Evoluzione attesa del settore funerario italiano

In vista della Commemorazione dei Defunti, tradizionale appuntamento nel quale vi è maggiore attenzione alle tematiche del settore funerario, l’ing. Fogli (SEFIT), ha risposto ad alcune domande concernenti il settore funebre:
Perché dovremmo occuparci di questioni funerarie?
Perché pochi ne conoscono limportanza sociale ed economica.
Ci si avvicina alle questioni funerarie in occasione di decessi e questo èun buon motivo per cercare di affrontare i problemi del settore funebre e cimiteriale in rapidità, cercando di scordarcene il più rapidamente possibile.
Anche il settore funerario italiano fa quindi i conti con il tabou della morte, proprio della nostra società.
In realtà il settore funerario italiano ha una discreta dimensione economica (almeno pari a 2500 milioni di euro lanno, suddivisi circa a metà tra parte funebre e parte cimiteriale). Interessa direttamente circa mezzo milione di famiglie ogni anno, che con i gradi di parentela coinvolti, significa che almeno ogni 5 anni ciascuno di noi ècoinvolto in un funerale.
Il settore funebre ha notevoli problemi, determinati soprattutto dalla natura del mercato (che èun falso mercato), con una recrudescenza di episodi deprecabili di caccia al morto e al tempo stesso problemi dimensionali di impresa, necessari per la sopravvivenza.
I cimiteri sono in crisi di identità, anche a seguito della crescita veloce, in talune aeree del Paese, della cremazione, ma soprattutto per una loro perdita di ruolo nella società e in particolare presso i giovani e le persone di media età.
Quali sono le questioni principali per il settore funebre?I mali del settore funebre italiano sono essenzialmente tre:
Ø Il nanismo delle imprese operanti e la grande polverizzazione
Si contano in Italia circa 6000 operatori, mentre in Francia sono circa 1/3 con una mortalitàanaloga. In Italia, in circa dieci anni, si è passati da 4000 a 6000 operatori. Cosicché negli anni il numero di funerali medi per operatore è fortemente diminuito ed ora è sotto i 100 funerali annui. Una dimensione incapace di garantire il sostentamento economico di una impresa, che richiede valori medi di almeno 200 funerali annui.
Per dirla in parole povere aumentando gli operatori che si spartiscono la stessa torta, la fettina per ognuno cala. A forza di calare non ci sono più le condizioni di sussistenza economica per operare legalmente. Allora molti si danno un gran daffare per accaparrarsi prima degli altri i funerali (con mezzi più o meno leciti, e non con la qualità o leconomicità del servizio).
Laccentuarsi del numero di operatori è stato anche determinato, tra laltro,dalla sparizione della concessione in esclusiva del trasporto funebre (soluzione che favoriva oggettivamente il soggetto concessionario, ma che al tempo stesso garantiva dimensioni adeguate dimpresa) e dalla nascita di soluzioni gestionali, specie nelle grandi città, in cui vi sono strutture specializzate nella fornitura allingrosso di prodotti e servizi ad una miriade di agenzie od operatori funebri che spesso sono dotati di solo cellulare, catalogo e buone conoscenze allinterno degli ospedali.
Ø Laccaparramento dei funerali con ogni mezzo
Ogni mezzo di accaparramento è lecito e sono sempre più frequenti le situazioni in cui imprese funebri corrompono soprattutto infermieri nelle strutture sanitarie o in cui infermieriallestiscono vere e proprie aste al miglior offerente per la vendita di informazioni sui decessi.
In talune realtà sono gli stessi ospedali o strutture sanitarie pubbliche che appaltano i servizi mortuari al miglior offerente: in diversi casi il vincitore èuna impresa funebre (che appare esplicitamente o meno), interessata a pervenire in possesso prima delle altre delle informazioni sui deceduti.

Ø Levasione fiscale sia delle imprese funebri, sia di operatori del settore marmoreo e lapideo.
Levasione è sostanziosa e può stimarsi in danni allerario di diverse centinaia di milioni euro ogni anno. Levasione è favorita dalla necessità di dotarsi di adeguate provviste di nero per pagamenti di informazioni sensibili da parte di operatori sanitari infedeli, ma anche dal basso livello di detraibilitàdelle spese funebri ai fini IRPEF. Basterebbe aumentare significativamente la detraibilità ai fini IRPEF delle spese funebri, per materiali lapidei e accessoristica funeraria, adeguare lVA ad unaliquota unica agevolata del 10%, per far emergere quote sostanziose di sommerso. Recenti leggi regionali, ma anche il disegno di legge in materia funeraria elaborato dal precedente Governo (AS 3310) aumentano il sistema dei controlli e prevedono specifiche separazioni tra le varie attività. E giusta la strada intrapresa?E un passo nella giusta direzione, ma è ancora insufficiente!
Difatti le soluzioni fino ad ora messe in campo non hanno prodotto significativi risultati.
Le recenti norme regionali, di stampo proibizionista (con lobbligo formale di separazione proprietaria tra chi gestisce strutture sensibili e che possono alterare la concorrenza, come servizi mortuari di strutture sanitarie, obitori, depositi di osservazione), alla prova dei fatti richiedono sistemi di controllo che non riescono ad essere efficaci.
Inoltre rendono conseguente procedere ad aggregazioni tra imprese per raggiungere dimensioni gestionali adeguate: peccato che sia il settore pubblico che quello privato siano restii ad aggregarsi non solo tra loro, ma al proprio interno.
Le poche norme regionali, queste emanate sono state ondivaghe sulla soluzione da dare alla dimensione dellimpresa funebre, richiedendo requisiti strutturali ed operativi che, rispetto alle prime volontà espresse,si sono poi annacquati, perché confliggevano gli interessi di:
a) Medie imprese funebri, che puntano ad un livello di ingresso nel settore adeguatamente elevato.
b) Piccoli operatori e grandissimi operatori venditori di servizi a terzi, che si trovano alleati nel difendere bassi livelli di ingresso, tutelando in questa maniera ognuno i propri interessi di sopravvivenza
Anche se queste leggi regionali aumentano le garanzie formali per i dolenti, nella realtà lo scontro per la conquista del mercato supera qualunque regola.
Ma allora cosa occorre fare?
Solo poche regioni (attualmente 2 o 3) hanno tentato di regolare il mercato funebre, creando disparitàtra territori, talvolta contermini. Si ritiene, invece, che sia compito dello Stato assumere precisi orientamenti in materia, da tradurre in norma cogente e valida per lintero territorio nazionale, nella consapevolezza che si è di fronte ad un falso mercato.
A nostro avviso occorre:

Stabilire requisiti strutturali ed operativi minimali capaci di garantire imprese strutturate, ma al tempo stesso di livello commisurato alla dimensione demografica del comune e sufficientemente contenuti, da osservare rigidamente. Tanto per capirci èassurdo mettere paletti troppo alti (il mercato li rifiuta) o troppo bassi (non regolano nulla).
Separare lattività sensibile (trasporto interno alle strutture sanitarie, gestione delle stesse, raccolta salme su chiamata della pubblica autorità e fornitura dei servizi distituto quali funerali per indigenti, call centerper fornire informazioni a dolenti) da quella commerciale e creare una struttura dedicata sotto forma di Consorzio obbligatorio (sulla falsarigadi esperienze svolte nel settore ambientale per la gestione di particolari aspetti del ciclo).
Puntare a norme che garantiscano effettivamente i dolenti e non solo le imprese operanti.
Rivedere completamente il sistema fiscale e delle detrazioni dimposta, onde mettere in moto un circolo virtuoso in cui il dolente sia incentivato a richiedere la piena fatturazione di ogni servizio e le imprese a farla e obbligate a fornire informazioni chiare e dettagliate. Tra le conseguenze di tale scelta vi è la diminuzione della provvista di nero e conseguentemente minori occasioni per poter incidere sul mercato con pratiche truffaldine.
Aumentare i controlli, da affidare ad apposite strutture comunali competenti, con un sistema sanzionatorio adeguato.In Francia e in Spagna la cremazione ha raggiunto dimensioni ragguardevoli (tra il 20 e il 25% delle sepolture), pur essendo Paesi cattolici come lItalia e con genesi normativa analoga (conseguenti alle campagne napoleoniche). In Italia cosa succede?
In Italia la cremazione, nel corso del 2005, ha superato, pur se di poco, le 48.000 unità, su un numero di decessi di poco più di 567.000. Incide, pertanto nell8,5% del totale delle sepolture.
La cremazione è passata da circa 3.600 unità nel 1987, anno in cui venne introdotta la gratuità della cremazione, alle circa 30.000 del 2000.
Successivamente, allinizio del 2001, la cremazione divenne ordinariamente a pagamento, come
anche la inumazione in campo comune. La onerosità non incise piùdi tanto nel trend rialzista, tanto che nel giro di cinque anni la cremazione ha raggiunto e superato le 48.000 unità annue.
È probabile che la cremazione passi dall8,5% attuale al 30% nel 2050 (valori medi italiani, ma profondamente diversi tra Nord, Centro e Sud, tra aree metropolitane e piccoli comuni).
Lo sviluppo della cremazione è una necessità specie nelle grandi città, dove vi èdifficoltà a trovare spazi nei cimiteri.
Viene percepita dai cittadini, sostanzialmente a ragione, più ecologica e più economica delle altre forme di sepoltura.
Nel suo sviluppo è determinante avere impianti a distanza limitata (ad es. entro un raggio di 30 chilometri). Cosicché, per la crescita ulteriore della cremazione, occorrono nuoviinvestimenti da parte dei Comuni, sia per ammodernare gli impianti esistenti, sia per realizzarne di nuovi. Dopo il Nord, che ha già una dotazione di crematori sostanzialmente adeguata, sarà il Centro a vedere la massima realizzazione di nuovi impianti. Il Sud e le sole saranno oggetto di ulteriori installazioni nel medio e lungo termine.
Siete favorevoli allo sviluppo della cremazione?Si, ma con giudizio.
Occorre equilibrio tra le diverse forme di sepoltura e pratiche funebri!
Oggi, in Italia, poco più del 90% delle sepolture avviene a sistema di inumazione (in terra) o di tumulazione (in loculo o in tomba privata).
La cremazione è in crescita, anche se fortemente concentrata nelle aree metropolitane e nel Nord del Paese.

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