosa che comporta che, in sede di confezionamento del feretro, il corpo non sia posto in posizione, più o meno, supina, come generalmente avviene, ma posizionato su di un fianco.
Il che comporta che si faccia ricorso a specifici supporti (a volte potrebbero bastare dei cuscini), per mantenere questa posizione sul fianco.
Incidentalmente, va tenuto presente come tali supporti non possano che essere realizzati con materiali biodegradabili, per il disposto dell’art. 75, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., come, del resto, vale per tutti i materiali destinati a feretri destinati all’inumazione.
Risulta che in altri Paesi (es.: Francia) i soggetti chiamati al confezionamento dei feretri possano, quando del caso, approvvigionarsi di specifici supporti realizzati proprio a tal fine.
Ma se il rispetto della tradizione dell’orientamento della qibla comporti questo posizionamento del cadavere all’interno del feretro, sorge un altro elemento del quale tenere conto, cioè l’esigenza anche di conoscere quale sia la fila in cui il feretro è destinato ad essere accolto, dato che in un caso il posizionamento dovrebbe aversi sul fianco destro, in altro caso sul fianco sinistro.
E, se non se ne tenesse conto, avendone conoscenza fin dal momento del confezionamento del feretro (e non sempre ciò potrebbe essere noto), si otterrebbe il risultato che la persona defunta avrebbe lo sguardo rivolto nella direzione del tutto opposta a quella rilevante.
Una volta definito l’orientamento delle aree (o, più esattamente, delle fosse realizzande in esse), salvo – ovviamente – il caso in cui queste siano già autonomamente orientate, potrebbero dedicarsi a particolari culti appositi reparti speciali, facendo riferimento alle previsioni di cui all’art. 100, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., “reparti” che non vanno confusi, o sovrapposti, con quanto considerato dal successivo comma 2 della medesima fonte, nel qual caso si considerano concessioni di aree, in coerenza (ed applicazione) dell’art. 90 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. e per cui occorre che il soggetto concessionario disponga della personalità giuridica, ai sensi del D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361 e che il regolare atto di concessione individui la nazionalità, e la sua comunità, ai fini dell’art. 93, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.
A prescindere da quest’ultima fattispecie e dall’approccio ben poco inclusivo dell’art. 10, comma 1 citato, l’uso, da parte delle famiglie delle persone defunte interessate, richiede che previamente sia stato previsto un esplicito adeguamento del piano regolatore cimiteriale (P.R.C.), anche riferendosi all’art. 91 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., in modo da pre-definire i destinatari dell’utilizzo.
Cosa che lascia sempre estranee eventuali “forme aggregative” che siano prive della personalità giuridica, non senza considerare come queste, oltre che essere estranee, non potrebbero proprio ritenersi uniche usuarie (carattere che può essere riconosciuto semmai alle famiglie) di tali “reparti speciali”, magari volendo escluderne la fruizione a chi non sia parte di queste o sia parte di altre, pur professando altresì una medesima religione.
E qui sorge il punto per cui vi sono religioni la cui strutturazione presenta strumenti di prova della professione di determinato culto, ma anche per le quali difetti di modalità di prova di una tale professione.
Per non parlare della possibilità che questi “reparti speciali” siano destinati, sempre dal P.R.C., all’accoglimento a sistema d’inumazione di persone defunte che semplicemente professino culto diverso da quello cattolico, indipendentemente da quale questo possa essere, per le quali non sussistono, generalmente, particolari consuetudini relativamente all’orientamento delle fosse.
Ma, anche in tal caso si porrebbe la questione della “separatezza”, sulla base di criteri che risulterebbero non coerenti o non pienamente rispettosi dei principi posti dall’art. 3, comma 1 Cost., principi qualificati quali fondamentali.