Cara Redazione,
Il problema riguarda una sacello gentilizio, al cui interno son presenti n°20 loculi tutti occupati, che con il decesso del fondatore e dei diretti discendenti dello stesso (fratelli, sorelle, nonchè la coniuge) s’è tramutata in cappella “ereditaria”.
Oggi, v’è necessità di liberare almeno un loculo – per far posto ad una nipote da poco deceduta. Tra i vari discendenti (e son tanti), tutti di pari grado, s’è creata una disputa tra quanti sostiengono – compreso il sottoscritto – che nella estumulazione di una salma sia necessaria, innanzitutto, l’unanimità dei consensi degli aventi diritto, ed il criterio da seguire sia quello cronologico; e chi, invece, ritiene, invece, proprio perché trattasi di un sepolcro ereditario, siano applicabili le regole della successione, e, quindi, che i loculi vadano divisi per stirpi. Qual’è la Vostra opinione a tal proposito?
RISPOSTA: I diritti sui sepolcri comportano, come sempre, un forte ‘mix’ tra diritto pubblico e diritto privato, ma si caratterizzano per questa peculiarità: il diritto di sepolcro (= nel senso di essere sepolti) e’ principalmente un diritto personale, collegato all’appartenenza della famiglia (discendenza), e i cui elementi di patrimonialità, pur presenti, sono strumentali al diritto principale, quello di essere sepolti, che e’ di natura personale.
Al fine di discernere lo “Jus Sepulchri” “iure sanguinis” da quello “Jure Successionis” occorre interpretare la volontà del fondatore del sepolcro al momento della fondazione, essendo indifferenti le successive vicende della proprietà dell’edificio nella sua materialità e, in difetto di disposizione contraria, la volontà di destinazione del sepolcro è solo “sibi familaeque suae”, quindi la scomparsa di tutti i congiunti del concessionario, se lo Jus Sepulchri non è trasmissibile lungo l’asse ereditario dovrebbe comportare la fattispecie dell’ “abbandono amministrativo” (per maggiori dettagli si veda l’Art. 4 comma 4 del regolamento regionale emiliano romagnolo 23 maggio 2006 n. 4 con relativa circolare eslicativa SEFIT n. 605 del 03.07.2006).
Per esonerare l’amministrazione comunale da ogni valutazione, è sufficiente che uno dei parenti nel grado più prossimo richieda l’operazione cimiteriale, dichiarando di agire in nome e per conto di tutti gli aventi titolo (molti regolamenti comunali di polizia mortuaria applicano questa regola proprio per snellire l’iter burocratico finalizzato a richiedere ed ottenere determinati servizi cimiteriali).
Ad ogni modo, restano salve differenti previsioni, in via cautelativa, del regolamento comunale di polizia mortuaria, ove dovesse intervenire una vertenza tra gli aventi diritto l’amministrazione comunale si limiterà a mantenere “congelato” lo status quo ante sin quando non sia stata pronunciata sentenza passata in giudicato.
Il comune si limiterà a formulare, per iscritto, l’esigenza che la parte richiedente produca tale adesione o consenso, ricordando come, in forza del principio implicito e, quindi fondativo, di tutto il nostro ordinamento nazionale di polizia mortuaria, ex Art. 79 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285 unicamente chi abbia relazioni parentali di grado adeguato possa decidere della salma o dei resti, e questa disponibilità, afferendo alla sfera dei diritti personalissimi e dei sentimenti di pietas non è surrogabile da terzi.
Essendo il cimitero un bene demaniale (art. 823 e art. 824 c.c.) gli eventuali diritti sono regolati dalle norme speciali su questi beni ed in particolare, se vi sono, da quelle del regolamento di polizia mortuaria del Comune e dal contratto di concessione.
Di solito la regolazione sull’uso delle tombe (concetto di famiglia, subentro, benemerenze, decadenza…) è demandata al regolamento comunale di polizia mortuaria, esso, però, per il principio di cedevolezza non può enunciare norme in contrasto con la legislazione statale (Testo unico Leggi sanitarie approvato con Regio Decreto n.1265/1937 e DPR 285/1990) o regionale (se è intervenuta una riforma su base regionale dei servizi necroscopici, funebri e cimiteriali).
Nella fattispecie da Lei prospettataci nel corso dei decenni i diretti famigliari del fondatore si sono estinti, il sepolcro, allora da famigliare è divenuto ereditario, così si è pronunciata la Cassazione con sentenze n. 5095 del 29-5-1990 e n. 12957 del 7-3 e 29-9 2000). Ciò significa che a causa del subentro (normato in primo luogo dal regolamento cittadino di polizia mortuaria) le quote di titolarità si sono frammentate e moltiplicate in misura esponenziale.
Solo al momento costitutivo della concessione di cui all’art. 90 DPR 10 settembre 1990, n. 285 non sussistono difficoltà al fatto che essa possa avvenire nei confronti di più persone, anche se non appartenenti ad un’unica famiglia, ma in tal caso occorre avere l’avvertenza di disciplinare i rispettivi rapporti tra i diversi concessionari o di stabilire, meglio se espressamente, la loro titolarità indistinta, lasciando l’utilizzo determinato dal semplice succedersi nel tempo degli eventi luttuosi (con un certo gusto per l’umorismo noir si potrebbe dire: “chi prima muore…meglio alloggia!”)
In tale evenienza, le persone che possono essere accolte nel sepolcro privato così concesso sono pur sempre le persone dei concessionari e dei membri delle loro famiglie, quali definite a tale fine dal Regolamento comunale e/o dall’atto di concessione. La situazione da Lei rappresentata sembra, però, segnalare che la concessione sia già stata rilasciata; si deve, allora, considerare come essa non possa essere modificata.
I concessionari, con scrittura privata, potranno diversamente definire l’assunzione degli oneri manutentivi o la precedenza nell’accesso alla tomba, notificando al comune tale accordo interno, il quale, però, data la sua natura, non è fonte di obblighi per l’Ente Locale, per il quale rilevano unicamente le norme statuite dall’atto di concessione.
L’estumulazione si esegue di solito alla scadenza della concessione, il regolamento comunale potrebbe, tuttavia, dettare un termine diverso (la cosidetta ricognizione sullo ststo di mineralizzazione o anche riduzione dei resti ossei in cassetta) dopo il DPR 254/2003 sono da considerarsi ordinarie le estumulazioni dopo i 20 anni (anche come somma di due o più tempi trascorsi in diverse sepolture).
Il fine ultimo di un’estumulazione può essere:
1) trasferimento, o ancor meglio, traslazione verso altra sepoltura sita in diverso luogo oppure alla volta di una differente destinazione del cadavere (cremazione oppure inumazione invece dell’originaria tumulazione)
2) apertura della nicchia muraria e della bara per una ricognizione sullo stato di mineralizzazione del cadavere volta a ridurre i resti ossei in cassetta ossario, così da liberare spazio per accogliere un nuovo feretro.
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Per procedere in questo senso occorrono tre elementi sostanziali:
- consenso degli aventi titolo, individuati secondo il criterio della consanguineità con il de cuius, a disporre del cadavere del de cuius stesso dopo il primo periodo di sepoltura legale. Il coniuge superstite ha titolo privilegiato, mentre tra più famigliari dello stesso grado occorre l’unanimità.
- assenza di disposizioni contrarie del de cuius o del fondatore del sepolcro a che il feretro in questione possa esser rimosso dalle cella in cui fu murato (è il caso delle cosiddette “tombe chiuse”, ossia di quei sepolcri nel cui atto di concessione siano specificati particolari obblighi a mantenere un determinato cadavere nell’avello in cui fu precedentemente tumulato sino alla scadenza della concessione) Questo principio è stato ribadito anche dalla giurisprudenza. Si veda a tal proposito T.A.R. Emilia Romagna, Sez. Bologna, 31 ottobre 1988 n.. 373 “La riduzione delle salme nel sepolcro familiare può essere vietata ove ciò risponda ad una precisa volontà in tal senso del fondatore o dei suoi aventi causa..[omissis]”.
- Titolo di trasferimento del cadavere o delle sue trasformazioni di stato (semplice ossame, esito da fenomeno cadaverico di tipo trasformativo conservativo causato dall’insorgere di mummificazione, saponificazione o corificazione verso una nuova destinazione ritumulazione, inumazione in campo inconsunti per almeno 5 anni (bastano 2 anni se il prodotto da mummificazione, saponificazione o corificazione è addizionato con sostanze biodegradanti) oppure cremazione. Per il solo ossame vale quanto detto prima (ossario comune o raccolta delle ossa in cassetta ossario).
A questi tre requisiti bisogna poi aggiungere l’accessibilità del feretro (Art. 76 comma 3 DPR 10 settembre 1990 n. 285), per tombe, infatti, in cui non è possibile raggiungere una bara senza movimentarne un’altra di solito lo stesso contratto prescrive l’inestumulabilità sino alla naturale scadenza della concessione, anzi a giudizio di autorevolissima dottrina una richiesta in questo senso dovrebbe provocare la dichiarazione di decadenza della concessione stessa.
Se seguiamo questa interpretazione piuttosto formale dell’Art. 76 comma 3 DPR 285/1990 L’unico metodo per ovviare all’inestumulabilità è, attualmente, la procedura di deroga ex Art. 106 DPR 285/90 implementata dal paragrafo 16 della Circolare Ministeriale 24 giugno 1993 n.24. Essa può servire per sanare uno stato di fatto oppure per recuperare effettivamente nuovi posti salma in edicole, cappelle gentilizie o avelli non in regola con il dettato dell’Art. 76 comma 3 DPR 285/90.
Qualora la concessione sia a tempo determinato, l’estumulazione è ammissibile alla scadenza della concessione oppure per il trasferimento in altro sepolcro (Art. 88 DPR 285/1990). Bisogna poi, valutare se con l’estumulazione non si esaurisca anche il fine ultimo del rapporto concessorio, nel qual caso il comune, nella persona del Dirigente di settore (Art. 107 comma 3 lettera f Decreto Legislativo 18 agosto 2000 n. 267) dovrebbe rilevare d’ufficio (con atto meramente ricognitivo e non costitutivo) l’estinzione di quest’ultimo.
Non e’, invece, applicabile la decadenza della concessione del loculo motivata da trasferimento della salma ad altra sepoltura se, al momento della scelta del familiare, la traslazione era perfettamente possibile in quanto ammessa, in modo esplicito, dal regolamento comunale di polizia mortuaria vigente all’epoca e dall’atto di concessione.
Se la concessione è a tempo indeterminato, l’estumulazione non sarebbe possibile salvo essa non sia esplicitamente prevista dal Regolamento comunale di polizia mortuaria (Secondo alcuni commentatori senza questa riserva di jus positum l’ufficio della polizia mortuaria con atto motivato ex Legge 241/1990 dovrebbe opporre rifiuto alla richiesta di estumulazione)
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Nell’ipotesi più favorevole, ovvero quando l’estumulazione sia ammissibile, l’estumulazione può essere richiesta da chi abbia diritto a decidere della salma, cioè, nell’ordine di poziorità (potere e priorità) con esclusione di chi ne segue, da parte del coniuge o, in difetto, dei parenti (non affini, ma solo i parenti) nel grado più prossimo e, in caso di loro pluralità, di tutti (ciò in relazione a ciascun singolo feretro).
Alla morte del concessionario, se il regolamento comunale di polizia mortuaria contempla l’istituto del subentro, dovrebbero succedere nella titolarità della tomba i discendenti del fondatore del sepolcro, determinando, così, una sorta di comunione indivisa e solidale (si suppone come inammissibile o eccezionale, una divisione della concessione in quote, sempre, però, subordinata all’approvazione di una specifica norma in tal senso a tal proposito nel regolamento comunale di polizia mortuaria; almeno tenendo conto di alcune pronunce della Suprema Corte di Cassazione. Si veda, ad esempio: Cassazione civile, Sez. I, 7 febbraio 1961 n. 246, Cassazione civile, Sez. II, 24 gennaio 1979 n. 532, Cassazione civile, Sez. II, 8 gennaio 1982 n. 78, Cassazione civile, Sez. I, 27 gennaio 1986 n. 519, Cassazione civile, Sez. II, 29 maggio 1990 n. 5015, Cassazione civile, Sez. II, 30 maggio 1997 n. 4830, Cassazione civile, Sez. II, 29 settembre 2000 n. 12957 ma anche Tribunale di Perugia, 14 novembre 1995).
Il diritto alla sepoltura (= ad essere sepolti) ha comunque un limite, quello dell’art. 93, 1 comma 2 DPR 285/1990 con cui si sancisce il principio di “naturale capacità ricettiva del sepolcro”, la quale, alla luce delle recenti tendenze funerarie come la cremazione diretta dei resti mortali (Art. 3 DPR 15 luglio 2003 n. 254) è da intendersi in senso estensivo, quindi non solo per i cadaveri, ma anche relativamente ad ossa, ceneri, resti mortali.
Sotto un profilo meramente operativo il criterio cronologico, se attorno a quest’opzione si raccoglie il necessario consenso, può esser una buona scelta perché di solito le bare molto vecchie non garantivano nel tempo la perfetta tenuta stagna ottenuta con vasca e coperchio metallici saldati a fuoco, quindi è più facile che il cadavere si sia almeno in parte consumato (sono, nell’ordine, il nastro metallico e l’impermeabilità a gas e liquidi postmortali le due principali cause della mancata mineralizzazione, oltre alla non completa biodegradabilità di vestiti, velo, imbottiture delle bare…). Non è tuttavia elemento di diritto, l’unico parametro legale cui attenersi è la volontà secondo jure sanguinis.
Qualora non sia precisato nell’atto costitutivo del sepolcro in quale forma (solo cadavere, oppure anche ossa, ceneri, resti mortali) la spoglia mortale del de cuius debba esser racchiusa nella cella muraria in cui fu tumulata il giorno del funerale si provvede ad effettuare l’estumulazione per ridurre i resti ossei in cassetta ossario oppure incinarare il cadavere rinvenuto ancora incorrotto, così da liberare fisicamente lo spazio sufficiente ad accogliere un nuovo feretro, naturalmente ossa e ceneri prodotte dall’estumulazione dovranno esser tumulate nuovamente nella loro originaria sepoltura, qualora sussista una riserva di occupazione a favore di quel particolare defunto statuita nello stesso atto di concessione.
E’lo stesso concetto di capienza del sepolcro (ex Art. 93 comma 1) ad esser completamente riplasmato e dilatato, se per spoglia mortale non intendiamo solo il cadavere, ma anche il prodotto ultimo dei processi degenerativi oppure ossidativi cui è sottoposto il corpo umano nel post mortem (detta constatazione è anche facilmente deducibile dalla formulazione dell’Art. 50 DPR 285/1990 con cui si garantisce titolo di accoglimento in cimitero non solo ai cadaveri, ma appunto, anche a ceneri, ossa, resti mortali… ed anche parti anatomiche riconoscibili, così come definite dall’Art. 3 DPR 15 luglio 2003 n. 254, dopo l’entrata in vigore dello stesso DPR 254/2003.
Il defunto in questione idealmente sarà comunque conservato nella tomba, non più come cadavere, ma come trasformazioni di stato (ossa o ceneri) del cadavere medesimo.
Risulta, comunque, del tutto sproporzionato adire l’autorità giudiziaria per impedire l’apertura del sepolcro, basta, infatti, manifestare la propria contrarietà, anche perché siccome è necessaria l’unanimità i rapporti di forza sono molto favorevoli alla minoranza che avversa l’estumulazione, chi, per sciagurata avventura, dovesse forzare l’estumulazione con una dichiarazione mendace commetterebbe i reati di violazione di sepolcro e falso privato in atto pubblico.
C’è un precedente legale molto importante in tal senso: Tribunale di Milano, 11 ottobre 1979: “La traslazione delle salme dei genitori, pur se regolarmente autorizzata dalla competente autorità comunale, può avvenire soltanto con il consenso di tutti i figli. Pertanto ben può il giudice ordinario, su istanza del figlio che non ha prestato il consenso ed il cui diritto funerario sia stato così violato, pronunciare la condanna degli altri a curare tutto quanto necessario per fare ritrasferire le salme nel luogo di prima sepoltura, ovvero a provvedervi egli stesso a spese degli altri, nell’ipotesi di mancata esecuzione spontanea, osservando le formalità di cui agli art. 612 ss. c.p.c.”
in difetto di un’apposita norma in cui si preveda che chi richiede operazioni ed interventi cimiteriali si muova all’interno di una presunzione di agire con l’accordo di tutti i soggetti a vario titolo interessati, il comune può accogliere un’eventuale richiesta di estumulazione se essa sia corredata, od integrata (anche in momenti differenti), da un assenso di chi abbia titolo a disporre delle singole salme o dei loro resti mortali. La contrarietà deve esser motivata, mentre il disinteresse non è titolo sufficiente per impedire l’estumulazione.
C’è anche un espediente, per altro piuttosto macchinoso cui si ricorre per eludere le rigidità nella fruibilità del sepolcro imposte dal fondatore del sepolcro stesso o da eventi perturbativi esogeni all’atto di concessione, come appunto la litigiosità tra i soggetti in causa: gli aventi diritto allo jus sepulcrhi secondo criterio dello jure sanguinis rinunciano alla concessione, quest’ultima automaticamente smette di produrre i suoi effetti nel tempo, così la tomba in questione rientra nella piena disponibilità del comune che poi la riassegna sempre agli stessi concessionari di prima, ma con una formula molto più elastica nell’individuazione di quanti abbiano diritto ad esser ivi tumulati, anche se il primo concessionario aveva opposto rifiuto ad un loro ingresso nella tomba di famiglia per il periodo successivo alla loro morte. Se la tomba, intesa come luogo materiale in cui sono sepolti determinati defunti, ed i concessionari saranno sempre i medesimi non sarà necessario rimuovere i feretri precedentemente tumulati, se non per procedere con la raccolta dell’ossame, o l’avvio di eventuali indecomposti a cremazione o inumazione. In caso contrario, di norma, gli oneri dovrebbero esser a carico dei soggetti rinuncianti, se il regolamento comunale di polizia mortuaria non detta un diverso protocollo cui attenersi scrupolosamente.
In ultima analisi ci sia consentita una nota personale: il meccanismo perverso di veti e ricatti incrociati rischia davvero di condurre alla paralisi, con il bel risultato di una tomba di pregio di fatto non fruibile.
E’meglio cercare una compensazione dei vari interessi (anche morali, affettivi) in giuoco, il defunto estumulato, dopo tutto, anche se in forma di ossa o ceneri permarrà pur sempre nello stesso sepolcro che l’accolse il giorno delle esequie.
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In caso di Esumazione/estumulazione con resti mineralizzati, in assenza di aventi diritto, la legge stabilisce che i resti devono restare a disposizione per un determinato periodo di tempo; quale fonte stabilisce il tempo ? (legge statale, regolamento cimiteriale,… ).
E’previsto un tempo massimo, passato il quale devono essere messi in ossario comune?
X Daniele,
regione Emilia-Romagna, ‘nevvero?
Qui l’indicazione geografica non rileva più di tanto, perché sia la normativa statale, sia quella regionale sono silenti o lacunose in materia, rimettendo, implicitamente questa disciplina di dettaglio alla fonte regolamentare comunale o anche all’ordinanza sindacale (o pure dirigenziale) con cui ex Artt. 82 comma 4 e 86 comma 1 DPR 10 settembre 1990 n. 285 si regolamentano compiutamente le operazioni cimiteriali di disseppellimento.
E’ semplicemente consentaneo ed opportuno, anche per prevenire futuri contenziosi legali (ma non è, dunque, obbligo del gestore del camposanto il quale, in questo senso agirebbe in termini di pura facoltatività o, se si preferisce, di cortesia istituzionale) prevedere un congruo tempo di sosta in camera mortuaria dell’ossame esumato o estumulato, al fine di permettere, ai famigliari, l’esercizio di ulteriori atti di disposizione sulle spoglie mortali, prima che quest’ultime vengano disperse in forma anonima, massiva e promiscua in ossario comune o, addirittura siano calcinate cumulativamente presso il più vicino crematorio, per esser poi sversate in cinerario comune, dove saranno indistintamente conservate in perpetuo.
Per formalizzare il comportamento da tenersi, si consiglia vivamente l’introduzione di una norma ad hoc nel regolamento comunale o nell’ordinanza di cui sopra, la quale è senza dubbio uno strumento operativo più snello ed efficiente per porre ordine in casi simili, spesso forieri di aspri conflitti, non solo endo-famigliari, poichè spesso essi investono anche l’amministrazione cittadina, quale titolare ultima della funzione cimiteriale.
Conviene sempre dare pubblicità-notizia della campagna di esumazioni/estumulazioni già calendarizzate con un certo anticipo ed effettuare puntigliose ricerche anagrafiche, anche se laboriose, prima di dichiarare l’irreperibilità o il disinteresse degli aventi diritto, poi si procederà d’ufficio alla destinazione delle ossa rinvenute secondo la vigente normativa speciale di settore.
X Luigino,
Sia lo jus eligendi sepulchrum sia lo stesso jus sepulchri sono diritti della personalità, quindi diritti sociali e civili regolati dalla sola legge statale ai sensi dell’Art. 117 lettera m) Cost.
Quindi il corpus normativo cui rifarsi, nell’impossibilità di un intervento in tale materia da parte della regione per difetto di competenza legislativa, rimane pur sempre il regolamento nazionale di polizia mortuaria approvato con DPR 10 settembre 1990 n. 285.
Si segue, allora, nelle more di una norma ad hoc, per altro assente nel Nostro Ordinamento Funerario, per analogia, il disposto dell’Art. 79 comma 2 DPR n.285/1990 dettato sì in tema di cremazione, ma applicabile estensivamente a tutti gli atti di disposizione su salme, cadaveri, resti mortali, ossa o ceneri che implichino una qualsivoglia manifestazione di volontà da parte degli aventi titolo a pronunciarsi. Orbene l’Art. 79 comma 2 DPR n. 285/1990 delinea una graduatoria tra tutte le persone titolari dello jus sepulchri attivo (leggasi diritto di dar sepoltura a qualuno in un determinato luogo purchè, ovviamente consentito dalla Legge), questo ordine “a scalare” è, altrimenti, conosciuto come principio di poziorità (= potere di scelta coniugato con priorità nel decidere la destinazione di una spoglia mortale in tutte le sue trasformazioni intermedie di stato) Esso nella potestà decisionale vede in “pole position” il coniuge superstite del de cuius ed in sua assenza considera tutti i congiunti di pari grado, i quali debbono esprimere consenso unanime per deliberare, in questo caso, l’operazione cimiteriale di traslazione. Nel frangente da Lei esposto occorre la firma di tutti i figli.
vorrei sapere quali sono i presupposti per l’autorizzazione alla traslazione dei resti mortali di una persona, occorre il consenso di tutti i figli? c’è una norma che lo prevede?
X Novella,
l’estumulazione, prima della scadenza della concessione, e’ ammessa (norma positiva) nei casi dell’art. 88, oppure, per il rinvio fatto all’art. 89, dell’art. 83 dPR 10/9/1990, n. 285, In quest’ultima ipotesi, correlata all’art. 86, 2 e ss., se il feretro sia destinato all’inumazione
Nella tecnica redazionale che ha informato a sè il DPR 10 settembre 1990 n. 285 (ma forse trattasi di semplice nominalismo giuridico ed i nomi, come notava il Manzoni sono puri e purissimi accidenti…in senso filosofico-speculativo s’intende) Non esistono estumulazioni straordinarie (anche se il termine viene, impropriamente, usato), ma solo estumulazioni in momento precedente all’estinguersi della concessione.
L’art. 86, 1 dPR 10/9/1990, n. 285 prevede che le estumulazioni avvengano alla scadenza della concessione, ad esclusione dei casi di concessioni perpetue, per le quali, a rigore, l’estumulazione non sarebbe ammissibile (non avendo queste ultime scadenza).
Tuttavia, talora vi sono Regolamenti comunali che – espressamente – ammettono che possa provvedersi ad estumulazioni prima della scadenza, ma decorso un certo periodo di tempo, tale da lasciare presumere (salva verifica a posteriori) che via avvenuto il completamento del processo di mineralizzazione (rectius: scheletrizzazione), considerato dall’art. 86, 5 dPR 10/9/1990, n. 285.
Non si entra nel merito attorno alla legittimita’ di previsioni (del Regolamento comunale di polizia mortuaria) di tale natura, ma ci si limita a farvi rinvio, laddove presenti.
Una volta avvenuta la tumulazione, l’estumulazione è ammessa solo allo scadere della concessione, se a tempo determinato, mentre non è ammessa l’estumulazione se si tratta di concessione perpetua, ma la salma tumulata deve permanere nella sepoltura a tempo indeterminato (art. 86, comma 1 DPR 10 settembre 1990, n. 285), salvo che non ricorra il caso di cui al successivo art. 88, cioè quando venga richiesto il trasferimento in altro sepolcro, o per riduzione in resti.
Ad ogni modo, sì, rispondo positivamente al quesito: l’estumulazione è legittima anche subito dopo la tumulazione (vedasi art. 88 del D.P.R. 285/90). Occorre la motivazione del trasferimento in altra sede e la preventiva verifica dello jus sepulchri/titolo di accoglimento nella nuova sepoltura. Non esiste il minimo dei 10 anni (che è invece valido per le esumazioni o le estumulazioni da loculo aerato in Lombardia e Emilia Romagna). Esiste invece la distinzione operata dall’art. 3 del D.P.R. n. 254/2003, laddove considera cadavere la spoglia mortale tumulata da meno di 20 anni e resto mortale, invece, il defunto è tumulato da più di 20 anni (invece se siamo in presenza di inumazione gli anni diventano 10). In pratica decorsi 20 anni dalla tumulazione si utilizzano i procedimenti operativi consentiti dalla circ. Ministero Sanità n. 10/1998.
Il discrimen di ordine temporale vale unicamente per le procedure (cremazione con procedura aggravata o semplificata, inumazione o ri-tumulazione, laddove consentita) da adottarsi e seguirsi nel post estumulazione. Molte regioni, ormai, sospendono o, addirittura, disapplicano l’obbligo richiesto dal DPR n. 285/1990 di intervento dell’ASL con funzioni di supervisione e coordinamento, durante le operazioni cimiteriali di esumazione/traslazione/estumulazione, lasciando al sindaco o al dirigente la responsabilità di regolarle nel dettaglio con apposita ordinanza ex Artt. 82 comma 4 e 86 comma 1 DPR n. 285/1990, magari concordata preventivamente con l’Autorità Sanitaria, così da identificare un preciso protocollo igienico-sanitario cui i necrofori dovranno scrupolosamente attenersi.
Una domanda:
le estumulazioni sono ordinarie se a scadenza di concessione (o per trascorsi 20 anni dalla tumulazione), altrimenti straordinarie.
A parte la mera distinzione nominale, discende qualche concreta differenza dal fatto che una particolare estumulazione sia ordinaria o straordinaria?? Cioè ci sono delle conseguenza diverse? O delle modalità diverse di esecuzione?
L’unica cosa che mi viene in mente è che da un’estumulazione dopo i 20 anni si hanno resti mortali, e quindi varranno le regole per l’inumazione o la cremazione dei resti mortali, mentre prima dei 20 anni abbiamo ancora un cadavere e quindi si seguiranno le norme per la cremazione del cadavere ( e probabilmente anche l’inumazione, se richiesta, andrà fatta come per un feretro appena inumato????)
Perchè comunque ci può essere un caso di estumulazione ordinaria dove la concessione scade solo 5 anni dopo la tumulazione e quindi è un’esumazione ordinaria con caratteristiche più simili a una straordinaria. Alla fine quindi cosa cambia a parte il nome?
Grazie.
Grazie mille per la risposta. Ma purtroppo poichè eravamo diverse persone, hanno deciso di accettare che il corpo della defunta venisse tumulato nelle cellette ossario della Società. Pagando 400 euro alla Società per il trasporto nelle cellette ossario e altre 200 euro per pagare il marmista. Grazie ugualmente per la risposta. Se fosse stato per me non avrei permesso ciò, anche perchè ho saputo che rivenderanno il loculo della defunta a 2.400 euro. La ringrazio ancora per la risposta.
Secondo molti giuristi l’istututo della revoca nel dettato del DPR n. 285/1990, se non implementato a livello comunale con norme più elastiche, diventa pressochè inapplicabile, quasi fosse una “mission impossible” perchè àncora la causa estintiva della concessione a questi determinati presupposti:
1) mancanza di spazio nei solo ed esclusivamente campi di terra (è il cosidetto “fabbisogno” ex Artt. 58 e 59 DPR n.285/1990) per dar necessaria sepoltura ai cadaveri di cui all’Art. 50 DPR n.285/1990 (escluse, quindi le sepolture private)
2) concessione di durata eccedente eventualmente i 99 anni e rilasciata prima dell’entrata in vigore del vecchio regolamento nazionale di polizia mortuaria, avvenuta il 10 febbraio 1976, approvato con DPR n.803/1975.
3) trascorrimento di almeno 50 anni dalla tumulazione (il DPR n.285/1990 non considera, quindi, per la revoca, la fattispecie di concessione tombe a sistema di inumazione di cui all’Art. 90 comma 2) dell’ultima salma di persona avente titolo.
Dato il radicale mutamento della tipologia di sepolture richieste dai costumi funerari della popolazione italiana nel corso degli ultimi decenni (prevalgono per il 60% dei casi le tumulazioni) spesso, per la cronica difficoltà nell’accontentare i desideri (o…le pretese?) della cittadinanza i comuni, qualora i tumuli scarseggino attuano la “REQUISIZIONE”, ossia l’atto giuridico con cui si priva un soggetto dei suoi diritti di possesso (e talvolta la proprietà) di un bene. essa è, cioè, un provvedimento con il quale la pubblica amministrazione, nell’esercizio di un potere ablatorio, sottrae al privato, in via temporanea o definitiva, il godimento di un bene, mobile o immobile, a motivo del superiore interesse pubblico, contro un indennizzo.
Si distingue tra requisizione in proprietà e requisizione in uso.
La prima riguarda solo i beni mobili ed ha effetti definitivi; la seconda può interessare anche i beni immobili ed ha effetti limitati al tempo necessario per l’utilizzo del bene. La requisizione in uso interessa l’usufrutto dell’immobile, mentre lascia intatta la nuda proprietà.
Per l’ordinamento italiano, è consentita solo “quando ricorrano gravi e urgenti necessità pubbliche, militari o civili”, contro una “giusta indennità” e sulla base di norme determinate da leggi speciali (articolo 835 del codice civile).
Solo in questo frangente emergenziale il comune può procedere d’ufficio all’estumulazione, deliberando ARBITRARIAMENTE delle modificazioni nella collocazione delle tombe che configurerebbero anche un ingiusto danno verso il diritto di sepolcro secondario, ossia nei confronti delsacrosanto diritto dei vivi a render onore ed omaggio ai loro morti, sempre in quel cimitero, sempre su quella fossa o davanti a quel tumulo.