Chi “seppellisce” chi, … e quando ….

All’art. 93, comma 1 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 e s.m., che individua l’insieme delle persone aventi titolo all’accoglimento in un sepolcro privato nei cimiteri (Capo XVIII stesso Regolamento) si ha una sorta di (apparente) limitazione inserita all’ultimo periodo: “… In ogni caso, tale diritto si esercita fino al completamento della capienza del sepolcro”.
Il comma 2 individua ipotesi aggiuntive, delle quali una subordinata a “ criteri stabiliti nei regolamenti comunali”.
E si definisce “apparente”, dal momento che la sua ratio oggettiva non è di natura regolamentare, quanto piuttosto fisica, oggettiva. Per inciso, poiché i sepolcri privati nei cimiteri possono essere di due distinte tipologie (art. 90 ibidem), cioè (a) sepolcri a sistema di tumulazione, nonché (b) campi a sistema d’inumazione, questo (apparente) limite viene a trovare applicazione in entrambi i casi, anche probabilmente nei secondi non vi sia in qualche modo un “progetto di costruzione”, che meglio si attaglia alle prime.
In proposito il succ. art. 94, al comma 2, prevede che “ Nell’atto di approvazione del progetto viene definito il numero di salme che possono essere accolte nel sepolcro”, laddove il termine di “salme” appare meglio riconducibile a quello di “feretri” (non dimentichiamo come nel passato vi fosse un utilizzo di questo termine quale sinonimo di cadavere, aggiungendovi il successivo – al periodo di osservazione – confezionamento nel feretro).
Da ciò ricaviamo come la “capienza” venga ad essere determinata fin dall’atto di approvazione del progetto (di costruzione del sepolcro privato).

La previsione del citato art. 94, comma 2 non influisce sul fatto che lo stesso atto preveda, quando del caso, che si individuino anche posti feretro e posti per cassette ossario (art. 36) o “ossarietti individuali” (per usare la formulazione presente al Punto 13.2) circolare Ministero della sanità n. 24 del 24 giugno 1993).
Gli ossarietti possono per l’appunto essere individuali, ma altresì pluri-posto, non chiusi tra loro, dato che per le cassette ossario non opera la prescrizione dell’art. 76, comma 1 (che si ricorda risale fin dall’art. 63 R.D. 11 gennaio 1891, n. 42).
Anzi, ricordando le indicazioni del Punto 13.3) della già citata circolare Ministero sanità n. 24 del 24 giugno 1993 (si rammenta come si tratti di “indicazioni amministrative” e non di “norme”, in quanto le circolari non sono fonti del diritto), si potrebbe anche sostenere che le cassette ossario – e vanno debitamente aggiunte ed equiparate a queste, anche le urne cinerarie – possano essere accolte, se relative a persone aventi titolo, quando lo spazio – o, “ingombro libero interno”, sempre secondo la formulazione della citata circolare – lo consenta.

Ma questa elasticità (si permetta il termine) per le cassette ossario e/o urne cinerarie, non può valere per i feretri, dove la “capienza” è stata in sede di atto di approvazione del progetto di costruzione.
Nei sepolcri realizzati ai sensi dell’art. 90, comma 2 (campi d’inumazione) occorrerà comunque tenere presente il turno ordinario di rotazione, non potendosi ipotizzare eventuali esumazioni ordinarie, difettando le condizioni di cui all’art. 83.
Ed, a tale proposito, dovrebbe aversi l’avvertenza di considerare almeno una ragionevole stima della probabilità di reperimento delle ossa nella qualità dell’art. 85 (dato che non sempre il turno ordinario di rotazione potrebbe assicurare questi esiti).
Per ragioni di semplicità espositiva, consideriamo di seguito unicamente i sepolcri privati a sistema di tumulazione, la cui “capienza” risulta definita nell’atto di approvazione del progetto di costruzione dello specifico sepolcro privato nei cimiteri.
Per le medesime ragioni di semplicità espositiva considereremo unicamente le persone che hanno titolo di accoglimento nel sepolcro alla luce del solo art. 93, comma 1 sopra citato, cioè: “Il diritto di uso delle sepolture private concesse a persone fisiche è riservato alle persone dei concessionari e dei loro familiari”, come, ancora una volta per le medesime motivazioni, trascureremo qui il caso delle concessioni fatte ad enti.

È ben noto come tale “diritto d’uso” venga ad esercitarsi in occasione del decesso di una delle persone che ne sia titolare, decesso che non è pre-individuabile temporalmente, con la conseguenza che, essendo il concessionario e le persone appartenenti alla famiglia di questi su di un piano di pari legittimazione passiva (all’accoglimento nel sepolcro privato), potrebbe accadere se una delle suddette persone venga a trovarsi, al momento del proprio decesso, nella situazione di non poter essere accolta nel sepolcro in quanto altre persone, altrettanto aventi titolo, sono precedentemente decedute e hanno fruito del titolo per esservi accolte.
Infatti, il “diritto d’uso” è un diritto in qualche modo “strano”, diritto che rimane allo stato potenziale e che assume la veste di diritto esercitabile, nel momento in cui, con la morte, vengono meno tutti i diritti della persona.
Ma pochi sembrano tenere conto dell’eventualità di saturazione della “capienza”, magari sulla percezione per cui possano decedere prioritariamente le persone aventi età maggiormente avanzata o simili, percezione che in via generale può anche ritenersi soddisfatta, ma che vede fin troppe eccezioni.

Volendo vi potrebbe essere anche un qualche rimedio al rischio potenziale dell’esaurimento della “capienza”, prevedendo – fin dall’atto di concessione e a richiesta del concessionario stipulante – che un certo numero di posti sia ulteriormente riservato (una “riserva” all’interno della “riserva” generale) a determinate persone, di modo che i posti feretro così individuati (magari solo quantitativamente, oppure anche come individuazione specifica all’interno del sepolcro privato) siano destinati all’accoglimento di persone pre-determinate.
Ma, proprio, per il fatto di non tenere conto della limitazione, a questo punto fisica, della “capienza”, si tratta di un’ipotesi che molto raramente viene richiesta.
A volte, una tale criticità può divenire oggetto di percezione quando la “capienza” del sepolcro privato venga ad approssimarsi allo stato di saturazione, cosa che solleva la questione se l’atto di concessione possa essere oggetto di novazione, magari anche da parte di persone che, pur avendo la qualificazione di concessionari, non siano il concessionario/fondatore del sepolcro.
Questione che a stretto rigore dovrebbe essere dichiarata non ammissibile, anche se qualche pronuncia giurisprudenziale (rara avis) l’abbia ritenuta ammissibile.
Avendo la convinzione dell’importanza della comunicazione nelle procedure amministrative, apparirebbe non del tutto fuori luogo rappresentare al concessionario aspirante fondatore del sepolcro l’opportunità di valutare gli effetti della possibile saturazione della “capienza” del sepolcro privato.

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