E’ possibile ricordare, sulla lastra del proprio loculo, un parente defunto sepolto in altro Comune? Si tratta, agli effetti concreti, di capire se sia lecito riportare sulla tomba gli estremi identificativi di un defunto non ivi realmente tumulato o inumato (la norma vale per cadaveri e loro trasformazioni di stato come ossa, ceneri e resti mortali).
La normativa vigente (Art. 70 comma 2 da applicarsi, in via analogica anche alle tumulazioni, poiche' in Italia sono vietate le destinazioni promiscue ed indistinte, eccezion fatta per ossario e cinerario entrambi comuni) prevede l'obbligo di riportare sulla lapide nome, cognome, data di nascita e di morte delle persone sepolte nella tomba. Pertanto oltre le iscrizioni dovute e' possibile concedere (da parte del dirigente competente ai sensi degli Artt. 107 e seguenti del Decreto Legislativo 267/2000) altre iscrizioni, autorizzate, come anche un ricordo di persone sepolte da altra parte, purche' chiarendo che non vi e' la presenza fisica del feretro, della cassetta ossario (Artt. 85 comma 1e 86 comma 5 DPR 285/90) o ancora dell'urna cineraria (Art. 80 comma 2 DPR 285/90) o del contenitore per resti mortali (ex paragrafo 3 Circ.Min. 31 luglio 1998 n. 10 ed ex la risoluzione MInistero della Salute p.n. DGPREV-IV/6885/P/I.4.c.d.3 del 23/3/2004).
Questa ulteriore facolta' deve essere cedevole rispetto ai vincoli normativi.
C'e' pero' una sentenza su cui meditare:
Cassazione civile, Sez. I, 6 novembre 1956 n. 4157 […] omissis…
'Il coniuge superstite ha ragioni prevalenti su quelle degli altri congiunti circa la scelta del sepolcro del coniuge defunto, subordinatamente, pero', al rispetto della volonta' del defunto. Il costume sociale non consente di mantenere su una cappella funeraria situata in un cimitero una iscrizione di dedica ad un defunto, quando la sia salma non sia o non vi debba essere riposta'.
Nella prassi e' stata sviluppata una soluzione, forse furbesca, ma di indubbia efficacia operativa per tutelare al tempo stesso il diritto alla memoria assieme al culto dei morti e l'effettivita' dello jus sepulcrhi trasformando di fatto la tomba in un cenotafio (1), basta, infatti, apporre dinnanzi alle generalita' del defunto non davvero deposto nella tomba che reca anche il suo nome la formula: 'IN SPIRITO' spesso usata, in passato, per i caduti dispersi di tutte le guerre ai quali i famigliari volessero, comunque, rendere i dovuti onori attraverso una sepoltura ideale e simbolica a prescindere dalla presenza della spoglia mortale.
Tutto cio', ovviamente vale nel silenzio del regolamento comunale di polizia mortuaria ed in assenza di disposizioni contrarie.
(1) Cenotafio: monumento sepolcrale a ricordo di un personaggio illustre sepolto altrove
Dopo vario tempo che non andavo piu al cimitero, ho il dubbio che il loculo dove è sepolto mio zio sia stato spostato. Che posso fare?
X Cati,
molto brevemente: chieda di consultare i pubblici registri cimiteriali (magari anche informatizzati) del cimitero di prima sepoltura. Dall’attenta consultazione di questi “libri” potrà tranquillamente risalire all’ultima destinazione delle spoglie mortali di Suo zio.
Non so: il feretro potrebbe esser, nel frattempo, traslato ad altra sistemazione, o avviato al campo speciale indecomposti qualora la concessione del loculo fosse già scaduta, senza possibilità o interesse al rinnovo, sempre che i resti rinvenuti non fossero completamente scheletrizzati.
AD ogni modo nei registri cimiteriali si può leggere tutta la “Storia” di un defunto, dal Suo arrivo in camposanto, il giorno del funerale, sino alla dispersione delle ossa o delle ceneri in forma anonima, indistinta, promiscua e massiva nell’ossario/cinerario comune. Dopo questa destinazione ultima ed irreversibile della sepoltura individuale si perde ogni traccia.
X Lucio,
La scelta della forma di sepoltura attiene all’esercizio di un diritto del tutto personale che ha riguardo ai familiari, potere che attiene ai fattori di pietas e alla sfera degli affetti.
La questione avrebbe potuto essere sottovalutata nel passato, ma emerge in tutta evidenza dopo l’entrata in vigore dell’art. 1, comma 7.bis D.L. 27 dicembre 2000, n. 392, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 2001, n. 26. Infatti, con questa legge si è disposto che l’inumazione, l’esumazione ordinaria e la cremazione siano gratuite unicamente in tre ipotesi, due che vengono a collocarsi all’interno della Legge 8 novembre 2000, n. 328 (indigenza od appartenenza a famiglia bisognosa) e l’ultima concernente una situazione di disinteresse da parte dei familiari.
Ciò implica che i familiari vengano ad assumere una qualificazione tale da doverli considerare come titolari di un obbligo di sepoltura del congiunto defunto, necessità che importa anche i relativi oneri.
Dal momento che l’onere della sepoltura può essere assunto, in termini liberali, da chiunque voglia sostenerlo, l’inserimento di questa categoria, comportando la gratuità, cioè il trasferimento dell’onere dalla famiglia al bilancio comunale, richiede che i familiari tenuti alla sepoltura debbano essere in qualche modo pre-determinati. In altre parole, occorre distinguere tra chi debba e chi possa disporre per la sepoltura della salma, con ciò facendo riemergere la differenza tra chi ne sia obbligato e chi possa liberalmente provvedervi.
Siamo in presenza di una situazione che ricorda quelle che si hanno quando più familiari intendano dare diverse forme di sepoltura alla salma, ponendo, in questo caso, l’esigenza di individuare quale dei familiari abbia la prevalenza, o la titolarità esclusiva, per gli atti di disposizione della salma.
Sotto questo profilo, andrebbe richiamata l’elaborazione giurisprudenziale che si è avuta nel tempo in materia di prevalenza o priorità per il diritto di disporre della salma, elaborazione che è stata resa in forma sintetica dalle disposizioni in materia di titolarità ad esprimere l’autonoma volontà alla cremazione del cadavere, quando manchi la volontà del defunto
. Altrimenti, le disposizioni dell’art. 79, comma 2 D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 altro non costituiscono se non la traduzione in norma regolamentare positiva di questa elaborazione giurisprudenziale consolidata, che fa prevalere i rapporti più stretti e richiede la concorrenza di tutti i soggetti che si collochino su di un medesimo piano. In questo contesto, quindi il dovere a provvedere alla sepoltura dovrebbe essere individuato secondo i medesimi criteri.
Ciò non significa che solo determinati familiari, individuati secondo gli anzidetti criteri, possano disporre della salma, quanto che tali parametri vadano presi in considerazione nel caso di contrasto tra più familiari, potendo qualsiasi familiare disporre per la sepoltura, presumendosi che agisca con il consenso, o almeno senza il disaccordo, degli altri. Anzi, non va escluso il fatto che alla sepoltura venga provveduto anche da parte di soggetti che non vi siano giuridicamente obbligati.
In ogni caso, non spetta agli uffici pubblici valutare, se non per l’imputazione dei suddetti oneri in capo ai soggetti obbligati per legge, nel caso di un loro omissivo silenzio o di inerzia, comportamenti indebiti dai quali per il Comune potrebbe sorgere la responsabilità patrimoniale.
Il 7.11.2014 è deceduto il padre di un mio amico, dopo quasi tre mesi si viene sapere della sua morte.. premetto che fra padre e figlio i rapporti non erano buoni.. una domanda come si fa per sapere chi ha provveduto al suo funerale senza aver interpellato il figlio. grazie
Non mancano le consuetutini di indicare i nomi, non solo degli ancora viventi, ma anche dei non ancora nati o neppure concepiti: in pratica, il “capo famiglia” individua i figli, nipoti, bisnipoti, ecc. che pensa di avere nella propria progenie (oltretutto, copn ciò condizionando, i figli (per fare l’esempio piu’ breve nella linea successoria) all’attribuzione ai figli che, in futuro, avranno nell’imposizione del prenome, in quanto gia’ stabilito dal capostiopite (e gia’ scritto sulla lapide, prima della nascita o anche del concepimento). Fortunatamente, si tratta di luoghi non i prenomi non presentano specificazioni di genere …. (altrimenti, si dovrebbe chiamare lo scalpellino, nel caso nascita un discendente di genere diverso rispetto al nome pre-iscritto).
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