E’ ben vero che non ci si deve stupire più di tanto. Vi è stato chi ha chiesto informazioni su quali documenti (o, in via più generale, “titoli”) siano necessari per l’accoglimento in un cimitero di cassetta ossario la cui traslazione era stata debitamente autorizzata, in quanto il comune di destinazione richiedeva, come indefettibile, non solo l’autorizzazione al trasporto, ma altresì l’autorizzazione rilasciata in origine ai sensi dell’art. 74, commi 1 e 2 d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 e s.m. Nel caso di specie veniva precisato che quell’autorizzazione era irrintracciabile per sopravvenuti eventi alluvionali, ponendosi il soggetto richiedente anche l’esigenza di cogliere la ratio di questa richiesta, se ve ne sia una.
Sulla questione dell’autorizzazione ex art. 74 d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 e s.m. (o forse, trattandosi di ossa raccolte in cassetta ossario (art. 36 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m.), di quella ex art. 141 R. D. 9 luglio 1939, n. 1238, come tale richiamato all’art. 6 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., in quanto antecedente alla disposizione attuale e, probabilmente, in applicazione al momento della “sepoltura” originaria, iniziale), relativamente alle ossa si potrebbe osservare che è un comportamento che può trovare origine dall’art. 52, comma 2 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., a condizione che non si tenga conto che questo fa riferimento al cadavere e non alle ossa. La prassi segnalata, più o meno diffusa nel passato e che sembra stia progressivamente scemando, non ha senso: basti considerare come il fatto di ricevere cassette ossario (citato art. 36 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., in particolare comma 1) è, in sé stesso, prova che, in precedenza, era stato accolto in cimitero un … cadavere, accoglimento, allora, avvenuto nel rispetto delle norme.
La questione porta, di nuovo, a richiamare il sopra citato art. 36, comma 1 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., in particolare laddove recita: “… ferme restando le autorizzazioni di cui agli articoli 24, 27, 28 e 29, …”, che consente di porre in sufficiente luce quali siano i (soli) “titoli” necessari, non sono per il trasporto, ma anche per l’accoglimento nel cimitero di destinazione.
Del tutto analogo discorso nei casi di cui all’art. 83, comma 1 od art. 88 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., a seconda della pratica funeraria, in cui il trasporto non riguarda una cassetta ossario, ma ancora un feretro, dato che anche qui l’autorizzazione al trasporto costituisce prova della correttezza del pregresso accoglimento in cimitero, quello avvenuto nell’immediato post mortem.
L’ipotesi, surreale, rappresentata inizialmente di pretendere l’osservanza (formalismo) per cui (si cita testualmente) “Il responsabile del servizio, per ogni cadavere ricevuto, ritira e conserva presso di sé l’autorizzazione di cui all’art. 6 …” apre un’ulteriore questione. Se i registri cimiteriali, oltre alla regolare tenuta giornalmente, sono oggetto di quanto disposto dal successivo art. 53 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., il comma 2 di questo precede altresì che uno dei due esemplari dei registri “…. deve essere consegnato ad ogni fine anno, all’archivio comunale, rimanendo l’altro presso il servizio di custodia”. Ma nulla si dice se tale “consegna” coinvolga anche quanto considerato all’immediatamente precedente art. 52, comma 2. Da ciò, va posta la conseguente opportunità di verificare quali siano i tempi di conservazione di quest’ultima documentazione, non dimenticando anche altre “funzionalità” cui questa conservazione possa, eventualmente, rispondere. Non ci si riferisce alle “notizie” che possano (anche qui: eventualmente) rilevare ai fini dell’art. 84, lett. b) d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., dal momento che le autorizzazioni di cui all’art. 74, commi 1 e 2 d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 e s.m. non dovrebbero riportare notizie in proposito (se ciò avvenisse si avrebbe una violazione dell’art. 9 Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (Testo rilevante ai fini del SEE), così come queste “notizie” non dovrebbero trovare registrazione nei registri cimiteriali (anche se lontane prassi vedevano l’uso di modulistica a stampa che le indicava). La questione dei tempi di conservazione porta anche a dover considerare la possibilità di conservazione degli archivi/documenti in formato digitale (e quanto attiene alla conversione di archivi/documenti analogici in archivi/documenti informatici). Per quanti vogliano approfondire è possibile accedere al Sistema archivistico nazionale, ma, in linea di massima, di “documenti” enunciati all’art. 52, comma 2 d.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m. potrebbero essere oggetto di verbale di scarto (cui può seguire la relativa operazione di scarto) una volte decorsi … almeno 10 anni dalla loro formazione, anche se ragioni di praticità operativa possono ragionevolmente indurre a considerare gli anni “interi”, secondo la logica già presente nel già citato art. 53, comma 2, meglio se “leggendo” “ad ogni fine anno non in termini bassamente letterali, ma come “una volta finito l’anno”, dato che così si semplifica anche la descrizione nel verbale di scarto, consentendo di indicare “gli atti di … relativi all’anno …..”.