Il senso della ‘famiglia’ nel DPR 285/90

Premessa: Il codice civile dedica alla famiglia il primo libro del codice intitolato ‘Delle persone e della famiglia’.La maggior parte degli articoli che lo compongono hanno oggi un contenuto profondamente diverso da quello che avevano nel testo originario del 1942.Il diritto di famiglia codificato nel 1942 concepiva una famiglia fondata sulla subordinazione della moglie al marito, sia nei rapporti personali sia in quelli patrimoniali, sia nelle relazioni di coppia sia nei riguardi dei figli; e fondata sulla discriminazione dei figli nati fuori dal matrimonio (figli naturali), che ricevevano un trattamento giuridico deteriore rispetto ai figli legittimi.Il primo libro del codice venne riformato dalla legge 19 maggio 1975, n. 151, che apporto’ modifiche tese ad uniformare le norme ai principi costituzionali.Gli atti di disposizione per il post mortem e, quindi, mortis causa (assimilabili in tutto e per tutto al cosiddetto jus sepulcrhi) sono innanzi tutto prerogativa del de cuius ed in ogni altro caso jure sanguinis, ossia sono sempre vincolati ai legami di sangue. Solo in subordine si segue il principio di poziorita’ enunciato dall’Art. 79 del DPR 285/90 che rimanda poi agli Artt. 74 e seguenti del Codice Civile, cosi’ come precisato dal paragrafo 14.4 della Circolare Ministeriale 24 giugno 1993 n. 24Le uniche due eccezioni ravvisabili a livello nazionale sono:1) l’una di diritto positivo: l’Art. 93 comma 2 DPR 10 settembre 1990 n. 285 estende, infatti, il diritto di sepolcro non solo ai famigliari del concessionario, ma anche a persone inquadrabili in un rapporto di convivenza con il fondatore del sepolcro, senza specificare se si tratti di unione di fatto tra soggetti dello stesso o di diverso genere (maschile o femminile). Il legislatore, in questo senso e’ stato molto lungimirante intravedendo gia’ all’inizio degli anni 90 un mutamento nella societa’ italiana, dove sempre piu’ diffusi sono le relazioni morali ed affettive tra persone non unite tra di loro attraverso l’istituto del matrimonio.2) l’altra, invece, e’ un orientamento molto progressista della giurisprudenza di cui sembra utile riproporne uno stralcio: “In mancanza di una disposizione del defunto quando era in vita, lo ius eligendi sepulcrum spetta alla convivente more uxorio, sempreche’ particolari circostanze familiari ed ambientali non facciano prevalere la contraria volonta’ del nucleo familiare legittimo del defunto”. (Corte d’appello di Milano, sez. 1^, sent. n. 1618, 5 ottobre 1982).Ovviamente nel nostro sistema giuridico non vale la regola dello “stare decisis” tanto cara al diritto anglosassone, tuttavia se questa pronunciamento divenisse giurisprudenza costante assisteremmo di fatto ad un’integrazione della norma basata sul sullodato Art. 79 DPR 285/90.Il DPR 10 settembre 1990, n. 285 non definisce, quindi, una volta per tutte ed in modo uniforme la ‘famiglia’ del concessionario, lasciando che questa accezione (o, queste definizioni) siano attuate dal regolamento comunale di polizia mortuaria, in modo che i comuni possano utilizzare tali definizioni come strumenti di gestione del cimitero e rispondere alle esigenze locali.Qui emerge l’esigenza di fare sempre riferimento al regolamento comunale, esso, infatti, costituisce la fonte sostanziale e centrale per ogni definizione di ‘famiglia’ del concessionario, cioe’ per l’individuazione delle persone le quali, prima o poi, in base alla cronologia degli eventi luttuosi (se non diversamente stabilito tra gli aventi titolo) hanno il diritto a venire sepolti nella concessione della specifica sepoltura privata.E’ stato detto che il concessionario costituisce la persona che stipula l’atto di concessione, termine che non va inteso solo nel senso materiale del termine, ma nel senso giuridico: cosi’ sara’ di norma chi stipula l’atto o chi ne abbia la rappresentanzaÈ, allora, in ultima analisi, il regolamento di polizia mortuaria comunale a contestualizzare il significato astratto di famiglia (in senso stretto o allargato) in una particolare realta’ sociale (si pensi alla famiglia patriarcale tipica della societa’ contadina sino al secondo dopoguerra o alla famiglia monunucleare diffusasi con la forte conurbazione propria della societa’ industriale del XX secolo. In assenza, valgono le norme del codice civile.L’amministrazione comunale ha tutto l’interesse a facilitare l’uso di tombe esistenti, per massimizzare la capienza cimiteriale. Pertanto puo’ ampliare l’utilizzo (altrimenti ristretto alla famiglia), attraverso l’istituto della benemerenza (da definirsi con maglie piu’ o meno larghe e sempre nel rispetto del criterio che non vi sia lucro e speculazione, ai sensi dell’art. 93 comma 2 del DPR 285/90).Salvo il fatto che il fondatore del sepolcro non abbia disposto diversamente, il sepolcro e’ di tipo familiare. Hanno diritto di entrarvi i familiari del fondatore. Terminata la sua famiglia, gli eredi, purche’ entro la capienza massima del sepolcro.Possiamo utilmente meditare su alcune sentenze:Cassazione civile, 19 novembre 1924 E’ ammissibile la prova testimoniale sulla destinazione del sepolcro datavi dal fondatore. Trattandosi di sepolcro comune, e’ richiesto il consenso di tutti i partecipanti quando si voglia ampliare il numero delle persone che hanno diritto alla sepoltura. Il sepolcro familiare con l’estinguersi della famiglia, diventa ereditarioCassazione civile, 29 luglio 1940 Il sepolcro familiare si ha quando il fondatore l’abbia costituito per se’ e per tutti o per alcuni membri della sua famiglia, vale a dire per i componenti di quel nucleo organico che e’ formato normalmente dal capo di esso, della moglie, dei figli, delle figlie nubili o vedove, ed anche eventualmente degli ascendenti del capo, dei suoi fratelli celibi, delle sorelle nubili o vedove, delle nuore, nonche’ di altri eventuali ascendenti o discendenti in linea retta del capo della famiglia. Tale nucleo familiare non puo’ pertanto essere confuso con la parentela, e di conseguenza il diritto di sepoltura non puo’ aspettare ad una nipote ex sorore del fondatore.Per effetto delle recenti tendenze (cremazione diretta dei resti mortali ex Art. 3 comma 6 DPR 15 luglio 2003 n. 254 e Risoluzione del Ministero della Salute n. 400.VIII/9Q/3886 del 30.10.2003 , riduzione in resti ossei di salma tumulata ex Art. 86 comma 5 DPR 285/90), con mantenimento o meno di cassetta resti ossei dentro la stessa tomba), l’ originaria capacita’ ricettiva delle tombe si dilata, consentendo una autonomia delle stesse e dell’intero cimitero ben maggiorata rispetto ad una sepoltura per soli feretri.. Generalmente per l’accesso in una tomba di un feretro contenente salma di persona che aveva diritto alla sepoltura, e’ sufficiente la verifica di tale situazione assieme alla sussistenza dell’atto di concessione. Altrimenti dovra’ esser il giudice ai sensi dell’Art. 2907 Codice Civile ad accertare l’esistenza del rapporto concessorio, se il comune non ha codificato nel proprio regolamento di polizia mortuaria l’istituto dell’Immemoriale.

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Carlo Ballotta

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14 thoughts on “Il senso della ‘famiglia’ nel DPR 285/90

  1. Gentilissimo Carlo,
    Ho uno zio, fratello di mia madre (entrambi defunti) che è stato seppellito in terra. Mio zio era sposato, senza figli.
    Ora la moglie è in una struttura per problemi di mente (halzeimer) ed ha un tutore.
    Vorrei sapere se al momento dell’esumazione delle spoglie del de cuius, avrò dei diritti come nipote diretta, e poter decidere dove poter mettere le sue ossa. Grazie per la vostra disponibilità.

    1. X Patrizia,

      Che invoca Carlo (cioè il famigerato “necroforo” da millenni imperversante su questo sito).

      se l’avente titolo principale a disporre delle esumande spoglie mortali dello zio, cioè il coniuge superstite non può esercitare questo diritto di pietas, perchè interdetto, cioè è deprivato della capacità giuridica, appunto, di porre in essere atti di natura personalissima, nella c.d. gerarchia degli aventi diritto per il principio di poziorità subentreranno i nipoti tutti.

  2. vorrei chiedere se nella tomba privata di famiglia, regolarmente pagata da mia mamma e dove sono stati tumulati i suoi suoceri, e dato il fatto che mia mamma non andava d’accordo con la cognata e prima di morire ha espressamente detto di non volerla più vedere, posso in qualche modo impedire che entri nella cappella pagata da mia mamma e magari installare una fioriera o qualcos’altro all’esterno della cappella? Vi ringrazio anticipatamente se potete aiutarmi

    1. X Roberto,

      dunque il problema pare sostanziarsi in questi termini:…inibire all’ “odiatissima” cognata l’accesso alla tomba, magari cambiando le chiavi della porta d’ingresso o installando una fioriera in funzione di cavallo di frisia?

      No, non è possibile!

      Si tratta, infatti, di proteggere, in capo all’odiatissima cognata, il cosiddetto il diritto secondario di sepolcro (jus in re aliena? diritto personalissimo di godimento?) che è incomprimibile, ed in materia v’è giurisprudenza costante.

      Il diritto secondario di sepolcro, che anche nel sepolcro familiare spetta a chiunque — pure non titolare del diritto primario — sia congiunto di una persona che vi riposa, consiste nelle facoltà di entrarvi (passaggio al sepolcro), ad esempio in occasione delle ricorrenze, per il compimento di atti di culto e di pietà (far celebrare messe nella cappella in onore dei defunti, pregare sulle tombe, accendere lampade, portare fiori), di provvedere all’ornamento del sepolcro stesso e alla sua manutenzione, e nel potere di opporsi ad ogni sua trasformazione, che arrechi pregiudizio al rispetto dovuto a quella data spoglia e ad ogni atto costituente violazione od oltraggio a quella tomba. Anche la conservazione delle iscrizioni funerarie con le indicazioni delle persone
      sepolte rientra, poi, nel diritto alla tutela del sentimento di pietà verso i defunti.

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