Premessa
Durante la fase acuta della prima ondata dell’epidemia di coronavirus hanno fatto il giro del mondo le immagini dei mezzi militari italiani, che trasportavano i feretri da una delle zone più colpite verso altre regioni, a causa dell’insufficienza di strutture crematorie disponibili, per l’eccezionale affluenza di salme.
Una tragedia nella tragedia che ha scosso l’opinione pubblica mettendo in luce una inattesa criticità per i più, ma non certo per gli addetti ai lavori.
È infatti ben noto che gli impianti di cremazione Italiani hanno mediamente un carico di lavoro per singola unità molto superiore a quelli di alcuni altri Paesi Europei, dove il carico è di circa 1.000 cremazioni per singolo forno.
Vi è infatti una strutturale carenza di impianti in certe aree geografiche del nostro Paese, che non hanno saputo valutare preventivamente la crescente domanda di cremazione.
A questo si aggiunge la drammatica emergenza sanitaria che tutta l’Europa, insieme al nostro Paese, sta attraversando e la necessità di soluzioni rapide ed efficaci di intervento.
La soluzione
Durante la prima ondata epidemica, ci si è domandati quale fosse una soluzione facilmente trasportabile, rapida da produrre in stabilimenti spesso già al limite di operatività e soggetti a norme in materia di sicurezza dei lavoratori particolarmente stringenti, causa COVID.
E, infine, compatibile con la normativa vigente e di costo contenuto.
La risposta a quest’interrogativo venne da richieste di forni con tali caratteristiche, da installare in aree di altri Paesi, soggette a mortalità emergenziale numerosa: Spagna e Inghilterra.
Cosicché GEM Matthews International Srl ad Aprile 2020 ha consegnato in Spagna i primi due impianti “containerizzati”, ovvero installati in container, nell’area di Madrid.
Clicca QUI per vedere le fotografie del forno crematorio containerizzato.
A queste prime installazioni sono seguite altre in Inghilterra, dove pur essendo presente un gran numero di crematori, i forni containerizzati hanno svolto e svolgono la funzione di assorbire i picchi, evitando di mettere in situazioni di criticità gli impianti esistenti.
Alla base della soluzione proposta vi è l’idea di inserire in un container da 40 piedi un’unità di cremazione completa e indipendente, corredata di tutti gli accessori previsti dall’attività da svolgere:
1) un forno, modello GEM CRM3 – a scarico ceneri anteriore – in grado di eseguire un massimo di 10 cremazioni nell’arco della giornata. Insieme ad esso, viene inserito un ventilatore di combustione in apposita cabina insonorizzata al fine di limitarne l’impatto acustico
2) un sistema per il trattamento delle ceneri derivanti dal processo di cremazione
3) un carrello idraulico a rulliera per la movimentazione e il carico dei feretri e gli strumenti per la raccolta delle ceneri e pulizia del forno
4) un kit di sicurezza per gli operatori ed un estintore
Il container è dotato di sistema di illuminazione, areazione interna e dispone di tutte le caratteristiche tecniche richieste dalla normativa europea e, conformemente alle norme di igiene e sicurezza attuali, prima di essere spedito viene sottoposto ad un trattamento di sanificazione, comprovato da relativa certificazione.
Questa procedura, unita al fatto che ogni singolo componente viene testato e montato preventivamente in azienda, rende l’impianto già pronto per l’utilizzo non appena giunge a destinazione, fatti salvi gli allacci necessari.
La straordinarietà di questa soluzione sta anche nel fatto che la sua collocazione non è per forza definitiva, ma può sempre essere successivamente rivalutata in base alle esigenze del cliente.
Vi è inoltre la possibilità di gestire il forno containerizzato attraverso controllo remoto con diagnostica a distanza. Il servizio consiste, infatti, in un sistema di supervisione del processo da parte dei tecnici della GEM Matthews, che si collegano dall’azienda per supportare gli operatori sul posto.
Questo strumento è in grado di acquisire dati e fornire un report giornaliero con i principali parametri delle cremazioni eseguite.
Ove necessario è possibile fornire un supporto di personale, in grado di formare adeguatamente gli operatori necessari (2 a forno).
Il forno in fase emergenziale agisce con scarico diretto in atmosfera e permette emissioni in linea con la normativa vigente.
Chi volesse può dotare in aggiunta il forno containerizzato di un sistema di filtrazione compatto, anch’esso montato su container, il quale – tanto quanto il container sopra descritto – si presenta già “chiavi in mano” e può essere alloggiato provvisoriamente secondo necessità insieme al primo, per poi essere traslocato in maniera compatta nella loro sede finale.
Chi ha necessità di uno o più forni containerizzati deve solo provvedere a creare una base di appoggio (un piazzale esistente, una gettata di cemento), una tettoia leggera per operare al riparo dagli agenti atmosferici davanti l’ingresso del forno, nonché disporre di allacci (acqua, energia elettrica e gas metano o GPL).
In termini commerciali la proposta può prevedere l’acquisto diretto in forma tradizionale o anche la forma contrattuale di Rent to Buy, innovativa per il settore, che permette di noleggiare l’uso dell’impianto per un certo numero di mesi, riservandosi l’acquisto a fine utilizzo o la restituzione dell’impianto.
Inquadramento normativo
Per l’Italia occorre esaminare inoltre la possibilità o meno di installazione di un tale tipologia di forno, alla luce della normativa esistente.
A livello statale il Decreto legislativo n. 152/06 costituisce la “Bibbia Ambientale” per l’Italia e norma una molteplicità di emissioni provenienti da svariate attività produttive.
Nello specifico il concetto di unità produttiva è ben espresso nella parte V° del suddetto D.Lgs.
Il forno containerizzato è possibile considerarlo come una unità trasportabile, come per esempio può essere l’unità mobile di produzione di bitume utilizzato per asfaltare le nostre strade ed autostrade.
Anche una sentenza della Corte di cassazione (n. 11660/2003) va in questa direzione interpretativa, connotando “l’attività produttiva aziendale” come una “componente organizzativa dotata di indipendenza tecnica ed amministrativa”.
Il forno crematorio containerizzato, ad avviso degli scriventi, pur dovendo essere installato dentro un cimitero esistente o in un ampliamento dello stesso, non rientra nella definizione di impianto di cui all’art. 268 comma1, lett. H, D.lgs n. 152/06, cioé “il macchinario o il sistema o l’insieme di macchinari o di sistemi costituito da una struttura fissa e dotato di autonomia funzionale in quanto destinato ad una specifica attività”
Il forno crematorio containerizzato non è una struttura fissa e non è dotato di autonomia funzionale in quanto necessità di un temporaneo allaccio alla rete gas (o bombolone GPL) ed energia elettrica.
Pertanto, viene superato il concetto di “unità produttiva o di stabilimento” e come tale le emissioni prodotte non possono rientrare nel campo di applicazione di questa norma che impone la richiesta di autorizzazioni ad hoc (quali, ad es. l’AUA) posticipando la posa dell’impianto.
Se questa è la situazione, occorre poi valutare anche quella della normativa speciale regionale in materia di cremazione. Si hanno due situazioni:
1) quella di regioni che abbiano legiferato in maniera con un esplicito divieto di forni crematori diversi da quelli fissi: “I crematori devono essere realizzati all’interno delle aree cimiteriali esistenti o di ampliamenti delle stesse. Non è consentito l’utilizzo di crematori mobili.”. Si citano ad es.:
a. L.R. Emilia Romagna 29/7/2004, n. 18, art. 4 comma 4
b. L.R. Sicilia 17/8/2010, n. 18, Art. 4
c. L.R. Piemonte 31/10/2007, n. 20, art. 5
d. L.R Puglia 15/12/2008 n. 34, Art. 4 comma 4
e. Regione Basilicata (Deliberazione n°402 del 11.05.2018)
f. Regione Toscana (Legge Regionale n°66 del 12.11.2013.
2) e regioni che tacciono dal punto di vista normativo sull’argomento.
Cosicché in tutte le regioni dove il forno crematorio non è d’obbligo sia fisso, la norma statale consente di poter installare già fin d’ora questa tipologia di forno, per i motivi sopra esposti.
Nelle poche regioni in cui non si può per legge regionale che utilizzare forni crematori fissi, l’unica soluzione che si ritiene possibile è:
a) una modifica normativa, ad es. con Ordinanza di Protezione Civile (valida per il periodo emergenziale e per l’intero territorio nazionale) o una norma statale che in materia ambientale modifichi le limitazioni regionali
b) una ordinanza contingibile ed urgente del sindaco del Comune interessato, che, alla luce della situazione emergenziale rilevata, ritenga questa come soluzione temporanea necessaria, per un periodo temporale definito, annullando così il divieto regionale.
E, per finire, vista l’emergenza, la rapidità di produzione: un mese dall’ordine
(*) Dr. Fabrizio Giust – Amministratore delegato GEM Matthews International
Ing. Salvatore Mineo – Responsabile Vendite Estero GEM Matthews International
GEM Matthews International Srl, con sede a Udine, è la divisione Europea dedicata alle Soluzioni Ambientali di Matthews International, leader mondiale nella vendita e nel service di impianti di combustione, incenerimento e cremazione con più di 3.500 realizzazioni in oltre 50 Paesi.