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  • Quesito pubblicato su ISF1999/1-o

    L'esito estumulato prima della scadenza di concessione superiore a 20 anni non è per definizione della circ. Min. Sanità 10/98, paragr. 1, un "resto mortale". E' vero che potrebbe tuttavia esserlo ugualmente ai sensi del paragrafo 15 della circ. Min. Sanità 24/93, qualora dichiarato tale dall'ASL? Se allora l'ASL dichiara la situazione di "resto mortale" ne dovrebbe conseguire l'obbligo di reinumazione con lo scopo della ripresa dei processi di mineralizzazione ai sensi del DPR 285/90 art. 86 (... ma è vero visto che l'art. 86 parla di "salme" e non di "resti mortali?). In verità pare che ciò sia affermato solo dalla circ. Min. Sanità. L'ASL locale sembra disponibile, quando se ne manifesti il caso reale, a dichiarare che l'esito estumulato si trova in condizione di "resto mortale" ai sensi citati ed anche che, vista la condizione specifica, qualora reinumato, non potrebbero comunque convenientemente riprendere i processi trasformativi, e che pertanto il "resto mortale" è cremabile. Naturalmente a domanda del coniuge o parente più diretto, ma senza le documentazioni di cui ai commi 4° e 5° dell'art. 79 del DPR 285/90 (poiché è "resto mortale") a con svincolo dal fatto che siano o meno passati 20 anni di tumulazione. Sono già intervenuti casi di tale genere che non hanno finora destato problemi. Quale procedura adottare?
    Anno: 1999
  • Quesito pubblicato su ISF1999/1-g

    Nella seconda parte del punto 3 della circ. Min. Sanità 10/98, si afferma che, dopo l'estumulazione "... E' altresì consentita la tumulazione nella stessa ... sepoltura". La perplessità nasce dal fatto che ciò non appare completamente in linea con quanto effettivamente stabilito dal regolamento nazionale. L'art. 86 c. 2 prevede che i feretri estumulabili siano destinati all'inumazione. L'art. 88 c. 1 prevede altresì che i feretri possano essere estumulati anche per un trasporto in altra sede. Tralasciando ovviamente le estumulazioni disposte dall'autorità giudiziaria, quelle di cui sopra sono le uniche destinazioni del feretro che il DPR 285/90 prevede in caso di estumulazione. La ritumulazione nella stessa sede non è stata presa in considerazione dal legislatore: il fatto di introdurla con una circolare significa legittimare le cosiddette "verifiche feretro", operazioni di cui questa AUSL ha già fatto esperienza. In pratica, i familiari richiedono l'estumulazione della cassa e la successiva apertura SOLO per verificare lo stato di mineralizzazione della salma, non essendo intenzionati né ad inumarla né a trasportarla in altra sepoltura: se la salma è mineralizzata, si procede alla raccolta delle ossa liberando così un posto, mentre se non è ancora mineralizzata si procede a rifasciatura e ritumulazione nello stesso posto. Queste operazioni, a parte l'aspetto imbarazzante di sfasciare casse non di rado quasi integre, presentano degli inconvenienti. Può accadere, infatti, che familiari sprovveduti o mal consigliati richiedano queste verifiche anche quando la possibilità di riduzione della salma sia remota: in tal caso il tutto si risolve in uno spreco di soldi per i familiari e di tempo per gli operatori. Lo spreco può anche essere notevole: dato che molte tombe non sono a norma e non presentano uno spazio esterno libero per il diretto accesso al feretro in ogni loculo, può rendersi necessario estrarre numerose casse per raggiungere quella oggetto della domanda di verifica feretro. Se poi queste casse risultano deteriorate (ad es. a causa di infiltrazioni di acqua), è necessario rifasciarle con cassa esterna di zinco prima di ricollocarle nel loro posto, con i conseguenti problemi di spese ed anche di ingombri in spazi già saturi. Non va inoltre, sottovalutato il rischio a cui sono esposti i necrofori: è vero che ciò fa parte del loro lavoro, ma non è questo un motivo per autorizzare qualunque tipo di operazioni. E' per i motivi sopradescritti che, nel territorio della nostra AUSL, non si accettano più da anni domande di "verifica feretro". Non vorremmo che, a seguito della circ. Min. Sanità 10/98, esse venissero riproposte. Sussiste qualche dubbio anche sull'interpretazione del penultimo capoverso, laddove il rifascio della cassa è obbligatorio solo se vi è constatazione di parti molli della salma. Significa forse che una salma corificata può essere ritumulata lasciando la cassa sfasciata? Ma, se la tumulazione avvenisse in altra sede, come fare per il trasporto?
    Anno: 1999
  • Quesito pubblicato su ISF1999/1-n

    Nel Comune di ............. solo la consuetudine - non sono infatti stati finora reperiti atti formali al riguardo - determina la reinumazione in campo comune in 10 anni, dopo l'esumazione ordinaria dallo stesso campo. Interesse del Comune è di ridurre tale tempo di reinumazione (se non si ha scheletrizzazione o non si crema il resto mortale) a 5 anni o 2 con aggiunta di biodegradanti, come fissato dalla circ. Min. Sanità 10/98. Sotto l'aspetto formale, l'atto a ciò necessario: - è di competenza del Sindaco (Ordinanza Sindacale)? - può farlo l'Azienda municipalizzata della città, in quanto gestore, in ottemperanza alla circ. Min. Sanità 10/98 (paragr. 2) che già fissa tali termini senza più l'incertezza di cui all'art. 82 del DPR 285/90, commi 2 e 3, ma probabilmente proprio per le competenze derivate dagli stessi? Oppure non è necessario alcun atto poiché già la circ. Min. Sanità 10/98 fissa detti termini nei modi di cui sopra, quindi basta solo applicarla?
    Anno: 1999
  • Quesito pubblicato su ISF1999/1-f

    Al punto 1 della circ. Min. Sanità 10/98 la definizione di "resto mortale" non solo viene collegata alle caratteristiche delle salme (completa scheletrizzazione, mummificazione, saponificazione, corificazione), ma viene anche riferita a criteri cronologici: la scadenza del turno decennale per le inumazioni, la scadenza di una concessione ultraventennale per le tumulazioni. II criterio cronologico è una novità: la precedente circ. Min. Sanità 24/93, al punto 15, si limitava infatti alla seguente definizione: "per resti mortali si intendono gli esiti dei fenomeni cadaverici trasformativi". Se, nella definizione di "resto mortale", bisogna quindi anche rispettare il criterio cronologico, risulta una contraddizione nel punto 3 b) della circ. Min. Sanità 10/98, laddove, trattando della estumulazione effettuata prima dei 20 anni dalla tumulazione, ci si riferisce indifferentemente a "il resto o il cadavere". Essendo prima dei 20 anni, dovrebbe essere considerato solo cadavere. Sorge quindi un ulteriore dubbio: la pratica (consentita sempre dal punto 3b) della circ. Min. Sanità 10/98) di addizionare sostanze favorenti la scheletrizzazione ad una salma estumulata da meno di 20 anni, potrebbe configurarsi come vilipendio di cadavere? Data la definizione di cui al punto 1, questa salma infatti sarebbe da considerarsi non già resto mortale bensì cadavere.
    Anno: 1999
  • Quesito pubblicato su ISF1999/1-h

    Il punto 4 precisa che per la cremazione di cadaveri di persone decedute dopo l'entrata in vigore del DPR 285/90 (26/10/90), precedentemente inumati o tumulati, occorre seguire le procedure di cui all'art. 79 del DPR 285/90. Si ripresenta il problema della certificazione prevista dal comma 4 di tale articolo. Come può il medico necroscopo escludere il sospetto di morte dovuta a reato nel caso di salme di persone decedute addirittura anni prima? Dovendo fare questa certificazione nell'immediatezza del decesso, è almeno possibile fare l'esame esterno della salma ed assumere informazioni sulle circostanze del decesso: se però sono trascorsi degli anni, questo non è più fattibile.
    Anno: 1999
  • Quesito pubblicato su ISF1998/4-g

    Il Comune di ............ chiede come comportarsi nel caso avvenga una rottura del cofano di zinco con fuoriuscita di cattivi odori, o peggio di liquidi cadaverici, dal loculo dove, a suo tempo, venne tumulato un feretro regolarmente confezionato (cassa di legno e zinco). E' competente ad intervenire il Comune o i familiari? L'onere relativo su chi grava? Come si interviene?
    Anno: 1998
  • Quesito pubblicato su ISF1998/4-f

    Il Comune di .................... chiede in quale maniera si può procedere al rinnovo di concessioni temporanee di aree e tombe di famiglia - scadute ormai da diversi decenni e mai rinnovate - in seguito a richiesta degli eredi dei concessionari delle stesse tombe. Si chiede inoltre di quale letteratura disporre per affrontare problematiche attinenti a quanto su esposto.
    Anno: 1998
  • Quesito pubblicato su ISF1998/4-e

    Il Comune di .................... domanda se è possibile subappaltare un appalto di trasporti funebri, anche parzialmente, nel caso in cui non se ne sia fatta menzione in sede di gara.
    Anno: 1998
  • Quesito pubblicato su ISF1998/4-d

    Nel cimitero comunale di ................. si sono verificate vendite (avvenute con scrittura privata) di aree cimiteriali e tombe di famiglia da parte di privati nel periodo precedente al DPR 803/75. Gli atti relativi risultano registrati in alcuni casi presso l'ufficio di Registro ed in altri addirittura autorizzati dalla Giunta Comunale di allora. Si è creata quindi una situazione che impone la determinazione di norme comportamentali da parte di questi uffici per la risoluzione in sanatoria dei problemi che sono emersi. Pertanto il Comune di ............... chiede se è possibile rendere validi, senza alcuna contropartita per esso, gli atti di compravendita tra privati (ricadenti sotto le disposizioni del R.D. 21.12.1942, n. 1880 e del Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria approvato in sede consigliare del 14.12.1896) adottando delibera di Consiglio Comunale del 1989, approvata dal CO.RE.CO. oppure quali altre soluzioni si debbano adottare e quale normativa le regola.
    Anno: 1998
  • Quesito pubblicato su ISF1998/4-c

    Il Comune di ............... deve provvedere a registrare, dopo la morte del titolare di concessione cimiteriale, i subentri nella titolarità a favore degli aventi diritto e tale riconoscimento si effettua in base a quanto disposto nell'atto di concessione in cui sono indicati gli aventi titolo. Occorre precisare che gli archivi cimiteriali sono andati distrutti in seguito ad incendi avvenuti durante il periodo bellico, per cui quasi tutti gli atti di concessione stipulati durante la vigenza del R.D. 21 dicembre 1942, n. 1880 sono andati persi, mentre rimangono ancora i registri da cui si evincono le date di rilascio ed i titolari. Ciò premesso, presso la Direzione cimiteriale ove si effettuano le dichiarazioni di subentro si sono verificati diversi casi, alcuni aventi anche valenza generale, che vengono qui di seguito illustrati. Caso n. 1 Alla morte dell'originario titolare la figlia denuncia - come forse era la prassi dell'epoca (anni '50/'60) - all'Ufficio del Registro la successione della stessa e del fratello relativamente a n. 2 loculi (uno ad n. 1 posto e l'altro a n. 2 posti); tale denuncia si trova in copia nell'archivio del cimitero. Morti entrambi i figli, si è ora presentato presso l'ufficio cimiteriale un nipote (figlio del figlio maschio del concessionario) il quale dichiara di voler subentrare nella concessione, ma a tal fine si pone il problema di individuare il criterio da seguire per effettuare tale subentro in quanto, secondo le disposizioni indicate nelle concessioni rilasciate all'epoca a cui risalgono quelle in cui il nonno era titolare - che di seguito riportiamo - i discendenti per linea femminile non avrebbero titolo al subentro e pertanto nel caso di specie i cugini del richiedente dovrebbero rimanerne esclusi: ? Formula utilizzata per loculi: "Qui è a porsi secondo le circostanze; e per i propri ascendenti, per i propri fratelli e sorelle; per la propria moglie e per i propri discendenti maschi in infinito e per le loro mogli; per le figlie tanto proprie che dei discendenti maschi suddetti, ma non mai pei parenti e discendenti di linea femminina, né per gli altri eredi e successori estranei." ? Formula utilizzata per tombe: "Il diritto d'uso della tomba è riservato alla persona del concessionario, a quelle dei suoi ascendenti e discendenti in linea retta e dei suoi parenti in linea collaterale fino al terzo grado. Nella linea discendentale non si escludono i figli adottivi o legittimati e portanti il nome di famiglia e in quella collaterale non si escludono i fratelli e sorelle germani. La donna nubile o vedova, intestataria di una concessione di area per tomba, passando a marito, ha facoltà di estendere il diritto d'uso al coniuge ed ai suoi figli nati o da nascere. E' facoltà dell'amministrazione comunale di decidere di volta in volta per altri casi particolari. Comunque in relazione a quanto è disposto dall'art.71 del R.D. 21/12/1941, n.1880 per trasmissione di cessione del diritto d'uso sia per atti fra vivi che per atti di ultima volontà, è fatto obbligo all'interessato di notificare, entro il più breve termine, ogni atto di trasmissione o cessione al Comune, il quale, entro il termine perentorio di un mese, potrà dichiarare il proprio voto vincolante alla trasmissione o cessione." Caso n. 2 In occasione di registrazione di subentri si è accertato più di una volta che chi effettuava la dichiarazione non era legato da vincoli di parentela con il titolare della concessione cimiteriale. Da accertamenti effettuati sui registri cimiteriali si è verificato che trattasi sempre di concessioni relative a tombe di famiglia o loculi a più posti salma rilasciate anteriormente al DPR 21 ottobre 1975, n. 803 e pertanto soggette alla precedente disciplina che prevedeva la possibilità di cedere o trasmettere, sia totalmente che parzialmente, tanto per atti tra vivi quanto per atto di ultima volontà, il diritto d'uso a terzi, notificando preventivamente ogni atto di cessione o trasmissione al Comune, che nel termine perentorio di un mese poteva dichiarare il proprio voto alla stessa. I casi emersi riguardano infatti sepolcri (tombe e loculi) che, senza la preventiva notifica al Comune, sono stati ceduti in parte, per cui in esse vi sono sepolte salme appartenenti a due diversi rami familiari, ed ora i rispettivi discendenti, o addirittura quelli appartenenti al ramo non risultante agli atti (vuoi perché l'altro si è esaurito o perché gli aventi diritto vi hanno rinunciato), intendono procedere al subentro. Caso n. 3 Presso gli uffici della Direzione sono depositati diversi atti di rinuncia al diritto alla sepoltura sia relativamente a tombe di famiglia sia a loculi a più posti salma: si tratta di disposizioni, autenticate da notai ed anche da altri pubblici ufficiali, rese da aventi titolo che non hanno interesse alla sepoltura in quelle tombe per motivi diversi (ad es. sono titolari di altre sepolture o non vogliono farsi carico delle spese necessarie alla manutenzione). Caso n. 4 Un caso che si è ultimamente verificato riguarda il subentro di due sorelle in una tomba di famiglia: una delle due infatti vuole negare all'altra la possibilità di effettuare la dichiarazione relativa, adducendo che il padre ha lasciato a lei solo la legittima (non indicando specificatamente i beni che ne farebbero parte) e che in vita lo stesso ha più volte espresso la volontà di non lasciarle la tomba. Illustrati i casi suddetti, si chiede di voler cortesemente indicare i criteri da seguire al fine di provvedere correttamente alla registrazione del subentro, considerando, per il primo, la mancanza di un atto di concessione, la successiva entrata in vigore della Costituzione (1.1.48), in particolare si fa riferimento all'art.3, e la nuova disciplina del diritto di famiglia (L.19 maggio 1975, n.151); si sottolinea altresì, in riferimento al caso n.3, che la sentenza della Corte di Cassazione 29 maggio 1990 n.5015 precisa che il diritto alla sepoltura nei sepolcri familiari "... non si perde per prescrizione o rinuncia...".
    Anno: 1998